Idee deliranti circa l’intelligenza artificiale - Se non discipliniamo i nostri pensieri diventiamo schiavi della materia.

Idee deliranti circa l’intelligenza artificiale

Se non discipliniamo i nostri pensieri

diventiamo schiavi della materia.

 

Dedicato al mio computer,

        in segno di gratitudine

            per le ottime prestazioni e la sua fedeltà

Previsioni da incubi notturni

Un tempo la terza pagina dei quotidiani dava la misura del livello di cultura ispiratrice del quotidiano stesso. Da tempo purtroppo il quotidiano Avvenire, che si fregia del nome di «cattolico», spesso non dà prova di essere all’altezza della sua dichiarazione d’intenti, ma anzi di tradirla gravemente diffondendo idee contrarie a un’autentica visione cattolica dell’uomo e della vita.

È il caso di Avvenire di martedì scorso 30 maggio recante in terza pagina un articolo di Mathias Risse, già di per sé estremamente significativo, dal titolo «Le super-intelligenze artificiali possono decidere di eliminarci», dove evidentemente a delle semplici macchine si attribuisce un potere decisionale che suppone nell’agente il possesso del libero arbitrio, che una macchina è ben lontana dal possedere.

Chi poi legge l’articolo si accorgerà che l’autore parla di queste macchine, le cosiddette «intelligenze artificiali», come se fossero delle persone, il che suppone l’incapacità di distinguere lo spirito dalla realtà materiale. Si attribuiscono alla macchina delle facoltà spirituali. Ciò implica l’idea che l’uomo possa artificialmente costruire dei soggetti spirituali. Dunque, secondo il modulo dell’idealismo, si suppone una concezione dell’uomo dotato di poteri divini, ovvero di un potere magico di animare una macchina, a somiglianza dell’antico modello kabbalistico della costruzione del golem.

Nel contempo tale progetto dimostra chiaramente una prospettiva etica materialistica, la quale non dà affatto il primato ai valori dello spirito, ma concentra la propria attenzione ai prodotti della tecnica, di per sé ordinati a godimenti fisici, come se la fruizione della prestazione delle macchine fosse il non plus ultra delle aspirazioni dello spirito umano.

Risse giudica «estremamente probabile che esista vita intelligente nell’universo oltre a quella sulla Terra», per cavar fuori da questa teoria che il fatto che non abbiamo segnali di ciò dipenderebbe dal fatto che secondo lui

 

 «la vita intelligente in un pianeta muore prima di potersi mettere in contatto con la vita intelligente su altri pianeti. Ciò a sua volta potrebbe essere dovuto al fatto che la tecnologia (un prodotto dell’intelligenza) genera dinamiche che finiscono col cancellare del tutto la vita intelligente».

Ho dimostrato in precedenti articoli nel mio blog che la tesi dell’esistenza di extraterrestri concepiti come soggetti corporei intelligenti simili a noi non è consentita dalla rivelazione biblica del peccato originale e dell’unità specifica del genere umano, fondamento dell’uguaglianza umana e oggetto di una concezione univoca e non analogica della natura umana.

Parlare infatti di soggetti simili a noi, che non sono esseri umani identici a noi, della nostra stessa specie, spezza l’universalità della natura umana, la divide in due analogati e genera il razzismo. Non mi fermo poi a confutare ciò che Risse ricava dalla sua tesi, tanto è evidente la sua assurdità, effetto di una mentalità materialistica.

Ma non è finita qui. Nel contempo la visione dell’articolista si complica e diventa ancor più delirante, quando ipotizza che queste macchine perfezionandosi e potenziandosi da sé con la propria iniziativa, le proprie forze e risorse, diventino capaci di «elaborare un linguaggio vocale naturale», come a dire acquistare la capacità di parlare ed interloquire propria della natura umana.

In tal modo secondo l’articolista queste macchine stupefacenti si starebbero avviando alla «realizzazione delle prestazioni umane in tutti i settori», ed aggiunge: «una volta che l’IA generale sarà più intelligente di noi potrebbe produrre qualcosa di più intelligente di se stessa». Potremmo, insomma, aspettarci la produzione di una nuova Somma Teologica più avanzata di quella di San Tommaso d’Aquino, magari utilizzando i suggerimenti provenienti dalla filosofia trascendentale di Karl Rahner.

Ma ecco un’altra perla dell’articolo, forse la più bella:

 

«La relazione tra mente e corpo è poco compresa, tanto che non abbiamo una risposta generalmente accettata alla domanda se le macchine, oltre ad essere intelligenti, saranno anche coscienti. Inoltre non è chiaro se una combinazione di intelligenza e di coscienza possa dare loro anche un’altra cosa che gli esseri umani apprezzano molto: la razionalità pratica, la capacità di esprimere giudizi valutativi in modo sensibile al contesto».

Come a dire che, non essendo ancora del tutto chiarita la questione se i divorziati riposati possano accedere ai sacramenti, potremmo consultare una «super-intelligenza artificiale» ovviamente benevola nei nostri confronti e che quindi non sia mossa dalle intenzioni ostili temute dall’articolista.

Come vediamo, finiamo nel ridicolo, ma in sé la questione è tragica, perché Risse non sta scherzando, ma parla sul serio. Da un caso come il suo vediamo allora quanto effettivamente sia importante chiarire il rapporto fra anima e corpo, mente e corpo, fra il pensiero e le funzioni cerebrali, fra spirito e materia, fra vivente e non vivente, fra produzione tecnologica e generazione biologica, fra uomo e macchina, fra uomo e natura, fra uomo e beni materiali.

Un metodo sbagliato porta a risultati sbagliati

Le idee strampalate di Risse sono il risultato dell’uso di un metodo sbagliatissimo di affrontare le gravissime questioni che ci propone: le prestazioni possibili dei calcolatori elettronici in rapporto ai bisogni e ai fini dell’attività umana e del suo benessere. Risse infatti invece di procedere mediante quel metodo razionale ed oggettivo che è richiesto dalla natura degli argomenti, dà ruota libera all’immaginazione creativa come se si trattasse del fantasticare di un poeta o di un sognatore, muovendosi così del tutto al di fuori della realtà.

Se ci si ferma all’immaginazione non si arriva a cogliere la vera natura dell’intelligenza, fosse pure anche quella soltanto animale, perché per cogliere il suo atto immateriale, occorre astrarre totalmente dalla materia, fino anche a quella immaginabile, ed occorre entrare nel campo del puro intellegibile.

Non si deve pensare che l’astrarre, come avviene in questo campo, allontani dalla realtà. Al contrario è un immaginare del tipo usato da Risse che allontana dalla realtà, perché l’intelletto nel suo operare astrattivo col quale coglie la verità di se stesso e quindi della persona, soggetto dell’intendere, trascende veramente la materia e intuisce veramente lo spirito.

Parlare di intelligenza e non sapere che cosa è lo spirito, vuol dire non sapere che cosa è l’intelligenza e scambiarla con l’attività transitiva elettromagnetica del computer. Il pensiero non è effetto della fisiologia del cervello, ma dello spirito. Il pensiero nasce dall’anima. Il computer non ha un’anima. La sua forma non è un’anima, ossia la forma sostanziale del vivente, ma solo un ordine di parti materiali artificialmente connesse fra di loro, tenute assieme da forze fisiche concorrenti alla realizzazione del fine della macchina.

Si capisce allora come Risse cada nei più gravi equivoci: la macchina diventa per lui una vera e propria persona, come nel film televisivi per ragazzi: parla, dialoga, discute, gioca, decide, consiglia, ragiona, obietta, moralizza, corregge i costumi, illumina la mente, scalda la volontà, esorta alla virtù, insegna filosofia, metafisica, religione e teologia, premia e minaccia castighi. Per converso, se la macchina è una persona, ci si può domandare che cosa è la persona per Risse.

Per quanto riguarda i problemi sul tappeto, la cosa essenziale da capire è che il conoscere è un’attività immateriale e che quindi è sbagliato credere con John Locke che la materia possa pensare. Al contrario, l’esistenza del pensare e delle sue manifestazioni nel linguaggio è la prova dell’esistenza in noi di un potere superiore alla materia, che è quello dello spirito e dell’intelligenza.

Nel contempo è falsa l’esaltazione dello spirito fatta da Berkeley col ridurre la materia ad un semplice pensato dallo spirito. Se infatti la materia è pensiero, o se tutto è pensiero, come dice Gentile, succederà che il pensiero è materia, ed ecco venir fuori la materia o la macchina pensante di Locke e di Risse. Ecco il golem della Kabbala.

Cartesio è all’origine sia dell’idealismo che del materialismo

All’origine di questa materializzazione del pensare e dello spirito e di questa dissoluzione del senso nell’intelletto e della materia nello spirito c’è Cartesio con la sua concezione dell’io-spirito con l’idea innata della materia e del corpo come res extensa, ossia come pura entità geometrica, quindi astratta dal concreto della corporeità reale sensibile.

Inoltre Cartesio fonda questa sua concezione sul ridurre il sentire all’intendere: Ma ecco qui ancora una volta la vendetta del senso: se l’intendere è sentire, se il sentire è l’idea del sentire, l’intelletto si abbassa nel senso, lo spirito di dissolve nella materia ed abbiamo la gnoseologia empirista di Hume, l’intellezione ridotta a sensazione, nonché successivamente la visione materialistica della realtà di Marx, dove parlare di primato dello spirito sulla materia è vano idealismo, mentre lo spirito non è che una sovrastruttura della materia.

L’espressione «intelligenza artificiale» è entrata nell’uso e dobbiamo rassegnarci ad usarla, ma è profondante errata e favorisce i grossolani errori di Risse. L’attività del computer o, come dicono meglio i francesi, dell’ordinateur, non è affatto un’attività intellettuale, perché ci sia la quale occorre la persona e non basta certo la macchina.

La calcolatrice elettronica, servendosi di una segnaletica o simbologia convenzionale, calcola, elenca, registra, raccoglie dati, li ordina, informa, valuta, propone alternative e possibilità, accetta, rifiuta, obietta, avverte, risponde a domande, gioca, racconta, fa domande, istruisce; ma il tutto non come effetto di una libera volontà o iniziativa e di una concettualizzazione deduttiva o induttiva responsabile, ma in forza di meccanismi deterministici matematicamente formalizzati, preventivamente inseriti ed attivati dall’iniziativa e dal controllo umano o del costruttore o programmatore della macchina ed alimentati elettricamente.

L’impressionante ignoranza che dimostra Risse, sollecitato da una parte dalla superbia delle pretese magiche dell’idealismo e dall’altra attratto dalle mire edonistiche del materialismo, senza riuscire a trovare una mediazione fra le due istanze, non è soltanto la sua, ma oggi è diffusissima.

In realtà i problemi millenari che egli mette un campo, hanno cominciato ad avere la loro soluzione sin dai tempi di Platone ed Aristotele; essa è presente nella concezione biblica dell’uomo come sostanza vivente composta di anima spirituale e corpo. Questa concezione è stata chiarita nei secoli medioevali e moderni dalla filosofia scolastica che trova il suo sommo maestro in San Tommaso d’Aquino, da sempre raccomandato dai Papi, non escluso Papa Francesco. Si vede che Risse è sotto l’influenza congiunta di idealismo e materialismo.

Naturalmente il compito per l’oggi è una seria collaborazione tra filosofi e scienziati al fine di chiarire come oggi l’uomo deve atteggiarsi nei confronti della meravigliosa e potentissima tecnologia che egli stesso col suo genio ha inventato, rinunciando a qualunque ambizione magica o prometeica di sostituirsi a Dio nel dominio della materia e della natura, ma anche impegnandosi a far sì che il suo spirito, illuminato dalla Parola di Dio, sostenuto dalla grazia, irrobustito dall’impulso dello Spirito Santo, guarito e liberato dalla misericordia di Dio, non si faccia dominare dalle macchine e che non diventi schiavo della carne, ma, avanzi nella storia, nella fraterna comunione degli spiriti, verso sempre nuove scoperte, invenzioni ed utilizzazioni tecnologiche per la conquista di un sempre maggior benessere sulla terra, come pregustazione della città celeste.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 31 maggio 2023

 


L’espressione «intelligenza artificiale» è entrata nell’uso e dobbiamo rassegnarci ad usarla, ma è profondante errata e favorisce i grossolani errori di Risse. 

L’attività del computer o, come dicono meglio i francesi, dell’ordinateur, non è affatto un’attività intellettuale, perché ci sia la quale occorre la persona e non basta certo la macchina. 

Immagine da Internet

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