Tra Freud ed Origene - O col corpo o senza corpo. Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità - Parte Prima (1/5)

Tra Freud ed Origene

O col corpo o senza corpo.

Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità

Prima Parte (1/5)

 

Saranno una sola carne

Gen 2,24

I termini del problema

Attorno agli anni’30 del secolo scorso andava di moda una canzone che diceva: «gira, rigira, biondina, l’amore e la vita godere ci fa». Da che mondo è mondo, in tutte le civiltà i poeti hanno cantato l’amore sessuale; lo fa anche il Cantico dei Cantici. E che tipo di amore sorge in Adamo, quando vede Eva, se non l’amore sessuale?

È vero, non hanno fatto a tempo ad unirsi, che hanno avuto la disgraziata idea di ascoltare il serpente.  Si sono uniti dopo la caduta, in questa disgraziata terra, già schiavi della concupiscenza, lui dominatore di lei, lei seduttrice di lui. Da allora tutti i poeti hanno sognato un ritorno all’Eden. Non solo, ma la triade amore sessuale-vita-piacere ha costituito una trinomia sempre di nuovo affascinante, nonostante le ripetute delusioni e le amarezze connesse col rapporto uomo-donna.

Quante volte l’amore si è trasformato in odio! Quanti infiniti malintesi fra uomo e donna, proprio là dove Dio aveva voluto la maggiore intimità, confidenza e comunione! Quante rotture senza riconciliazione! Quante bugie, quanti inganni proprio là dove doveva esistere la massima sincerità! Quanto egoismo proprio là dove doveva esserci il dono completo di sé! L’uomo aveva diviso ciò che Dio aveva unito e non era più capace di riunirlo. Quale terribile castigo per non essere rimasti sottomessi al Dio dell’amore! C’è voluta la Croce di Cristo per riunire ciò che il demonio aveva diviso.

Ma ecco intanto che l’astinenza diventava il prezzo per godere veramente del sesso. Ecco il severo imbrigliamento dell’istinto per renderlo conforme al suo fine, ecco la mortificazione della carne per far vivere lo spirito. Ecco il sopportarsi vicendevole, ecco il portare il peso l’uno dell’altra, ecco il reciproco perdonare e chiedere perdono per ottenere la riconciliazione e per realizzare l’amore!

È finito con la caduta originale il momento edenico della spontaneità, del puro slancio del cuore e dell’affetto, della libera ricerca del piacere, del rispondere con gioia al richiamo del sesso. Eppure ecco che sempre di nuovo questo dinamismo psicoemotivo, trasformatosi in lussuria, inganna e seduce i cuori soprattutto dei giovani, ma anche degli anziani non esercitati nella castità.

Come sempre, giullari, buffoni, pseudoartisti, pseudofilosofi, pseudomoralisti, pseudopsicologi e psudoeducatori, magari preti o religiosi, anche oggi, con lauti guadagni per le case editrici, si studiano con vari artifizi, allettamenti, falsi ragionamenti e falsa carità, purtroppo con grande successo e connivenza di certi pastori, di dare una parvenza di legittimità a questo sfogo irrazionale della passione, causando grandi danni morali nella gioventù, nella società e nella Chiesa stessa.

Il giovane, trascinato dalle passioni, infiacchito nel carattere e debole nella volontà, magari con la pretesa di essere l’araldo della rivoluzione sociale, diventa incapace di affrontare le prove della vita e di assumere impegni seri, stabili e di restarvi fedele, si tratti di scelte matrimoniali o professionali o di quelle attinenti al sacerdozio e alla vita religiosa.

Il rifiuto del servizio militare nei giovani spesso non è dettato da vero spirito di pace, ma dall’insofferenza della disciplina, dalla paura del nemico e dal rifiuto di sacrificarsi per il bene della patria rifugiandosi nell’utopia che tutti i contrasti e controversie tra le nazioni e i popoli possano risolversi semplicemente con la diplomazia o come se tutti gli oppressori fossero pronti a rinunciare alla violenza semplicemente perché persuasi da un bravo predicatore.

Chi ama veramente la pace, è pronto a dare la vita per ottenere la pace o per la difesa della pace. Chi vive nelle mollezze, non domina le proprie passioni, ma è attaccato ai piaceri, affetta una falsa mitezza e sbotta nell’ira incontrollata, manca di salde certezze, che lo rende doppio e volubile, incapace di combattere e soffrire per la verità e la giustizia. Certamente occorre evitare l’amaro realismo della guerra inevitabile, ma non bisogna nemmeno pensare che siamo ancora nell’Eden senza peccato originale.

L’attuale marasma, che stiamo vivendo, concernente la problematica della sessualità, il torbido agitarsi delle passioni, la ricerca spasmodica del piacere, il susseguirsi di scandali e di accuse infamanti, il diffondersi di errori, a cui stiamo assistendo nel campo della sessualità, non risparmia oggi nessuno. Da una parte, l’illusione di molti che stiamo vivendo una libertà sessuale mai finora esistita, ed in parte è anche vero, ma ciò vien fatto non sulla base dell’escatologia cristiana, ma sulla base di un rozzo umanesimo apertamente o nascostamente sensista e materialista.

Diciamo apertamente materialista, in quanto esso, di carattere popolare pseudoscientifico, è rintracciabile in molte manifestazioni spavalde come il gay pride, la pornografia, la corsa sfrenata al piacere, l’aborto, frutto di unioni fornicarie, una gioventù in balìa dell’istinto favorita da falsi maestri, moralisti negatori della legge naturale, l’odio contro l’ascetica cristiana, il disprezzo nei confronti del sacrificio e della rinuncia. La pedofilia continua a suscitare sdegno; ma per quanto, ancora? La sodomia è diventata un «diverso orientamento sessuale». Se continuiamo di questo passo, presto lo diventerà anche la pedofilia.

Diciamo umanesimo nascostamente materialista, diffuso negli ambienti accademici, in quanto esso deriva da una forma di spiritualismo falso, elitario e gnostico, soggettivista e fideista, senza basi razionali, ma sulla base di una coscienza che vorrebbe ridurre la realtà al pensato, e che confonde la volontà con l’emozione, sicchè, laddove dovrebbe vivere lo spirito vien fuori la carne, mentre lo sbocco o il retroterra di un’alta metafisica, nonchè di geniali e raffinate speculazioni è il bisogno di primeggiare, il voler essere originali ad ogni costo, la meschinità dell’esibizionismo adulatore, l’amara denigrazione dell’avversario, l’altezzoso disprezzo per i semplici, il protagonismo autoreferenziale, l’invidia per chi ci supera e la ricerca del successo mondano.

Ma il fenomeno più impressionate, che tende oggi a spargersi a macchio d’olio, e che sta ingannando addirittura moralisti, psicologi, sessuologi, pastori ed educatori, è quello della sodomia, che si vorrebbe far passare sotto l’innocente titolo di «unione civile», e qualcuno parla addirittura di «matrimonio», senza che si tenga conto della esplicita condanna della Sacra Scrittura, come per esempio il famoso episodio della distruzione di Sodoma, da cui ha preso nome il suddetto vizio o i severi richiami di San Paolo.

Oggi si è arrivati al punto da accusare come diffamatori insegnanti o educatori che hanno semplicemente citato San Paolo. Si è perso di vista che la tendenza omosessuale è contro natura perchè, prima ancora di essere contro la legge morale naturale e la morale cristiana, è contraria alle stesse leggi fisiologiche – in tal senso «contro natura» - che regolano il normale esercizio biofisiologico dell’istinto sessuale, animale o umano.

La teoria genderista ha diffuso l’opinione che l’esser maschio o femmina non sono forme naturali e fisse della persona umana, ma effetti contingenti della libera volontà umana e del potere che l’uomo ha di plasmare una natura corporea che di per sé non è né maschio né femmina.

Ciò che caratterizza la persona umana per quella teoria è semplicemente lo spirito o, nel caso dei freudiani, la libido. Abbiamo qui uno stranissimo incontro addirittura con Origene, anche se da due posizioni morali diametralmente opposte: per Origene la libertà sta nella liberazione dall’esser maschio o femmina, che non ha alcuna incidenza nella felicità umana, anzi è di ostacolo.

Per i genderisti, similmente, ma anche viceversa, la persona non è essenzialmente altro che lo spirito (Rahner) o la libido (Freud). Tuttavia, il soggetto si esprime nel sesso, per cui il sesso entra nella felicità dell’uomo, ma solo in quanto ognuno è libero di determinare come preferisce il proprio sesso, che non è solo l’esser maschio o femmina, ma può assumere altre forme costruite artificialmente o chirurgicamente, come per esempio il «transessuale».

Si capisce allora come la dottrina pontificia di un Pio XII, di un Paolo VI o di un Giovanni Paolo II o del Papa attuale che asserisce l’esistenza naturale e legittima di due soli sessi – o uomo o donna –, con ben precisi caratteri differenziali, senza che l’uomo abbia alcun permesso morale di mutare o aggiungere, per i genderisti è come fumo negli occhi e l’aborriscono.

Ma le loro idee malsane discendono dalla negazione, che troviamo per esempio in un Rahner dell’esistenza di una natura umana oggettiva, precisa, fissa, stabile, immutabile, universale e determinata con proprie leggi e finalità stabilite da Dio creatore, per cui la natura umana viene intesa come materia indeterminata e plasmabile a discrezione della libera volontà della persona intesa come «spirito»[1].

Quindi ci troviamo di fonte a un neoplatonismo per il quale il sesso non è proprietà essenziale e costitutiva della persona umana, ma oggetto materiale postole di fronte, che essa può manipolare come meglio crede senza dover rendere conto a nessuno tranne che a se stessa, ossia alla propria «coscienza». La differenza da Platone sta nel fatto che mentre Platone vuol liberare da questo oggetto fastidioso, lo «spirito» rahneriano lo manipola e ci sguazza dentro.

In questo squallido scenario, in campo cattolico ed ecclesiale, troviamo purtroppo il generale silenzio[2] dei pastori, salvo rarissime eccezioni, oggetto di derisione da parte di molti, troviamo un dialogismo di maniera e inconcludente, lo spirito fazioso e di parte, la mancanza di spiritualità, l’amore per l’ambiguità, il barcamenarsi per non scontentare nessuno, l’impreparazione dei teologi, la debolezza degli educatori, le incertezze, gli appelli accorati, le resistenze, le remore, gli sdegni, le esitazioni, le nostalgie, le sofferenze, i turbamenti, le proteste di un mondo cattolico diviso, incerto, oscillante, tentato, smarrito, agitato, modernista, passatista.

Oggi stiamo assistendo, nel campo dei costumi sessuali, ad una reazione lassista, edonista e permissivista, reazione ad un periodo precedente il Concilio Vaticano II di eccessiva severità e di legalistico rigorismo, nel quale il peccato sessuale sembrava il peccato dei peccati, al di sopra di ogni peccato. 

Il peccato sessuale era il simbolo del peccato. I «cattivi pensieri» denunciati in confessionale, erano i peccati di sesso. L’atto «turpe» era per antonomasia il peccato di sesso. La concupiscenza era necessariamente la concupiscenza sessuale. Quando si diceva «peccati carnali» s’intendeva i peccati sessuali. La ricerca del piacere era quella del piacere sessuale. Viceversa la «purezza» era la purezza sessuale. La «bella virtù» era la castità. La virtù «angelica» era la castità.

I peccati spirituali, come la superbia, l’ipocrisia, l’accidia, l’orgoglio, l’eresia, la menzogna, la diffamazione,  la denigrazione, l’invidia, la bestemmia, l’empietà insieme con gli altri peccati attinenti alla vita fisica, le mollezze, come l’avarizia, la gola, l’individualismo, l’egoismo, il furto, l’evasione fiscale, l’ingiustizia sociale, la frode, la pigrizia, il rancore, l’odio, apparivamo tutto sommato, meno colpevoli, meno gravi, meno peccati, meno vergognosi, meno dannosi, meno biasimevoli.

San Tommaso dedica un articolo della Somma Teologica (II-II, q.154, a.3) a dimostrare che la fornicazione non è il più grave di tutti i peccati spiegando che

 

«la gravità di un peccato si può misurare in due modi: in un modo, di per sé e in altro modo in via accidentale (secundum accidens). Di per sé si misura la gravità in base alla ragione della sua specie, la quale si considera in rapporto al bene al quale il peccato si oppone. Ora la fornicazione è contro il bene del nascituro. E quindi è peccato più grave secondo la sua specie dei peccati che contrastano con i beni esterni, come il furto e cose del genere; è meno peccato di quelli che sono direttamente contro Dio e del peccato che è contro la vita dell’uomo già nato, com’è l’omicidio».

Accidentalmente tuttavia, spiega Tommaso, può capitare che la passione sia tanto forte con una volontà debole, cosa che può capitare soprattutto nel giovane non esercitato come l’anziano nell’autocontrollo, per cui succede che

 

«la libidine presente nell’appetito sensitivo diminuisce il peccato, perché, quanto più uno pecca per un maggiore impulso, tanto più lieve è il peccato. Ora nella fornicazione la libidine raggiunge il massimo della sua forza».

Altro criterio che Tommaso assegna per distinguere nella lussuria il peccato mortale da quello veniale è quello della presenza o assenza della «libidine» (libido) come ricerca del piacere fine a se stesso.  

Al riguardo Tommaso nell’art.4 prende in considerazione il bacio e l’abbraccio, osservando che se questi gesti sono semplici espressioni di amicizia, non c’è nessun peccato. Se invece il soggetto, intendendo esprimere semplice amicizia, bacia sotto un impulso non voluto di libidine orientata all’atto sessuale, la colpa è semplicemente veniale. Questo criterio si congiunge col precedente circa la forza della libidine e qui Tommaso fa l’esempio di questi gesti, i quali, se sono intenzionalmente orientati all’atto sessuale, allora, si ha peccato mortale.

La ragione per la quale la lussuria è di per sé peccato grave, salvo le già dette attenuanti, non è data solo dal fatto che nuoce alla persona umana generabile dall’atto sessuale, ma suppone un soggetto che dà più importanza al piacere fisico che a quello spirituale, un soggetto cioè che si degrada al livello della bestia, quello che San Paolo chiama «uomo carnale» (sarkikòs, I Cor 3,3) e San Pietro «animale irragionevole» (II Pt 2,12).

L’irragionevolezza dell’atto lussurioso peraltro non è data dal solo fatto che il piacere nella sua intensità, impedisce il funzionamento della ragione, perché ciò è di per sé del tutto naturale. Anche quando dormiamo la ragione è assopita e non per questo il dormire è peccato. Ma l’irragionevolezza della lussuria è data dalla suddetta volontà di godere del sesso non come espressione dello spirito subordinato allo spirito, ma come fosse un valore superiore a quello dello spirito.

La lussuria è quindi effetto di un’antropologia che, magari sotto pretesto dell’unità della persona, confonde l’anima col corpo, il che può avvenire in due modi: o per la riduzione dell’intelletto al senso, e quindi della volontà alla passione, come avviene nell’empirismo, o per assorbimento del senso nell’intelletto e della materia nello spirito, e quindi dell’istinto animale nella volontà, come avviene nel falso spiritualismo dell’idealismo. Ora è chiaro che uno spirito che assume in sé la materia non è che uno spirito materializzato e quindi confuso con la materia.

Resta comunque che l’eccessiva e a volte ossessiva concentrazione dell’attenzione attorno al sesso, che ho segnalato sopra, non serviva in passato a creare serenità, ma fomentava le paure, le timidezze, la diffidenza fra i sessi, gli scrupoli, la ripugnanza per gli atti sessuali, addirittura le nevrosi, delle quali poi doveva occuparsi lo psichiatra, il quale, ahimè, capitava che fosse freudiano, sicchè il soggetto passava dalla padella alle brace, dando la stura alla libidine o togliendo tutti i freni morali, col pretesto di evitare la «frustrazione» e la «repressione».

Il significato unitivo dell’atto sessuale e quindi la legittimità di un atto sessuale non procreativo, ma che fosse sola espressione dell’amore, era totalmente ignorato[3], perché si aveva sotto gli occhi soltanto la pratica indecente della fornicazione, ossia dell’unione non-coniugale, che effettivamente è peccaminosa, non però per il fatto che essa intende esprimere l’amore, ma bensì per il fatto che si suppone che questo amore è inteso come piacere carnale che frustra la procreazione e non come attuazione di quell’unione d’amore della quale parla il c.2 del Genesi, unione che risorgerà, per chi lo desidera, alla futura risurrezione.

Fine Parte Prima (1/5)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 21 aprile 2023

La teoria genderista ha diffuso l’opinione che l’esser maschio o femmina non sono forme naturali e fisse della persona umana, ma effetti contingenti della libera volontà umana e del potere che l’uomo ha di plasmare una natura corporea che di per sé non è né maschio né femmina.

Ciò che caratterizza la persona umana per quella teoria è semplicemente lo spirito o, nel caso dei freudiani, la libido. Abbiamo qui uno stranissimo incontro addirittura con Origene, anche se da due posizioni morali diametralmente opposte: per Origene la libertà sta nella liberazione dall’esser maschio o femmina, che non ha alcuna incidenza nella felicità umana, anzi è di ostacolo. 

Per i genderisti, similmente, ma anche viceversa, la persona non è essenzialmente altro che lo spirito (Rahner) o la libido (Freud). Tuttavia, il soggetto si esprime nel sesso, per cui il sesso entra nella felicità dell’uomo, ma solo in quanto ognuno è libero di determinare come preferisce il proprio sesso.

Si capisce allora come la dottrina pontificia di un Pio XII, di un Paolo VI o di un Giovanni Paolo II o del Papa attuale che asserisce l’esistenza naturale e legittima di due soli sessi – o uomo o donna –, con ben precisi caratteri differenziali, senza che l’uomo abbia alcun permesso morale di mutare o aggiungere, per i genderisti è come fumo negli occhi e l’aborriscono.

Immagini da Internet: Edvard Munch


[1] Cf il mio libro Karl Rahner. Il Concilio tradito, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009, pp.153-162.

[2] Purtroppo non è il silenzio monastico. Non è che non si diano da fare, ma sono assenti quando si tratta delle cose più importanti, dove solo loro, come Successori degli Apostoli, potrebbero e dovrebbero dire una parola.

[3] Un esempio di morale preconciliare lo possiamo trovare nell’opera peraltro assai pregevole del domenicano Benedetto Enrico Merkelbach, Summa Theologiae moralis, vol.II, §1000-1004, dove il significato unitivo e quindi escatologico dell’atto sessuale è completamente ignorato.

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