La pratica
della castità nelle coppie anziane
Un tema poco
trattato
Trattare
della castità dei coniugi anziani è cosa piuttosto insolita e può sembrare cosa
inutile, perché si suppone che per loro non sia più un problema, dato che, così
almeno si crede, i bollori giovanili sono passati, e la loro vitalità sessuale
sarebbe pressochè estinta.
In
particolare non appare che interesse possa avere per la formazione dei giovani
alla castità, che si trovano in ben altra situazione psicologica rispetto a
quella delle coppie anziane. Alcuni vedono addirittura con ripugnanza o
compatimento il rapporto sessuale fra anziani, quasi fosse una cosa ripugnante,
innaturale e magari ridicola. Ma si tratta di un brutto pregiudizio che qui
voglio sfatare.
Credo infatti di poter dimostrare che lo status sessuale degli anziani è di sommo
interesse per i giovani per i motivi che dirò. L’impressione che possiamo avere
che non serva per la formazione dei giovani alla castità parlare degli anziani può esser data dal fatto che siamo
abituati a una concezione meramente generativa dell’attività sessuale e
disattenti alla sua funzione unitiva, precorrimento dell’unione escatologica.
Sgombriamo
innanzitutto il terreno da un possibile equivoco: dovrebbe essere chiaro, dal riferimento che ho fatto alla
coppia anziana in rapporto alla futura resurrezione, che, parlando di un sesso
non generativo, io non intendo affatto riferirmi alle unioni extraconiugali o
prematrimoniali attuate per esprimere l’amore escludendo un’eventuale nascita con
l’uso di anticoncezionali o fino al punto da ricorrere all’aborto. L’anziano,
invece, avendo cessato dalla sua attività generativa, non conosce questi
problemi.
Il mio
discorso invece è strettamente collegato con quello che riguarda l’acquisto
delle virtù nella presente condizione di natura decaduta, ma anche redenta; per
cui il cristiano «entra volentieri per la porta stretta» (Mt 7,13), sapendo che
dopo il peccato originale è più facile fare il male che il bene. Occorrono
lotte, rinunce, sofferenze e sacrifici.
Se nell’Eden
esisteva una piena comunione e reciprocità fra uomo e donna su di un piede di
uguaglianza, col peccato essi sono entrati in conflitto fra di loro: l’uomo ha
cominciato ad opprimere la donna e questa a farsi seduttrice dell’uomo. Se
prima la convivenza non faceva problema, adesso diventava necessaria una certa separazione
cautelativa dell’uno nei confronti dell’altra. Se prima il sesso era
naturalmente soggetto allo spirito, adesso comandava sullo spirito. Ciò che
deve stare in alto, ossia lo spirito, adesso deve essere riportato in alto
senza farne l’assoluto; e ciò che deve stare in basso, il sesso, deve essere
riportato in basso senza disprezzarlo.
In tal modo
l’acquisto delle virtù è un processo graduale, accidentato, ma promettente, che
dura tutta la vita, fondato sulle inclinazioni pratiche naturali dell’uomo, orientato
alla soddisfazione dei suoi bisogni fisici e spirituali, promosso con tenacia
dalla volontà, comportante un’ardua e metodica disciplina e richiedente un
lungo esercizio sostenuto dalla grazia, per mezzo del quale il soggetto umano,
pur restando nella fragilità e peccaminosità proprie della vita presente, se ne
va progressivamente liberando, per ritrovare sempre di più la perfezione originaria
dello stato edenico ed ancor più per pregustare la felicità dello stato della
futura resurrezione gloriosa.
Intento di
questo mio articolo è quello di inserire in questo quadro d’insieme l’esposizione
dell’acquisto e dello sviluppo della virtù della castità con particolare
riferimento alla castità coniugale come iniziale realizzazione terrena dell’unione
dell’uomo e della donna nella resurrezione. Il mio occhio è rivolto in
particolare alla formazione dei giovani.
Intendo per
castità in generale quella virtù morale, specificazione della temperanza, che
modera in generale le passioni, per la quale la volontà regola secondo retta ragione
i moti dell’appetito sessuale o in modo tale da fargli raggiungere il suo fine unitivo
e procreativo nel matrimonio, oppure da frenarlo del tutto per motivi ascetici
o religiosi.
L’atto
sessuale, secondo il piano divino originario,
è uno di quegli atti vitali, il cui compimento entra nella felicità
dell’uomo, laddove è detto: «l’uomo si unirà alla sua donna» (Gen 2,24).
Infatti la felicità dell’uomo sta nell’amore e nessun atto o legame d’amore è
umanamente così gratificante come l’unione fra l’uomo e la donna. Del resto,
tutti gli atti vitali, fisici e spirituali, allorchè sono compiuti e il loro
bene è raggiunto, producono gioia e piacere. Le potenze vitali fisiche e
spirituali, infatti, sono fatte per essere attuate; se non lo sono, il soggetto
è frustrato, insoddisfatto ed infelice.
La verginità
della Madonna
Ci potremmo
chiedere, allora, che senso ha la verginità consacrata. Come può essere posta a
modello di perfezione, e quale felicità essa può dare. Si tratta di una
felicità spirituale o religiosa, che nasce dal fatto che l’astinenza sessuale, per
esempio nel voto di castità, nello stato presente e passeggero di natura
decaduta, dove la carne è sorda o ribelle allo spirito e lo spirito violenta o
schiaccia la carne, è il prezzo da pagare
per le esperienze spirituali più elevate e feconde di opere, come è
testimoniato dalla vita dei Santi, e possiamo noi stessi farne l’esperienza.
Occorre però fare attenzione a che, trattando
della verginità della Madonna, a volte la si presenta come uno stato di
integrità, di incontaminatezza, di purezza; si loda Maria perchè è rimasta
«intatta» e «inviolata», come se l’unione sessuale comportasse una perdita di
integrità, una contaminazione, un’impurità o una violazione.
Dato che
inoltre il senso del tatto è necessario all’unione sessuale, perché l’amore si
esprime nell’unione dei corpi, sembrerebbe che debba andare a lode di Maria il
fatto di non essere stata sessualmente toccata
dal maschio; cosa che ella appunto esprime con le parole «non conosco uomo».
Infatti, il contatto sessuale è uno dei mezzi per l’intima conoscenza fisica
reciproca fra uomo e donna ed entra nella legge generale che la conoscenza
umana ha origine dall’esercizio dei sensi. Questo contatto, con l’atto che ne
segue della potenza sessuale, esprime l’amore ed eccita l’amore.
Ora, se si
intendessero in tal senso le suddette lodi tributate a Maria, vorrebbe dire non
aver capito nulla né della sua verginità, né più profondamente, del significato
eccelso della sua santità, proprio in rapporto all’amore fra uomo e donna con
particolare riferimento al matrimonio e alla famiglia.
Infatti, la
verginità di Maria innanzitutto non va intesa, come comunemente è inteso fra
noi peccatori, il voto di castità, che è misura di emergenza relativa
all’attuale stato di natura decaduta, per il semplice fatto che Maria, trovandosi
nello stato di innocenza, di per sè non aveva affatto bisogno di
quell’espediente.
La verginità
di Maria, dunque, ha una giustificazione esclusivamente propria della Madonna,
in quanto, come Madre e Sposa di Dio, purissimo Spirito asessuato, non era
conveniente che ella concepisse e generasse il Figlio di Dio, anch’Egli vergine
in quanto Figlio di Dio, mediante un’unione sessuale.
La verginità
di Maria, pertanto, nulla ha a che vedere con la benchè minima disistima
dell’unione sessuale coniugale, ma al contrario, con la sua intercessione, e
questo gli stessi sposi cristiani lo sanno bene, ella ottiene da Dio la loro
felicità sessuale, che frutta nella fondazione di una famiglia e
nell’educazione dei figli.
La
responsabilità dell’anziano
Il mio
riferimento alla coppia anziana intende ricordare ai giovani che l’anzianità,
così almeno si suppone per chi sin da fanciullo abbia seguìto le vie del
Signore, è l’età della maturità morale, nella quale si gioisce per la raccolta degli
abbondanti frutti del proprio lungo e fedele servizio al Signore; il carattere
è temprato dal superamento delle prove subìte, le convinzioni di ragione e di
fede, morali e speculative, lungamente meditate, approfondite e rafforzate,
hanno raggiunto un alto grado di comprovata saldezza e di calma certezza; le
passioni sono largamente soggette al dominio della ragione; la lunga esperienza
delle cose, degli uomini e del mondo assicura un fine discernimento ed una
consumata capacità di giudizio critico, sapienziale, prudenziale ed imparziale.
L’anziano ha imparato a conoscere a fondo
l’animo umano e i misteri di Dio; gli orizzonti dello spirito nella fedeltà del
proprio rapporto con Dio si sono ampliamente allargati; lo spirito è abituato al
distacco dalle cose che passano, alla sofferenza, alla rinuncia e al
sacrificio, al nuovo nella fedeltà all’antico; è allenato al progresso nella
custodia dell’essenziale imperituro.
Quanto alla
gioventù, è un’età stimabile per la freschezza della bellezza, della salute e
per il vigore delle forze fisiche e psichiche. È piena di potenzialità e di
possibilità. Certamente il giovane riceve da Dio talenti talvolta importanti ed
innovatori, anche profetici per gli stessi anziani, i quali pertanto devono
avere l’umiltà di ascoltarlo e di accogliere il dono di Dio, che starà poi
semmai a loro sviluppare e far fruttare. Ma il giovane è ancora incerto nelle
sue convinzioni e nelle sue scelte, mutevole ed influenzabile, volubile,
incostante, impulsivo, emozionabile ed irriflessivo, ha le passioni ancora tumultuose e indisciplinate.
Grandi entusiasmi e grandi delusioni.
Pensiamo qui
al problema della castità. L’appetito sessuale, come si sa, nel giovane è molto
forte. Egli ha un lungo cammino da fare, che deve intraprendere con fiducia in
se stesso, in Dio e nei formatori. Come già diceva S.Agostino: «qui molte sono
le sconfitte e poche le vittorie». Il giovane non deve perdersi d’animo, ma
sempre ricominciare con rinnovata fiducia.
L’educatore
dev’essere con lui molto chiaro nell’indicare la meta, i mezzi e il cammino; ma
anche molto comprensivo, presentandogli nel contempo alti ideali, stimolandone l’acume
dell’intelletto e la forza della volontà ed abituandolo ad una forte confidenza
in Dio.
L’anziano è
il naturale maestro, modello, padre, amico, stimolatore, correttore,
consolatore, consigliere e guida del giovane, specie se questo anziano è religioso,
sacerdote o vescovo. Così come occorre l’anzianità per il vescovo, altrettanto occorre
l’anzianità per la maturità nelle virtù, compresa la castità. Per questo non
dobbiamo temere di affermare che la vera età per la pratica della castità nel
suo senso più nobile che ora vado ad illustrare, non è la gioventù, ma è
l’anzianità.
Ciò
naturalmente non toglie che possano esistere anziani solo per l’età, ma non per
la saggezza. Sono coloro che sono arrivati all’anzianità senza aver speso bene
la loro vita. Si sono fermati, magari sotto i colpi di sventure che non sono
riusciti a dimenticare. Costoro sono spesso amari, intristiti, acidi, cupi,
scettici, pessimisti, laudatores temporis
acti. Oppure sono simili ai vecchioni lussuriosi della casta Susanna.
Avendo speso
la loro gioventù nei vizi, non essendosi mantenuti casti per il momento del
matrimonio, o avendo tradito la moglie, questi anziani falliti non hanno saputo
mantenersi giovani, così come il giovane è aperto all’avvenire, al nuovo, alla vita, alla speranza; ma sono
prigionieri dell’«uomo vecchio» (Ef 4,22).
Sono vecchi
nello spirito e nel corpo. Sulla castità amano far ironia o sarcasmo. Sono duri
o sciocchi con le donne, che per loro sono o erano semplici strumenti di
piacere. Non possono certo insegnare la castità della resurrezione. Certo non
sono di esempio o di incoraggiamento per i giovani, ma semmai loro corruttori e
maestri di lussuria. Questi sono anziani da evitare.
L’amore
coniugale
Ciò che distingue
la concezione cristiana della castità o della continenza da quella semplicemente
naturale, che si può trovare anche in Aristotele, che tien conto solo della vita
presente, è il fatto che la castità cristiana copre tutto lo sviluppo storico antropologico, oggetto della Rivelazione,
che quindi dalla Genesi va alla resurrezione
passando dalla vita presente segnata dal peccato originale e redenta dal sangue
di Cristo.
È evidente
dalla Genesi che Dio crea la donna per dar senso e felicità alla vita dell’uomo.
«Non è bene che l’uomo sia solo. Voglio fargli un aiuto che gli sia simile»
(Gen 2,18). Il rapporto uomo-donna è il paradigma di tutta la vita sociale. È
chiaro che quando Aristotele parla dell’uomo come «animale politico», parla di
una società fatta di maschi, dove la donna è confinata e soggetta nell’ambito
della famiglia. Non c’è l’idea biblica - «un aiuto simile a lui» (Gen 2,18) - che
la donna possa completare l’uomo in tutti i campi, a livello di pari dignità.
Per cogliere
la portata del piano divino biblico in tutta la sua ampiezza, dobbiamo andare
al di là della vita presente, dove soltanto vale la legge della riproduzione
della specie, ossia del matrimonio, ed attingere alla futura resurrezione, dove
avrà piena e definitiva attuazione ed espansione la legge dell’amore, che è il motivo fondamentale ed ineliminabile, per il quale
Dio ha creato l’uomo e la donna: che siano una
sola carne.
È chiaro che
la forma più perfetta di questa unione è quaggiù l’amore coniugale. Qui la generica reciprocità o complementarità
reciproca uomo-donna si configura e si concretizza come reciprocità indissolubile ed eterna fra questo uomo e questa donna.
Dio unisce i due per formare di essi una cosa sola per sempre. Ecco il
sacramento del matrimonio.
Questa
unione, di fatto, benché non di diritto, può essere dissolubile. Cioè l’uomo,
contravvenendo alla volontà divina, che ha unito gli sposi e vuole che essi
siano uniti, può purtroppo di fatto sciogliere o infrangere il vincolo. Sarebbe
bene allora dire che il matrimonio non deve essere dissolubile, e non che
simpliciter è indissolubile. Oppure si
dovrebbe dire che è indissolvendo.
Comunque, a
parte questa questione terminologica, di secondaria importanza, il punto
importante è la ragione per la quale il matrimonio non deve essere sciolto. La
ragione è che Dio. quando e come crede, fa incontrare quel dato uomo con quella
data donna, in modo tale che essi si
accorgono di essere fatti l’uno per l’altra in vista di sposarsi. Questa
corrispondenza reciproca è fisica, ma innanzitutto spirituale, cioè si tratta di una convenienza reciproca di due
anime, ossia tra l’essenza dell’una e
l’essenza dell’altra.
Ora, siccome
è Dio che ha creato questa essenza, per questo la Scrittura dice che è Dio che
li unisce. E siccome l’essenza di un’anima o di una persona è immutabile, per
questo i due, se vogliono essere felici, devono corrispondere a questa
inclinazione dell’uno verso l’altra, che Dio ha posto in loro, col risulto che,
se sono fedeli a questa vocazione divina, il loro amore dura per l’eternità.
Si tratta di
un’unione innanzitutto spirituale,
che però tende ad esprimersi nell’unione sessuale.
L’intimità e la profondità fisico-spirituale che li lega supera quella di
qualunque altro rapporto umano, ed ha quindi un carattere di esclusività, per
quanto i due possano avere altre amicizie. L’unione tra gli sposi deve crescere
e consolidarsi di giorno in giorno superando numerose prove, che Dio permette
appunto a tale scopo.
Ma Egli
fornisce anche tante occasioni di crescita e di perfezionamento, che
allontanano sempre di più il rischio di una crisi del rapporto. Sia l’unione spirituale
che quella sessuale devono consolidarsi e diventare sempre più gratificanti.
Non importa se la vitalità sessuale con l’avanzare degli anni diminuisce. Anzi può essere più gradevole, perché meglio
si concilia con la vita spirituale.
La carne
meno si ribella allo spirito e lo spirito tratta con più rispetto la carne. Non
più i bollori del sole estivo, ma il dolce tepore del sole autunnale. La coppia
raccoglie e distribuisce i frutti abbondanti della sua lunga vita spesa
assieme. Sono maestri di vita ai giovani che intraprendono il cammino della
vita. I rischi di adulterio sono ridotti al minimo. Appaiono i primi bagliori
dell’amore escatologico.
Occorre
aggiornarsi
Creazione
nell’Eden dell’uomo e della donna, caduta, Redenzione e resurrezione: quattro
dati di fede, che, se presi sul serio, trasfigurano profondamente una visione della
castità come quella aristotelica, evidentemente circoscritta in un orizzonte
meramente terreno, che era l’unico che Aristotele potesse conoscere, per quanto
saggia e sempre attuale fosse la sua concezione, tuttora approvata dalla Chiesa
attraverso il commento fatto da S.Tommaso[1].
E tuttavia essa suppone una concezione del tutto al di sotto della concezione
del rapporto uomo-donna, che risulta dalla Rivelazione e che è stato chiarito
dall’insegnamento di S.Giovanni Paolo II.
E se quindi
oggi appare l’insufficienza della teoria aristotelica, ancora più lontana dal
cristianesimo appare la visione platonica, giacchè, se in Aristotele la
continenza serve per un dominio ragionevole della passione, nel platonismo
l’astinenza sessuale, per quanto a parole si ammettesse la resurrezione del
corpo, in pratica la castità era concepita come preparazione dell’anima a liberarsi
dal sesso. Per questo l’angelo era considerato come modello di castità. Con la
scusa del «corpo spirituale» (I Cor 15,42) di paolina memoria, scompare nella
resurrezione la differenza sessuale. In pratica tutti devono essere maschi,
dato ch’esser donna è un difetto.
Così nella
visione preconciliare della castità il paradigma genesiaco, con la sua aperta
esaltazione della sessualità come opera divina e felicità dell’uomo, non lascia alcuna eco nel resto della Bibbia,
compresa l’Apocalisse, che pure
dovrebbe essere l’annuncio della resurrezione dell’uomo e della donna. Si nota
una specie di ritegno o ritrosia, e di timoroso pudore, forse per il timore di
suscitare la concupiscenza del figlio di Adamo peccatore.
Così succede
che quando nella Scrittura si lodano e si elencano le opere di Dio, che danno
gioia all’uomo, si parla degli angeli, del sole, della luna, delle stelle, delle
piante, degli animali, dei campi, dei monti, dei fiumi, dei cibi, della frutta,
del vino, ma si parla solo in modo assai attenuato delle gioie del sesso.
Al banchetto
escatologico ci saranno «grasse vivande, vini eccellenti e cibi succulenti» (Is
25.6). Ma di sesso non si fa parola. Eppure forse che i risorti hanno bisogno
di nutrirsi? Invece resterà l’amore. E quale amore più intimo e dolce di quello
fra uomo e donna? Il progetto genesiaco sembra del tutto scomparso. Ma Cristo
non è venuto a restaurare ciò che c’era «in principio» (Mt 19,5). Ma allora che
cosa è la resurrezione? Resurrezione di che cosa? In queste insufficienze si notano i limiti puritani
dell’agiografo, come in S.Paolo notiamo l’antifemminismo rabbinico, mentre è nella
Genesi che risplende in piena luce l’immortale
Parola di Dio.
È vero che
nella Scrittura c’è il Cantico dei
Cantici. Ma esso, preso alla lettera, non ha nulla che possa richiamare l’idea
di un amore uomo-donna escatologico. È semplicemente un grazioso poemetto di
amore profano e terreno, benché onesto, come ce ne sono un’infinità nella letteratura
mondiale. Come sia finito nella Bibbia si spiega solo come segno della benedizione
divina del matrimonio, il che è già molto e come simbolo dell’amore fra Israele
e il suo Dio.
Ma anche
l’immagine mistica biblica dello «sposalizio» - Dio sposo, Israele sposo,
Cristo sposo, la Chiesa sposa, - vogliono dire semplicemente unione o comunione
spirituale, ma per il resto non hanno nulla a che vedere col sesso, anzi
sarebbe blasfemo il pensarlo, tanto che potrebbe benissimo essere sostituito
col semplice concetto di unione, amore o
comunione spirituale.
Conclusione
pratica
L’attuale
disordine nei costumi sessuali è il campanello d’allarme che, per rimediare a
questa sciagura, per ripristinare e far progredire il buon costume, occorre decisamente assumere in pienezza la concezione
cristiana della castità, così come è stata sviluppata nella teologia del corpo
di S.Giovanni Paolo II, superando quella di tipo aristotelico, prevalente nella
Chiesa fino al Concilio Vaticano II, per non parlare di quella, ancor meno
cristiana, di tipo platonico, che tuttavia, come è noto, ebbe nella Chiesa ancor
più successo di quella aristotelica, sebbene fosse, per il suo dualismo
angelista e rigorista, ancor più lontana dal cristianesimo, fino a produrre i
ben noti eccessi dell’origenismo e del giansenismo.
A mali estremi,
estremi rimedi. Alla vergognosa umiliazione e all’idolatria della sessualità
mai oggi registrata a memoria d’uomo, bisogna contrapporre la santità del sesso
propugnata dalla Bibbia. E non bisogna temere di mostrare ai giovani le
asprezze del cammino, senza mancare di presentar loro i soccorsi della grazia e
l’esempio dei Santi. Al giovane piace l’impresa agonistica e rischiosa. Quante
energie giovanili oggi vengono impiegate negli agoni sportivi! Perché non
convogliare alcune di queste energie nell’acquisto della virtù?
Bisogna
presentare ai giovani in tutta la sua bellezza, santità, elevatezza ed attrattiva
l’ideale escatologico della castità come graduale recupero nella vita presente e
sviluppo finale del modello protologico. E i coniugi anziani rappresentano col
loro amore la preparazione e la pregustazione dell’unione escatologica tra uomo
e donna, che dev’essere il destino di ogni amicizia tra uomo e donna, sia o non
sia coniugale. Esiste ancor oggi in certe coppie di buoni cristiani ma arretrate
o non aggiornate un ingiustificato imbarazzo e un quasi sentirsi in colpa per
il loro appetito sessuale nei confronti del coniuge, eredità infausta di una
mentalità repressiva. L’appetito in tutti i campi è segno di buona salute, con
la differenza che il bisogno i dei cibi cesserà alla fine della vita presente,
mentre l’amore deve durare in eterno.
I coniugi
anziani, quindi, supponendo che sin da giovani si siano esercitati nella
castità e nel pudore, grazie all’autodominio raggiunto, possono, per la loro esperienza
d’amore, fare adesso da guide ai giovani per l’arduo cammino della conquista
della castità, che ogni giovane deve coraggiosamente intraprendere, e
tenacemente continuare fino alla fine, se vuole realizzare fino in fondo il piano
della salvezza e la condizione di figlio di Dio che fa raggiungere la visione
intellettuale di Dio in cielo e l’eterna beatitudine della volontà.
Bisogna infatti
convincersi che la felicità sessuale escatologica, anche se quaggiù non ne
conosciamo le modalità precise, è parte essenziale della beatitudine cristiana,
che non comprende solo l’anima, ma anche il corpo e quindi il sesso maschile e femminile.
Questa visione della sessualità nell’orizzonte della prospettiva della pienezza
escatologica della vita spirituale, come risulta dalla concezione cristiana, è
quella che da una parte subordina la vita sessuale alla vita spirituale,
impedendo l’edonismo sfrenato, che caratterizza e corrompe gran parte dei
costumi contemporanei, e dall’altra riconosce alla sessualità umana la sua vera
dignità liberandola da un atteggiamento di diffidenza, che è un residuo di
quello spiritualismo platonico, che per troppi secoli ha dominato la
spiritualità cristiana, finendo per provocare per reazione la presente ondata di
licenza sessuale, che quello spiritualismo voleva impedire o frenare.
Occorre
invece capire che se il contrasto dell’appetito sessuale con le esigenze dello
spirito richiede la capacità di farsi eunuchi per il regno dei cieli, è questa
una misura di emergenza temporanea richiesta dallo stato presente di natura
decaduta, nell’attesa della salvezza escatologica della sessualità e non è un
procedimento in vista della totale estinzione dell’appetito sessuale.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 12 aprile 2019
Articolo pubblicato il 20 aprile 2019:
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/04/la-pratica-della-castita-nelle-coppie-anziane/
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