La Madonna è nata santa
Un aspetto della predicazione di Papa Francesco che
suscita disagio è la sua apparente tendenza a contraddirsi, causata dal fatto
che pare che egli concepisca il messaggio evangelico non nella categoria
dell’universalità, ma in quella della diversità, non in quella dell’unità, ma
in quella della molteplicità. E’ l’immagine della Chiesa a lui cara del
poliedro e non della sfera. Non tutti raggi uguali che escono da un centro, ma una
pluralità di facce coordinate tra di loro nella diversità.
Sembra allora che per lui predicare a tutti non voglia
dire predicare a ciascuno lo stesso messaggio identico per tutti, ma, col
pretesto di predicare un messaggio adatto a ciascuno, per rendersi gradito a ciascuno,
e per un malinteso bisogno di accontentare ciascuno, e dire ciò che piace a
lui, benché tra gli uomini esistano contradditorie idee o esigenze, non si fa scrupolo
di dire a Tizio che A è B e a Caio che A non è B.
E così tutti dovrebbero essere contenti e soddisfatti
per l’apertura mentale del Papa e l’accoglienza che il Papa loro riserva. «Nella
Chiesa, come egli dice, c’è posto per tutti». Ma il prezzo di questo doppio gioco
– che tale almeno appare - non è troppo alto?
Dove finisce il «sì sì no no» predicato da Cristo? Che ne è del principio di non-contraddizione
e della coerenza nel parlare e nel pensare? È la verità che deve conformarsi a
noi, assumendo mille facce, o siamo noi che dobbiamo conformarci all’unica
verità, una per tutti?
Questa incoerenza, questa apparente doppiezza o
volontà di accontentare cattolici ed eretici, questo apparente considerare il
falso non contrario, ma semplicemente diverso dal vero, quasi che esista un
diritto alla falsità come esiste un diritto alla verità, tutto ciò sembrerebbe
ispirato al modo rahneriano di concepire l’ecumenismo, ossia non come appello
ai fratelli separati ad entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica,
accogliendo tutti i dogmi della fede, secondo il dettato del decreto
conciliare Unitatis Redintegratio (n.3), ma come decisione della Chiesa
di esigere da tutti i cristiani l’adesione a quei dogmi che tutti già
condividono, cattolici ed eretici, mentre concedere libertà di pensiero
riguardo a quei dogmi che sono accolti solo dai cattolici e non dai luterani,
nel senso che la Chiesa, nei confronti dei luterani dovrebbe accontentarsi che
accettino i dogmi che già noi cattolici abbiamo in comune con loro.
In tal modo i luterani sarebbero liberi di continuare
a rifiutare quei dogmi che respinse Lutero, e tra questi c’è appunto il dogma
dell’Immacolata. Per questo, per un luterano dire che la Madonna non è nata santa
non fà alcuna difficoltà, mentre è un’eresia per il cattolico, salvo le
precisazioni che darò, ma che purtroppo il Papa, nel contesto di quelle parole,
non fa; per cui, per sapere esattamente il vero pensiero del Papa, bisogna andare
a quei discorsi dove testimonia chiaramente la fede nel dogma.
Così parlando ai cattolici l’8 dicembre scorso dice
che la Madonna è immacolata, ma nel discorso successivo del 21 ai dipendenti
della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, in occasione degli
auguri natalizi, riferendosi a S.Giuseppe e alla Madonna, ha detto che «santi
non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro». La Madonna, dunque, non è nata santa, ossia, a quanto
sembra, non è immacolata, e così è accontentato anche chi non crede a questo
dogma.
Se queste parole possono sorprendere e creare
disagio, occorre tuttavia tener presente che non c’è da dubitare della fede di
Papa Francesco nel dogma dell’Immacolata, fede che egli ha espresso con
perfetta chiarezza in più occasioni, per esempio nell’Angelus della
Solennità dell’Immacolata del 2015 con le seguenti parole:
«Oggi,
la festa dell’Immacolata ci fa contemplare la Madonna che, per singolare
privilegio, è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento.
Pur vivendo nel mondo segnato dal peccato, non ne viene toccata: Maria è nostra
sorella nella sofferenza, ma non nel male e nel peccato. Anzi, il male in lei è
stato sconfitto prima ancora di sfiorarla, perché Dio l’ha ricolmata di grazia
(cfr Lc 1,28). L’Immacolata Concezione significa che Maria è la prima
salvata dall’infinita misericordia del Padre, quale primizia della salvezza che
Dio vuole donare ad ogni uomo e donna, in Cristo. Per questo l’Immacolata è
diventata icona sublime della misericordia divina che ha vinto sul peccato».
Oppure all’Angelus dell’8
dicembre 2017:
«Oggi contempliamo la bellezza
di Maria Immacolata. Il Vangelo, che narra l’episodio dell’Annunciazione, ci
aiuta a capire quello che festeggiamo, soprattutto attraverso il saluto
dell’angelo. Egli si rivolge a Maria con una parola non facile da tradurre, che
significa “colmata di grazia”, “creata dalla grazia”, «piena di grazia» (Lc
1,28). Prima di chiamarla Maria, la chiama piena di grazia, e così
rivela il nome nuovo che Dio le ha dato e che le si addice più del nome datole
dai suoi genitori. Anche noi la chiamiamo così, ad ogni Ave Maria.
Che cosa vuol dire piena
di grazia? Che Maria è piena della presenza di Dio. E se è interamente
abitata da Dio, non c’è posto in lei per il peccato. È una cosa straordinaria,
perché tutto nel mondo, purtroppo, è contaminato dal male. Ciascuno di noi,
guardandosi dentro, vede dei lati oscuri. Anche i più grandi santi erano
peccatori e tutte le realtà, persino le più belle, sono intaccate dal male:
tutte, tranne Maria. Lei è l’unica “oasi sempre verde” dell’umanità, la sola
incontaminata, creata immacolata per accogliere pienamente, con il suo “sì”,
Dio che veniva nel mondo e iniziare così una storia nuova».
Espressioni equivoche del
genere di quelle pronunciate il 21 dicembre, decisamente infelici, necessitano
di un’attenta interpretazione, basata su di un’opportuna distinzione
riguardante il concetto di santità, per cui bisogna dire: se per «santità»
intendiamo lo stato di grazia, allora certamente Maria è santa non solo dalla
nascita, ma dal suo concepimento. Se invece per «santità» intendiamo la pienezza
finale di santità, che ciascuno è tenuto a realizzare alla fine della sua vita,
allora è chiaro che questa santità non è appartenuta alla nascita neppure alla
Madonna, la quale, per tutto il corso della sua vita, ha dovuto crescere in
questa santità, fino a giungere al culmine terreno finale, che corrisponde al
momento della sua assunzione in cielo. Quindi è chiaro che prendendo la santità
in tal senso, Maria non è nata santa.
La santità originaria di
Maria è designata col termine «immacolatezza», partendo dalla metafora del
peccato come macchia o come sporcizia, ossia come di qualcosa di estraneo e
posticcio, che si aggiunge al soggetto accidentalmente offuscandone la bellezza
o mettendone in pericolo la salute o le condizioni igieniche. L’acqua è simbolo
intuitivo della grazia battesimale, che purifica e toglie la macchia del
peccato. Maria non ha avuto bisogno di essere lavata, perché era pulita sin dal
momento della concezione.
È perfettamente vero che
Maria, per tutto il corso della sua vita terrena, è cresciuta o ha progredito
continuamente nella santità, senza mai fermarsi o retrocedere, come invece
capita a noi. La sua santità è aumentata di giorno in giorno fino al culmine
raggiunto al termine della sua vita mortale. Ciò non contrasta affatto con la sua
originaria immacolatezza.
Maria è così passata da una
santità iniziale ad una santità finale, molto più ricca della prima. E in ciò
la sua santità assomiglia alla nostra, con la differenza che noi partiamo da uno
stato di colpa ereditato dal peccato originale, colpa che dev’essere tolta dal
battesimo, e nasciamo con miserie e con cattive inclinazioni conseguenti al
peccato originale, mentre Maria è partita con tutte le inclinazioni buone e da
uno stato di grazia, la quale grazia non ha fatto che crescere per tutto il
corso della sua vita.
E se Maria è stata soggetta
alla sofferenza, che è di per sé conseguenza del peccato originale, ciò Dio non
lo ha voluto come questa conseguenza, ma solo – così come ha fatto con suo
Figlio – perché lei, innocentissima, potesse essere partecipe e collaboratrice
della Croce redentrice del Figlio suo e collaboratrice del Padre.
Una cosa da notare è che l’immacolatezza
di Maria è strettamente unita alla sua verginità ed alla sua maternità divina.
L’una e l’altra, immacolatezza e verginità, sono le condizioni della sua
maternità. Per essere vicini a Dio, Essere santissimo, il «Santo dei santi»,
fonte e culmine di ogni santità, occorre essere santi, così come è solo il
caldo che è vicino al fuoco e qualcosa è caldo perché è scaldato dal fuoco.
Ora, tra tutte le creature, esclusa l’umanità di Cristo, nessuna è più vicina a
Dio di Maria, essendone la Madre, ed essendo di tutte le creature la più vicina
al fuoco divino, è la più calda, ossia è la più santa. Ma esser vicini a Dio vuol
dire assomigliare a Lui, come già aveva intuìto Platone, confermato da
S.Giovanni (I Gv 3,2).
La santità ha la sua
espressione massima nella carità. L’orizzonte nel quale si esercita la carità
di Maria è la verginità e la maternità.
Voglio qui concentrare l’attenzione sulla castità di Maria, considerando
l’estrema attualità della problematica e della tematica attinenti oggi alla sessualità umana.
La castità, in generale, è
temperanza, dominio di sé, controllo razionale dell’istinto sessuale, che può
attuarsi o nell’astinenza, come i religiosi e i sacerdoti, o nel sano esercizio
dell’atto sessuale, come nel matrimonio, essere «una sola carne», «dialogo
corporeo», come diceva S.Giovanni Paolo
II. La castità è amore, è purezza, integrità, incorruzione, completezza,
armonia, perfezione, dedizione, dono di sé, segno escatologico.
La verginità di Maria, come
risulta chiaramente dal suo proposito espresso all’Angelo (Lc 1,35), non è una
semplice «verginità spirituale». Certo, innanzitutto è questo; ma non è solo questo, come farneticano
alcuni, ma è una vera e propria verginità fisica,
ante partum, in partu e post partum[1].
Questa è verità di fede.
Questa verginità
rappresenta il fatto che lo spirito, nel comunicare con un altro spirito, penetra
ed attraversa la materia, supera la sua impenetrabilità fisica e l’ostacolo
frapposto dalla materia. La comunione spirituale crea un’interpenetrazione tra i
due comunicanti, sì da formare, al limite, almeno intenzionalmente, una cosa
sola. Viceversa, i corpi, anche quando si uniscono intimamente in perfetta corrispondenza
reciproca, come per esempio nell’unione sessuale o nei composti chimici, non possono
fondersi completamente tra di loro, ma l’uno
resta sempre fuori dell’altro.
È chiaro, quindi, che
quando Gesù parla dell’unione tra l’uomo e la donna come di «una sola carne»
(Gen 2,24), non vuol dire che Paolo non resti Paolo e Francesca non resti
Francesca. Quando invece chiede al Padre che i discepoli «siano una cosa sola»
(Gv 17,21-22), chiede un’unità intenzionalmente assoluta, pur restando sempre
ovviamente la distinzione reale degli individui tra di loro e da Dio.
Così i Padri hanno
osservato che Cristo esce dal seno di Maria (in partu) lasciando integro e intatto il suo imene (post partum), perché in precedenza (ante partum) in quel seno era già entrato
lo Spirito Santo per fecondarla, senza nulla toccare o mutare o corrompere. Similmente
Gesù Risorto entra nel cenacolo passando attraverso la porta chiusa.
Per questo, Maria viene
chiamata «hortus conclusus» (Ct 4,12). Ella apre a Dio e non all’uomo, non
perchè disprezzi il contatto con l’uomo, ma perché lo stima tanto, che, nella
sua insuperabile vicinanza a Dio e nella sua verginità, vuol farsi mediatrice e santificatrice del
retto rapporto uomo-donna. Non ha voluto conoscere uomo, per ottenere a tutti
un amore casto. Come il suo divin
Figlio, la Madonna non ha bisogno di purificare se stessa, ma purifica gli
altri.
D’altra parte, quando
Cristo dice che Dio è Padre, non intende dire che è maschio; per cui, per
generare il Figlio – qui Maometto ha equivocato –, il Padre non ha bisogno di
unirsi fisicamente a una donna, e sarebbe blasfemo il solo pensarlo, dato che
Dio è purissimo Spirito senza materia[2]
e genera il Figlio solo spiritualmente. Per cui Maria è certamente fecondata,
ma solo per opera dello Spirito Santo, che è il Germe fecondante del Padre.
Qui sta la spiegazione radicale
della scelta verginale di Maria: «non conosco uomo» (andra u ghinosko, Lc 1,35). Maria abbraccia la verginità perché
sente in lei fortissimo il desiderio, l’«infocato desiderio», direbbe S.Caterina,
di unione con quel Dio Spirito, che può
essere compreso, gustato e avvicinato solo dagli amanti dello spirito, a
prescindere dal sesso.
La verginità di Maria è
certo modello dell’astinenza sessuale consacrata, sia essa il voto di castità
del Religioso o il celibato sacerdotale. Ma a guardar le cose più da vicino, ci
accorgeremo che c’è una grande differenza di motivazione fra le due scelte.
Mentre, come ho detto, Maria è motivata dal suo bisogno del Dio Spirito - è la
Donna dello Spirito Santo -, in uno
stato di vita santa, che prosegue lo stato edenico, la castità consacrata di
chi vive nello stato di natura decaduta, è motivata dal bisogno di una
superiore libertà spirituale, che viceversa è ostacolata dalla ribellione della
carne. Da qui la necessità del pudore, della cautela, della disciplina, delle
penitenze, delle austerità, della rinuncia, dell’ascesi, del sacrificio, della mortificazione,
della fuga dalle occasioni.
Occorre fare molta
attenzione a non fraintendere l’immacolatezza verginale di Maria. Un antico
inno mariano loda la Madonna con queste parole: «Inviolata, intacta et casta
es, Maria». L’impressione che possono far sorgere è che esse facciano
riferimento a un’idea, secondo la quale l’unione sessuale tra uomo e donna comporterebbe
una certa quale impurità, violazione o corruzione, mentre la verginità sarebbe segno
di purità, immacolatezza, incorruttibilità ed inviolabilità.
Non dobbiamo dimenticare, invece,
se ce ne fosse bisogno, che la castità consacrata non suppone l’idea platonica
che l’anima deve liberarsi dal corpo, ma al contrario l’astinenza è praticata
proprio in vista di preparare le condizioni morali e psicologiche della
resurrezione. Per essa si è certi di ritrovare il «centuplo» (Mt 19,29) di
quell’uno che per amore di Cristo si è lasciato.
P.Giovanni Cavalcoli
Varazze, 19 gennaio 2019
______
[1] Cf II Concilio di Costantinopoli del 553 (Denz.422,427) e il Catechismo della Chiesa Cattolica,
n.499.
[2] Coloro che, come per esempio
Teilhard de Chardin, non ammettono l’esistenza di puro spirito senza materia,
non possono avere un concetto giusto di Dio e concepiscono un dio che è proprio
della mitologia pagana.
Pubblicato il 26.01.2019 :
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/01/la-madonna-e-nata-santa/
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