La Terza Roma di Alexander Dugin - Prima Parte (1/2)

 La Terza Roma di Alexander Dugin

Prima Parte (1/2)

“la Russia non è europea, è civiltà con aspetti asiatici e europei,

noi siamo la terza Roma, anche continuatori,

di Gengis Khan, dell’impero mongolo”.

Alexander Dugin

 

Una visione cristiana gnostica per dominare il mondo 

Le guerre sono azioni coercitive collettive volontarie, ardenti di passione spesso sfrenata, mosse da certi intenti concepiti da un pensiero spesso entusiasmato ed eccitato da prospettive eroiche, attraenti, coinvolgenti ed affascinanti, tanto da spingere i popoli e le nazioni addirittura ad uccidere e a rischiare la vita nella speranza di conquistare o realizzare quelle mete o quegli obbiettivi o quei beni che sono fatti baluginare o promessi da coloro che li hanno persuasi a lanciarsi in conflitti sanguinosi, lunghi e terribili.

Che cosa è che spinge gli uomini armati a queste imprese drammatiche, che richiedono decisione, chiarezza d’intenti, convinzione, disciplina, sforzo, resistenza, sacrificio, coraggio, addestramento, tenacia, spericolatezza, enormi fatiche e disagi? Sono delle idee. Sono intenzioni concepite dalla mente. È la radicata convinzione che è giusto, è doveroso fare così.

Quali sono le idee che stanno dietro l’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi? Alcuni dicono: non sono idee, sono puri interessi materiali di dominio, sono passioni scatenate, sono istinti di vendetta, impulsi diabolici. Sì, c’è questo, ma non solo questo. I soldati russi non sono uno tsunami, non sono un esercito di cavallette, non sono il coronavirus. Non sono neppure le orde dei barbari del sec. V o dei tartari del sec. XIII. Sono membri di uno degli Stati e degli eserciti più moderni, potenti e meglio organizzati del mondo. Sono persone umane, sono per lo più cristiani ortodossi, sono nostri fratelli, direbbe Papa Francesco.

Ma come è possibile tutto ciò? Eppure è possibile. È un fatto. E la storia di sempre lo dimostra. Contra factum non valet argumentum. Anche cristiani possono incrudelire e uccidere altri cristiani. Anche i cristiani possono essere istigati dal demonio. Anche cristiani possono essere illusi dalle utopie, accecati dalla superbia, spinti dalla cupidigia delle ricchezze, invidiosi del primato degli altri, vinti dalle passioni, possono impazzire. Anche i cristiani possono sbagliarsi nel giudicare se val la pena di farsi uccidere e di uccidere.  Ortodossi possono uccidere cattolici e cattolici possono uccidere ortodossi. È quello che sta succedendo in Ucraina e non è la prima volta.

I popoli sono trascinati nelle guerre o da passioni nazionaliste o da abilissimi seduttori, che sanno adulare, affascinare, subornare ed ipnotizzare le folle, falsi profeti dalla parola magica, adulatori del popolo col far finta di servirlo, mentre in realtà mirano alla propria affermazione e a dominare le coscienze, forse essi stessi illusi ancor prima che illusori, ingannati prima di essere ingannatori.

Uno di questi è il dotto e fecondo filosofo-teologo Alexander Dugin, alcune idee del quale riecheggiano e si ritrovano nei discorsi di Putin e del Patriarca Cirillo. Ma sono per lo più idee della fede scismatica ortodossa russa, perché nel complesso del suo pensiero Dugin non è un cristiano, ma uno gnostico esoterista fortemente sincretista per le sue vastissime e svariatissime conoscenze storiche e teoretiche nel campo filosofico e teologico orientale ed occidentale.

Cercheremo di vedere quali idee di Dugin possono avere influsso sui cristiani Cirillo e Putin, e quali con probabilità sono a loro estranee per l’evidente incompatibilità non solo col cristianesimo, ma con una retta concezione di Dio, dell’uomo e del mondo, senza tuttavia escludere che essi siano ingannati da alcuni errori.

Il Dio uno emanatore dell’uomo e del mondo

La visione teologico-metafisica di Dugin è intermedia fra il teismo e il panteismo, e per la precisione è il teismo plotiniano[1] dell’Uno-Tutto non creatore ma emanatore e diffusore della molteplicità degli enti considerata come totalità e comunità dei diversi, che nella società umana si traduce nella sinodalità (sobornost) pluralistica e diversificata dei popoli, delle nazioni, dei territori, delle patrie, delle religioni, dei costumi e delle culture.

Alla radice di Plotino, come sappiamo, c’è Platone. Tutto il cristianesimo orientale greco, come sappiamo, è sempre stato sotto l’orbita di Platone. I Padri greci sono platonici[2]. Ora, per Platone Dio è il Bene al di sopra dell’essere. Il principio supremo dell’unità, legato all’amore, all’eros, e quindi al bello. Non esclude la verità, ma la trascende così come il bene e il bello sono la pienezza e la perfezione dell’ente. La contemplazione affettiva è più importante della speculazione intellettuale. L’esperienza mistica, apofatica, è più importante della conoscenza concettuale espressa nella parola. La teologia negativa prevale sulla teologia positiva.

Inoltre Dio non è il creatore ma l’emanatore del mondo. L’essere fluisce da Dio; non è creato dal nulla. Dio certamente è superiore al mondo come il cielo è superiore alla terra, come il tutto, olos, è superiore alla parte, meros, come l’essenza, usìa, è superiore al fenomeno, fainomenon, come l’idea, eidos, è superiore all’immagine, l’eikòn, come il modello, paràdeigma, è superiore all’imitazione, mimesis, come la nòesis il nus, l’intellezione, è superiore alla sensazione, l’aisthesis, come il noetòn, l’intellegibile, è superiore all’aisthetòn, il sensibile, come la scienza, gnosis, è superiore all’opinione, doxa, come la volontà, bulè, è superiore alla passione, pathos, come l’amore, eros, è superiore alla concupiscenza, l’epithymìa, come lo spirito, nus, è superiore al corpo, soma, come l’eterno, l’aiòn è superiore al tempo, chronos.

Indubbiamente, una teologia come quella dell’ortodosso Dugin, basata solo sulla nozione platonica della partecipazione, senza la modificazione data dall’analogia aristotelica, non è del tutto al riparo dal panteismo, perché la partecipazione non dice con chiarezza la distinzione ontologica fra il partecipato e il partecipante, potendo questo essere parte dell’essenza di quello. Invece il principio dell’analogia, ponendosi decisamente sul piano dell’ente, dell’essere e dell’esistenza e non solo dell’essenza, distingue più chiaramente l’esistenza del mondo dall’esistenza di Dio. E difatti la Bibbia, per dimostrare l’esistenza di Dio, ricorre all’analogia (Sap 13,5)[3].

Dio è l’Uno-Tutto, tema, questo, fondamentale nella teologia di Soloviev, che lo assunse da Schelling, tema certo di origine plotiniana. il Padre, l’Intero originario che si determina e si distingue – ecco la Trinità -, si partecipa negli spiriti finiti, uomo ed angeli, si finitizza, si divide, si moltiplica, si materializza, si temporalizza, si espande e discende nella molteplicità – ecco gli enti finiti -, fino all’opposizione, nell’agire dell’uomo e degli angeli, del bene col male, della giustizia col peccato[4].

Ma ecco che, allorchè gli enti giungono al massimo estremo della distanza, della conflittualità, della divisione, della molteplicità e dell’opposizione a Dio, il Padre ordina in Cristo e per opera di Cristo, Verbo fatto carne, il ritorno e la ricomposizione di tutto nell’unità primordiale ed originaria. Tutto si riconcilia con tutto e torna nell’Uno, ossia nell’unità comunitaria e pacifica dello Spirito. È questa chiaramente una visuale nella quale, come in Origene[5], l’inferno non esiste.

Nonostante la sua volontà di porsi nella tradizione filosofico-teologica russa, contrapponendola a quella occidentale, Dugin non pare sottrarsi del tutto al fascino della filosofia idealista romantica tedesca[6], sfiorando il panteismo, che è endemico nella filosofia indiana, che egli vorrebbe assumere nella sintesi teologica euroasiatica, che è il programma e la proposta della sua teologia, che meglio sarebbe bene chiamare gnosi[7] o teosofia. Dalla suddetta filosofia tedesca, del resto, furono influenzati nell’’800 i filosofi russi, come per esempio Soloviev e gli slavofili.

La concezione della SS.Trinità dell’ortodosso Dugin esclude la processione del Figlio dal Padre con danno alla dignità del Figlio, privato della sua potenza pneumatica, con la conseguenza di ignorare la spiritualità ed infallibilità del carisma petrino, vicario di Cristo e di privare la Chiesa della sue guida umana.

Da ciò, per mancanza di un principio di comunione e di unità, nasce il particolarismo nazionalista ed autocefalista delle Chiese ortodosse, in perenni contrasti dottrinali e pastorali fra di loro e sempre col rischio di una subordinazione al potere politico, come vediamo oggi nell’atteggiamento del Patriarca Cirillo nei confronti di Putin.

È vero che la Chiesa ortodossa avverte fortemente  il principio di unità che viene dallo Spirito Santo, animatore della sinodalità, sobornost, e ciò ha consentito indubbiamente all’Ortodossia di conservare il Simbolo della fede, i sacramenti e la disciplina ecclesiale, nonché la stima e la pratica della santità, laddove il protestantesimo ha aperto le porte a processi degenerativi, che nei secoli seguenti a Lutero, con l’apporto di Cartesio, sono giunti fino al panteismo, all’ateismo e al nichilismo.

Nulla di tutto questo nell’Ortodossia, la quale ha mantenuto il rispetto per i primi sette Concili ecumenici anteriori allo scisma, per la Patristica, per la sacralità della liturgia  e per la santità della Chiesa, producendo una ricchissima storia di spiritualità, che trova un’eco insistente negli appelli di Dugin all’importanza della Tradizione e dei valori morali perenni ed assoluti, al culto di Dio, alla virtù e alla santità, contro il protestantesimo, il secolarismo, il liberalismo, l’individualismo, la ybris, il relativismo, il demagogismo, il materialismo, l’ateismo, il modernismo e la corruzione morale dell’Occidente.

Dugin, facendo leva sul tradizionale misticismo russo[8], sostiene che la Russia cristiana ortodossa ha la missione di accogliere, sublimare, assoggettare, purificare, coordinare ed unificare le grandi visioni metafisico-religiose tradizionali popolari dell’Asia, le quali, secondo lui, possederebbero tutte questa teologia tradizionale, sapienziale, spirituale, popolare, monistica, emanatista, ciclica, liturgica, iniziatica ed apofatica. E le visioni sarebbero il brahmanesimo indiano, il buddismo giapponese, il parsismo persiano, l’Islam sudasiatico e il taoismo cinese. Dugin attinge questa visione sincretistica delle religioni asiatiche dalle opere di Julius Evola[9]. Questa tendenza sincretistica spinge Dugin anche verso la teosofia[10].

Dugin polemizza contro il globalismo massonico e liberale diffuso dagli Stati Uniti, contro la modernità, effetto dell’abbandono dei valori morali tradizionali, perenni ed universali, contro l’irreligione e la perdita del senso del sacro e del mistero, contro l’ateismo blasfemo e prometeico, che secondo lui è l’effetto della terra che dà l’assalto al cielo, è il frutto del razionalismo arrogante, positivista, edonista, empirista e materialista pagano rimasto nel cristianesimo occidentale cattolico, influenzato dal legalismo del diritto romano e dal naturalismo evoluzionista aristotelico, presente nella teologia scolastica e nei dogmi cattolici proclamati dopo il 1054, e influenzato altresì dal cristianesimo protestante, culminante nella ybris dell’antropocentrismo marxista prima e dell’idealismo panteista tedesco poi.

Per Dugin l’Occidente ha un modo falso ed ipocrita di accostarsi a Dio, un modo privo del senso del sacro e della percezione dell’incomprensibilità e della ineffabilità divine[11], con la pretesa blasfema di vedere l’essenza divina, mentre se ne possono vedere solo le energie. L’approccio occidentale, d’altra parte,  sarebbe secondo Dugin, un approccio banalizzato, razionalistico, superficiale e puramente essoterico, privo della dimensione iniziatica, esicastica[12] ed esoterica del vero cristianesimo, conservato dalla tradizione ortodossa greca prima – Seconda Roma - , e russa poi – Terza Roma -.

L’uomo è spirito vivificante, emanazione divina.

Nella linea platonico-plotiniana, sublimata dalla visione cristiana ortodossa, l’uomo in Dugin è spirito nel corpo e nel mondo, figlio di Dio non aggiuntivamente con la redenzione di Cristo, ma originariamente, alle origini del mondo[13].  La prospettiva di salvezza dell’uomo, pertanto, non è tanto l’acquisto di una novità superiore adesso sconosciuta, ma il ritorno alla felicità originaria, superiore alla condizione di miseria nella quale ci troviamo. Non si tratta di progredire o avanzare verso il nuovo, quanto di rammemorare ciò che abbiamo perduto e riconquistarlo, ciò che Heidegger chiama l’andenken, il pensiero rammemorante.

È l’elemento profondamente tradizionalista della spiritualità orientale e dell’Ortodossia, in contrapposizione all’impostazione occidentale orientata al nuovo, all’esplorazione, al progresso e all’ammodernamento. Per questo Dugin accusa l’Occidente di modernismo e di sovversione dei valori perenni a favore della tradizione e della loro conservazione.

L’Oriente è sotto il segno di Parmenide, dell’uno, dell’essere, dell’eterno, dell’immutabile. L’Occidente è sotto il segno di Eraclito, del divenire, del molteplice, del mutamento, del progresso, del rinnovamento. Per l’Occidente si tratta di riformare. Per l’Oriente si tratta di restaurare. Per l’Oriente si tratta di ritrovare ciò che abbiamo perduto; per l’Occidente si tratta andare là dove non siamo mai stati.

Il cristianesimo cattolico, di per sé, è universale, per cui non è legato né all’Oriente, né all’Occidente. Esso suppone, certo, la filosofia, ma è indipendente dalle filosofie. Esso è per il sapere e per la verità, al di là delle opinioni. Per questo esso, nato sotto il segno del platonismo con Sant’Agostino e i Santi Padri, avendo nel sec. XIII scoperto Aristotele ed avendolo preferito a Platone dietro suggerimento di San Tommaso d’Aquino, ha associato Parmenide con Eraclito, l’essere col divenire, il tempo con l’eterno, la tradizione col progresso, in una felice sintesi elaborata dall’Aquinate, che è diventato il Dottore comune della Chiesa. Invece la Chiesa ortodossa, staccatasi da Roma nel 1054, ha conservato un cristianesimo platonico.

Emanuele Severino interpreta bene il valore dell’Oriente, quando rileva che esso è sotto il segno dell’uno e dell’eterno, quindi di Parmenide, mentre accusa l’Occidente, segnato da Eraclito, di aver assolutizzato il divenire, così da cadere nel nichilismo[14]. Tuttavia Severino è ingiusto quando accusa lo stesso cristianesimo di nichilismo, perché ammette il divenire e la creazione dal nulla, che per lui sarebbero contradditori. Non ha tenuto conto della spiegazione aristotelica del divenire, fatta propria dal cristianesimo[15]. E d’altra parte Severino cade nell’estremo opposto di eternalizzare l’ente e quindi cade nel panteismo.

L’uomo per Dugin è certo persona ad immagine di Dio, ma è innanzitutto socialità, comunione, comunità, sobornost, popolo e nazione, con un accento vagamente comunistico e chiaramente nazionalista. Tuttavia l’orientale ha spiccatissimo l’apprezzamento del valore dell’autocoscienza[16], dell’introspezione e della vita interiore, e quindi della solitudine e della capacità di vivere in modo autosufficiente in unione con Dio: è il monachesimo, forma di vita specificamente orientale – pensiamo all’induismo[17] e al buddismo [18]-.

Dugin sposa la visione ortodossa del cristiano, ossia l’uomo in grazia, come uomo divinizzato. Infatti la tradizione ortodossa dei Padri greci chiama “divinizzazione”, theosis, lo stato di grazia e questa non è concepita come dono creato, ma come Dio stesso. Certo, ciò può dare l’apparenza del panteismo, ma i Padri si spiegano citando la dottrina di San Pietro, per cui la vita di grazia è semplice partecipazione (koinonìa) alla natura divina.

Dugin sa bene che il monachesimo è stato un fenomeno d’importazione per l’Occidente, ignorato fino ai primi secoli dell’era cristiana, quando iniziò il fenomeno dei Padri del deserto, a seguito della comunità di Qumran[19] del Mar Morto. Il monachesimo infatti è ignorato dall’uomo della Bibbia e dagli antichi Romani. Esso trovò una giustificazione nella concezione platonica dell’uomo, col suo forte spiritualismo, disprezzo per il mondo materiale, anelito alla visione delle idee divine.

Dugin è quindi un apologeta del monachesimo. Esso, tuttavia, nella versione platonica e soprattutto induista e buddista, non è privo di eccessi o di tipo rigorista o di tipo lassista, a seconda che tenda ad un dualismo spirito-carne o alla confusione carne-spirito. Questo fenomeno appare evidente nella spiritualità dei catari[20], provenienti appunto dalla Pannonia e forse dall’Iran manicheo.

Questo duplice rischio è evitato invece nell’antropologia aristotelica, più conforme a quella biblica, per il fatto che mentre in Platone l’anima appare come un soggetto opposto al corpo come altro soggetto contrario all’anima e la salvezza sembra potersi ottenere con la liberazione dal corpo, in Aristotele anima e corpo si combinano fra loro come forma e materia a formare l’unica sostanza umana.

 Ma nel platonismo avviene anche il fenomeno opposto, dato dal fatto che  non si riesce a conciliare la carne con lo spirito per la mancanza di una combinazione  Da qui il rischio di confondere il sensibile col sensuale, la volontà con la concupiscenza e il piacere con la libidine. Ora, questo rischio esiste proprio a causa della mancanza della combinazione, la quale nell’aristotelismo e nella visione autenticamente cristiana è data dal fatto che materia e forma non sono due soggetti, ma le due componenti essenziali del medesimo soggetto, per cui, se esiste come esiste contrasto fra spirito e carne, ciò non è legge di natura, ma difetto da togliere con un’opportuna ascesi, che ricompone l’armonia spezzata dal peccato originale.

Nella spiritualità ortodossa russa esiste la possibilità di questi due eccessi opposti, falsamente motivati da esigenze spirituali. Basti ricordare i due estremi opposti del rigorismo del Monte Athos da una parte e dall’altra il caso famoso di Rasputin[21], ai tempi dello zar Nicola II.

Nell’antropologia mistica russa a volte la mistica suppone l’irrazionalità, come per esempio nella figura dello jurodivjie, il «pazzo in Cristo», che si finge pazzo per una malintesa volontà di essere disprezzato con Cristo. Anche la mistica erotica di Rasputin è certamente una deviazione sensualista della mistica nell’irrazionalità.

Un rischio del genere, tuttavia, si ha anche nella dottrina luterana della «sola fides». La differenza è data dal diverso modello cristologico tra cristiani occidentali ed orientali, che mentre la cristologia dei primi è staurocentrica, dove il caso estremo è quello della theologia crucis luterana, in Russia il modello è quello pasquale, della risurrezione e della trasfigurazione[22]. Pare vi sia l’influsso dell’Islamismo sciita persiano dell’uomo spirituale[23]

È interessante, però, che in Occidente esiste anche un modello cristologico naturalizzato o secolarizzato. È quello che nasce dal razionalismo cartesiano e dal cristianesimo molle e naturalistico anglicano, diffusosi poi negli Stati Uniti, infetto dal clima massonico[24], di impronta pelagiana. Qui Cristo salva non mediante il sacrificio espiatorio della croce, ma semplicemente come profeta martire e modello di virtù[25].

Ora, Dugin non manca di buone ragioni di scagliarsi contro la corruzione dei costumi in Occidente[26]. Resta tuttavia che il modello etico giusto ed equilibrato non è quello risultante dal dualismo-monismo ortodosso, ma è quello offerto dalla morale cattolica.

La sua polemica contro il cristianesimo occidentale colpisce chiaramente molto più i luterani che i cattolici e tra questi soprattutto i modernisti. Viceversa, molto più tenue è la polemica contro i lefevriani, che per il loro tradizionalismo e forte senso liturgico assomigliano agli Ortodossi, con la differenza che mentre questi sono fermi al 1054, i lefevriani sono fermi al 1962.

Così, per quanto riguarda la questione ecclesiologica, mentre Lutero rifiutava lo stesso nome «Chiesa» sostituendolo con «Comunità» (Gemeinschaft), sostituiva «sacerdote» con «pastore» e «Messa» con «Cena», cattolici ed ortodossi mantengono le stesse denominazioni, perché hanno in comune la patristica, la dottrina dei primi sette Concili, i sacramenti e la gerarchia ecclesiastica, escluso il vertice, che è il Papa. Con i protestanti, invece, non restano in comune che il battesimo, la Scrittura, la predicazione del Vangelo, le legge mosaica, le virtù teologali e la grazia.

In particolare, nei protestanti, mancando sacerdozio ed eucaristia, è assente un vero culto divino e una vera pietà religiosa, valori che invece noi cattolici abbiamo in comune con gli ortodossi, oltre alla vita religiosa, esclusa invece dai protestanti.

Ad ogni modo, tutti i cristiani, cattolici, protestanti ed ortodossi sono partecipi dei medesimi valori fondamentali del cristianesimo: Dio, la Santissima Trinità, la Redenzione, la figliolanza divina, il battesimo, il Simbolo della fede, il Padre Nostro, la Scrittura, la predicazione del Vangelo, i dieci comandamenti, le virtù teologali, la mariologia e l’escatologia.

Ora è triste notare che Dugin, che pure esalta i valori cristiani e morali assoluti, universali e perenni, non tiene in nessun conto di questi valori comuni, preziosissimi in questo tragico momento della guerra, per placare gli animi e spingerli a pensieri di pace, come se noi occidentali fossimo una massa di corrotti e tutti i buoni si trovassero in Oriente.

Fine Prima Parte (1/2)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 26 aprile 2022 

Ora è triste notare che Dugin, che pure esalta i valori cristiani e morali assoluti, universali e perenni, 

non tiene in nessun conto di questi valori comuni, preziosissimi in questo tragico momento della guerra, per placare gli animi e spingerli a pensieri di pace, come se noi occidentali fossimo una massa di corrotti e tutti i buoni si trovassero in Oriente.


[1] Cf Plotino e i Neoplatonismo in Oriente e in Occidente, Atti del convegno internazionale del 5-9 ottobre 1970, a cura dell’Accademia dei Lincei, Roma 1974; Werner Beierwaltes, Platonismo e idealismo, Il Mulino, Bologna, 1987; Pensare l’Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, Vita e Pensiero, Milano 1991; Proclo. I fondamenti della sua metafisica, Vita e Pensiero, Milano 1990.

[2] Cf Endre von Ivanka, Platonismo cristiano, Vita e pensiero, Milano 1992; Lanfranco Rossi, I filosofi greci padri dell’esicasmo. La sintesi di Nicodemo l’Aghiorita, Il leone verde, Torino 2000.

[3] Cf Tomas Tyn, Metafisica della sostanza. Partecipazione e analoga entis, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009.

[4] Si tratta del processo procliano della permanenza, stasis, dell’uscita, exodos e del ritorno, epistrofè. Cf Werner Beierwaltes, Proclo. I fondamenti della sua metafisica, Vita e Pensiero, Milano 1990.

[5] Cf Henri Crouzel, Origene, Borla, Roma 1986.

[6] Cf Ernst Benz, Le fonti mistiche della filosofia romantica tedesca, Edizioni Spano, MIlano, trad. dall’edizione parigina del 1964.

[7] Cf Giovanni Filoramo, Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio, Editori Laterza, Bari 1990; La gnose, une question philosophique, a cura di N.Depraz e J.-F.Marquet, Les Editions du Cerf, Paris 2000.

[8] Cf Vladimir Lossky, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, EDB, Bologna 2013. Il misticismo cristiano russo si ricongiunge attraverso la mistica di San Gregorio Palamas del sec. XIV, alla spiritualità del Monte Athos del sec. XI, fino a Dionigi l’Areopagita e al monastero egiziano di Santa Caterina del Sinai del sec. V, ai Padri Greci e infine ai Padri del deserto del sec. II.  Vedi, per esempio: Dionigi, Mistica teologia e epistole I-V, Edizioni ESC-ESD, Bologna 2011; Giuseppe Ferro Garel, Gregorio di Nissa. L’esperienza mistica, il simbolismo, il progresso spirituale, Il leone verde, Torino 2004; Antoine Guillaumont, Un philosophe au désert. Evagre le Pontique, Vrin, Paris 2004. Famosa la raccolta dei detti dei Padri del deserto, chiamata Filocalia. Caratteristica della preghiera russa è la «preghiera di Gesù», tratta dall’anonimo Racconto di un pellegrino russo, ed ispirata al paolino «pregate sempre», Stupendo, infine, l’inno mariano Akàthistos (in piedi), gioiello della devozione mariana russa. La venerazione dell’icona nell’Ortodossia è un sacramentale. L’altare della Messa è nascosto dall’iconòstasi.

[9] Cf di Evola, Saggi sull’idealismo magico, Edizioni Mediterranee, Roma 2006.

[10] Elena Blavatsky, Introduzione alla teosofia, Fratelli Bocca Editori, Milano-Roma 1911.

[11] Cf Jean Chrysostome, De l’incomprehensibilité divine, Les Editions du Cerf, Paris 1970; C.Journet, Conoscenza e in conoscenza di Dio, Editrice Massimo, Milano 1981; J.-H.Nicolas, Dieu connu comme inconnu, Desclée de Brouwer,Paris 1966.

[12] Cf Flavio Poli, Yoga ed esicasmo, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 1981.

[13] Questa idea si trova già in San Basilio.

[14] È vero che nell’800 è esistito anche un nichilismo russo, ma mentre questo è di carattere mistico, come il «Nulla» di Eckhart o il «vuoto» (sunyata) dei buddisti e forse anche il Nulla (Nicht) di Heidegger, quello occidentale è dissolutore e disintegratore, perché è legato alla negazione dell’essere (Hegel). Cf di Severino, L’essenza del nichilismo, Adelphi Edizioni, Milano 1995.

[15] Cf Cornelio Fabro, L’alienazione dell’Occidente (confutazione del panteismo eternalista severiniano), Edizioni Quadrivium, Genova 1981.

[16] L.Gardet-O.Lacombe, L’esperienza del sé. Studio di mistica comparata, Editrice Massimo, Milano 1988.

[17] Sulla mistica indiana: Mahendranath Sircar, Hindu mysticism accordinge to the Upanishads, Kegan Paul. Trench&Co., London 1974; Yoghi Ramacharaka, La suprema sapienza – Sgnana (jnana) yoga, Fratelli Bocca Editori, Milano 1950; Anthony Elenjitittam, Meditazione per la realizzazione del Sé (di sé), Mursia, Milano 1995; Swami Vivekananda, Sgnana (Jnana)-Yoga. Lo yoga della conoscenza, Ubaldini Editore, Roma 1963; Raphael, Tat tvam asi (Tu sei Quello, cioè Dio), Edizioni Ashram Vidya, Roma 2001. Per un confronto fra mistica indiana e mistica occidentale: Svami Siddeshvarananda, Pensiero indiano e mistica carmelitana, Ashram Vidya, Roma 1977.

[18] Sul confronto fra cristianesimo e buddismo, cf Raimundo Panikkar, Il silenzio di Dio. La risposta del Buddha, Borla, Roma 1992; Angelo Rodante, Sunyata buddhista e kenosi cristologica in Maso Abe, Città Nuova Editrice, Roma1995.

[19] Cf I manoscritti di Qumran a cura di Luigi Moraldi, TEA, Milano 1994.

[20] Anne Brenon, I catari. Storia e destino dei veri credenti, Edizioni Convivio/Nardini, Firenze 1990.

[21] Edvard Radzinskij, Rasputin. La vera storia del contadino che segnò la fine di un impero, Mondadori, Milano 2000.

[22] Infatti l’Ortodossia nelle immagini non presenta mai Gesù in croce, come invece facciamo sempre noi cattolici, ma solo la pura croce, mentre abbonda delle immagini del Cristo Imperatore, Pantoktator. Non che il russo non sappia partecipare alle sofferenze di Cristo, ma, forse per una specie di pudore monofisita o docetista, preferisce non rappresentare un Dio sofferente, all’opposto dei protestanti hegeliani, che si compiacciono morbosamente del Dio che soffre.

[23] Cf Henry Corbin, Corpo spirituale e Terra celeste. Dall’Iran mazdeo all’Iran sciita, Edizioni Adelphi, Milano 1986.

[24] La massoneria è nata a Londra nel 1717.

[25] È anche il Cristo di Kant, il «Maestro del Vangelo».  Vedi La religione entro i limiti della sola ragione, Editori Laterza, Bari 1985. Non per nulla Kant è il filosofo della massoneria, che dà origine all’illuminismo: vedi Giuliano Di Bernardo, Filosofia della massoneria, Marsilio, Venezia 1992. È solo nei primi ‘800 che la massoneria si arricchisce, soprattutto in Germania, di elementi esoterici, magici, teosofici e gnostici: vedi Giuseppe Giarrizzo, Massoneria e illuminismo nell'Europa del Settecento, Venezia, Marsilio, 1994; Vicomte Léon de Poncins, Free masonry and the Vatican, Britons Publishing Company, London 1968. Guénon sostiene che la massoneria è una delle espressioni della Tradizione iniziatica primordiale.[

[26] Sui fondatori dell’Occidente: J. Maritain, Tre riformatori. Lutero, Cartesio, Rousseau, Morcelliana, Bescia 1964.

4 commenti:

  1. Certo: "una subordinazione al potere politico, come vediamo oggi nell’atteggiamento del Patriarca Cirillo nei confronti di Putin".

    È come ha detto Papa Francesco in una recente intervista: "Ho parlato con Kirill 40 minuti via zoom. I primi venti con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin".

    Anche se, ovviamente, questo non mi sembra il tono o le parole che possono essere usate da un Papa.

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    1. Caro Anonimo,
      il Papa probabilmente ha voluto rimproverare il Patriarca Cirillo per la sua acquiescenza nei confronti dell’invasione dell’Ucraina. Cirillo probabilmente ha parlato delle sofferenze patite dai russofoni ad opera degli ucraini del Donbass, dal 2014, come aveva già fatto nell’omelia del 6 marzo scorso.
      Forse il Papa avrebbe potuto prendere atto di queste sofferenze, perché, come è giusto rattristarsi e sdegnarsi per le sofferenze inflitte dai russi in Ucraina, altrettanto dovremo affliggerci e rattristarci per le sofferenze inflitte dagli ucraini ai russofoni del Donbass.
      Bisognerebbe conoscere il testo del Patriarca Cirillo.
      Per quanto riguarda il Papa, è vero che è un Pastore d’anime deve avere il linguaggio di Gesù e non quello di un politico, tuttavia mi sembra che il ricordare le sofferenze dei russofoni del Donbass non sia contrario al linguaggio del Vangelo, ma anzi susciti in noi una doverosa pietà, senza per questo evitare di condannare la ferocia dei russi in Ucraina.

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  2. Caro padre,
    mi piace molto questo articolo con i suoi ampi orizzonti e la profonda comprensione del background ideologico di molti problemi attuali, non solo la questione della guerra Russia-NATO.
    Tuttavia, mi ha colpito un elemento nel brano che scrivi: "Ad ogni modo, tutti i cristiani, cattolici, protestanti ed ortodossi sono partecipi dei medesimi valori fondamentali del cristianesimo: Dio, la Santissima Trinità, la Redenzione, la figliolanza divina, il battesimo, il Simbolo della fede, il Padre Nostro, la Scrittura, la predicazione del Vangelo, i dieci comandamenti, le virtù teologali, la mariologia e l’escatologia".
    In che senso i protestanti condividono la mariologia?
    Grazie.

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    1. Caro Pierino,
      i protestanti ammettono, come tutti i cristiani, che Maria sia Madre di Dio. Lutero ne ammirava la verginità, anche se purtroppo la considerava un carisma speciale, non praticabile nella vita corrente del cristiano, perché, come si sa, non ammetteva i voti religiosi.
      Certamente, per Lutero, Maria è la più santa tra tutte le creature. Egli ci ha lasciato un bel commento al Magnificat, dove appunto la Madonna esalta i doni specialissimi da lei ricevuti.
      Tuttavia purtroppo, dato che i protestanti non credono nell’infallibilità pontificia, ritengono la dottrina dell’immacolata concezione e dell’assunzione al cielo non fondate sulla Scrittura e pertanto delle semplici opinioni teologiche.
      Inoltre Lutero non ammette che Maria sia la mediatrice di tutte le grazie. Per quanto riguarda la corredenzione, egli, preoccupato della unicità della Redenzione di Cristo, non coglie la possibilità che Maria partecipi dell’opera redentrice, anche per la disistima che Lutero aveva per le opere, per cui per lui il concetto della Corredentrice è escluso.

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