Tra Freud ed Origene - O col corpo o senza corpo. Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità - Parte Quinta (5/5)

 Tra Freud ed Origene

O col corpo o senza corpo.

Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità

 Quinta Parte (5/5) 

Indicazioni pastorali

L’impressione che fa a molti giovani l’etica sessuale predicata dalla Chiesa è che essa voglia proibir loro ciò che maggiormente li attira: il piacere sessuale che viene dall’amore per una ragazza che li ama. Essi hanno l’impressione che questa proibizione rifletta una specie di crudeltà e per questo sono portati a ribellarsi, e con ciò che cosa accade? Che, siccome la Chiesa è quella stessa istituzione che comanda a loro di andare a Messa in nome di un Dio che proibisce quella cosa, smettono di andare a Messa e di credere in Dio. Cosa fare, allora? Bisogna accoglierli nelle loro giuste esigenze e spiegar loro qual è il modo di soddisfarle.

Dobbiamo spiegar loro senza mezzi termini e senza attenuazioni che l’esigenza di vivere, di amare sensibilmente e godere sessualmente è del tutto legittima ed è creata da Dio per la loro felicità. Già queste parole li ben dispone nei confronti di Dio. Il senso della loro vita si apre indubbiamente alla possibilità dell’unione fisica accanto, tuttavia ad altri valori superiori, che occorre spiegar loro e renderne testimonianza nell’attenzione e nella pazienza con le quali li ascoltiamo, nel modo paterno di correggerli, nell’accoglienza che loro riserviamo, nella validità dei nostri ragionamenti, nei gesti di carità che loro offriamo.

Il fondamento primo dell’etica sessuale cattolica giace nel mistero dell’Incarnazione: o Logos sarx eghèneto, Verbum caro factum est, «il Verbo si fece carne» (Gv 1,14). Non dice che il Verbo si è mutato in sesso maschile. Si suppone la distinzione fra spirito e sesso, la sua unione nella mascolinità di Cristo e l’unione ipostatica del suo sesso, mediante l’umanità, alla Persona del Verbo. Qui vediamo l’altissima dignità che il sesso assume nel mistero dell’Incarnazione.

Al riguardo, occorre riproporre ai giovani l’ideale cristiano della verginità consacrata e il senso della superiorità della vita religiosa sulla vita coniugale, alla quale ho fatto cenno sopra[1], evitando tuttavia di fondarla su di una visione platonica e dualista dell’uomo, ed assumendo invece in pieno la visione incarnazionista tomista, sulla quale è basata la riforma della vita religiosa voluta dal Concilio e sviluppata da San Giovanni Paolo II[2], facendo chiaramente comprendere che la verginità non è un ideale in assoluto, ma relativo all’attuale situazione della natura umana ferita, mentre l’ideale assoluto è quello dell’amore fra uomo e donna («una sola carne»), che però non chiede per tutti l’atto sessuale e potrà essere pienamente realizzato solo alla resurrezione.

Nel contempo occorre mostrare la sublime bellezza del voto di castità o della promessa di celibato sacerdotale, cosicchè per i giovani e le giovani che vi sono chiamati per un bisogno più alto di libertà spirituale, come insegna l’Aquinate[3], questo ideale susciti un’attrattiva irresistibile, sorgente di una pace e una gioia, nonché di una paternità e maternità spirituali, che il mondo e neppure lo stato coniugale può comprendere e raggiungere, a prescindere dalla varia santità dei singoli coniugati o religiosi.

La sublimazione cristiana del sesso appare evidente anche nei due sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio. Occorre tener presente che questi due sacramenti non coinvolgono il singolo, ma la coppia. Nell’Ordine la mascolinità è il soggetto del sacramento[4], mentre la femminilità è la relazione interpersonale del sacramento.

Infatti la femminilità è essenzialmente relativa al sacramento e termine dell’azione del sacramento. Il sacerdote è relativo alla donna e la donna è relativa al sacerdote. Dal punto di vista cattolico non esiste sacerdozio senza femminilità, così come non esiste femminilità senza sacerdozio, perché non esiste uomo senza donna.

Il termine femminile attivo e passivo[5] del sacramento necessita di essere chiarito in base alle moderne conoscenze della psicologia femminile e una migliore conoscenza del dato rivelato sulla dignità della donna, per esempio una migliore conoscenza dei personaggi femminili della Scrittura. Notevoli progressi sono stati fatti di recente nel campo della mariologia[6].

Ancor più evidente che anche il sacramento del matrimonio non è un sacramento monadico come gli altri, ma duale; non è un sacramento personale, ma di relazione; non agisce su di uno solo ma su due, mediante una relazione o uno scambio reciproco. 

Bisogna notare inoltre che il peccato spirituale è più grave del peccato sessuale[7]. È, questa, una tesi classica della teologia morale, ribadita di recente da Papa Francesco. Infatti, il peccato spirituale, come per esempio la superbia, l’orgoglio, l’incredulità, l’eresia e l’ipocrisia, essendo più chiaramente contro Dio, ed avendo il carattere di una maggiore lucidità e volontarietà, ha maggiormente la ragione di peccato, sia per la materia più grave e sia per l’aspetto formale del peccato.

Invece il peccato sessuale, rientrante nei peccati carnali, che tocca il corpo nostro ed altrui, valore evidentemente inferiore a Dio, ha meno peso di colpa, è più scusabile, ed è più peccato di fragilità che di malizia, perché facilmente compiuto non per vera deliberazione, ma, soprattutto nei giovani, per la spinta della passione; per questo in essi c’è meno responsabilità e meno colpa. Ricordiamo tuttavia che anche il peccato sessuale può essere mortale.

È più facile pentirsi di questi che di quelli, perché sono meno voluti, mentre è più difficile che si penta il superbo o l’orgoglioso, giacchè è intrinseca alla superbia la volontà di non recedere dall’atto compiuto. Così noi vediamo quanta comprensione e misericordia Cristo abbia con donne lussuriose pentite e invece quanta severità usi nei confronti della superbia e dell’incredulità di farisei e dottori della legge, fino ad arrivare al famoso avvertimento: «i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio» (Mt 21,31).

Per questo l’etica e la pastorale preconciliare, così concentrate in maniera esorbitante attorno al peccato sessuale a scapito di altri peccati più gravi sono state superate dalla pastorale conciliare, che ha ripristinato l’antico equilibrio già ben noto ai moralisti e ai pastori più sapienti. Non la castità ma la carità è la meta ultima e la somma virtù del cristiano.

È interessante come anche nel freudismo il sesso è messo al primo posto, con la differenza, di non piccolo rilievo, che nel preconcilio stava al primo posto nella luce della virtù, mentre in Freud sta al primo posto come  ricerca del piacere sessuale. È vero che egli distingue genitalità come uso degli organi sessuali da sessualità come configurazione della persona maschile e femminile. Ma il mettere sotto la categoria della sessualità l’intero orizzonte dell’agire morale, serve poco a togliere la netta impressione che egli comunque metta il piacere sessuale al di sopra di quello spirituale.

Il progresso fatto compiere da San Giovanni Paolo II all’etica sessuale

Bisogna distinguere la concezione prewojtyliana dalla concezione wojtyliana della castità consacrata. La prima è limitata dall’orizzonte del c.1 del Genesi che traccia la finalità della sessualità terrena, basata sul matrimonio e la famiglia. Il sopraggiungere del peccato originale con le sue conseguenze deficitarie aggiungerà il valore dell’astinenza sessuale come fattore di spiritualità. In questo orizzonte la castità religiosa funge da spiritualizzazione dell’amore coniugale e incentivo alla sua fecondità. Ciò che tuttavia in questo capitolo è messo in luce non è il rapporto uomo-donna, ma la riproduzione della specie: «crescete, moltiplicatevi e dominate la terra».

Giovanni Paolo II, come è noto, ha dato un poderoso contributo alla valorizzazione e al potenziamento della visione cristiana della famiglia, ma la novità storica del suo pensiero sulla sessualità ha la sua origine dall’aver puntato l’attenzione sul c.2 del Genesi, cosa che fino ad allora non era mai stata fatta nell’etica sessuale cattolica[8].

Ed è questo capitolo che presenta la prospettiva escatologica della sessualità, che trascende quella matrimoniale, limitata alla presente vita mortale e ne indica la meta ultima. Questo è il capitolo che evidenzia non la prospettiva procreativa, ma quella unitiva, basata sulla reciproca complementarità, sorgente di una fecondità non fisica, ma spirituale. Qui troviamo il modello della castità religiosa, non limitata alla semplice moderazione dell’istinto sessuale, ma impostata come amore reciproco.

Così i versetti sui quali il Papa punta maggiormente l’attenzione sono i seguenti:

1.«Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile»[9] (Gen 2,18). Il Papa fa notare che qui non è in gioco il generare, ma l’essere. Dio non dice non è bene che l’uomo generi da solo, ma che sia solo. Il che vuol dire che il sesso riguarda l’essere, più che il generare. Può mancare il generare, ma non può nè deve mancare l’essere, se l’uomo non vuol fallire al fine dell’esistenza.

2. «L’uomo si unirà alla sua donna e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Si noti che il termine ebraico è isshà, donna, non quindi «moglie», che è baalà. Non si tratta quindi del matrimonio, ma dell’essenza della natura umana.

L’unione reciproca non è facoltativa, ma vocazione propria dell’uomo come tale, quindi di ogni persona umana. L’esser maschio e femmina non si aggiunge alla natura umana ma ne è costitutivo essenziale. Cioè non è che la natura umana sia soltanto identica nell’uomo e nella donna e il sesso ne sia una semplice differenza accidentale, ma si tratta di una differenza che potremmo chiamare sottospecifica[10], simile alla differenza che si aggiunge al genere, dove in questo caso il genere è la stessa natura umana.

Dio ha creato la stessa natura umana come duale, cioè come intrinsecamente differenziata in esser uomo e donna. Del resto ciò è implicito già nella definizione aristotelica dell’uomo come animale razionale: quando si dice animale, è ovvio che si dice maschio e femmina.

Ciò a cui Aristotele non è arrivato, qui ancora legato allo spiritualismo platonico, è l’idea che lo stesso spirito umano possa essere maschile e femminile. Da qui invece nasce la nuova concezione della castità scoperta da Giovanni Paolo II. Si tratta di una nozione relazionale della castità e non semplicemente privata. La castità, cioè, non è semplice autocontrollo, ma è autocontrollo in vista di esprimersi nell’unione con l’altro sesso, unione che può essere fisica come nel matrimonio o soltanto spirituale negli altri casi.

Come è noto, il Genesi ci presenta due racconti della creazione dell’uomo e della donna, ben distinti l’uno dall’altro. Fino all’insegnamento di S.  Giovanni Paolo II la Chiesa ha sempre puntato l’attenzione - e ben comprensibilmente - sul c.1, dove Dio presenta il progetto del matrimonio e della riproduzione della specie. Viceversa il c.2 ha ben altro indirizzo. Esso non parla affatto di matrimonio, ma di bisogno l’uno dell’altra per completare la propria esistenza.

Quindi è insinuata l’idea di una parità ed ad un tempo reciprocità fra uomo e donna nella comune unione con Dio e nella produzione non di una prole fisica, ma di un irraggiamento spirituale. Ma il discorso non è tutto qui. Wojtyla ha mostrato anche l’aggancio di questo progetto edenico con la prospettiva escatologica, prospettiva che è del tutto assente dal c.1, tutto concentrato sul progetto della riproduzione della specie.

Il progetto di unione uomo-donna del c.2 del Genesi è un progetto per il quale l’unione uomo-donna è un imperativo etico universale in linea di massima, ci sia o non ci sia il matrimonio, ci sia o non ci sia l’unione fisica.  In cielo il matrimonio è superato, ma questa unione deve rifulgere più che mai. È questa, e non il matrimonio, la mira ultima di Dio nel creare l’uomo e la donna. 

La prima è la concezione della castità nella presente vita mortale, conseguente al peccato originale. La seconda ha un orizzonte più vasto e tiene conto dello stato edenico e della prospettiva escatologica della risurrezione. In quest’orizzonte allargato l’astinenza sessuale appare nella sua vera importanza. E ci appare meno importante di quanto finora ci era sembrata, soprattutto nella corrente di tendenza platonico-origenista.

A questo punto nasce la domanda: qual è la relazione fra i due progetti? Wojtyla ha risposto anche a questa domanda: l’escatologico è la finalità ultima dell’edenico, che grazie a Cristo viene recuperato nello stato presente per aprirsi all’escatologico, che è stato glorioso dei figli di Dio risorti (Lc 20,36).

Aggiungiamo che l’amore fra uomo e donna non ha senso se non viene da Dio, se non è voluto da Dio, se non è regolato e purificato da Dio, se non è vissuto in Dio e in comunione con Lui e se non conduce a Lui. Nella vita sessuale come in tutti i casi della vita, l’abbondanza si paga con la rinuncia, la gioia si paga con la sofferenza, la spontaneità di ottiene con la disciplina, la facilità si raggiunge a prezzo dello sforzo, l’obbedire è il prezzo della libertà, la pazienza è la condizione per arrivare alla vittoria, l’umiltà è la condizione per essere grandi, l’abnegazione di sé è la via per ritrovarsi migliorati.

Dio ci restituisce migliorato ciò che per amor suo abbiamo lasciato; lasciar tutto per Cristo vuol dire ritrovarlo centuplicato; la morte in Cristo è il prezzo per trovare la vita eterna. Questa è la santa furbizia del cristiano. Questa è l’esperienza vera del cristiano, soprattutto di noi religiosi e sacerdoti.

Tutto ciò vuol dire allora che si ripropone oggi in maniera più seria e più complessa, ma con migliori elementi e mezzi di soluzione, l’ancestrale problema antropologico e morale, del rapporto dello spirito col corpo e quindi col sesso, un sesso che oggi come non mai non è più un sesso maschile identificato con l’essere umano, che si erge a dominatore di  quello femminile (il famoso mas occasionatus, il «maschio occasionato»[11] di aristotelica memoria), ma è semplicemente un modo dell’essere umano diverso e paritario all’altro modo, quello femminile, dell’essere umano.

La situazione di conflittualità fra anima e corpo, fra spirito e carne, conseguente al peccato originale, tiene sempre gli amanti dello spirito nella tentazione di maledire il corpo e il sesso; sempre difficile e conflittuale è il rapporto dell’uomo con la donna. E sempre daccapo gli amanti del corpo e quindi del sesso hanno in antipatia ed in uggia lo spirito. Solo oggi, con le vedute di Giovanni Paolo II, cominciamo ad avere una luce più vera e incoraggiante su questo tema fondamentale della vita umana.

Conclusione

Se vogliamo noi cattolici dare un contributo decisivo per aiutare questa nostra società e la Chiesa stessa ad uscire dal pantano nel quale ci troviamo invischiati e trovare la conciliazione tra due partiti che sembrano irrimediabilmente opposti, uno rigorista e l’altro lassista, uno dualista e l’alto sensista, uno sessuofobo e l’altro sessista, bisogna che vediamo chiara la distinzione fra spirito e sesso, la superiorità di quello su questo e la necessità di armonizzarli fra di loro, onde assicurare quell’unità sostanziale e personale che Dio ha voluto in quanto creatore dello spirito e del sesso.

A tal fine appare urgente ed indilazionabile l’assunzione della prospettiva indicataci da San Giovanni Paolo II, prospettiva che vado indicando da 40 anni nelle mie pubblicazioni e che riassumo in questo articolo: occorre proporre un umanesimo di risorti e di pregustatori della resurrezione, che faccia comprendere e gustare, benché nel modo indistinto del mistero di fede, la bellezza e l’attrattiva dell’unione dell’uomo con la donna.

A tal fine, quindi, occorre indubbiamente la testimonianza di coppie o coniugali o amicali, astinenti o non astinenti, felici della loro unione, felici di esprimere fisicamente – intendo sensibilmente, non necessariamente sessualmente – o anche solo spiritualmente, ciò che sentono spiritualmente, docili allo Spirito Santo, immagini di Cristo, figli del Padre, vincitori di Satana, voce della Chiesa, calore della famiglia, stelle della società, servitori dell’umanità, araldi della fratellanza, ministri di misericordia, operatori di giustizia e di pace, luce del mondo, sale della terra, testimoni di amore, che irraggino amore, che costruiscano l’amore, diversi nella reciprocità, uniti nella libertà, siano esse sposi, siano coppie di giovani, di anziani, di persone mature, di religiosi, di monaci, di eremiti, sia la donna laica o religiosa unita al sacerdote, al vescovo, al cardinale, al Papa.

È chiaro che qui occorre evitare un grave equivoco che rovinerebbe completamente quest’opera di progresso e di riforma che propongo, e cioè il fatto che alcuni furbi interpretassero l’ideale di unione fisica non generativa che propongo come avallo della fornicazione, ossia dell’unione sessuale extramatrimoniale chiusa artificialmente alla procreazione.

Ma a chiarire le cose e ad impedire questo abominevole trucco basterà considerare il fatto che quando parlo di un’unione non generativa intendo naturalmente e non artificialmente non generativa e non cercata per il puro piacere sessuale, come vorrebbero quei furbi, ma come espressione della ben più importante comunione spirituale fra i due e dei due con Dio, perché l’unione intesa dai furbi non è affatto escatologia, ma è lussuria bella e buona. 

Resta allora vero più che mai che Dio oggi vuole agire nella coppia, per mezzo della coppia, con la coppia, a favore della coppia. Non importa quale coppia, se di sposi, se di religiosi, se di amici, se di fratelli, se di colleghi nel lavoro, nell’educazione, nella medicina, nella cultura, nell’arte, nei gruppi, nella vita pubblica, nella Chiesa.

Certo non può essere un obbligo per tutti ed esistono infiniti gradi e modi di essere coppia. Piena libertà per tutti, ma anche capacità di cogliere l’opportunità che si offre con purezza d’intenzione, al di fuori di ogni egoismo, sensualità o mondanità che rovinerebbe tutto.

Non è bene che l’uomo sia solo. Dio gli ha creato una creatura simile a lui, con la quale vivere, agire, pensare, volere, amare, sentire, sognare, gioire, soffrire, affinchè siano una sola carne nella comunione con Lui per la salvezza del mondo. L’uno con l’altra, l’uno per l’altra, l’uno nell’altra. Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 21 aprile 2023


Il fondamento primo dell’etica sessuale cattolica giace nel mistero dell’Incarnazione: o Logos sarx eghèneto, Verbum caro factum est, «il Verbo si fece carne» (Gv 1,14). Non dice che il Verbo si è mutato in sesso maschile. 

Si suppone la distinzione fra spirito e sesso, la sua unione nella mascolinità di Cristo e l’unione ipostatica del suo sesso, mediante l’umanità, alla Persona del Verbo. Qui vediamo l’altissima dignità che il sesso assume nel mistero dell’Incarnazione.

Giovanni Paolo II, come è noto, ha dato un poderoso contributo alla valorizzazione e al potenziamento della visione cristiana della famiglia, ma la novità storica del suo pensiero sulla sessualità ha la sua origine dall’aver puntato l’attenzione sul c.2 del Genesi, cosa che fino ad allora non era mai stata fatta nell’etica sessuale cattolica.

 

L’unione reciproca non è facoltativa, ma vocazione propria dell’uomo come tale, quindi di ogni persona umana. L’esser maschio e femmina non si aggiunge alla natura umana ma ne è costitutivo essenziale. Cioè non è che la natura umana sia soltanto identica nell’uomo e nella donna e il sesso ne sia una semplice differenza accidentale, ma si tratta di una differenza che potremmo chiamare sottospecifica, simile alla differenza che si aggiunge al genere, dove in questo caso il genere è la stessa natura umana.

Dio ha creato la stessa natura umana come duale, cioè come intrinsecamente differenziata in esser uomo e donna. Del resto ciò è implicito già nella definizione aristotelica dell’uomo come animale razionale: quando si dice animale, è ovvio che si dice maschio e femmina.

Immagini da Internet: Michelangelo


[1] Alla nota 21.

[2] Vedi i miei articoli LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA SECONDO SAN TOMMASO, Sacra Doctrina, 1, 1986, pp.81-100; LA CASTITA’ NEL NUOVO CATECHISMO, Sacra Doctrina, 5, 1995, pp.24-72.

[3] Sum. Theol., II-II, q.153.

[4] Lettera apostolica del Papa Giovanni Paolo II sull’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini, del 22 maggio 1994. Cf il mio articolo PUO’ LA DONNA RICEVERE IL SACRAMENTO DELL’ORDINE? Sacra Doctrina, 79, 1975, pp.493-508. Questa lettera era stata preceduta dalla Dichiarazione Inter insigniores della Congregazione per la Dottrina della Fede del 15 ottobre 1976.

[5] Ciò che la donna dà al sacerdote e che cosa riceve dal sacerdote.

[6] Cf il mio articolo MARIA MODELLO DELLA CHIESA E DELLA DONNA, Sacra Doctrina, 6, 1993, pp.866-925.

[7] Cf San Tommaso, Sum. Theol., II-II, q.73, a.5.

[8] Questi insegnamenti devono essere collegati con l’enciclica Mulieris dignitatem del 15 ottobre 1988, nella quale il Papa illustra come mai fino ad allora era stato fatto nel Magistero pontificio, la dignità della donna e quindi la reciprocità uomo-donna alla luce della Rivelazione. Per questo, tale insegnamento ha carattere dogmatico, e si potrebbe auspicare che un domani un Pontefice, a rimedio dell’attuale disorientamento in materia e per porre fine all’attuale dilagare della lussuria, definisse come verità di fede quanto il Santo Pontefice qui insegna.

[9] Vedi il commento fatto dal Maritain a questo versetto della Scrittura in Facciamogli un aiuto simile a lui, in «Approches sans entraves». Scritti di filosofia cristiana, Città Nuova Editrice, Roma 1977, pp.181-199. Egli ne sapeva qualcosa per esperienza, considerata la sua felicissima e straordinaria unione con Raissa, «dimidium animae meae», come egli la chiamava. È stata una coppia che non ha generato figli dell’uomo, ma figli di Dio. Meschino e velenoso fu quindi il pur grande tomista domenicano Santiago Ramirez, quando disse che Maritain meglio avrebbe fatto a producere liberos quam libros.

[10] Vedi la mia comunicazione SULLA DIFFERENZA TRA L’ANIMA DELL’UOMO E QUELLA DELLA DONNA, in Atti del congresso della SITA, Ed.Massimo, Milano 1987, pp.227-234.

[11] Nel linguaggio di Aristotele l’occasionare è una forma debole di causalità, per la quale l’effetto è imperfetto. In questa visuale la natura di per sé produce l’effetto perfetto che sarebbe il maschio, ma, a causa di certi impedimenti, dà luogo a ossia occasiona un maschio imperfetto, che sarebbe la femmina.

4 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli,
    ho letto con pazienza e piacere il suo ampio articolo "Tra Freud ed Origene - O col corpo o senza corpo. Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità", e penso che sia stato molto fruttuoso. Sono un cattolico fedele, laico, mi considero un cattolico istruito, perché almeno mi impegno a leggere i documenti più importanti del Papa, e alcuni scritti teologici, come quelli sul suo blog, che visito spesso.
    Sicuramente rileggerò il suo articolo, prestando più attenzione ad alcuni passaggi, soprattutto.
    Ma il fatto è che, commentando a mia moglie i punti che consideravo essenziali nel suo articolo, mia moglie mi ha posto due semplici domande, alle quali sono riuscito a rispondere, ma non credo di aver chiarito le cose nella mia risposta. Le due domande erano:

    Quindi padre Cavalcoli ritiene che in cielo ci sarebbe l'unione sessuale tra uomo e donna? Sì o no?
    Padre Cavalcoli ritiene che ci saranno piaceri sessuali in paradiso?

    Apprezzerei se potessi darmi qualche indizio così posso rispondere meglio.
    Grazie.

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    1. Caro Stefano,
      noi non sappiamo come sarà la configurazione fisica della sessualità escatologica, perché la sessualità della vita presente ha una finalità procreativa. Invece la sessualità escatologica sarà puramente unitiva. La diversità tra questi due fini dell’unione uomo-donna, la troviamo nel capitolo 1 e 2 della Genesi.
      Nel capitolo 1 abbiamo il matrimonio, inteso come unione con finalità procreativa. Invece nel capitolo 2 si prospetta una finalità unitiva e non si parla di procreazione, in quanto Dio crea la coppia uomo e donna con l’intento che la persona non viva da sola, ma in comunione con un’altra, e ciò è il paradigma della vita sociale.
      C’è inoltre da aggiungere che nell’intento divino la coppia rappresenta la pienezza dell’umano, inquantoché l’aiuto reciproco non riguarda solo il procreare, ma anche quella che è la pienezza della vita umana e spirituale, cosicché tra uomo e donna non c’è solo una reciprocità fisica, ma anche spirituale.
      Questa reciprocità tra uomo e donna è un dovere morale, educativo e formativo, e un obbligo universale, che serve ad ognuno per completare la propria personalità e arricchire la personalità dell’altro sesso con la ricchezza del proprio sesso, secondo la volontà di Dio, per il bene della famiglia, della società e della Chiesa.
      La sessualità è una realtà molto complessa, che coinvolge l’intera persona: corpo, biologia, emozione, pensiero, volontà, sentimenti, impegno sociale, culturale, morale ed ecclesiale.
      La nostra fede ci dice che risorgeremo con i nostri corpi, quindi maschili e femminili, che ci sarà ogni bene e che sarà vinto ogni male.
      Quindi anche la sessualità umana, che è un dono di Dio, come dice Papa Francesco, certamente contribuirà, anche se in modo per noi ancora avvolto nel mistero, alla pienezza della gioia e della felicità in paradiso.
      Approfondire la bellezza e la realtà della sessualità in una prospettiva escatologica può essere molto utile soprattutto oggi, non solo per la coppia e la famiglia, ma anche per la Chiesa e per la società.
      Per quanto riguarda il vostro amore, voi già fin da adesso, realizzando il piano divino su di voi, potete pregustare le gioie della vostra futura unione nella vita gloriosa della resurrezione.
      Questo ideale stupendo deve continuare a sorreggervi nel difficile cammino quotidiano nella reciproca accettazione delle vostre fragilità, nell’aiuto reciproco, in unione col Cristo.

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    2. Mi sembra che dovrebbe essere chiarito che non ci sarà alcuna unione o rapporto sessuale tra un uomo e una donna in paradiso. In tempi di inflazione sessuale ci sembra importante fare chiarezza su questo punto.

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    3. Caro Stefano,
      la prospettiva dell’unione tra uomo e donna nella resurrezione è proprio il paradigma che serve per regolare l’unione tra uomo e donna nella vita presente. L’attuale pratica di unioni disordinate e lussuriose è proprio il segno che abbiamo bisogno di un punto di riferimento, di una regola, di un ideale, di un modello e di un esempio che ci venga dalla rivelazione divina.
      Questo modello è già presente nel capitolo 2 della Genesi, dove è detto “saranno una sola carne”, a seguito del fatto che uomo e donna si completano a vicenda nel determinare la pienezza dell’umano. Questo, come ho già detto, è il significato delle parole della Genesi “Voglio fargli un aiuto simile a lui”, che è la conseguenza delle altre parole “Non è bene che l’uomo sia solo”.
      L’unione uomo-donna è l’unione umana più perfetta che esista e quindi è il paradigma e il principio di ogni altra unione umana, come quella amicale, familiare, sociale, politica, culturale, etnica, nazionale, ecclesiale.
      Dato che la persona umana è composta di anima e corpo e poiché il corpo è sessuato, l’unione escatologica tra uomo e donna, la quale riprende l’unione protologica, sarà necessariamente un’unione a tutti questi livelli, e quindi spirituale e corporale.
      In questa prospettiva, sapendo che in paradiso ritroveremo ogni bene, non è da escludere che anche il piacere sessuale raggiungerà quella pienezza e perfezione, che è nel piano originario della creazione, anche se non conosciamo come sarà il nostro corpo glorioso.
      Sappiamo che attualmente in paradiso ci sono due corpi risorti, quello di Gesù e quello della Madonna, quindi un corpo maschile e un corpo femminile. Sappiamo che anche tutti noi risorgeremo con il nostro corpo, o maschile o femminile.
      Questo dato è molto importante, perché la sessualità fa parte della natura umana, formata da un corpo e anima maschili o femminili, e anche questo aspetto parteciperà della beatitudine eterna.

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