Il legame da conservare e il legame da estinguere - Differenza fra l’unione irregolare e l’unione matrimoniale - Parte Seconda (2/2)

 Il legame da conservare e il legame da estinguere

Differenza fra l’unione irregolare e l’unione matrimoniale

 

Parte Seconda (2/2) 
 

L’obbligatorio e il facoltativo

Un errore oggi diffuso anche tra moralisti che si dicono cattolici è quello di ridurre  l’obbligatorio al facoltativo o di negare che in morale esistano obblighi assoluti, immutabili ed universali, ma tutto sia facoltativo, ossia ognuno può scegliere la norma di condotta per conto suo o, come dicono, «secondo coscienza», il che andrebbe anche bene se avessero un concetto giusto della coscienza, che  essi intendono non come volontà di aderire alla verità oggettiva, indipendente dalle decisioni del soggetto, ma la coscienza intesa come  principio della stessa verità, così come Cartesio non fondava il sapere sull’adesione alla realtà oggettiva esterna, indipendente dall’io, ma sulla coscienza del proprio io.

Ora non c’è dubbio che ognuno di noi può organizzare la sua condotta personale a suo modo. Dio ci ha creati sì tutti uguali e tutti fratelli nella condivisione della comune natura umana identica per tutti, ma nel contempo ci ha creati diversi gli uni dagli altri, ognuno con un progetto di vita diverso l’uno dall’altro, con personalità e vocazioni diverse l’uno dall’altro, dotati ciascuno di libero arbitrio, di inventiva,  di doti creative, di diverse esigenze, gusti,  inclinazioni, tendenze, sensibilità, attitudini, qualità, talenti, proprio perché ognuno liberamente organizzi la propria condotta operando le proprie scelte, preferendo questo a quello, manifestando la propria originalità, mettendo in atto queste attitudini, sfruttando le proprie qualità, mettendo a frutto i propri talenti.

Tuttavia questo spazio della libertà di scelta è limitato e non può essere oltrepassato senza recar danno alla nostra esistenza e al nostro destino. Le scelte che noi operiamo, affinchè siano veramente salutari, vantaggiose e benefiche, devono riguardare beni o fini che siano la realizzazione, benchè attuata in infiniti modi diversi, della medesima natura umana nella quale Dio ci ha creati e secondo la quale Egli ci ha costituiti tutti.

Le scelte, cioè, per essere moralmente buone, lecite, oneste, vantaggiose, felici e lodevoli, devono essere fatte entro i limiti consentiti dalle norme generali di condotta che si fondano sulla stessa natura umana. Il fatto che il libero arbitrio sia soggetto a limiti di movimento imposti dalla legge divina non è un’umiliazione al nostro bisogno di infinito, ma è proprio la via per raggiungere e fruire di Dio, il vero Infinito.

Dio non ci opprime ma ci libera con le sue leggi. È rispettando i limiti imposti dalla legge naturale, che il cristiano trascende i limiti della natura per elevarsi a una vita divina soprannaturale. Noi trascendiamo noi stessi non sollevandoci in alto come quell’asinello che voleva volare tirandosi su per la coda, ma guardando in alto e ricevendo la grazia che scende dall’alto.

Possiamo lecitamente scegliere valori che stanno all’interno dell’orizzonte della nostra natura umana, ma non possiamo scegliere la forma, la struttura, le caratteristiche finalità, proprietà, determinazioni, leggi della stessa natura, quasi fossimo al di sopra di essa ed autori di essa. Noi siamo all’interno della nostra natura e la presupponiamo alla nostra azione. Quindi essa non può essere l’effetto della nostra azione, anche se con la nostra azione la possiamo migliorare.

Invece tutti quei valori essenziali e costitutivi della natura sono già fissati e stabiliti da Dio creatore della natura umana. La limitazione del libero arbitrio entro i confini dell’onesto e della legge morale non è restrizione o coartazione della libertà, ma garanzia della vera libertà di attuare la propria perfezione morale. Come diceva Emmanuel Mounier: bisogna liberare la libertà dai liberali.

Non dobbiamo quindi pretendere di modificare o cambiare il sapientissimo piano divino, come se fosse materiale a nostra disposizione o qualcosa da correggere, ma semplicemente metterlo in atto in tutti quei diversissimi modi che ci sono dettati dall’iniziativa propria di ciascuno di noi. Qui ha tutto il modo di esercitarsi il nostro libero arbitrio, non nel determinare le linee e i caratteri essenziali della nostra natura umana.

Certamente Dio ci lascia tra le mani una natura umana in possesso di facoltà e potenzialità che noi possiamo far fruttare in un continuo progresso secondo la nostra inventiva, ingegnosità e genialità; ma guai a crederci così signori e dominatori della natura da dimenticarci di esser creature di Dio e che noi possiamo render grandi noi stessi solo mettendo in atto i piani del nostro Creatore.

La ragione di giustizia e di peccato, di atto buono ed atto cattivo in campo sessuale, si trae dalla conformità o meno con le norme generali della condotta umana, che si fondano sulla stesa natura umana. Per questo si tratta di leggi valide per tutti, perché tutti siamo partecipi della medesima natura umana.

Ora, Dio ci ha creati maschio e femmina. Possiamo realizzare la loro unione in infiniti modi diversi, ma se vogliamo la nostra felicità, dobbiamo sempre realizzare l’unione tra maschio e femmina così come Dio la vuole. Il campo del sesso è già predeterminato e regolato dalla natura umana; non è un campo dell’agire determinabile dalla nostra inventiva o dalla nostra creatività.

Il sesso non può essere soggetto alle determinazioni della nostra volontà se non per quanto riguarda le modalità concrete dell’attuazione delle leggi generali che lo regolano, leggi poste da Dio e non da noi, perché il sesso non è nostra opera nostra, ma creatura di Dio. Papa Francesco è arrivato a dire, anche di recente, che il sesso è un dono di Dio.

Il criterio, per giudicare quindi la bontà o meno del nostro agire nel campo del sesso, non è un criterio che ognuno di noi può farsi per conto proprio come se si trattasse di materia di scelte personali e facoltative, ma è un criterio oggettivamente ed universalmente valido, dato dalla conformità o meno del nostro volere alle esigenze e finalità che Dio stesso ha posto nella natura del sesso. 

Questa natura non è una materia amorfa ed indeterminata che aspetti di essere plasmata o manipolata dall’arbitrio o dalle iniziative creatrici della nostra volontà o della nostra tecnica, ma è un dato ontologico a noi preesistente, già strutturato, finalizzato ed organizzato da un sapientissimo disegno d’amore per la nostra eterna felicità.

Stato di peccato e peccato

L’espressione «stato di peccato» necessita di un chiarimento, perché è stata usata da alcuni per indicare lo stato di vita delle coppie irregolari, quasi esse fossero in una condizione permanente di colpa mortale, prive della grazia. Ora il Santo Padre nell’Amoris laetitia ha chiarito che una convinzione del genere non ha fondamento e che dobbiamo invece credere che queste coppie, nonostante la loro condizione di peccatori, possono essere in grazia, sempre, s’intende, che si pentano dei loro peccati e ne facciano penitenza.

Non bisogna dunque confondere il peccato con lo stato di peccato. Il peccato è semplicemente un atto della cattiva volontà, del quale la medesima volontà può immediatamente pentirsi volgendosi a Dio per impulso della grazia che non manca mai, rinnegare l’azione commessa, invocare la divina misericordia e fare sincero proposito di non più peccare. Il fatto che poi in realtà il peccato sia ripetitivo non è necessariamente segno di recidività, se ogni volta viene rinnovato il buon proposito, ma è cosa inevitabile nella condizione di natura decaduta di quaggiù[1]. L’importante è perseverare in questo cammino di conversione rialzandosi ogni volta dalle cadute.

Il peccato e il peccatore

La Fiducia supplicans benedice il peccatore, ma non il peccato. Essa dice chiaramente che la dottrina tradizionale circa la sodomia non è cambiata. I rapporti sessuali extramatrimoniali, anche quelli naturali, sono proibiti.

Tuttavia alcuni fanno la seguente obiezione: come è possibile benedire la persona senza benedire il peccato? Come è possibile benedire l’unione senza benedire la sua peccaminosità? Di fatti è vero che il peccato è effetto dell’atto del peccatore, per cui appare difficile approvare la causa e disapprovare l’effetto; appare difficile disapprovare l’effetto senza con ciò stesso disapprovare la causa. Infatti di chi commette omicidi diciamo che è un assassino. Di che sostiene eresie diciamo che è un eretico. Di chi pratica la sodomia diciamo che è un sodomita. Eppure bisogna fare attenzione perché la tentazione del fariseismo è sempre in agguato ed è quella di sostanzializzare il peccato identificando il peccato con il peccatore.

Il peccatore resta sempre una persona chiamata alla salvezza. Il peccato invece è un atto accidentale e contingente, che non può essere elevato allo stato di sostanza, perché la sostanza di per sé è permanente.

Invece il peccato è un atto contingente, che può essere tolto da un momento all’altro per un altro atto della volontà del peccatore, mosso dalla grazia di Dio, che opera la giustificazione. In altre parole, la volontà da cattiva diventa buona, per opera della grazia divina e del libero arbitrio umano.

Omofobia e sessuofobia

L’omofobia non va intesa come semplice giudizio negativo circa la tendenza omosessuale e come condanna del peccato di sodomia.  Vedere nell’omosessualità una tendenza innaturale o contro natura è giusto ed è precisamente il presupposto per l’atteggiamento giusto da tenere nei confronti dell’omosessuale, che è quello di aiutarlo a liberarsi da questa tendenza e dal vizio morale che solitamente segue a tale tendenza.

Non sta quindi in ciò l’odio o il disprezzo per l’omosessuale. Al contrario, questo rifiuto dell’omosessualità come tendenza anormale e la condanna della sodomia suppongono il vero rispetto dovuto all’omosessuale come persona umana.

L’omofobia, come atteggiamento riprovevole e passibile anche di sanzione penale, è l’odio o il disprezzo per la persona dell’omosessuale in quanto persona, con l’eventuale pratica della violenza nei suoi confronti, l’insulto, la denigrazione, la calunnia o la diffamazione.

L’omofobia può essere il segno di una più generale sessuofobia, ossia la ripugnanza o il disprezzo per la sessualità in genere, della quale non si vede la conciliabilità con la vita spirituale e si enfatizzano in modo esagerato gli ostacoli che essa oppone alla vita spirituale.

Il disprezzo per il sesso si risolve ad essere anche l’idolatria edonistica del sesso, perché la sua ricerca esagerata suppone che il sesso, con la pretesa di sostituire i valori dello spirito, non si assoggetti ad essi, nel che il sesso trova la sua vera dignificazione e addirittura consacrazione, come nel sacramento del matrimonio.

Omosessualità e sodomia

Bisogna fare molta attenzione a non confondere l’omosessualità come tale, che è la semplice inclinazione di un istinto sessuale anormale o innaturale, innata o acquisita, tendenza di per sé priva di qualunque colpa, benchè stimolo al peccato, con la sodomia, che è un abito morale vizioso, comportante la pratica abituale e intenzionale, quindi volontaria e colpevole, del rapporto omosessuale.

L’omosessuale, quindi, deve affrontare due problemi: il problema psicologico di un riorientamento e normalizzazione dell’istinto sessuale, che anziché dirigersi verso lo stesso sesso, dev’essere indirizzato, per quanto è possibile, verso l’altro sesso. Lo psicologo deve fare in modo che il soggetto possa essere attratto e stimolato dell’altro sesso, potenziando con opportune stimolazioni che agiscono nell’apparato naturale originario, psicoemotivo del paziente, così da diminuire quantomeno, anche se è impossibile estinguere, la formazione anomala sovrapposta.

Il secondo problema è quello di un’educazione della volontà, così da riorientarla dalla tendenza alla soddisfazione omosessuale a quella eterosessuale, in risposta alla tendenza sessuale autentica originaria. Infatti il soggetto omosessuale si avverte come se fosse sessuato secondo il sesso opposto, conseguenza, questa, del peccato originale, non avvertendo se non assai debolmente il suo vero sesso, creato da Dio.

Con l’esercizio costante e metodico della volontà, eventualmente sostenuto da un accompagnamento psicoterapeutico, il soggetto impara gradualmente a far emergere il suo vero sesso, mentre quello posticcio omosessuale diminuisce la sua forza. Ciò produce gradualmente come effetto l’inclinazione secondo natura della volontà verso il sesso opposto, abbandonando l’inclinazione omosessuale.

Benedizione rituale e benedizione spontanea

La prima è la benedizione che si riferisce al sacramento del matrimonio.  Si tratta di benedire la volontà degli sposi i quali amministrano a se stessi il sacramento del matrimonio. Essa comporta una formula fissa, canonica, rituale, ufficiale e ripetitiva stabilita dalla Chiesa in quanto a lei spetta per mandato di Cristo la disciplina della confezione e dell’amministrazione dei sacramenti. Tale benedizione spetta solo al vescovo, al presbitero e al diacono.

La seconda benedizione si riferisce alla convivenza irregolare di due persone o di sesso diverso (divorziati risposati o concubini) o dello stesso sesso (coppia omosessuale). Essa non comporta una formula liturgica, come nel caso dei sacramenti, e può essere impartita anche da un laico, uomo o donna. È un sacramentale, in quanto conferisce la grazia attuale non per l’opera operata dal ministro (ex opere operato), ma per l’opera di colui che la riceve (ex opere operantis), il quale può essere già in grazia, in modo tale che la benedizione gli aumenta la grazia in proporzione al fervore col quale la riceve. Invece la grazia del sacramento, come quello della penitenza, può restituire la grazia a chi l’ha perduta a causa del peccato.

Qual è l’oggetto di una benedizione e per quale motivo la si imparte

L’oggetto della benedizione può essere un singolo o una coppia. Ogni coppia è composta da creature fragili e peccatrici. Nel contempo non esiste coppia, per quanto disonesta, non esiste unione, per quanto peccaminosa, che, essendo composta di persone create ad immagine di Dio, non abbia qualche lato buono, qualche buona qualità moralmente lodevole.

Ogni coppia ha pregi e difetti. Anche le migliori hanno difetti e anche le peggiori hanno pregi. Nella vita presente nessuna è da approvare totalmente e senza riserva e nessuna è da riprovare totalmente, senza misericordia. Solo nel giorno del giudizio finale di Dio alcune coppie saranno totalmente approvate per misericordia ed altre assolutamente riprovate per giustizia

Che cosa dunque benedice il sacerdote, quando benedice? Non certo i difetti e i peccati, ma benedice le buone intenzioni, i lati positivi, gli aspetti di bontà e onestà.

E perchè, a qual fine benedice? È chiaro: per incrementare il bene che c’è nella coppia, anche se irregolare o peccaminosa, e per aiutare la coppia a liberarsi dai peccati, anche se santa ed esemplare.

La benedizione si dà ai peccatori perchè facciano crescere il bene che è in loro e si dà ai giusti perché si liberino dai loro peccati. In sostanza la dinamica della conversione è una specie di moto ciclico, fatto a più tempi: peccato, pentimento, confessione, penitenza, perdono, recupero della grazia. Per ogni cristiano questo ciclo deve ripersi continuamente per tutta la vita, finchè, si spera, una volta che l’anima è giunta al momento della morte al tribunale divino, è pronta ad andare in paradiso.

Chi ritiene che sia cosa per lui scontata e a lui dovuta la benedizione, perché la sua è una coppia regolare, mentre non la si debba dare a chi pecca di sodomia od è un adultero, assomiglia a quei farisei dei quali parla il Signore, che «si ritenevano giusti, mentre condannavano gli altri».

La benedizione è una medicina e un corroborante

La benedizione conviene proprio alle coppie sodomite e di divorziati risposati perché sono malati gravi. E una cura medica, può durare anni. È chiaro che la benedizione serve ad evitare e a togliere il peccato, ma il buon pastore non può pretendere che i due si lascino dall’oggi al domani, né può condizionare la benedizione alla promessa che i due si lascino immediatamente o purifichino immediatamente la loro relazione, con un semplice atto di volontà, seduta stante, come se fosse la cosa più facile del mondo, come se si trattasse di smettere di gettare le cicche per terra e metterle nel portacenere o di lasciare la porta aperta del bagno.

Infatti ragionare così vorrebbe dire non rendersi conto di quanta forza impulsiva, costringente e coibente, nella nostra vita di quaggiù, hanno sia certe tendenze psichiche innate e sia la concupiscenza. Togliere il peccato non vuol dire togliere la concupiscenza e sanare d’un colpo certe storture psichiche che abbiamo fin dalla nascita, contro un male che sempre rinasce e sempre va tolto, finchè sarà tolto per sempre in paradiso.

Ma adesso non siamo ancora un paradiso. Qui il male possiamo farlo diminuire, ma non possiamo mai toglierlo del tutto. Togliere il peccato è il lavoro metodico che deve durare tutta la vita, così come tutti i giorni dobbiamo lavarci il volto.

Lutero lo sapeva bene tutto ciò e ne patì moltissimo, spirito religioso e scrupoloso qual era. Ma, ingannato da una concezione fatalista del peccato e pensando che la concupiscenza fosse invincibile, il suo errore tremendo e nefasto fu che, rinnegando il suo voto di castità, finì per istituzionalizzare la lussuria, anziché lottare continuamente contro di essa, sia pur per tutta la vita.

La prudenza pastorale del sacerdote

Dato che genderisti, modernisti e rahneriani diffondono la tesi che la benedizione suppone che la Chiesa non consideri più peccato la sodomia, è bene che il sacerdote, quando gli si presenta una coppia di omosessuali per chiedere la benedizione, verifichi con quali idee e quali intenzioni la coppia chiede la benedizione. Se la coppia mostra di essere vittima di quell’errore, il sacerdote deve spiegare qual è il vero senso e scopo della benedizione e la può impartire solo se la coppia capisce ed accetta la spiegazione data dal sacerdote.

Il sacerdote potrebbe, per comodità, redigere per conto proprio e di sua propria autorità, in coerenza con le disposizioni del DDF, una formula fissa di benedizione ad uso privato, secondo la sua prudenza pastorale, riservandosi ogni volta, secondo il caso, di dire qualche parola improvvisata ed a braccio, invocando lo Spirito Santo e come lo Spirito lo ispira in quel momento.

Nella formula deve evitare due eccessi: da una parte quello di minimizzare ed essere troppo blando nell’accennare ai loro peccati e al loro dovere di praticare il sacramento della penitenza e di far penitenza, e dall’altra, un riferimento esagerato e troppo severo alla loro situazione di peccatori, come se loro fossero peccatori speciali e per antonomasia e non fossero peccatori anche gli eterosessuali. Ricordiamoci che i Comandamenti sono dieci.

La Fiducia supplicans condiziona la benedizione all’impegno per un cammino perseverante di penitenza e conversione. Penitenza per che cosa? Penitenza per tutti i peccati, compreso quello di sodomia! Conversione in che senso? Conversione da cosa a che cosa? Dai peccati, compreso quello di sodomia, alla giustizia!

È dunque auspicabile che il sacerdote, avendone le possibilità, la preparazione e la competenza, inquadri la benedizione in una precisa azione pastorale finalizzata a persuadere le coppie irregolari a regolarizzare, per quanto è loro possibile, la loro unione con una metodica opera di purificazione del loro rapporto nella luce di Dio, in una perseverante vita di grazia e nella messa a frutto dei doni e dei talenti ricevuti da Dio.

L’educatore alle virtù morali, il sacerdote, il maestro, il pastore devono saper far leva sulle risorse della ragion pratica dell’educando o del discepolo, perché il fondamento dell’etica, come ha capito Aristotele sulla scorta di Socrate, è la ragion pratica, propria dell’uomo come tale. Gli stessi libri sapienziali della Scrittura sono pieni di ragionamenti morali atti a persuadere qualunque spirito onesto ed amante della verità. Per questo, se un ragionamento morale è ben condotto e ben motivato, tutti coloro che ragionano correttamente, lo fanno proprio e ne restano convinti.

Il fanatismo, il dogmatismo e il fondamentalismo di certi spiriti o sètte religiose e politiche o regimi dittatoriali possono assomigliare, per la sua saldezza, a quella di un convincimento razionale, ma in realtà ne sono lontani le mille miglia, perchè qui la ragione non c’entra niente, ma è solo questione di autoesaltazione, di volontà di potenza, di ostinata volontà di affermazione del proprio io singolo o collettivo (l’«io trascendentale» degli idealisti), elevato a norma assoluta dell’agire morale. È manifestazione di spiriti frustrati ed irrequieti, i quali, non trovando basi e certezze nella metafisica, le cercano nella voce grossa del capo o nelle promesse del falso profeta.

Le basi di una fedeltà assoluta agli impegni presi e al dovere sono compromesse e non danno sicurezza quando il soggetto, per una mentalità scettica o empirista o esistenzialista o soggettivista o relativista o storicista, è incapace di procurarsi una convinzione realista e oggettiva, fondata in ragione circa ragionevolezza della legge morale o dell’obbiettivo morale che gli vengono proposti.

Ma una volta che la ragione ha capito il ragionamento che le viene fatto, nulla la può smuovere da questa convinzione, come chi ha capito che 2+2=4, è sicuro di avere appreso una verità immutabile. Da qui viene la fedeltà agli impegni assunti e la saldezza eroica della condotta morale degli uomini virtuosi, dei martiri e dei santi. Certo, ciò è necessario, però non è sufficiente, perché occorre anche l’impegno personale costante e soprattutto il soccorso della grazia.

L’educatore deve quindi persuadere l’educando, deve farlo ragionare correttamente, deve dimostrargli il perchè certe azioni sono buone e lecite e perchè certe altre sono cattive e proibite. L’uomo diventa fermo, stabile, coerente, fedele, affidabile, perseverante e coraggioso nell’agire onestamente, quando è razionalmente convinto che ciò che gli impone la legge è razionalmente motivato o almeno conforme a ragione, come sono i precetti rivelati dell’etica cristiana.

Se poi la rivelazione divina gli prospetta finalità soprannaturali e doveri che superano la capacità di comprensione della ragione, il cristiano li accetta per fede e così si eleva ad una condotta morale che già gli antichi pagani giudicavano propria non di un uomo, ma di un dio. Questo vale per l’esercizio del sesso come di tutte le facoltà che Dio ha dato all’uomo per la sua felicità.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 7 gennaio 2024

L’espressione «stato di peccato» necessita di un chiarimento, perché è stata usata da alcuni per indicare lo stato di vita delle coppie irregolari, quasi esse fossero in una condizione permanente di colpa mortale, prive della grazia. 

Ora il Santo Padre nell’Amoris laetitia ha chiarito che una convinzione del genere non ha fondamento e che dobbiamo invece credere che queste coppie, nonostante la loro condizione di peccatori, possono essere in grazia, sempre, s’intende, che si pentano dei loro peccati e ne facciano penitenza.

Non bisogna dunque confondere il peccato con lo stato di peccato.


Bisogna fare attenzione perché la tentazione del fariseismo è sempre in agguato ed è quella di sostanzializzare il peccato identificando il peccato con il peccatore.

Il peccatore resta sempre una persona chiamata alla salvezza. Il peccato invece è un atto accidentale e contingente, che non può essere elevato allo stato di sostanza, perché la sostanza di per sé è permanente.

Il peccato è un atto contingente, che può essere tolto da un momento all’altro per un altro atto della volontà del peccatore, mosso dalla grazia di Dio, che opera la giustificazione. In altre parole, la volontà da cattiva diventa buona, per opera della grazia divina e del libero arbitrio umano.

Bisogna fare molta attenzione a non confondere l’omosessualità come tale, che è la semplice inclinazione di un istinto sessuale anormale o innaturale, innata o acquisita, tendenza di per sé priva di qualunque colpa, benchè stimolo al peccato, con la sodomia, che è un abito morale vizioso, comportante la pratica abituale e intenzionale, quindi volontaria e colpevole, del rapporto omosessuale.

Immagini da Internet



[1] Cf Denz., n. 1537, 1680.

32 commenti:

  1. Grazie, padre Cavalcoli, per questo strumento semplice, schematico, ma estremamente utile per comprendere il significato dei documenti emanati dalla Santa Sede.
    Da un lato, comprendo che tali documenti, nel loro aspetto dottrinale, ci garantiscono con sicurezza l'inequivocabilità (infallibilità) che nasce dalla partecipazione di questi testi al Magistero petrino.
    D'altronde le sue critiche rispettose mi hanno aiutato a comprendere i difetti, dovuti alle condizioni umane (eccessivo rispetto umano?), soprattutto per quanto riguarda il non voler chiamare le cose con il loro nome, e lasciarle solo accennate.
    D'altronde la reazione avversa alle FS a quanto mi risulta va chiarita. Non si tratta solo di una reazione avversa di tipo filo-lefebvriano. Si tratta innanzitutto di una reazione avversa da parte dei modernisti, che dicono di essere contenti di FS, ma in realtà lo sfruttano a favore della loro ideologia. Si tratta, anche, di una reazione avversa da parte del passatismo cattolico, nella quale è certamente necessario distinguere: da un lato c'è un passatismo filo-lefebvriano, infetto da idee eretiche lefebvriane, e dall'altro c'è è un passatismo in buona fede (si suppone), di chi non è riuscito ad aggiornarsi nello sviluppo della dottrina e della morale in questi ultimi decenni (episcopati africani). Entrambe le reazioni avverse, modernista e passatista, rendono più evidente quanto sia urgente un rinnovamento nella formazione sacerdotale, per applicare la dottrina del Concilio Vaticano II e del Magistero post-conciliare fino a Papa Francesco.

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    1. Caro Don Sabino,
      mi complimento per le sue sagge considerazioni, che condivido in pieno.

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  2. Carissimi Padri. Da semplice fedele dico che, semmai, questi fini e alti discorsi che state facendo si sarebbero dovuti fare a monte, a porte chiuse, tra di voi, prima della Dichiarazione che é solo un volere di pancia di Papa Francesco a cui si é voluto mettere sopra un veste di ufficialità in quattro e quattr'otto senza nemmeno accorgersi che era Natale.

    Come semplice fedele posso confermare che già ora per il sacramento di riconciliazione, la confessione, se ne vedono e se ne sentono di tutti i colori. Voi pensate che con queste "sotto-benedizioni" di tipo "tre", pastoral-impromptu si aiuterà la Chiesa davvero a aprirsi a tutti, tutti, tutti, che é lo scopo dichiarato a cui Papa Francesco vuole arrivare? Come se da domani ci sarà un fiume di coppie irregolari pentite che chiedono aiuto perché non vogliono più stare insieme come prima ma non ce la fanno?

    I vescovi africani, poverini, hanno parlato per tutti, dicendo che " Il linguaggio di Fiducia supplicans rimane troppo sottile per essere compreso dalla gente semplice".
    Non solo gli africani, sono gente semplice, anche in Europa e nel mondo, lo siamo.

    Con tutto il mio sincero rispetto, per me, state inseguendo una chimera. Gesù ha scelto dei semplici pescatori come apostoli per andare tra la gente.

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    1. Caro Alessandro,
      la benedizione speciale proposta dai due Documenti ha una funzione ben precisa: è come una medicina specifica, che serve a curare quella data malattia. È una benedizione fatta apposta per gli omosessuali. Si tratta di un atto provvidenziale della santa Madre Chiesa, che con la sua misericordia si prende cura dei diversi mali delle anime.
      In modo più preciso dobbiamo dire che questa benedizione serve da una parte a potenziare le loro energie sane, sia personali che relazionali, mentre dall’altra parte è un aiuto affinchè, col soccorso della grazia e l’impegno penitenziale continuativo, riescano quanto meno a diminuire il legame peccaminoso.
      Per quanto riguarda le argomentazioni, che io ho usato nei miei articoli, sì, capisco che non sia sempre facile comprenderle. Tuttavia un cattolico onesto e desideroso di conoscere la verità non dovrebbe avere questa ripugnanza davanti a questi ragionamenti e a queste argomentazioni, perché questo problema degli omosessuali non è affatto semplice, ma riflette una situazione umana complessa, dove, come sempre, il positivo si mescola col negativo, il peccato si mescola con la giustizia, la fragilità si alterna alla malizia.
      A voler ridurre per forza a cose semplici dei problemi, che sono complessi, non si rivolve niente, ma bisogna avere la pazienza di ascoltare gli esperti in materia e in particolare in questa delicata materia morale bisogna ascoltare la guida della Chiesa, che Cristo ha istituito apposta per aiutarci a risolvere i nostri problemi morali, offrendoci l’aiuto dei nostri Pastori e anche dei teologi.
      Per quanto riguarda i vescovi dell’Africa, la loro reazione non sembra lodevole. Si può capire la loro difficoltà ad applicare immediatamente i Documenti, dato che in certi Stati esiste una vera e propria persecuzione nei confronti degli omosessuali. Ma il mio timore è che non sia stato capito il significato di quei Documenti, che non intendono affatto accondiscendere al vizio, ma a promuovere la virtù.

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    2. Caro signor Alessandro,
      poiché hai preso in considerazione le mie osservazioni, mi sento obbligato a dare un parere su ciò su cui mi hai chiesto di riflettere.
      Poco di più, e niente di meglio, di quanto ha risposto Padre Cavalcoli, potrei ora aggiungere da parte mia. Ma almeno sento di dover fare tre precisazioni:
      1. Il mio precedente intervento si è riferito in generale alle “coppie irregolari” (divorziati risposati, conviventi, coppie omosessuali, ecc.). Padre Cavalcoli, nella sua risposta, ha menzionato solo le coppie omosessuali; ma capisco che si sia trattato solo di una distrazione da parte sua, poiché quanto ha detto vale non solo per gli omosessuali, ma anche per le altre coppie irregolari.
      2. Per quanto riguarda la sua critica all'intellettualismo complesso da parte nostra, lontano dalle persone semplici, sono completamente d'accordo con la risposta che li ha dato Padre Cavalcoli.
      Vorrei solo aggiungere che, basandomi sulla mia esperienza personale nei rapporti con altri sacerdoti e anche con religiosi e laici, nei quali ho riscontrato la stessa propensione a cercare semplici slogan, o semplici frasi ideologiche, per confutare qualsiasi tipo di argomentazione poco più complesso, o il ricorso a frasi evangeliche ad litteram (fondamentalismo evidente) per cercare di confutare qualsiasi sano argomento teologico, la mia opinione personale è che sia il noto cartesianesimo che necessita sempre di "idee chiare e distinte" per ogni cosa, in un desiderio idealistico di non ammettere la realtà così com'è, che non sempre è così semplice, ma nella maggior parte dei casi molto complessa. Questo vizio di ricercare ciò che è “chiaro e distinto” è tipico del fondamentalismo lefebvriano.
      3. Infine, lasciatemi dirvi che mi sorprende che voi siate critici nei confronti dell'intenzione esplicita di Papa Francesco riguardo alla “Chiesa in uscita”, e che la Chiesa “deve andare alla ricerca di tutti, tutti, tutti”. Non è questo il comando di Gesù? Non è questo che ci ha chiesto?
      Ritornando ancora alla mia esperienza personale di parroco (e senza voler generalizzare), nei casi di sacerdoti, religiosi e laici, che conosco, che si sono opposti a questo desiderio esplicito di una pastorale in uscita, di una pastorale veramente popolare, come deve essere, si verifica il caso di sacerdoti, religiosi e laici dal profilo preconciliare, chiusi nel tempio per la maggior parte del tempo che dedicano alla vita religiosa, intendendo la liturgia non come fonte e culmine della vita cristiana (come ci ha insegnato il Concilio), ma come “la” vita cristiana, cioè come se tutta la vita cristiana consistesse nella sola liturgia. Questi cristiani, chiusi in una simile "bolla", sono incapaci di comprendere una "benedizione spontanea", che magari un prete dà quasi senza pensarci, mentre saluta una casetta di cartone e lamiera in una baraccopoli, cercando di raggiungere tutti, a tutti, a tutti...

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    3. Caro Don Sabino,
      la ringrazio di questa integrazione, che riflette la ricca esperienza di un sacerdote che con zelo e competenza si dedica al bene del prossimo e soprattutto dei più bisognosi.

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  3. Caro Padre Cavalcoli. Venendo al dunque, quello che voglio esprimere qui è che in queste reazioni avverse alle FS, se si tratta di Vescovi o Sacerdoti, allora non vedo altro che omofobia. E mi spiego.
    La decisione del Papa e del cardinale Fernández si comprende perfettamente in un contesto argentino, nella Chiesa in Argentina, dove la pastorale popolare è molto sviluppata, il contatto diretto con la gente, ovunque si trovi, nel proprio ambiente, perché il sacerdote va verso gente, ovunque si trovi, e non aspetta che la gente venga al tempio. Questo intende il Papa quando parla di “vescovi con l'odore di pecora” o di “sacerdoti con l'odore di pecora”.
    In questo contesto è assolutamente naturale trovare TUTTI I TIPI DI PERSONE, IN TUTTI I TIPI DI SITUAZIONI: conviventi, divorziati risposati, adulteri di ogni genere, omosessuali, lesbiche, ecc. E quando il sacerdote è in quegli ambienti, nasce spontaneo un colloquio più intimo, o una confidenza, o una riflessione che commuove i cuori, e che sia richiesto o no, non è mai necessario che il sacerdote faccia il segno della croce sulla fronte di queste persone, con una preghiera emersa in questo momento. Vale a dire: una benedizione.
    E qual è la difficoltà per questo?
    Potrebbe esserci qualche difficoltà?
    È semplicemente un gesto di misericordia e una richiesta di aiuto divino per queste persone, qualunque sia la loro situazione di coscienza.
    Chi qualifica questo come convalida dell’adulterio o della sodomia o è solo un sacerdote del culto, ridotto all’ambito del tempio (come è il caso delle comunità lefebvriane che conosco in Argentina), oppure è un sacerdote che non va al popolo, ma è chiuso nella sua torre d'avorio, in attesa che vengano da lui. I due casi sono intrecciati e presentano le stesse caratteristiche. E in questi casi è probabile che quelle situazioni di concubinato, di divorziati risposati, di coppie omosessuali, siano vissute come qualcosa di cui si ha sentito parlare, ma con cui non si è mai entrati in contatto. Suppongo che in questo contesto psico e sociologico sia facile che nasca un atteggiamento di omofobia (se, peggio ancora, l'omofobia non sia stata la radice di quell'atteggiamento pastorale discriminatorio e selettivo).

    Pedro

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    1. Caro Pedro,
      la ringrazio per queste informazioni sulla pastorale popolare in Argentina. Mi aiutano a capire meglio la pastorale del Santo Padre.
      Effettivamente, chi si oppone a questa pastorale, credo proprio che siano sacerdoti, come li chiama il Papa, “indietristi”. Io li chiamo “passatisti”, perché ancora fermi ad una pastorale preconciliare, che sembra vedere nel peccatore soltanto il peccato, come se il peccatore si risolvesse nel suo peccato e non fosse piuttosto una persona creata ad immagine di Dio, con doni e talenti propri, non soltanto sul piano personale, ma anche a livello relazionale.
      Il valore delle benedizioni alle coppie regolari si capisce solo in questa luce, perché è ovvio che non si può benedire il peccato, ma si deve benedire la persona, perché cresca nel bene e guarisca dal peccato.

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  4. Caro padre Cavalcoli,
    grazie per questo articolo. Naturalmente leggo, non sempre quotidianamente, ma quando il tempo lo consente, ognuno dei suoi articoli, e in effetti dovrei scrivere lo stesso su tutti loro, con la mia sincera gratitudine. Ma penso che questo articolo meriti un ringraziamento particolare, data la serenità e la saggezza che porta in un momento di eccessivo ribollire polemico nella Chiesa, lacerata da tante divisioni.
    Pensando al modo in cui questa controversia sulle “benedizioni pastorali” è arrivata a “mettere a nudo divisioni preesistenti nella Chiesa” (come ha detto in questi giorni il cardinale Fernández in un’intervista), ho riflettuto sulle difficoltà che noi, poveri le creature umane, hanno nell'accesso a volte alle verità, anche a quelle più semplici, soprattutto quando c'è alle spalle una storia personale, e talvolta una lunga storia di errori affermati e cementati saldamente.
    Vorrei spiegarmi meglio...
    Immagina di poter incontrare Karl Rahner oggi. E supponiamo anche che, per miracolo della grazia divina, Karl Rahner fosse perfettamente disposto a riconoscere la correttezza e la verità di ognuno dei passaggi del suo libro (Il Consiglio tradito..., che cito per sentito dire, perché non l'ho letto). La mia domanda: sarebbe così facile per Rahner ritrattare tutti gli errori dichiarati e ripetuti nelle sue migliaia di libri?... Non è così semplice.
    Ebbene, come fanno i modernisti e i passatisti a pentirsi di tutti i loro errori? Come fanno Valli, De Mattei e tanti altri, dopo tanti anni a difendere le cause perse, a riconoscere i propri errori? Oltretutto, tra questi passatisti c'è chi ha aperto aziende, fondazioni, ha eserciti di seguaci... come fa a rinunciare a tutto ciò? Come possono i lefebvriani sbarazzarsi di sessant'anni di storia e tornare alla verità, oppure dichiarare che il loro fondatore aveva torto nella maggior parte delle sue affermazioni?
    Sì, forse so già cosa risponderai: ti basta la mia grazia.
    È vero.
    Ma umanamente è difficile immaginare...

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    1. Caro Ross,
      comprendo molto bene quello che lei dice. Esistono effettivamente nella Chiesa delle correnti faziose, le quali, nate subito dopo il Concilio, si sono ormai indurite nelle loro posizioni ed anzi le hanno rafforzate ancor di più in questi ultimi anni.
      L’ipotesi di un loro ravvedimento è sempre possibile. Infatti non dobbiamo porre limiti alla potenza della grazia. Quello che dispiace è vedere questa ostinazione inflessibile, per la quale questi faziosi non si ascoltano gli uni con gli altri e pertanto insistono nei loro errori, credendo di essere loro la luce della verità.
      Che cosa chiede Dio a questi nostri fratelli deviati? Non chiede necessariamente che paghino tutto il conto, poiché molti hanno dei debiti ingentissimi accumulati in questi sessant’anni. Dio in fondo chiede una cosa abbastanza semplice, che però richiede la vittoria sul proprio orgoglio: chiede l’umiltà del pentimento. Infatti, come sappiamo bene, è questo l’atto essenziale che sta a cuore a Dio per perdonarci anche i più gravi peccati.
      Noi, da parte nostra, che vogliamo essere in comunione con la Chiesa e con il Papa, adoperiamoci per essere costruttori di pace, mettendo in luce ciò che unisce, esortando alla conversione e alla penitenza e dando noi per primi l’esempio di cattolici normali, che il Papa ha paragonato alla corrente centrale di un fiume, mentre ai lati essa è ostacolata in maniere diverse e contrarie. Si tratta allora di rafforzare questa corrente centrale, affinchè l’intero scorrere dell’acqua corrisponda alla vera direzione del fiume.
      Potrei suggerire alcune iniziative:
      1. Che il Papa organizzasse degli incontri ad alto livello tra i due partiti dei passatisti e dei modernisti, tra i Cardinali, i Vescovi, i Teologi e i Laici, indicando delle tematiche precise, atte a favorire la conciliazione e la pace.
      2. Bisogna che la Chiesa, oggi sparsa in tutto il mondo, si occupi con maggiore urgenza dei suoi problemi interni, prima di pensare alla pur doverosa opera di pacificazione a livello internazionale.
      3. Valutare l’opportunità di interrompere le offese al Papa e al Cattolicesimo, anche ricorrendo al Diritto Canonico e Codice Civile e Penale degli Stati.
      4. Occorrerebbe una Dichiarazione molto precisa, da parte del DDF, circa la definizione dell’essere cattolico, perché uno dei motivi dell’attuale conflitto è la pretesa, da ambo le parti, di definire se stessa come cattolica e insultare l’altra con termini offensivi.
      5. Occorre che il DDF si dedichi, con impegno primario al suo impegno specifico di vigilare sulle dottrine correnti, correggendo le deviazioni e promovendo la sana dottrina.
      6. Occorre che i Vescovi vigilino sul proprio Gregge e sul proprio Clero, in modo che la propria Diocesi sia di esempio di fedeltà alla Chiesa, nel campo della dottrina e dell’unità fraterna.

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    2. Li ringrazio, caro Padre, per queste riflessioni, che so scaturiscono dal suo cuore saggio, giusto e misericordioso. Spero che questi vostri suggerimenti, o altri simile, possano raggiungere le persone che potrebbero fare i passi necessari per metterli in pratica, per il bene della Chiesa.

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  5. Caro Padre Cavalcoli: dopo l'incontro di Papa Francesco con il clero di Roma, in cui ha parlato della dichiarazione Fiducia supplicans, sembra che abbia fatto un passo indietro, o che l'abbia contraddetta. Del resto, il Pontefice ha impiegato un mese per dire una parola su questa controversia mai vista prima all'interno della Chiesa. Divisione, confusione, incertezza e turbamento è ciò che Fiducia Supplicans ha generato tra il clero e il resto del Popolo di Dio.
    Anche se cerchiamo di convincerci del contrario, Fiducia supplicans è un testo confuso e poco chiaro. Basta vedere le reazioni molto diverse che il documento ha suscitato.
    Fatto sta che il Papa, rispondendo a una domanda di un sacerdote della diocesi di Roma, ha affermato che la dottrina sul sacramento del matrimonio tra un uomo e una donna non cambia. Inoltre, ha sottolineato che “le persone sono benedice, non il peccato”. Questa affermazione del Papa contraddice quanto firmato da lui stesso e dal cardinale Fernández. Al paragrafo 31 della Fiducia supplicans si legge quanto segue: «si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio".
    Pertanto, o il Papa ha firmato senza leggere Fiducia supplicans oppure l’ha firmato ma il suo pensiero è diverso da quello che ha scritto il cardinale Fernández. Come hanno ripetuto fino alla nausea centinaia di vescovi e sacerdoti, nessuno nega una benedizione individuale a una persona, ma è cosa ben diversa benedicere senza chiamata una coppia che cerca l’approvazione della Chiesa per il proprio stile di vita contrario alla volontà di Dio.
    Mi sembra che Francesco abbia due opzioni: o la Santa Sede fa un nuovo chiarimento se le coppie sono davvero benedicite come dice Fiducia supplicans o se le persone sono benedicite come dice Papa Francesco, oppure abroga direttamente la dichiarazione che ha causato tutte queste polemiche.
    Sono ancora queste le parole del Papa in un incontro privato con i sacerdoti. L'altra è una dichiarazione niente meno che del dicastero per la dottrina della fede, scritta dal suo prefetto e firmata dallo stesso Pontefice che ha impiegato quasi un mese per dire che sono benedicite le persone, non il peccato, e che la dottrina non non cambiare.
    A prima vista sembra una secchiata di acqua fredda per il progressismo e modernismo ecclesiale, ma come tutti sanno le parole vanno con il vento. Urge al più presto un chiarimento, non da parte di Fernández, ma di Papa Francesco che spieghi il motivo per cui parla di benedizione della persona e Fiducia supplicans difende uno sviluppo della dottrina sulle benedizioni per fare spazio alle benedizioni pastorali per le coppie "irregolari e dello stesso sesso", come sottolinea la stessa dichiarazione.

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    1. Cara Virginia,
      dato che il suo problema è uguale di un altro Lettore, mi permetto di inviarle la stessa risposta.

      Bisogna distinguere la benedizione della persona dalla benedizione della coppia. La FS, seguita dal Comunicato Stampa, parla di benedizione della coppia. Stando così le cose, non esiste l’alternativa tra il benedire la persona e il benedire la coppia, ma si benedice la coppia.
      Che cosa significa questo? Che concretamente ognuno di noi possiede interessi personali, esclusivamente nostri, e, nel contempo, vive in società, vive certi rapporti interpersonali. Tra queste relazioni interpersonali c’è di fatto, se non di diritto, la coppia irregolare.
      Che cosa significa coppia? Significa che i due hanno un interesse comune, motivato da una reciprocità creata da Dio. Allora, dove sta il peccato? In che cosa consiste il peccato? Consiste nel fatto che questa unione, in se stessa gradita a Dio, è corrotta dal vizio, ma non completamente. Allora, che cosa bisogna fare? Bisogna riconoscere il positivo in questa coppia, benedirlo affinchè si rafforzi e affinchè la grazia della benedizione li aiuti nel loro comune cammino di conversione, come coppia, che può durare anche tutta la vita.

      La invito altresì a prendere visione dell'interventa del 14.01.2024:
      https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-01/papa-francesco-intervista-fazio-che-tempo-che-fa.html

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  6. Caro padre Giovanni,
    condivido con lei una preoccupazione che mi è venuta in questi giorni, dopo aver appreso della dichiarazione del Simposio degli Episcopati di tutta l'Africa, secondo cui la decisione da loro presa di non applicare per il momento FS (espressione più morbida per non dire: la decisione di respingere FS), è stata presa con l'approvazione o il consenso del Romano Pontefice.
    All'inizio ho accolto con gioia questo accordo tra le Chiese dell'Africa e la Santa Sede e mi ha dato tranquillità.
    Tuttavia, ripensandoci, vedo:
    1) Il problema della non accoglienza di FS è solo superficiale rispetto al problema più profondo: il passatismo preconciliare che si è rivelato (in misura diversa, ovviamente) in questi episcopati africani. Pertanto, la soluzione da prendere in considerazione è quella di affrontare con urgenza questo passatismo preconciliare.
    2) Se una cosa del genere non si risolvesse, cioè se con il passare del tempo non ci fosse un “aggiornamento” di questi Vescovi passatisti, questi potrebbero irrigidire ancora di più la loro posizione. Non sono mancati in questi giorni alcuni (esagerati?) che hanno parlato di questo accordo tra Santa Sede e Africa cattolica come di una "bomba a orologeria" che a lungo termine potrebbe essere causa di uno scisma, se non risolto (aggiungo: il problema di fondo, di cui parlavo prima).
    Cosa ne pensi di questo?

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    1. Caro Ross,
      definire passatiste queste Chiese non mi sembra esatto, anche se può essere che presentino qualche aspetto preconciliare. Teniamo presente comunque che questo episcopato deriva direttamente da quell’episcopato che ha partecipato al Concilio.
      Secondo me la nota più importante di queste Chiese, è che si tratta di giovani Chiesa, che quindi non hanno una lunga tradizione, come noi europei, ossia una tradizione che possa costituire un vero e proprio passatismo o indietrismo.
      Il Papa ha parlato di difficoltà ad accettare l’applicazione della FS a causa di una cultura diversa. Probabilmente il Papa si è riferito ai precedenti culturali indigeni, che probabilmente si fanno ancora sentire a causa del fatto che si tratta di Chiese molto giovani.
      Nel contempo immagino che queste culture ancestrali non hanno quel senso del progresso, che è caratteristico della nostra storia cristiana ed europea.

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    2. La ringrazio, Padre, per avermi dato la sua opinione.
      Il suo punto di vista mi aiuta a capire un po' meglio quale potrebbe essere la situazione di queste Chiese africane. Penso che sia diverso nell’America ispanica, dove abbiamo una storia più lunga, più legata all’Europa. Mentre in Africa si registrano solo recenti insediamenti di Chiese locali, dopo un lungo periodo di missione (solo con Giovanni XXIII, ei processi di decolonizzazione e formazione di Stati africani indipendenti, negli anni '50) sono nate diocesi con clero indigeno.
      Sì, tendo ad essere d'accordo con la tua opinione.
      Ho però il dubbio, poi, sui reali confini e sulla portata dell'aggettivo usato dal Papa: “indietristi” (che non sembra riferirsi solo all'ambito liturgico). Non ho, però, la speranza che papa Bergoglio si prenda il tempo per spiegare un po’ meglio cosa intende con quel termine.
      I miei saluti.

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    3. Caro Ross,
      io credo che col termine indietrista il Papa intenda riferirsi a coloro che, invece di andare avanti, tornano indietro, perché non capiscono in che cosa oggi si dovrebbe andare avanti oppure credono che ciò che la Chiesa del postconcilio oggi propone come nuovo sia qualche cosa che tradisce la Tradizione o sia qualche mutamento dottrinale o qualche cosa che proviene dalle vanità del mondo.
      Come rimedio a ciò essi vogliono recuperare alcuni valori che oggi sono stati dimenticati. In ciò essi fanno bene. Ma la caratteristica propria dell’indietrismo è quella di mantenere valori del passato, che la Chiesa ha giudicato non essere più adatti all’uomo d’oggi. Un esempio può essere dato dal voler conservare la Messa Vetus Ordo.
      Faccio qualche esempio di queste novità che a loro sembrano deviazioni dalla Tradizione:
      1. Il dialogo ecumenico.
      2. La libertà religiosa e il valore della coscienza.
      3. Il dialogo interreligioso.
      4. Il Novus Ordo della Messa.
      5. Il progresso della dignità femminile.
      6. La sinodalità della Chiesa.
      7. La collegialità episcopale.
      8. La salvezza dei bambini non ancora nati.
      9. L’aspetto protologico ed escatologico della sessualità umana.
      10. Il valore dell’ecologia.
      11. Il Papato emerito.
      12. Il concetto di Rivelazione divina come evento.

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    4. Grazie, Padre Giovanni, per i suoi chiarimenti.
      Sì, deve essere come dici lei.
      Per quanto riguarda il suo suggerimento numero 12: Il concetto di Rivelazione divina come evento.
      Presumo che lei intenda dire che gli indietristi accetterebbero solo un concetto di rivelazione come "dottrina" o "insegnamento", e non la rivelazione in tutto ciò che costituisce la persona e la vita di NS Gesù Cristo: non solo le sue parole, ma i suoi gesti, atteggiamenti, eccetera. O mi sbaglio?

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    5. Caro Ross,
      effettivamente al Concilio venne elaborato un concetto di rivelazione che, pur mantenendo la nozione tradizionale, veniva arricchito con l’introduzione di un aspetto esistenziale, che si aggiungeva alla rivelazione intesa come semplice insegnamento concettuale.
      Nel testo conciliare Dei Verbum cap.2, Gesù si rivela non solo per mezzo dei suoi insegnamenti, ma anche nei suoi gesti e negli eventi della sua vita.
      Ora, coloro che sono rimasti alla dottrina preconciliare rifiutano di accettare questa aggiunta esplicativa della nozione di Rivelazione, alla elaborazione della quale Ratzinger lavorò insieme con Rahner.

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    6. Grazie, padre Giovanni, per i suoi chiarimenti.
      Credo che il nostro piccolo dialogo abbia più potenzialità di quelle che abbiamo esposto e contenga aspetti di grande attualità. Basti pensare al disprezzo dei pasattisti per le ripetute critiche del Papa agli "indietristi", e al modo in cui i modernisti usano queste critiche per etichettare tutti come "indietristi", compresi i sani tradizionalisti.
      Un chiarimento sul significato in cui si può intendere correttamente l'aggettivo “indietrismo” di papa Francesco potrebbe portare buoni frutti al Popolo di Dio, così confuso come è oggi.
      I suoi 12 punti sono illuminanti.
      Vorrei dire, riguardo a loro, che forse c’è una caratteristica dell’indietrismo che potrebbe racchiudere la maggior parte di questi 12 punti, se non tutti: il modo arretrato con cui comprendono gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino. Essendo Tommaso d'Aquino il Dottore Comune della Chiesa, l'incapacità degli indietristi di cogliere il modo in cui ricercare in San Tommaso i principi illuminanti dei nuovi problemi posti dalla modernità li fa rimanere ancora più bloccati nel passato, in quello che io chiamo il sua "bolla".
      In un altro ordine di cose: mi ha sorpreso oggi la notizia che il vescovo Viganó è stato riconsacrato vescovo sub conditione da il vescovo Williamson, pur con l'ipotesi abbastanza fondata che Viganó avesse già consacrato un vescovo che gli succedesse. Con cui verrebbe formalizzato lo “scisma” che papa Francesco aveva suggerito mesi fa.
      Una notizia dolorosa, ma assolutamente prevedibile.

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    7. Caro Ross,
      un fenomeno importante del mutamento del clima ecclesiale con l’avvento del Concilio Vaticano II è stato il cambiamento avvenuto tra i tomisti.
      Che cosa è successo? È successo che la scuola tomista, trovandosi davanti al rinnovamento del tomismo proposto dal Concilio, ha fatto emergere alcune tendenze, le quali possono essere ricondotte sostanzialmente a tre.
      Una prima tendenza consiste nella reazione di un tomismo che non ha saputo accettare il nuovo modo di seguire San Tommaso ed è rimasto fermo alla scolastica preconciliare. Questi si potrebbero definire tomisti indietristi. Questo tipo di tomismo è stato assunto dai filolefevriani ed è a tutt’oggi fiorente. Un esponente di questa corrente è Don Nitoglia e Mons. Brunero Gherardini.
      Un’altra tendenza, che si è sviluppata, è quella che ha compreso il valore del nuovo modo di essere tomista, consistente nell’assunzione dei valori della modernità, senza per questo cadere nel modernismo. Qui potremmo fare i nomi di Maritain e Congar. Questi li potremmo chiamare tomisti progressisti.
      Un terzo gruppo è quello di quei tomisti, i quali nel confronto con la modernità hanno finito per inquinare il pensiero di San Tommaso con gli errori della modernità. Qui possiamo fare i nomi di Schillebeeckx e Rahner. Questi li potremmo chiamare tomisti modernisti.
      Un caso a parte è quello del Servo di Dio P. Tomas Tyn, il quale ha accettato le direttive conciliare, ha respinto lo scolasticismo preconciliare e ha impostato un tomismo diretto a recuperare valori dottrinali che, con la diffusione del modernismo, rischiavano di venire dimenticati, apprezzando il pensiero moderno, soprattutto per quanto riguarda il pensiero scientifico.

      Un segno interessante di questo mutamento si può trovare nel confronto tra le Costituzioni dell’Ordine Domenicano del 1932 e quelle del 1968. Nelle prime troviamo un esempio di tomismo preconciliare consistente in un atteggiamento troppo severo nei confronti del pensiero moderno. Invece nelle seconde troviamo una saggia applicazione delle direttive conciliari riguardanti il modo di seguire oggi la dottrina dell’Aquinate.
      Io mi sono formato su queste ultime, perché sono entrato nell’Ordine nel 1971.

      Per quanto riguarda mons. Viganò, la notizia mi dispiace molto, anche per il notevole influsso che Viganò ha a livello internazionale.
      Il mio dolore aumenta ricordando l’amicizia di Aldo Maria Valli con Viganò e il fatto che con Valli ho vissuto una bella amicizia per alcuni anni, amicizia che purtroppo si sta incrinando a causa dell’influsso che Valli subisce da Viganò.

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  7. Saluti, Pater.
    La CDF ha pubblicato qualche tempo fa un documento in cui si diceva che le unioni civili tra persone dello stesso sesso non possono essere accettate, perché non può essere accettato un regolamento che per analogia attribuisca diritti simili al matrimonio. Credo che questo documento sia stato approvato quando in Italia si parlava di unioni civili. La mia opinione è che le leggi educano e diseducano, e le unioni civili (riferite solo ai rapporti amoroso-sessuali tra persone dello stesso sesso), diseducano, oltre a discriminare la convivenza amicale o familiare tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso. Un legislatore cattolico può risolvere la questione riconoscendo benefici ereditari o il diritto a ricevere una pensione a questi conviventi, senza distinguere ciò che accade nell'intimità di ciascuna convivenza. D’altro canto, perché non accettare come unione civile anche l’incesto tra due persone che non hanno più l’età riproduttiva?
    Grazie mille per il suo blog

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    1. Cara Chiara,
      la questione che lei pone, se ho ben capito, è quella del rapporto tra legislazione civile e legislazioni canonica nei confronti delle coppie irregolari.
      I due ruoli sono diversi, perché, mentre la legislazione civile si pone su di un piano di maggiore tolleranza ed è più attenta a quelli che sono i bisogni materiali della coppia e della eventuale prole, la legislazione canonica è più preoccupata della correttezza morale dal punto di vista cattolico.

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  8. Eheh, Pater, l'apostille sulla sua pagina Facebook per poter commentare ("Invito chi vuole postare con tanta fretta un commento sulla mia pagina Facebook, di leggere prima il Vangelo, i Documenti della Chiesa e i miei articoli"), non è un po' un peso?
    Sia lodato Gesù Cristo!

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    1. Cara Chiara,
      se lei legge quanto ho scritto dal momento in cui è nata la questione si accorgerà che io ho dedicato decine di pagine a spiegare e motivare i documenti della Chiesa ed inoltre da alcune settimane sto rispondendo a numerosissimi interventi dei lettori.
      D’altra parte molti interventi, che ripropongono sempre le stesse obiezioni, li ho scartati, perché non posso ripetere all’infino le stesse risposte, che i lettori trovano facilmente consultando i miei scritti precedenti.
      Inoltre sono sempre inopportuni gli interventi che sono offensivi verso il Santo Padre, il sottoscritto e altre persone.

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  9. Padre Cavalcoli: Sembra che, come dice il buon senso comune, l'“unanimità” nelle decisioni delle conferenze episcopali odierne non sempre è unità di convinzioni. Oggi è circolata la notizia che i vescovi del Nord Africa prendono le distanze dal cardinale Ambongo e concedono benedizioni a "persone in situazione irregolare".

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    1. Caro Silvano,
      io credo che la cosa importante sia capire bene il significato dei documenti della Chiesa e favorirne una applicazione saggia e prudente nel nostro contesto ecclesiale concreto.
      Per quanto riguarda la posizione delle varie Conferenze Episcopali, ognuna ha una sua responsabilità e un legittimo spazio di libertà in un cammino sinodale promosso dal Santo Padre Francesco.
      Una cosa da tenere presente è la seguente. Un conto è avere difficoltà per quanto riguarda l’applicazione della FS nel proprio ambito pastorale e un conto quella che può essere una opposizione dottrinale.
      È chiaro che, mentre difficoltà pastorali possono essere legittime riguardo all’applicazione dei documenti, non è ammissibile nei vescovi una eventuale opposizione dottrinale.

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  10. Caro Padre, ho letto in una sua risposta ai commenti della sua pagina Facebook; "Quei cattolici verso i quali il Papa è severo non sono pienamente cattolici, ma sono più vicini a Lefebvre e contrari al Concilio Vaticano II".

    A questo riguardo la prego di definire, padre Cavalcoli, cosa intende per "opporsi al Concilio Vaticano II".
    Non sei d'accordo con alcuni dettagli o insegnamenti del Concilio, ma rispettarli e conformarsi? Ritenete che ci siano stati errori nei documenti, contenenti ambiguità o omettendo frasi importanti? Considerare dopo uno studio approfondito dei documenti, acti conciliari, delle pubblicazioni di cronaca dell'epoca, ecc. l'influenza perniciosa di strategie manipolative da parte di gruppi chiusi composti da padri conciliari, per ottenere determinati risultati nelle votazioni, o imporre le proprie idee?

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    1. Caro Basilio,
      rispondo punto per punto al suo interessante e ricco intervento.
      Per “opporsi al Concilio Vaticano II” intendo il rifiuto di alcune dottrine, come per esempio quella sull’ecumenismo, sulla libertà religiosa, sul dialogo interreligioso e sulla Rivelazione divina.
      Come invece disse Benedetto XVI, ai Lefebvriani, è lecito invece discutere la parte pastorale del Concilio. Tuttavia ha detto a loro che “per essere in piena comunione con la Chiesa, devono accettare le dottrine nuove del Concilio”.

      Certamente, in base a quello che ho detto, sono d’accordo con quanto il Concilio insegna in campo dottrinale, perché insegna un progresso dottrinale nei confronti del Magistero precedente in conformità con la Tradizione.
      Faccio un esempio semplice. La Tradizione è come un insieme di pietre preziose conservate in uno scrigno. Il Magistero è quello scriba sapiente, del quale parla Gesù, il quale estrae continuamente da questo tesoro sempre nuove pietre preziose.

      Come ho già detto, in quanto cattolici siamo tenuti ad accettare le nuove dottrine e siamo liberi di discutere la parte pastorale, per cui è consentito anche al buon cattolico dissentire da qualche insegnamento pastorale. Il che non impedisce il suo dovere di accettarlo.

      Non ci sono errori dottrinali. Eventualmente alcune formule poco chiare hanno bisogno di essere interpretate. Esistono dottrine che richiedono di essere approfondite e meglio comprese, come per esempio l’escatologia.
      Possono eventualmente esistere disposizioni pastorali che oggi si rivelano inadatte. C’è per esempio una certa tendenza buonistica che ha consentito un certo lassismo morale, per cui appare la necessità del recupero di una certa severità.

      Durante i lavori conciliari sembra che siano avvenute delle irregolarità. Tuttavia, data la presenza dello Spirito Santo e del Santo Padre, a questi disordini è stato posto un rimedio, in modo tale che al momento della votazione dei Documenti il loro contenuto è stato libero da interferenze dannose.
      In ogni caso dobbiamo essere convinti che le dottrine di qualunque Concilio Ecumenico sono infallibili, come affermò Leone X nella Bolla di scomunica di Lutero nel 1520.

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  11. Il Papa ha appena dato una "nuova svolta" riguardo alla Fiducia Supplicans, in una recente intervista: “Nessuno si scandalizza se do la benedizione a un imprenditore che magari sfrutta la gente: e questo è un peccato gravissimo. Mentre si scandalizza se la do a un omosessuale. Questo è ipocrisia! Il cuore del documento è l’accoglienza”.
    Cf. https://www.agensir.it/quotidiano/2024/2/7/papa-francesco-il-cuore-di-fiducia-supplicans-e-laccoglienza/

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    1. Caro Anonimo,
      io non parlerei di “svolta”, ma di chiarimento riguardo al valore della Dichiarazione FS, facendo il paragone con altre specie di peccati, quasi a ricordare ai genderisti che la sodomia è e resta un peccato.
      Perché i Documenti non la nominano? Non certo per avallare la sodomia, come credono i genderisti, ma solo come una forma di delicatezza nei confronti di persone che commettono un peccato, circa il quale sono sicuro che gli stessi autori provino un certo disagio.
      Il Papa quindi vuol dirci che così come siamo comprensivi verso persone che commettono reati in campo economico o amministrativo, cose che sono molto gravi, a maggior ragione dobbiamo avere comprensione nei confronti delle coppie irregolari, le quali commettono peccati meno gravi.

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