Il Corano è
meglio del Vangelo?
Sul caso
della giovane Silvia Aisha
Un buon papà lascia libero il figlio di scegliere
la sua strada,
ma
si addolora se sceglie male
Padre, dammi la parte di
patrimonio che mi spetta
Lc 15,12
È normale
che un padre che ha uno studio d’avvocato bene avviato o un industriale che
diriga un’azienda di successo si auguri che il figlio segua la sua strada, ma
egli dà segno di un animo liberale, se davanti alla decisione del figlio di
prendere un’altra strada, sempre onesta, ma non troppo gradita al padre, egli
fa un commento su questo tipo: «Sì, mi dispiace che mio figlio abbia preso
questa strada. Mi ha deluso. Tuttavia è pur sempre mio figlio e continuo ad
amarlo, per cui lo rispetto nella sua scelta, che pure non è di mio gusto».
Queste sono
le parole di un buon padre davanti ad una scelta del figlio non gradita, ma
tutto sommato rientrante nei suoi diritti di scegliere, perché quel padre ha
notato che tra il suo lavoro e quello scelto dal figlio, sì, c’è una notevole differenza,
ma in fin dei conti si tratta di un lavoro onesto e non ha scelto di fare il
lenone o il trafficante di droga.
In una
situazione del genere mi pare si sia trovato il Card. Bassetti interrogato
sulla conversione all’Islam di Silvia Romano da Ivano Porfiri, giornalista del
sito Umbria 24 il 13 maggio scorso. Il Cardinale ha risposto con le seguenti
parole: «È una nostra figlia, una ragazza con grande forza».
A queste
parole si rimane piuttosto sorpresi. Se infatti può rammaricarsi
comprensibilmente un padre per la scelta del figlio, lecita, ma a lui non
gradita, che cosa noi cattolici ci saremmo aspettati che dicesse il Cardinale
Presidente della CEI a commento della scelta di Silvia, che preferisce Maometto
a Cristo, e il Corano al Vangelo, quindi non la via sicura della salvezza
eterna, ma una religione, che mescola la verità con l’errore?
Parole
inopportune
Controlla le tue parole
Sir 1,6
Con quelle
parole affettuose («nostra figlia»), di lode e di approvazione («una ragazza
con grande forza»), senza riserve, senza limitazioni, senza precisazioni, il Cardinale
sembra esser stato alquanto imprudente, dando spazio, con una benevolenza inopportuna
e falsa liberalità, a gravi equivoci favorendo un malcostume religioso
relativista ed indifferentista già troppo largamente diffuso, che scambia il
falso per il diverso, il certo con l’opinabile, l’obbligatorio col facoltativo,
negando il primato del cristianesimo sulle altre religioni, e quindi l’obbligo
di ognuno per salvarsi di convertirsi a Cristo, e negando quindi l’obbligo del
cristiano di predicare Cristo a tutto il mondo esortando tutti alla
conversione, anche se va detto, come insegna il Concilio Vaticano II, che anche
nelle altre religioni esistono delle verità, ma sono verità parziali miste ad errori,
a differenza della pienezza della verità salvifica,
che è contenuta nel solo cristianesimo e precisamente nella Chiesa cattolica.
In che
consisterebbe la «grande forza» della quale Silvia ha dato prova convertendosi all’Islam?
Dov’è il suo merito? Che esempio può dare ai giovani? Quale forza ha dimostrato
nel cedere alle proposte dei terroristi di farsi musulmana abbandonando quella fede
cattolica, nella quale era stata educata dai suoi genitori?
Silvia ha
dichiarato nel suo diario, avendole dato da leggere il Corano, persuasa dalle
«ragioni e dalla cultura» dei suoi carcerieri, «dopo alcuni mesi», ha deciso di
farsi musulmana. Possiamo crederle, quando Silvia sembra dirci che ha fatto una
libera scelta, ragionata e ponderata per alcuni mesi? Ci sia lecito sospettare che
Silvia, che dice di essere stata trattata bene, non ci dica esattamente tutta la
verità, essendo ben noti i metodi del proselitismo islamico, soprattutto quelli
dell’estremismo terroristico. Non sarà che forse i terroristi hanno
raccomandato caldamente a Silvia di raccontare queste cose, se non vuole avere
noie?
In ogni caso
l’atteggiamento giusto e il vero rispetto nei suoi confronti non è certo quello
di lodare un coraggio che non ha avuto, perché questo sarebbe capovolgere i
valori, prendersi gioco di lei, lisciare la religione islamica e offendere la fede
cattolica, ma è quello di una grande compassione e comprensione, accompagnata
da un intervento efficace a protezione della giovane da eventuali ritorsioni
islamiche, nel caso che, nel clima di libertà
del quale può godere qui in Italia, avesse qualche ripensamento.
Ed inoltre
Silvia va protetta e difesa anche dalle
minacce, dalle calunnie e dagli insulti, che le lanciano quei cattolici
arretrati, immagine speculare dell’inesorabile vendicativo integrismo islamico,
ancora fermi all’epoca delle crociate ed alla battaglia d Lepanto, i quali non
hanno ancora recepito, dopo 50 anni, la
visione dell’Islam che ci dà il Concilio Vaticano II, e non hanno ancora capito
o non vogliono capire quanto Papa Francesco sta facendo per la coesistenza pacifica
dei cristiani con i musulmani.
Tornando
però al Card.Bassetti, io mi domando molto preoccupato: ma il Cardinale si rende
conto del peso delle parole che ha detto e delle conseguenze che avranno? Crede
forse che serviranno a convertire i terroristi al cattolicesimo? O non
piuttosto a convertire i cristiani all’Islam? Crede forse che quelle parole
serviranno a favorire il dialogo cattolici-musulmani o non piuttosto ad aumentare
l’arroganza dei Musulmani verso di noi cattolici?
Crede forse che la condotta abominevole che i
terroristi hanno tenuto per un anno e mezzo nei confronti della povera buona ma
ingenua Silvia, fino a ridurla in questo stato,
sia stata approvata da tutto l’Islam o quanto meno da Al-Fayyed, il
Grande Imam del Cairo?
Il Card. Bassetti
si rende conto di aver parlato non dietro il consiglio della ragione, ma sotto
l’impulso di un incontrollato pietismo emotivo, buonista e relativista, del tutto
sviante o quanto meno equivoco in un Prelato che occupa nella Chiesa una posizione
di altissima responsabilità?
Si rende conto
il Cardinale che se i terroristi, com’è del tutto probabile, hanno sentito le sue
parole, mentre gongolanti hanno riscosso dal nostro sprovveduto Governo un
riscatto altissimo, soldi da impiegare per nuovi atti terroristici dei «martiri
dell’Islam», e per la sconfitta degli infedeli, se la ridono sotto i baffi per la spaventosa beffa
con la quale si sono presi gioco – e quale gioco! – di noi ingenui Italiani, Stato
e Chiesa compresi?
Quello
che secondo me avrebbe dovuto dire il Cardinale
La lingua dei saggi risana
Pr 12,18
Le parole del
Card. Bassetti sembrano quelle di uno che non crede all’universalità della
verità e della morale cattolica e dell’obbligo fatto a tutti da Cristo, di
aderirvi, pena la dannazione eterna, ma sembrano riflettere una concezione del
cattolicesimo come una specie di partito politico in mezzo ad altri di pari
dignità, che sarebbero le altre religioni, in una specie di parlamento delle
religioni, sotto la presidenza evidentemente non del Papa, che è un semplice
capo di partito, ma dell’Ufficio Culti delle Nazioni Unite. Ma concepire la
fede cattolica in tal modo, vorrebbe dire semplicemente che non si ha la fede cattolica (katholikòs = universale), perchè essa o è universale o non è.
Avendo voluto o dovuto parlare di Silvia,
credo che sarebbe stato meglio usare queste parole: «Noi cattolici siamo tutti
vicini a Silvia, benché abbia abbracciato la fede di Maometto. Siamo felici, insieme ai suoi genitori che
sia stata liberata. E, come ci insegna il Papa, la sentiamo ancora nostra
sorella. Come la sentono i suoi genitori, la sentiamo anche figlia. La
ricordiamo a Dio insieme con i suoi rapitori e liberatori; chiediamo a Dio che
si pentano e si convertano. Estendiamo di cuore la nostra preghiera a tutti i Musulmani,
affinché, secondo i voti del Papa e del Concilio Vaticano II, vogliano e possano
continuare il dialogo con noi e il comune culto al vero Dio, giusto e misericordioso».
Questo sarebbe
stato, a mio modesto avviso, un discorso veramente saggio e adatto alla
delicata e complessa circostanza e all’altezza della carica rivestita
dell’Em.mo Card. Bassetti, discorso privo di qualunque equivoco e spirito
polemico, rispettoso della dignità di Silvia e soprattutto dell’onore dovuto a
Dio.
Aggiungiamo
comunque che resta sempre vero che chi ignora il Vangelo in buona fede può raggiungere
la salvezza. E può essere anche che coloro ai quali predichiamo il Vangelo
siano già in grazia di Dio senza saperlo. Ma ciò non toglie il nostro dovere di
cattolici di operare tutto il possibile, con la parola e con l’esempio, per
suscitare in tutti, sorretti dalla grazia, la fede in Cristo, per cercare le
pecorelle smarrite e condurre o ricondurre tutti nel seno della Chiesa
cattolica, richiamandoli dal peccato, dall’ingiustizia, dall’eresia, dallo
scisma e dall’apostasia, distogliendoli dall’idolatria, dall’ateismo,
dall’empietà e dagli errori delle altre religioni.
Non sappiamo
con quanta libertà e consapevolezza Aisha abbia fatto la sua scelta, se vera scelta
c’è stata, o se è stata ingannata o circonvenuta o minacciata o sedotta, scelta
certo in se stessa oggettivamente riprovevole, ossia dal punto di vista
oggettivo della verità religiosa in se stessa, della veracità di Colui Che ha
detto: «Io Sono la Verità».
Cristo
vuole salvi anche i seguaci di Maometto
Nel suo nome saranno predicati a tutte le
genti
la conversione il perdono dei
peccati
Lc 24, 47
In tal senso,
in linea di principio, non è giusto, ma
è anzi stolto e dannabile preferire Maometto a Cristo come via di salvezza;
scelta tuttavia legittima dal punto
di vista della legge civile, che consente la libertà religiosa, ma scelta in se
stessa errata, che soggettivamente
può essere scusabile in quanto effetto emotivo non di libera, lucida e
ponderata riflessione, ma di pressioni o minacce o false promesse che hanno
indottrinato, suggestionato o bombardato, per un anno e mezzo, probabilmente fino
a non poterne più, la povera Aisha per opera di abili agenti del ben noto proselitismo
islamico, per giunta terrorista.
Certo è confortante
pensare che, come insegna il Concilio, adoriamo insieme con i Musulmani – almeno
quelli ragionevoli - lo stesso unico vero
Dio, onnipotente e provvidente creatore, giusto e misericordioso, che premia
i buoni e castiga i malvagi. Ma nel contempo ci addolora il loro rifiuto di
riconoscere la divinità di Cristo, benchè lo riconoscano come Profeta, ma al di
sotto di Maometto. Per non parlare del dispiacere che proviamo per
l’impossibilità di dialogare con le frange più fanatiche ed estremiste.
Ci addolora pertanto
il rifiuto generale dei Musulmani di poter essere, per grazia del Figlio di
Dio, anche loro come noi figli di Dio in Cristo e quindi fratelli, tutti figli
del Padre in Cristo. Ci consola tuttavia il fatto che almeno, secondo l’accordo
di Abu-Dhabi, anche loro si riconoscono nostri fratelli nella comune umanità di
persone tutte create di Dio, benché di diversa religione.
Ci addolora
altresì il loro rifiuto di riconoscere la SS. Trinità in nome di un concetto
dell’unità divina, che non sa conciliare l’uno col tre e non comprende che in
Dio uno e tre stanno assieme perché occorre distinguere la Natura dalla
Persona. Ed inoltre ci addolora il fatto che essi non comprendono che la
distinzione tra Padre e Figlio in Dio non ha nulla di biologico – cosa che
sarebbe ridicola e assurda -, ma è un fatto puramente spirituale, atteso che
Dio è purissimo Spirito.
Come ho già scritto
in altre circostanze, non poniamo limiti alla Provvidenza. Cristo è morto per
tutti ed a tutti Egli offre la salvezza, compresi i Musulmani. Dopo 14 secoli di conflitti sanguinosi, con episodi
salienti di durissima violenza da ambo le parti, sembra oggi che lo Spirito Santo
stia sollecitando i cuori, nonostante ostinate resistenze, ad una coesistenza pacifica
e fruttuosa. Seguiamo il soffio dello Spirito senza ingenui buonismi od
ottimismi, ma anche senza amari pessimismi, ascoltiamo «quello che lo Spirito dice
alle Chiese» (Ap 2,29 e 3,13).
P. Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
14 maggio 2020
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