Pregi e difetti dell’Esortazione postsinodale


Pregi e difetti dell’Esortazione postsinodale

Pregi

1.Buona è stata l’idea di promuovere una rinnovata e più efficace evangelizzazione dell’Amazzonia.

2. Si prescrive un’evangelizzazione ed una liturgia inculturate, che utilizzino le risorse culturali delle popolazioni indigene.

3. Si condannano i soprusi e i maltrattamenti fatti agli indigeni da agenti o gruppi stranieri.

4. Si condanna l’utilizzazione scriteriata della foresta e delle risorse naturali dell’Amazzonia, a danno delle popolazioni locali.

5. Opportunamente si ricorda più volte che la natura fa parte della creazione divina.

6. Opportunamente si ricorda che l’uomo deve vivere in comunione con la natura.

7. Opportunamente si auspica un maggior impegno evangelizzatore dei laici, in particolare delle donne.

8. Si afferma la necessità di assumere gli elementi positivi della cultura indigena.

9. Molto opportuno è stato il richiamo all’essenza del sacerdozio come potere di celebrare l’Eucaristia e di confessare. 

10. Congiuntamente a ciò molto opportuna è stata, per conseguenza, la condanna implicita della falsa concezione rahneriana e scillebexiana del sacerdozio, come semplice «presidenza della comunità», carica scelta dalla comunità, accessibile ad ogni battezzato, comprese le donne.

11. Ottimo è l’ordine dato ai Vescovi di curare una buona formazione dei seminaristi, secondo la concezione cattolica e non eretica del sacerdozio.

12. Il Papa conferma la speciale stima della Chiesa per il sacerdote celibe, senza per questo escludere che un domani possa essere concesso, accanto al sacerdote celibe, un sacerdote sposato, non essendo il celibato dell’essenza del sacerdozio. Per questo il Papa non condanna i fautori del sacerdozio coniugato, ma semplicemente, in base alle attuali esigenze pastorali, non ne tiene conto.

13. Molto buono è il discorso sull’Eucaristia, confezionata (conficere sacramentum)  esclusivamente dal ministero sacerdotale, che agisce in Persona Christi, cibo di vita eterna, sommo dono del Padre per l’umanità, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, vertice della comunione con di Dio e con i fratelli, principio e fine della comunità ecclesiale unita nello Spirito Santo, sorgente inesauribile di carità e santità. 

14. Saggio appare l’invito ai Vescovi a inviare sacerdoti in Amazzonia.

15. Opportuno è stato l’aver ribadito che la donna non può essere sacerdote, ma che ha da Dio doni complementari a quelli maschili[1].

16. Opportuno il ricordo di Maria Madre di Dio, «Madre della vita e Madre di tutte le creature».
   

Difetti

1.Si dà una visione idilliaca, troppo ottimistica delle comunità amazzoniche, quasi fossero un modello edenico o escatologico di comunità umana, libero dalle conseguenze del peccato originale, dove tutto è in comune, tutti sono al servizio del bene comune, tutti sono fratelli, non esistono ingiustizie o discriminazioni, buona e onesta è la condotta di tutti, non c’è né individualismo né egoismo, ma altruismo generalizzato, sobrietà di vita, cura della propria salute ed assenza di avarizia e dell’oppressione dell’uomo sull’uomo.

2. A questa visione esageratamente positiva corrisponde comprensibilmente la quasi totale assenza di qualunque rilievo critico sulla religione, cultura, condotta morale, usi e costumi degli indigeni, come se essi non fossero tocchi dalle conseguenze del peccato originale. Sappiamo bene, invece, come, se da una parte non ci sia un popolo della terra che non abbia le sue buone caratteristiche qualità, così non c’è neppure un popolo, per quanto sano e progredito, che non abbia suoi peculiari vizi e difetti.  Parte essenziale dell’opera missionaria è quella di aiutare, con tatto e carità, gli indigeni, in base a un criterio di valutazione adatto, a  prender coscienza dei loro difetti, affinché possano, con l’aiuto della grazia, correggersi e progredire nella virtù e nel bene ed avvicinarsi così al Vangelo.

3. Si presenta la natura come Madre Terra, meravigliosa, bellissima, benevola, deliziosa, grandiosa, multiforme, generosa, feconda, protettrice, sorgente di vita e fonte di alimentazione e medicina per le malattie, materia delle opere d’arte e del lavoro, spunto per le creazioni poetiche, fatta apposta per l’uomo, prova dell’esistenza di Dio. Ma non si parla della natura ostile, terribile, mostruosa, ripugnante, spaventosa, catastrofica, distruttrice, devastatrice, dannosa e mortifera.
E di conseguenza non si dà alcuna interpretazione né razionale né di fede di questo fatto macroscopico, che è esperienza di tutti, di sempre e, possiamo dire, quotidiana. Né per conseguenza si parla di ciò che la ragione e la fede ci dicono di fare e come comportarci davanti a questo complesso ed impressionante fenomeno, al quale da sempre i saggi dell’umanità hanno cercato di dare una spiegazione e al quale la nostra fede dà un’interpretazione decisiva illuminandolo con la luce della Croce di Cristo. Meraviglia che in questo documento pontificio non si parli mai della Redenzione e del sacrificio di Cristo.

4. Si sa che da secoli in Amazzonia c’è il culto di Pachamama, idolo della Dea Natura.  Ora, è vero che nell’opera dell’inculturazione del Vangelo e della liturgia è possibile utilizzare Pachamama come immagine della Madre Terra, in quanto creata da Dio. Quindi è possibile per mezzo di Pachamama, libera dall’idolatria, giungere a Dio. Ma il Papa avrebbe dovuto fare questa distinzione e ricordare il dovere dei missionari di liberare le popolazioni amazzoniche dai culti idolatrici. Anzi, allo scopo avrebbe fatto bene ad offrire un itinerario di conversione dagli idoli a Dio, da proporre agli evangelizzandi affinché giungano al culto del vero Dio.

5. Nella condanna degli abusi e maltrattamenti fatti agli indigeni e della cattiva utilizzazione delle risorse naturali, il Papa rimprovera sempre e solo i governi dei paesi coinvolti, non riconoscendo in essi alcun lato positivo, mentre sostiene sempre ed incondizionatamente le correnti d’opposizione al governo. Non sa forse tutto ciò di partito preso e di faziosità?

6. Così similmente, in fatto di ecologia il Papa, a proposito di fenomeni o eventi preoccupanti o incresciosi, riguardanti certi inconvenienti, pericoli o guasti dell’ambiente, le cui cause e rimedi non sono universalmente riconosciuti dagli esperti, il Papa sposa decisamente una tesi contro quella opposta. Dato che egli non è un esperto in materia, è così sicuro di aver fatto la scelta giusta? 

7. Riguardo alla cultura indigena il Papa dice che essa non va considerata come arretrata o primitiva, ma semplicemente «diversa» da quella di altri paesi. Ora ciò vuol forse dire che è dello stesso livello della cultura greca, che ci ha dato Platone ed Aristotele o della cultura cattolica, che ci ha dato S.Agostino o S.Tommaso o di quella ebraica, che ci dato Mosè ed Isaia o di quella cinese, che ci ha dato Confucio o di quella indiana, che ci ha dato Shamkara e Ramanuja? 

8. Si parla di «sapienza ancestrale» dei popoli amazzonici. Ora non possiamo negare che la loro sapienza contenga peculiari valori. Ma come dare la qualifica di «ancestrale» ad una sapienza della quale non possediamo una documentazione storica? È vero che può essere collegata alla cultura precolombiana, della quale abbiamo ancora monumenti; tuttavia resta il vuoto tra questa e l’attuale cultura amazzonica. Per questo, bisognerebbe dire che merita semmai questo nome di sapienza ancestrale quella sapienza che ci è lasciata da un’antica o addirittura millenaria documentazione letteraria, come quella indiana, cinese, egiziana, assiro-babilonese, ebraica, greca e romana.

9. Non sembra conveniente che un Papa usi la categoria del «sogno» per esprimere il suo pensiero, i suoi insegnamenti o le sue esortazioni o direttive in un documento ufficiale, per quanto sia di basso livello di autorità, come lo è l’«esortazione». Infatti, la parola «sogno» richiama più l’idea di una vaga, poetica immaginazione, incerta e soggettiva, che quella di un contenuto oggettivo, preciso, magisteriale, sia pur pastorale e concreto.
Certo, il sogno può evocare l’idea di un’alta aspirazione o di un desiderio bello e grande. Esistono anche sogni o visioni profetici. Ma bisogna stare attenti che è sottile il confine tra i veggenti e i visionari. Per questo, un Pontefice nell’esercizio del suo ministero evangelico non comunica al popolo di Dio dei «sogni», fossero pure profetici, ma una dottrina religiosa o morale sicura, chiara, solida, autorevole, argomentata e persuasiva.
Cristo nel Vangelo ci parla sì con parabole, racconti, paragoni e simboli; ma tutto ciò sottende le verità di fede, espresse in concetti, che possono essere anche formulati nel dogma. Ora, tutto ciò ha ben poco a che vedere col sogno. Penso quindi che sia bene che i sogni siano lasciati ai poeti, ai romanzieri e ai cantastorie. Il Vangelo è teologia, non mitologia. Il Vangelo ci fa sognare, ma per saper pensare.

10. Il n.104 presenta un delicato problema di ermeneutica delle parole del Papa. Il Papa si esprime così da far pensare che egli in qualche modo condivida la dialettica hegeliana della conflittualità come condizione e fattore di una superiore sintesi, che identifica gli opposti senza annullarli.
Questa infatti sembra essere l’interpretazione del Padre Antonio Spadaro, che ha pubblicato un commento del documento pontificio su La Civiltà Cattolica. Dice egli infatti: "Il criterio di Francesco è davvero fondamentale ed esplicita il suo modo di procedere, che non è quello di annullare il conflitto, ma di assumerlo e superarlo in una sintesi superiore".
Ora, a guardar bene, il Papa non parla affatto di «assumere il conflitto», ma al contrario parla solo di un «superamento» del conflitto, non nel senso di mantenerlo come condizione dialettica e via «negativa» per un’impossibile conciliazione dell’inconciliabile o coesistenza dei contradditori, alla maniera di Hegel, ma per una conciliazione reale, che si ispira semmai alla teoria degli «opposti polari» di Romano Guardini[2], basata sulla loro integrazione reciproca. Per questo il Papa afferma la possibilità e la necessità di una soluzione del conflitto («tutto si risolve») e di trovare una «via d’uscita». Dice infatti: «ognuna delle parti, senza smettere di essere fedele a sé stessa, si integra con l’altra in una nuova realtà».  

Bisogna però ammettere che lo Spadaro, infetto dal dialettismo hegeliano, ha buon gioco in questa interpretazione tendenziosa, che, se fosse vera, farebbe apparire nel Papa un atteggiamento assai riprovevole. Da molti osservatori imparziali, infatti, ed ormai da tempo, è stato notato nella pastorale di Papa Francesco un ricorrente linguaggio ambiguo, e l’incapacità o non volontà di operare fattivamente per la soluzione dei conflitti intraecclesiali, quasi siano cosa normale e fisiologica, o aspetti della «diversità», mettendosi in mezzo tra il sì e il no. Ma questa non sarebbe certamente una «sintesi superiore», ma anzi ripugnerebbe all'ufficio del Papa, che deve essere arbitro imparziale e uomo di riconciliazione. Questa sarebbe invece doppiezza.

Ora, però, ricordiamoci che se in linea di principio sospettare un Papa di doppiezza non è proibito, avendo, s’intende, seri motivi per farlo, dato che qui non è in gioco la sua infallibilità dottrinale, ma semplicemente la sua condizione morale di figlio di Adamo, di fatto, occorre però esser molto cauti in questi giudizi, soprattutto se si tratta di giudicare la condotta di un Papa, se non altro perché le intenzioni del peccatore sono per lo più note a Dio solo.

In ogni caso, possiamo sempre fare la seguente dichiarazione di principio e dire: la vera sintesi superiore, opera del saggio Superiore, del giusto giudice e costruttore di pace, limpido e leale, si edifica prendendo e sintetizzando il buono delle due parti e togliendo il fattore di conflitto col dar ragione a chi ha ragione e dar torto a chi ha torto. Altrimenti le due parti restano in conflitto e non si ottiene l'accordo e la pace o si copre il conflitto col pretesto della "diversità".

P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 13 febbraio 2020




[1] Cf il mio libro La coppia consacrata, Edizioni Viverein, Monopoli (BA) 2008.
[2] Cf il mio recente studio L’apologia della doppiezza nella dialettica hegeliana.

6 commenti:

  1. 16. Opportuno il ricordo di Maria?? di Dio, «Madre della vita e Madre di tutte le creature».
    rectius
    16. Opportuno il ricordo di Maria Madre di Dio, «Madre della vita e Madre di tutte le creature».

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    1. La ringrazio per la segnalazione relativa alla parola mancante.

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  2. 2. A questa visione esageratamente positiva corrisponde comprensibilmente la quasi totale assenza di qualunque rilievo critico sulla religione, cultura, condotta morale, usi e costumi degli indigeni, come se essi non fossero tocchi?? dalle conseguenze del peccato originale.

    rectius: toccati

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    1. Caro er, il termine "tocco" è un termine raro e letterario, che corrisponde al termine "toccato".

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  3. Prendo atto di tale accezione come participio passato e mi scuso.

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  4. Grazie P. Giovanni per le sagge considerazioni che ci aiutano nella comprensione del documento che avviene purtroppo in mezzo a tanta confusione.

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