Quattro
cristologie eretiche
Rahner –
Kasper – Schillebeeckx - Teilhard de Chardin
Occorre
fare chiarezza
Il panorama
della cristologia oggi è indubbiamente assai ricco di temi e valori, frutto del
progresso filosofico, teologico ed esegetico promosso dal Concilio Vaticano II,
ed effetto altresì degli scambi ecumenici e di una ampia riflessione sugli
interventi del Magistero in materia. Sono sorte così nuove tendenze teologiche, che arricchiscono la varietà delle scuole
tradizionali, come quella tomista, scotista, suareziana, bonaventuriana ed
agostiniana.
Già nel 1979
il Padre Battista Mondin, con la sua ben nota erudizione, poteva presentare una
panoramica della situazione di allora[1],
che a tutt’oggi non è cambiata, semmai è peggiorata. Il Padre Mondin, con una
grande ingenuità e mancanza di senso critico,
presentava tranquillamente cristologie ortodosse ed eretiche,
mescolandole tra di loro, col dare ad esse denominazioni del tutto innocenti («esistenzialiste»,
«storiche», «secolari», «escatologiche», «politiche», «personalistiche») e
quindi col dare al lettore l’impressione di legittime o normali varianti o differenziazioni
della cristologia cattolica.
È
interessante come egli chiama le uniche pienamente ortodosse: «metafisiche», quando
avrebbe dovuto dire francamente: «cattoliche». Per le altre, certo tutte interessanti,
se proprio non voleva usare il termine «eretiche», per mettere in guardia il lettore
ignaro, avrebbe dovuto almeno mettere, per esempio, «non pienamente cattoliche»
oppure: «moderniste» oppure: «discusse».
Ma siccome
esse si erano fatte la fama di «cattoliche» o comunque accettabili, è possibile
che lo stesso Mondin, non si sia accorto delle insidie, come uno che
tranquillamente mangia funghi sani e velenosi senza accorgersi di nulla, oppure
che abbia fatto i suoi calcoli di prudenza umana. Ben più avveduto è stato l’illustre
cristologo domenicano francese Padre Daniel Ols, col suo libro già significativo
dallo stesso titolo: «Le cristologie contemporanee e le loro posizioni fondamentali
al vaglio della dottrina di S.Tommaso»[2]. Avrebbe potuto dire: «al vaglio della dottrina
cattolica». Il Padre Ols, con acuto discernimento, individua e colpisce proprio
gli autori più significativi, influenti e pericolosi, Rahner e Schillebeeckx.
Questi cristologi,
nel corso degli ultimi cinquant’anni, nonostante il successo ottenuto, sono stati
effettivamente confutati da illustri colleghi. Ma non mi pare che finora il Magistero
pontificio abbia preso in sufficiente considerazione la loro pericolosità non
solo per la cristologia, ma anche per proteggere i buoni costumi dei cattolici,
e per l’intera vita della Chiesa.
Troppo ed immeritato è il prestigio, del quale
essi tuttora godono nel campo della cristologia e negli ambienti accademici ed educativi
della Chiesa, in particolare per quanto riguarda la formazione del clero,
nonostante i constatati effetti negativi delle loro idee in campo morale. Occorre
allora far presente che dall’assimilazione
da parte dei seminaristi di queste cristologie non possono venir fuori dei buoni
sacerdoti, fedeli al Magistero e dotati di una giusta concezione del loro ministero,
ma, quando va bene, mezze figure incapaci di guidare le anime alla salvezza.
Caratteristiche
comuni
Queste cristologie
hanno in comune la visione della realtà e la concezione della verità fenomeniste,
evoluzioniste, immanentiste e soggettiviste, condannate già a suo tempo da
S.Pio X nella Pascendi. Nulla è
fisso, ma tutto cambia. Non esistendo un’identità dell’ente, la doppiezza è
eretta a sistema, sicché l’ipocrisia trionfa. Tutto è sì e no ad un tempo, a
seconda delle convenienze. Tutto è «per me», nulla è in sé.
Per
conseguenza, in queste cristologie Dio non esiste in se stesso, indipendentemente
dal mondo e da me che lo penso, non mi trascende, ma, in forza dell’Incarnazione,
è essenzialmente immanente e connesso col mondo e con la coscienza umana, è
immerso nel divenire storico, per cui essere e divenire, tempo ed eternità, finito
e infinito, soggetto e oggetto, essere e pensiero, spirito e materia, vivente e
non vivente, vero e falso, bene e male, natura e grazia s’identificano. L’Incarnazione
non è atto libero di Dio, ma è costitutiva dell’essenza di Dio. Come dice Hegel,
«Dio non è Dio senza il mondo». Ma allora il mondo è Dio. Per conseguenza Dio è
per essenza uomo. Ma allora questo vuol dire che l’uomo è per essenza Dio.
Cristo non
ha due nature in una Persona divina, ma è una persona umana, identità di
divinità e di umanità. Egli non espia il peccato e non compie nessun sacrificio
riparatore, ma copre, scusa e giustifica il peccato, che non impedisce la
grazia. La fede in Cristo non è atto dell’intelletto, ma incontro esistenziale
con Cristo; non è verità astratta, ma esperienza concreta di Cristo; non è
recezione di verità immutabili, ma di fatti storici; la cristologia non è
deduzione o dimostrazione, ma messaggio e racconto. Cristo libera l’uomo dal giogo
dalla legge e lo rende autocreativo.
Queste
cristologie sono giustamente preoccupate del progresso dell’interpretazione
esegetica e dogmatica del mistero di Cristo, nonché del chiarimento della sua
figura storica, ma poi, influenzate dal soggettivismo moderno, svalutano o
fraintendono la dimensione ontologica o metafisica del dogma cristologico,
indissolubilmente connessa con la retta nozione della divinità di Cristo e col
valore metafisico degli insegnamenti di Cristo.
Questa carenza
teoretica è a sua volta responsabile di un concetto
errato di Dio, un Dio al quale è negata la sua identità, intellegibilità,
immutabilità ed impassibilità e quindi alla fine la sua stessa divinità, per
farne un idolo degno dell’immaginazione pagana. Quindi, anche quando si parla
della «divinità» di Cristo, non è quella vera, ma quella che è suggerita dal
fenomenismo modernista.
Suddivisione
Queste
cristologie si dividono in due tendenze:
una, di tipo idealista e gnostico. L’essere è essere divino. Antitesi e sintesi
fra spirito e materia. Il male non nuoce perché è anche in Dio, coincidentia oppositorum. Ha i suoi antecedenti
nelle antiche eresie del marcionismo, del monofisismo, del monotelismo,
dell’apollinarismo, del docetismo, dell’eutichianismo, del manicheismo e del
catarismo.
Il Dio di
Rahner è una singolare mistura di gnosticismo e di agnosticismo: gnosticismo,
perché oggetto immediato ed apriorico dell’autocoscienza; agnosticismo, perché,
nel suo incomprensibile ed ineffabile Mistero, non se ne sa nulla e non se ne può dire nulla.
Rahner riconosce
la divinità di Cristo, ma solo per il fatto che Dio è concepito come il vertice
dell’uomo: nell’Incarnazione Dio si muta nell’uomo e l’uomo si muta in Dio. Ogni
uomo è Cristo e quindi salvo. Dio in Cristo non castiga nessuno, ma perdona tutti.
La grazia è il vertice della natura. Essere, sapere e volere sono identici in
Dio e nell’uomo. Le religioni sono manifestazioni categoriali e relative del cristianesimo
anonimo atematico e trascendentale.
L’altra tendenza
è di tipo naturalista, empirista e materialista. Comprende Schillebeeckx e
Teilhard de Chardin. In Schillebeeckx Cristo è l’uomo perfetto, liberatore
degli oppressi e il vertice del mondo. Egli non è Dio, ma è il «profeta
escatologico», una semplice persona umana abitata dal Verbo. La sua morte non
ha valore espiatorio, ma è semplicemente la testimonianza del martire. Le
religioni, compresa quella cristiana, sono manifestazioni parziali della unica
vera religione, che è la somma di tutte le religioni. Schillebeeckx ha i suoi
antecedenti nel nestorianesimo, nell’ebionismo e nell’arianesimo.
In Teilhard la
materia diventa spirito e lo spirito diventa materia. Cristo non trascende il
mondo, ma è il vertice del mondo: il «Cristo cosmico». L’uomo diventa Cristo
nell’evoluzione cosmica. La posizione di Teilhard non ha antecedenti nelle
eresie antiche, perché esse non hanno interesse per l’evoluzione, ma vedono
Cristo solo sotto un profilo statico. Teilhard semmai può essere riallacciato
all’eraclitismo, che rivive nella cristologia di Hegel e di Schelling.
Cristologia
idealista[3].
Il fondamento del sapere e del pensare, in Rahner e Kasper, non è il realismo
ontologico, ma il principio cartesiano del cogito,
l’io o l’autocoscienza o «soggetto» come fondamento del sapere e dell’essere.
Dio quindi non è conosciuto per induzione a partire dalle cose esterne, ma è contenuto
nell’autocoscienza originaria preconcettuale apriorica dell’io, che si estende,
si amplia e si autotrascende, in forza della grazia a tutti concessa, fino al
suo ultimo orizzonte infinito, che è appunto Dio.
Per Rahner
si dà una «cristologia trascendentale», atematica e preconcettuale, per la
quale tutti si salvano. La cristologia oggi, dopo il Concilio Vaticano II, non va più elaborata con le categorie di
Aristotele e di S.Tommaso, ma con quelle della filosofia moderna, che va da
Cartesio ad Heidegger, passando per Kant ed Hegel.
L’accettazione
del dogma di Calcedonia non è obbligatoria per tutti, ma solo per coloro che vogliono
usare le categorie correnti del sec.V. Ogni uomo è un «cristiano anonimo». La
grazia non è un dono creato di Dio, ma è Dio stesso, che si comunica a tutti. Compito
dei pastori è prendere atto della fede trascendentale del popolo di Dio e di portare
alla sua esplicitazione categoriale. I princìpi luterani della sola gratia, sola fides, sola Scriptura
e del simul iustus et peccator sono giusti.
I sacramenti
non danno la grazia a chi non l’ha, ma sono il segno sensibile della grazia già
presente. Il missionario non annuncia una verità ignota all’evangelizzando, ma lo
rende consapevole della verità già posseduta atematicamente. La Chiesa deve
lasciare facoltativa e non rendere obbligatoria per i fratelli separati
l’accettazione dei dogmi da essi non riconosciuti. Per l’unità di cristiani è sufficiente
l’accettazione comune di quei dogmi che sono rimasti comuni dopo la
separazione.
Tanto per
Rahner quanto per Kasper Dio è mutabile e passibile, per cui l’Incarnazione
avviene non perché la Persona del Verbo, restando immutabile, assume una natura
umana nell’unità di Persona, ma in quanto, come avviene nell’eresia di Eutiche,
la natura divina si muta nella natura umana. Antecedenti antichi di questa
cristologia sono le eresie del teopaschismo e del patripassianismo.
Kasper non accetta
la metafisica, per cui non capisce il valore dell’immutabilità del dogma, ma
tutto secondo lui si risolve nella storia, anche Dio. Accoglie l’esegesi
razionalista protestante che non crede ai miracoli di Cristo. Per distruggere
il peccato non occorre un sacrificio, perché il peccato si distrugge da sé col
progresso storico ispirato all’esempio di Cristo. Per Kasper e Rahner
l’ecumenismo non deve condurre i fratelli separati alla piena comunione con la
Chiesa cattolica, ma basta la reciproca fraternità.
Cristologie
empiriste. Abbiamo qui Schillebeeckx e Teilhard de Chardin. Parlo di cristologie
empiriste in quanto per entrambi l’esperienza atematica preconcettuale di Dio appare
più importante dell’intelletto e del concetto. Da qui la difficoltà in entrambi
di elevarsi al piano della metafisica e della pura spiritualità. Per Schillebeeckx
Dio è creatore, ma il Verbo non s’incarna. Il Verbo è Persona, ma lo è anche l’uomo
Gesù, sicché, per assicurare l’unità di Cristo, Schillebeeckx parla di «una
persona in due persone». Cristo non è Dio, ma «Dio è in Cristo», che è
semplicemente il «profeta escatologico».
Schillebeeckx
insiste soprattutto sulla misericordia e la solidarietà di Cristo per l’umanità
sofferente ed oppressa. Cristo agisce come liberatore e rivendicatore dei
diritti dell’uomo in campo sociale e politico. È un ispiratore della teologia
della liberazione sudamericana. È collegabile quindi con cristologi come Metz,
Gutiérrez, Boff, Hulsbosch, Schoonenberg, Sobrino, Segundo e Assman. Non sono i
pastori a guidare il popolo, ma i pastori emergono dal popolo, perciò qualunque
laico può celebrare la Messa. Il cristianesimo non ha un primato sulle altre
religioni, ma è completato dalle altre religioni.
Teilhard de
Chardin invece è più interessato al rapporto di Cristo con l’evoluzione
dell’universo. Cristo è il vertice supremo dell’autotrascendenza della materia.
Dio non crea dal nulla, perché Egli è per essenza connesso con la materia. Egli
quindi semplicemente unifica la materia e la fa salire o evolvere fino a Lui.
Teilhard ha
una forte idea del progresso umano, fino allo slancio mistico, ma sottovaluta il dramma del peccato e quindi
l’importanza dell’ascetica e della croce, necessaria per vincerlo. Nega la
storicità del peccato originale, che disturberebbe la sua teoria
dell’evoluzione dell’uomo dalla scimmia, perché secondo lui essa è naturalmente
evoluta fino a diventare uomo. Per lui il peccato è un semplice incidente di
percorso, un inconveniente, un prodotto di scarto, nel progresso assicurato.
L’essere cristiano è la pienezza dell’essere umano.
P.Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
8 dicembre 2019
Caro Padre Cavalcoli,
RispondiEliminaScusi prima di tutto per averli fatto una domanda facendo riferimento a un vecchio articolo di due anni fa. Ma mi interessava il suo riferimento a padre Daniel Ols.
Ho incontrato padre Ols a una delle sue lezioni su Schillebeeckx negli anni '80 e ho un grande rispetto per lui come teologo, anche se non ho potuto leggere il libro che lei consigli.
Quello che però mi sorprende sono alcuni commenti che circolano sulle opinioni che Ols ha espresso nei confronti dei Papi S.Paolo VI e S.Giovanni Paolo II.
Suppongo che ogni grande uomo abbia anche i suoi punti oscuri (come hai anche sottolineato nel tuo magnifico articolo su Padre Congar).
Caro Ross,
Eliminaio non so nulla di questi commenti di cui lei parla. Avrei pertanto piacere che lei mi citasse la fonte, da cui ha attinto.
Suppongo di non poter additare una fonte specifica, padre Cavalcoli, perché è stato solo qualcuno che afferma di aver sentito padre Ols dichiarare quelle opinioni non compiacenti nei confronti dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II, e che addirittura afferma che padre Ols non aveva scrupoli nell'esprimere a tutti coloro che vorrebbero ascoltarlo.
EliminaMa tutto questo dovrà essere lasciato al livello delle voci e dei pettegolezzi.
Grazie lo stesso.
A proposito: il tuo ultimo articolo sulla Santa Messa, al di là del novus ordo e del vetus ordo, è magnifico!, e riflette una grande saggezza pastorale.
Caro Ross, per una questione così delicata sarebbe bene fare riferimento ad una fonte precisa, mancando la quale è meglio tacere, perchè, come tu stesso ti rendi conto, si rischia il pettegolezzo in materia grave.
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