Caterina e la cristianità europea


Caterina e la cristianità europea
Che cosa è l’Europa?
Qual è il motivo che condusse S.Giovanni Paolo II nel 1999[1] a proclamare Caterina, già Dottore della Chiesa, Patrona d’Europa? È Il fatto che Caterina ancor oggi ha cose importanti da insegnare all’Europa. È chiaro allora che, per poter capire che cosa significa Caterina Patrona d’Europa, bisogna capire che cosa si deve intendere per Europa, che cosa è l’Europa. Come abbiamo cercato nella precedente conferenza di rispondere alla domanda qual è l’identità dell’Italia, adesso dobbiamo chiarire qual è l’identità dell’Europa. Viceversa, il concetto di patronato lo abbiamo già visto e quindi non ci torniamo su.
Riguardo invece all’Europa, cominciamo col constatare che ne parliamo continuamente, ma difficile è sapere con quanta fondatezza e chiarezza di idee o solo per una moda letteraria o pseudofilosofica, credendo di dire chissachecosa.
 Ma c’è da dire che anche la parola «Occidente», che spesso viene associata ad Europa, fa riferimento a un’entità di per sé puramente geografica, che mal si presta a rappresentare, come molti vorrebbero, un’intera civiltà; è un concetto confuso, vago ed equivoco, oltre al fatto che spesso lo si attribuisce anche agli Stati Uniti d’America, che hanno un’identità sociologica, politica, culturale e morale diverse da quella dell’Europa, per cui il concetto diventa ancora più confuso e praticamente inservibile dal punto di vista scientifico.
Ed è strano, pertanto, che un concetto del genere, come quello di Occidente, valido al massimo per dibattiti televisivi o per campagne elettorali, sia utilizzato in tono solenne quasi come categoria filosofica o sociologica da molti famosi pensatori. Non mi fermerò, pertanto, su questo confuso benchè diffuso concetto, che, oltre a ciò, ci porterebbe fuori tema.
Origine del termine e della realtà «Europa»
Il termine Europa è di origine greca (Europe) e significava le fascinose e misteriose vaste terre ad occidente della Grecia, circondate dal mare, appunto l’Europa, simboleggiata dalla figura mitologica di una donna bellissima, Europa, figlia di Oceano, nome poi dato a quella vastissima estensione d’acqua, che è appunto l’oceano, e di Teti, dèa dell’umidità da cui nasce la vita. Dunque una dea o una regina deificata con ottime credenziali, alquanto amabile e veneranda.
Ed infatti, secondo il mito, nientemeno che Giove, Padre degli dèi, si invaghì di Europa e dalla loro unione nacque Minosse, figura leggendaria, più mitica che storica, ricordata anche da Omero, venerato come re, legislatore e sacerdote, giudice dei morti nell’Ade e signore dei mari.
Tutto ciò testimonia, fin dai tempi più antichi, del rispetto che i Greci, pur così fieri della loro cultura e nemici degli stranieri, che essi chiamavano «barbari», avevano per l’Europa, atteggiamento quasi presago di quello che, a partire dall’Impero Romano e poi dal cristianesimo, sarebbe stato l’influsso culturale della Grecia sull’Europa, come ebbe a dire un Autore Romano, allorchè Roma conquistò la Grecia: «Graecia capta ferum victorem cepit ».
L’Europa appare altresì indirettamente anche nel Nuovo Testamento attraverso il dominio romano su Israele; ma questa volta, evidentemente, non certo in una luce favorevole. Tuttavia, l’interesse e il rispetto ebraico per l’Europa, nonostante le invettive dell’Apocalisse contro «Babilonia», si manifesta alla fondazione stessa della Chiesa, allorchè S.Pietro, obbedendo al comando di Cristo di evangelizzare tutti i popoli, decide coraggiosamente di porre la sua sede proprio a Roma, dove già era presente una comunità ebraica, alla quale S.Paolo indirizzerà la Lettera ai Romani, ossia gli Ebrei di Roma.
E si noti che questa comunità tra le genti è la più antica, che dura ininterrottamente dall’inizio del cristianesimo fino ad oggi, nonostante la persecuzione fascista del 1938 ed innumerevoli altre traversìe. E ciò quasi a presagio profetico della futura conquista dell’Europa da parte del cristianesimo.
Anche per quanto riguarda gli Ebrei, benchè presenti in Italia ai tempi di Caterina, non possiamo chiederle quell’attenzione che oggi riserviamo ad essi nel dialogo interreligioso. Ella certo non mostra alcun disprezzo verso di loro, ma semplicemente li ignora, conformemente alle abitudini del tempo, che comportavano la tendenza cattolica, salvo pochi eruditi, a tenere le distanze dalle comunità ebraiche, benché poi, tutto sommato, se in Europa si è diffuso inizialmente il cristianesimo, lo si deve all’attività delle comunità giudeo-cristiane guidate dagli Apostoli Pietro e Paolo.
Non fa troppa difficoltà invece il concetto di Europa come area geografica, che si estende fino ai monti Urali, confine però relativamente recente, risalente cioè ai secoli XVII-XVIII, allorchè gli Ortodossi russi giunsero ai monti Urali ed oltre, in Siberia, nell’opera di espansione del cristianesimo verso Oriente e, per conseguenza, allargarono a quelle terre i confini della loro area politico-nazionale. Ma l’Europa finisce agli Urali; e quel che c’è oltre è Asia.
Per questo, se la Russia fosse attratta dal desiderio di entrare nell’Unione Europea, dovrebbe dividersi dalla Russia asiatica: in tal modo essa potrebbe formare quel «polmone orientale» dell’Europa, opportunamente auspicato da S.Giovanni Paolo II.
Egli, infatti, trattando delle radici cristiane dell’Europa, ha messo in luce in alcuni importanti documenti[2] il fatto che la cristianità europea respira e deve respirare con i suoi due «polmoni», quello occidentale e quello orientale. Ora, quest’ultimo si estende solo fino agli Urali, perché questi sono i confini naturali dell’Europa, anche se chiaramente l’Ortodossia e con essa la nazionalità russa nel corso degli ultimi secoli sono diventate egemoni anche in Siberia e nelle Repubbliche asiatiche.
S.Giovanni Paolo II aveva infatti già messo in luce queste due anime o dimensioni spirituali dell’Europa nella Lettera Apostolica Egregiae virtutis del 31 dicembre 1980, con la quale proclamava i Santi Cirillo e Metodio Patroni d’Europa. In questo documento il Papa dà addirittura una definizione culturale-spirituale dell’Europa. Dice egli infatti che
«L'Europa,  nel suo insieme geografico è per così dire frutto dell'azione di due correnti di tradizioni cristiane, alle quali si aggiungono anche due diverse, ma al tempo stesso profondamente complementari, forme di cultura. San Benedetto, il quale con il suo influsso ha abbracciato non solo l'Europa, prima di tutto occidentale e centrale, ma mediante i centri benedettini è arrivato anche negli altri continenti, si trova al centro stesso di quella corrente che parte da Roma, dalla sede dei successori di san Pietro. I santi fratelli da Tessalonica mettono in risalto prima il contributo dell'antica cultura greca e, in seguito, la portata dell'irradiazione della Chiesa di Costantinopoli e della tradizione orientale, la quale si è così profondamente iscritta nella spiritualità e nella cultura di tanti popoli e nazioni nella parte orientale del continente europeo» (n.3).
Il grande Papa polacco nell’enciclica Ecclesia in Europa del 2003 sottolineò poi a merito della cristianità europea il
«riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell'importanza dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure la tutela legale degli individui e dei gruppi, la promozione della solidarietà e del bene comune, il riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico» (n.19).
E ancora:
«Non c'è dubbio che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del Continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi» (n.24).
E ancora:
 «Lungo i secoli, infatti, la Chiesa ha avuto legami molto stretti con il nostro Continente, così che il volto spirituale dell'Europa si è andato formando grazie agli sforzi di grandi missionari, alla testimonianza di santi e di martiri, e all'opera assidua di monaci, religiosi e pastori. Dalla concezione biblica dell'uomo, l'Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per ultimo, ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili» (n.25).
Nell’enciclica Slavorum Apostoli, il Papa ricorda inoltre che Paolo VI, in precedenti atti dedicati alla memoria dell’opera evangelizzatrice dei SS.Cirillo e Metodio,
 «mirava a ravvivare la consapevolezza di questi atti solenni della Chiesa ed intendeva richiamare l'attenzione dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà, ai quali stanno a cuore il bene, la concordia e l'unità dell'Europa, all'attualità sempre viva delle eminenti figure di Benedetto, di Cirillo e di Metodio, come concreti modelli e sostegni spirituali per i cristiani della nostra età e, specialmente, per le Nazioni del continente europeo, le quali, già da tempo, soprattutto grazie alla preghiera e all'opera di questi Santi, si sono radicate consapevolmente ed originalmente nella Chiesa e nella tradizione cristiana» (n.2).
Ad ogni modo, è evidente che queste realtà, relative alla storia moderna, sono del tutto estranee agli interessi europei di Caterina, membro della Chiesa cattolica del suo tempo, allora senza contatti con le Chiese Ortodosse, diversamente da come avviene oggi, grazie all’ecumenismo. Ricordiamo però queste cose, perché non c’è dubbio, peraltro, che, se Caterina vivesse oggi, partecipe com’era degli interessi della Chiesa, avrebbe sposato in pieno il movimento ecumenico.
Caterina non parla mai dei dissidenti o scismatici d’Oriente, i cosiddetti «Ortodossi», che allora venivano chiamati i «Greci», giacchè è evidente, per un cattolico, che spetta a Roma il primato nell’insegnamento della fede ortodossa, ossia della retta fede. Ai tempi di Caterina era completamente assente quello che oggi chiamiamo «dialogo» tra cattolici e ortodossi, anche se tra questi abbiamo, proprio nel ‘300, il caso rarissimo dei due fratelli greci Procoro e Demetrio Kydones, ammiratori e studiosi di S.Tommaso, che sono stati presentati a noi Latini  in un dotto saggio dal Servo di Dio Padre Tomas Tyn[3].
Comunque, possiamo star sicuri che, se Caterina vivesse oggi, dopo il Concilio Vaticano II, non esiterebbe a far suo il dialogo con i fratelli separati dell’Oriente e come esortava gli scismatici a stare con Papa Urbano, così esorterebbe gli Ortodossi a sottomettersi al Papa di Roma.
La dignità dell’Europa
 È interessante, inoltre, al riguardo, notare come in Europa, nel corso dei secoli, avverrà la sintesi fra tre universalismi, tre umanesimi: quello romano, quello greco e quello cristiano. Ed è altresì interessante notare la differenza d’atteggiamento nei confronti dell’Europa tra quello dei Greci e quello dell’Israele cristiano, ossia della Chiesa. Nell’uno e nell’altro caso un atteggiamento di stima e di rispetto; ma nel primo caso, tale atteggiamento si esprime in una specie di timore reverenziale, che giunge a deificare l’Europa, e sarà, questa, la futura Europa concepita e mitizzata dall’illuminismo settecentesco e dalla massoneria, e successivamente dal romanticismo tedesco, fino ai nostri giorni.
Bisogna ricordare altresì che, se l’Islam, fin dal suo sorgere e ancor oggi è causa di preoccupazioni all’Europa, esso, soprattutto nel Medioevo – pensiamo per esempio alla Spagna e alla Sicilia – ha lasciato per certi versi anche una traccia positiva nella formazione della cultura europea. E se Caterina, conforme alla sensibilità del suo tempo, esorta ripetutamente i prìncipi cristiani a smettere di guerreggiare fra di loro e ad unirsi per il compimento di quello che lei chiamava il «santo passaggio», cioè la Crociata, contro i «cani infedeli», che sarebbero i musulmani, possiamo credere che oggi ella approverebbe di cuore l’accordo di Abu Dhabi tra il Papa e il Grande Imam di Al-Azhar.
Invece, nel caso di Israele, è il cristianesimo originato da Israele, che, sentendosi depositario di un umanesimo superiore a quello delle altre religioni e visioni pagane, compresa quella greco-romana, avverte il dovere, per il bene della stessa Europa, di evangelizzarla, utilizzando quanto di buono c’è nella cultura e nella religione greco-romana. Tale evangelizzazione, come è noto, costituì l’Europa cristiana nel sec.XIII.
Da quanto ho ricordato appaiono evidenti la funzione e la missione dell’Europa, madre della civiltà cristiana, dove si trova la sede di Pietro: irraggiare nel mondo la fede cristiana, servendosi, come ha notato Papa Benedetto XVI, della cultura greco-romana, che, per la sua solidità e per il suo valore universale, è stata utilizzata dalla Chiesa per la formulazione dei dogmi della fede e per l’organizzazione giuridica e gerarchica della Chiesa e la disciplina del culto cattolico.
Il Concilio Vaticano II ha messo in luce il valore della pluralità delle culture e delle religioni dell’umanità ed ha raccomandato che l’evangelizzazione avvenga utilizzando i loro lati buoni come via di comunicazione al mondo dell’universale verità del Vangelo; quel metodo missionario, che S.Giovanni Paolo II avrebbe chiamato «inculturazione del Vangelo».
È accaduto, però, nel postconcilio, che da alcune parti si equivocasse circa la  vera natura dell’inculturazione, esagerando i limiti della cultura greco-romana, come se essa fosse semplicemente una particolare cultura fra le altre o anche inferiore ad altre, e comunque riservata e ristretta alla sola cristianità europea. Da qui l’accusa all’evangelizzazione fatta ai popoli extraeuropei a base di cultura greco-romana di essere un’imposizione e una violenza coloniale.
Non si percepiva il legame essenziale fra il cattolicesimo e quella cultura, onde «Cristo è romano», come diceva Dante, anche se bisogna riconoscere che l’opera missionaria, prima del Concilio, cadeva in un facile disprezzo per le culture e gli usi del luogo, imponendo  usi e idee adatti all’Europa, ma non a quei luoghi.
Ma il rimedio a quei difetti non corrisponde affatto alla vera mente del Concilio, il quale, mentre li condanna,  raccomanda come modello di teologo S.Tommaso d’Aquino, Doctor Communis Ecclesiae, tanto ammirato da Caterina, il quale si distingue proprio per aver messo in luce il legame indissolubile fra il dogma cattolico e la cultura greco-romana, la quale, trasmessa agli extraeuropei, proprio per la sua universalità, non comporta nessun colonialismo, ma si sposa benissimo con le più diverse culture locali. Questa è la vera inculturazione.
L’idea cateriniana dell’Europa
Ma ciò che soprattutto interessa è sapere come Caterina concepisce l’Europa. Faremo poi più avanti il confronto tra come era concepita l’Europa  nel sec.XIV e come si presenta e la concepiamo oggi, per cercare di delineare che cosa Caterina avrebbe da dire all’Europa di oggi.
È certo che ella concepisce l’Europa solo come Europa occidentale, quel che è rimasto sotto il dominio del Papa dopo lo scisma d’Oriente. Nel medioevo i cattolici chiamavano se stessi «Latini», mentre chiamavano «Greci» gli ortodossi.
L’Italia e l’Europa dei tempi di Caterina erano concepite come un’unica entità politica, sia pure in una pluralità di Stati nazionali, di regni, di repubbliche, di ducati e di signorie, a cominciare dal Sacro Romano Impero di Nazione Germanica, entità statuale federativa, che comprendeva un vasto territorio europeo plurietnico, e che in fin dei conti era soggetta, come aveva stabilito la Bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII del 1302, all’autorità del Papa.
L’Italia era considerata semplicemente una «provincia» dell’Europa e, come dice Dante, «Signora di province», in quanto Roma è l’erede della cultura classica e dell’Impero Romano e soprattutto sede del Successore di S.Pietro, che è quel sovrano che, essendo capo della Chiesa cattolica, univa l’Europa in una sola fede e in una condotta morale animata dagli stessi princìpi di fede.
L’Europa cattolica medioevale, ossia quella occidentale, accerchiata dall’Islam, che le impediva l’accesso all’Africa, bloccata ad oriente dalle Chiese ortodosse, con le quali non c’era dialogo, ed ignara dell’esistenza del nuovo mondo scoperto da Colombo nel sec.XV, non aveva la possibilità di evangelizzare l’immensa Asia, per cui non dobbiamo meravigliarci se in questa Europa chiusa su stessa, che doveva fare di necessità virtù, non troviamo l’apertura missionaria della cattolicità europea contemporanea postconciliare.
Infatti, solo con la Riforma tridentina del sec.XVI, l’Europa cristiana riuscirà a Lepanto a liberarsi dalla morsa islamica e acquisterà la forza di evangelizzare le due Americhe e gli immensi territori dell’Asia e, a partire dall’ ‘800, sotto la spinta del Concilio Vaticano I, anche dell’Africa e dell’Oceania
Nell’Europa medioevale non c’era questione di partiti politici, così come sono concepiti oggi, ossia come formazioni laiche sganciate dalla supervisione o dal controllo del Papato, composte anche da non-cattolici o da non-credenti, benché resti che un partito può avere una denominazione cattolica, come fu per la Democrazia Cristiana italiana o come è attualmente il Partito cristianosociale tedesco.
Dramma, inoltre, del sec.XIV e non solo di questo, era come l’Europa cristiana doveva altresì difendersi dall’espansione islamica in Oriente, che pirateggiava le coste europee, soprattutto italiane, e in particolare come garantire il libero e sereno accesso dei pellegrini ai luoghi santi in Palestina. Non possiamo pretendere dal sec.XIV il dialogo islamo-cristiano avviato dal Concilio Vaticano II.
Oggi i fondamentalisti musulmani, ed anzi i terroristi, mentre perseguitano i cristiani nei paesi islamici, si sono accorti che l’aggressione armata contro l’Europa, dopo le brucianti sconfitte di Lepanto e di Vienna, non funziona più. Essi allora hanno escogitato un metodo nuovo e subdolo di penetrazione apparentemente pacifica, ma in realtà illegale e clandestina, infiltrandosi nei flussi migratori, che arrivano in Europa e mescolandosi astutamente tra coloro che sono veramente bisognosi o che vengono illusi o sfruttati dagli scafisti.
L’idea che Caterina si fa dell’Europa la ricava direttamente dalla sua idea della Chiesa europea occidentale, ossia dalla Chiesa cattolica, l’unica che esistesse allora nell’Europa occidentale, non ancora divisa dall’eresia di Lutero. Come tutti i suoi contemporanei, Caterina non ha ancora l’idea di un’Europa civile, che non coincida con l’Europa cattolica, come comincerà ad apparire a partire dalla Riforma luterana e ancor più con l’illuminismo settecentesco, che separa l’Europa non solo dal cattolicesimo, ma dal cristianesimo.
L’europeismo cateriniano traspare quindi dalla sua condotta e dalle sue lettere ai Pontefici, nelle quali, nel momento in cui ella tratta col Papa degli interessi della Chiesa, si sa quali sono per Caterina gli interessi dell’Europa, stante il fatto che ella vedeva nel Pontefice sì il capo religioso della cristianità, ma in fin dei conti anche colui, come aveva raffigurato Papa Bonifacio VIII tre quarti di secolo prima, che doveva avere a cuore, per il tramite dell’Imperatore, anche il bene temporale dell’Europa. Piuttosto già con lo scisma d’Occidente si cominciarono a sentire in Europa quegli scricchiolii sinistri, che erano il presagio funesto di quella dissoluzione dell’unità dell’Europa, che due secoli dopo avrebbe portato con sé la Riforma luterana.
Nel dramma dello scisma
Caterina operò per l’unità europea adoperandosi per sanare lo scisma provocato dall’antipapa Clemente VII. Caterina sa con certezza qual è il vero Papa: Urbano VI, nonostante l’arroganza e l’irascibilità del suo carattere, che aveva provocato la ribellione della maggioranza dei Cardinali, che, benché in un primo tempo lo avessero accettato, poi, irritati per le offese ricevute, lo sostituirono con Clemente. Comunque, è evidente che lo scisma non può addebitarsi a quel solo tristissimo episodio.
Le sue cause vanno ben al di là del cattivo carattere di Urbano, tanto più che si protrasse anche dopo la sua morte, addirittura fin al Concilio di Costanza del 1415, che sanò la terribile piaga con l’elezione di Martino V. La causa profonda di quella sciagura fu la diffusione in Europa di fermenti dissolutori anarchici ed individualisti diffusi dal nominalismo di Guglielmo di Ockham e dallo statalismo antipapale di Marsilio da Padova, già nei primi decenni del ‘300.
Non possiamo chiedere a Caterina, digiuna di teologia scolastica e di diritto canonico, una sottile analisi critica ed argomentata di queste cause. E tuttavia ella, con fine intùito profetico e femminile, capì benissimo il fondo della questione, il tarlo infernale che stava corrodendo la compagine ad un tempo della Chiesa e dell’Europa: quello che ella ripetutamente chiama «amor proprio di sè», eco evidente dell’agostiniano «amor sui usque ad contemptum Dei»: la superbia, madre della disobbedienza, della prepotenza e dell’empietà.
La Chiesa del ‘300 non conosce ancora la tragica diffusione dell’eresia che si avrà col sorgere del luteranesimo, benché già con Ockham e Marsilio siamo fuori dell’ortodossia. E tuttavia, con il diffondersi del veleno della superbia nel Collegio cardinalizio, l’istituto del Papato, benché non negato ancora in se stesso, riceve una dura offesa nel campo della disciplina, in attesa di essere abbattuto del tutto con la Riforma luterana.
Ci potremmo chiedere se questo scisma può avere qualche somiglianza con la situazione di frantumazione e di conflitti interni propri della Chiesa di oggi. E in caso positivo potremmo chiederci quali indicazioni potremmo trarre dal pensiero cateriniano per ovviare alla situazione di oggi. Diciamo innanzitutto  che anche oggi è in atto uno scisma nella Chiesa e ancora peggiore, benché non così platealmente manifesto, come lo scisma del sec.XIV. Infatti, allora la secessione da Urbano VI ebbe un carattere spettacolare, formalmente dichiarata da un gruppo di Cardinali ribelli, i quali contrapposero a Urbano addirittura un altro Papa, Clemente VII.
Il problema che allora si pose fu quello di sapere quale dei due fosse il vero Papa, così da sapere quale obbedienza scegliere. Certamente ne andava di mezzo la fede, perché è il Papa legittimo che parla a nome di Cristo; e quindi lui solo è attendibile ed infallibile nel suo magistero.
Ma, a parte questo, tutti sapevano che la Chiesa è guidata dal Papa ed accettavano quindi in se stesso l’ufficio petrino. Invece oggi è in atto uno scisma non dichiarato, inconfessato, mascherato, criptico, informale subdolo, proteiforme e inapparente, a doppia faccia, come l’antico dio pagano Giano Bifronte: esso comporta un’opposizione al Papa secondo due direzioni reciprocamente opposte e nemiche tra di loro: la linea modernista, che fa capo ai rahneriani, di coloro che affettano di essere «amici» del Papa, in possesso di una grossa fetta di potere, quasi una Chiesa nella Chiesa; e la linea assai più esigua ma alquanto accanita, di coloro che sono aprtamente ostili al Papa, i tradizionalisti di Mons.Lefebvre.
Lo scisma del sec.XIV si compose al Concilio di Costanza nel 1417 con l’elezione di Martino V, che abolì il doppio papato. Lo scisma di oggi si potrebbe risolvere con un paziente lavoro di ricucitura, sotto la presidenza del Papa, per il quale lavoro le due parti dovrebbero scoprire la loro naturale vocazione alla collaborazione reciproca, perchè nella Chiesa il fattore conservazione deve accordarsi col fattore rinnovamento; il fattore continuità deve unirsi al cambiamento; il fattore tradizione deve congiungersi col fattore progresso; il mutevole deve stare assieme all’immutabile; lo statico deve sposarsi col dinamico. Caterina oggi si dedicherebbe corpo e anima, sotto la guida del Papa ed anche stimolandolo, a questa urgente ed importantissima opera di riconciliazione e di pace.
Ella, invece, nel suo tempo, certa della validità di Papa Urbano, si scaglia con estrema durezza contro i fautori di Clemente VII; chiama «demòni incarnati» i suoi Cardinali e «demonio» lo stesso Clemente. L’argomento sul quale Caterina insiste per stare dalla parte di Urbano è che quei Cardinali che adesso negavano la sua validità erano gli stessi che dopo l’elezione l’avevano proclamata la medesima validità. Coloro che sostenevano l’antipapa erano invece quelli che credevano alla dichiarazione dei Cardinali ribelli di aver eletto Urbano non liberamente, ma sotto la pressione di una folla scatenata.
Se pensiamo che dalla parte di Clemente VII stava un grande Santo come S.Vincenzo Ferreri, del quale però probabilmente ella non sapeva, forse ci saremmo aspettati in Caterina, così proclive alla misericordia e alla tolleranza, un certo atteggiamento di comprensione, nella consapevolezza dell’estrema difficoltà di discernere quale fosse il vero Papa.
Come spiegare un atteggiamento così intransigente e severo? Non sapeva di quanta incertezza regnava anche tra le persone più prudenti? I fautori di Clemente erano tutti in mala fede? Come spiegare giudizi così opposti su Clemente come quello di Caterina e quello di Vincenzo, entrambi grandi Santi? Il fatto è che, come Caterina sapeva bene, la certezza della validità di un Papa è connessa con l’accettazione del magistero dogmatico di quel dato Papa.
Ora, tale accettazione è evidentemente ispirata dalla fede che il cattolico ha nell’infallibilità pontificia. Ma ciò ha per conseguenza che il rifiuto di accettare la validità di un dato Papa comporta il rifiuto del dogma dell’infallibilità pontificia, per il quale quel dato Papa è infallibile nell’insegnare la verità di fede. Ma tale rifiuto è eresia. E dunque, rifiutarsi di riconoscere a un Papa legittimo il suo essere vero Papa,  si risolve ad essere un atto di eresia.
Se Caterina vivesse oggi, sarebbe altrettanto decisa nel sostenere la legittimità del papato di Papa Francesco, purtroppo contestata da certi cattolici, che, prendendo a pretesto le debolezze umane di Francesco,  perdono di vista per il loro orgoglio l’incomparabile beneficio, privilegio del cattolico, di ricevere dal Papa, maestro della fede, la guida sicura sulla via della salvezza.
P.Giovanni Cavalcoli
Varazze, 15 febbraio 2019
Conferenza tenuta a Varazze il 14 marzo 2019




[1] Insieme con S.Brigida di Svezia e Teresa Benedetta della Croce.
[2] La Slavorum Apostoli del 2 giugno 1985 e l’Ecclesia in Europa del 28 giugno 2003.

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