Caterina e
la cristianità europea
Che cosa è
l’Europa?
Qual è il
motivo che condusse S.Giovanni Paolo II nel 1999[1]
a proclamare Caterina, già Dottore della Chiesa, Patrona d’Europa? È Il fatto
che Caterina ancor oggi ha cose importanti da insegnare all’Europa. È chiaro allora
che, per poter capire che cosa significa Caterina Patrona d’Europa, bisogna capire
che cosa si deve intendere per Europa, che cosa è l’Europa. Come abbiamo
cercato nella precedente conferenza di rispondere alla domanda qual è l’identità dell’Italia, adesso dobbiamo chiarire
qual è l’identità dell’Europa. Viceversa, il concetto di patronato lo abbiamo
già visto e quindi non ci torniamo su.
Riguardo
invece all’Europa, cominciamo col constatare che ne parliamo continuamente, ma difficile
è sapere con quanta fondatezza e chiarezza di idee o solo per una moda
letteraria o pseudofilosofica, credendo di dire chissachecosa.
Ma c’è da dire che anche la parola «Occidente»,
che spesso viene associata ad Europa, fa riferimento a un’entità di per sé puramente
geografica, che mal si presta a rappresentare, come molti vorrebbero, un’intera
civiltà; è un concetto confuso, vago ed equivoco, oltre al fatto che spesso lo
si attribuisce anche agli Stati Uniti d’America, che hanno un’identità sociologica,
politica, culturale e morale diverse da quella dell’Europa, per cui il concetto
diventa ancora più confuso e praticamente inservibile dal punto di vista
scientifico.
Ed è strano,
pertanto, che un concetto del genere, come quello di Occidente, valido al
massimo per dibattiti televisivi o per campagne elettorali, sia utilizzato in
tono solenne quasi come categoria filosofica o sociologica da molti famosi pensatori.
Non mi fermerò, pertanto, su questo confuso benchè diffuso concetto, che, oltre
a ciò, ci porterebbe fuori tema.
Origine del
termine e della realtà «Europa»
Il termine Europa è di origine greca (Europe) e significava le fascinose e
misteriose vaste terre ad occidente della Grecia, circondate dal mare, appunto
l’Europa, simboleggiata dalla figura mitologica di una donna bellissima,
Europa, figlia di Oceano, nome poi dato a quella vastissima estensione d’acqua,
che è appunto l’oceano, e di Teti, dèa dell’umidità da cui nasce la vita.
Dunque una dea o una regina deificata con ottime credenziali, alquanto amabile
e veneranda.
Ed infatti,
secondo il mito, nientemeno che Giove, Padre degli dèi, si invaghì di Europa e
dalla loro unione nacque Minosse, figura leggendaria, più mitica che storica,
ricordata anche da Omero, venerato come re, legislatore e sacerdote, giudice
dei morti nell’Ade e signore dei mari.
Tutto ciò
testimonia, fin dai tempi più antichi, del rispetto che i Greci, pur così fieri
della loro cultura e nemici degli stranieri, che essi chiamavano «barbari»,
avevano per l’Europa, atteggiamento quasi presago di quello che, a partire
dall’Impero Romano e poi dal cristianesimo, sarebbe stato l’influsso culturale
della Grecia sull’Europa, come ebbe a dire un Autore Romano, allorchè Roma
conquistò la Grecia: «Graecia capta ferum victorem cepit ».
L’Europa
appare altresì indirettamente anche nel Nuovo Testamento attraverso il dominio
romano su Israele; ma questa volta, evidentemente, non certo in una luce
favorevole. Tuttavia, l’interesse e il rispetto ebraico per l’Europa, nonostante
le invettive dell’Apocalisse contro «Babilonia», si manifesta alla fondazione
stessa della Chiesa, allorchè S.Pietro, obbedendo al comando di Cristo di
evangelizzare tutti i popoli, decide coraggiosamente di porre la sua sede
proprio a Roma, dove già era presente una comunità ebraica, alla quale S.Paolo
indirizzerà la Lettera ai Romani,
ossia gli Ebrei di Roma.
E si noti
che questa comunità tra le genti è la più antica, che dura ininterrottamente
dall’inizio del cristianesimo fino ad oggi, nonostante la persecuzione fascista
del 1938 ed innumerevoli altre traversìe. E ciò quasi a presagio profetico
della futura conquista dell’Europa da parte del cristianesimo.
Anche per
quanto riguarda gli Ebrei, benchè presenti in Italia ai tempi di Caterina, non
possiamo chiederle quell’attenzione che oggi riserviamo ad essi nel dialogo
interreligioso. Ella certo non mostra alcun disprezzo verso di loro, ma
semplicemente li ignora, conformemente alle abitudini del tempo, che
comportavano la tendenza cattolica, salvo pochi eruditi, a tenere le distanze
dalle comunità ebraiche, benché poi, tutto sommato, se in Europa si è diffuso
inizialmente il cristianesimo, lo si deve all’attività delle comunità
giudeo-cristiane guidate dagli Apostoli Pietro e Paolo.
Non fa
troppa difficoltà invece il concetto di Europa come area geografica, che si
estende fino ai monti Urali, confine però relativamente recente, risalente cioè
ai secoli XVII-XVIII, allorchè gli Ortodossi russi giunsero ai monti Urali ed
oltre, in Siberia, nell’opera di espansione del cristianesimo verso Oriente e,
per conseguenza, allargarono a quelle terre i confini della loro area
politico-nazionale. Ma l’Europa finisce agli Urali; e quel che c’è oltre è
Asia.
Per questo,
se la Russia fosse attratta dal desiderio di entrare nell’Unione Europea,
dovrebbe dividersi dalla Russia asiatica: in tal modo essa potrebbe formare
quel «polmone orientale» dell’Europa, opportunamente auspicato da S.Giovanni Paolo
II.
Egli,
infatti, trattando delle radici cristiane dell’Europa, ha messo in luce in alcuni
importanti documenti[2]
il fatto che la cristianità europea respira e deve respirare con i suoi due
«polmoni», quello occidentale e quello orientale. Ora, quest’ultimo si estende
solo fino agli Urali, perché questi sono i confini
naturali dell’Europa, anche se chiaramente l’Ortodossia e con essa la
nazionalità russa nel corso degli ultimi secoli sono diventate egemoni anche in
Siberia e nelle Repubbliche asiatiche.
S.Giovanni Paolo II aveva infatti già messo in
luce queste due anime o dimensioni spirituali dell’Europa nella Lettera
Apostolica Egregiae virtutis del 31
dicembre 1980, con la quale proclamava i Santi Cirillo e Metodio Patroni d’Europa.
In questo documento il Papa dà addirittura una definizione culturale-spirituale dell’Europa. Dice egli infatti che
«L'Europa, nel suo insieme geografico è per così dire
frutto dell'azione di due correnti di tradizioni cristiane, alle quali si
aggiungono anche due diverse, ma al tempo stesso profondamente complementari,
forme di cultura. San Benedetto, il quale con il suo influsso ha abbracciato
non solo l'Europa, prima di tutto occidentale e centrale, ma mediante i centri
benedettini è arrivato anche negli altri continenti, si trova al centro stesso
di quella corrente che parte da Roma, dalla sede dei successori di san Pietro.
I santi fratelli da Tessalonica mettono in risalto prima il contributo
dell'antica cultura greca e, in seguito, la portata dell'irradiazione della
Chiesa di Costantinopoli e della tradizione orientale, la quale si è così
profondamente iscritta nella spiritualità e nella cultura di tanti popoli e
nazioni nella parte orientale del continente europeo» (n.3).
Il
grande Papa polacco nell’enciclica Ecclesia
in Europa del 2003 sottolineò poi a merito della cristianità europea il
«riconoscimento
del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro
della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell'importanza
dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure
la tutela legale degli individui e dei gruppi, la promozione della solidarietà
e del bene comune, il riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici
hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto
dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della
Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici,
slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico» (n.19).
E
ancora:
«Non
c'è dubbio che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo
rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo
fondamento dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli
svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede
cristiana ha plasmato la cultura del Continente e si è intrecciata in modo
inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile
se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il
grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il
cristianesimo, pur nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è
affermato come la religione degli Europei stessi» (n.24).
E
ancora:
«Lungo i secoli, infatti, la Chiesa ha avuto
legami molto stretti con il nostro Continente, così che il volto spirituale
dell'Europa si è andato formando grazie agli sforzi di grandi missionari, alla
testimonianza di santi e di martiri, e all'opera assidua di monaci, religiosi e
pastori. Dalla concezione biblica dell'uomo, l'Europa ha tratto il meglio della
sua cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni
intellettuali ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per ultimo,
ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili» (n.25).
Nell’enciclica Slavorum Apostoli, il Papa ricorda inoltre che Paolo VI, in
precedenti atti dedicati alla memoria dell’opera evangelizzatrice dei
SS.Cirillo e Metodio,
«mirava a ravvivare la consapevolezza di questi
atti solenni della Chiesa ed intendeva richiamare l'attenzione dei cristiani e
di tutti gli uomini di buona volontà, ai quali stanno a cuore il bene, la
concordia e l'unità dell'Europa, all'attualità sempre viva delle eminenti
figure di Benedetto, di Cirillo e di Metodio, come concreti modelli e sostegni
spirituali per i cristiani della nostra età e, specialmente, per le Nazioni del
continente europeo, le quali, già da tempo, soprattutto grazie alla preghiera e
all'opera di questi Santi, si sono radicate consapevolmente ed originalmente
nella Chiesa e nella tradizione cristiana» (n.2).
Ad ogni
modo, è evidente che queste realtà, relative alla storia moderna, sono del
tutto estranee agli interessi europei di Caterina, membro della Chiesa cattolica
del suo tempo, allora senza contatti con le Chiese Ortodosse, diversamente da come
avviene oggi, grazie all’ecumenismo. Ricordiamo però queste cose, perché non c’è
dubbio, peraltro, che, se Caterina vivesse oggi, partecipe com’era degli interessi
della Chiesa, avrebbe sposato in pieno il movimento ecumenico.
Caterina non
parla mai dei dissidenti o scismatici d’Oriente, i cosiddetti «Ortodossi», che
allora venivano chiamati i «Greci», giacchè è evidente, per un cattolico, che
spetta a Roma il primato nell’insegnamento della fede ortodossa, ossia della
retta fede. Ai tempi di Caterina era completamente assente quello che oggi
chiamiamo «dialogo» tra cattolici e ortodossi, anche se tra questi abbiamo,
proprio nel ‘300, il caso rarissimo dei due fratelli greci Procoro e Demetrio
Kydones, ammiratori e studiosi di S.Tommaso, che sono stati presentati a noi
Latini in un dotto saggio dal Servo di
Dio Padre Tomas Tyn[3].
Comunque,
possiamo star sicuri che, se Caterina vivesse oggi, dopo il Concilio Vaticano
II, non esiterebbe a far suo il dialogo con i fratelli separati dell’Oriente e come
esortava gli scismatici a stare con Papa Urbano, così esorterebbe gli Ortodossi
a sottomettersi al Papa di Roma.
La dignità
dell’Europa
È interessante, inoltre, al riguardo, notare
come in Europa, nel corso dei secoli, avverrà la sintesi fra tre universalismi,
tre umanesimi: quello romano, quello greco e quello cristiano. Ed è altresì
interessante notare la differenza d’atteggiamento nei confronti dell’Europa tra
quello dei Greci e quello dell’Israele cristiano, ossia della Chiesa. Nell’uno
e nell’altro caso un atteggiamento di stima e di rispetto; ma nel primo caso, tale
atteggiamento si esprime in una specie di timore reverenziale, che giunge a
deificare l’Europa, e sarà, questa, la futura Europa concepita e mitizzata
dall’illuminismo settecentesco e dalla massoneria, e successivamente dal
romanticismo tedesco, fino ai nostri giorni.
Bisogna
ricordare altresì che, se l’Islam, fin dal suo sorgere e ancor oggi è causa di preoccupazioni
all’Europa, esso, soprattutto nel Medioevo – pensiamo per esempio alla Spagna e
alla Sicilia – ha lasciato per certi versi anche una traccia positiva nella formazione
della cultura europea. E se Caterina, conforme alla sensibilità del suo tempo,
esorta ripetutamente i prìncipi cristiani a smettere di guerreggiare fra di loro
e ad unirsi per il compimento di quello che lei chiamava il «santo passaggio»,
cioè la Crociata, contro i «cani infedeli», che sarebbero i musulmani, possiamo
credere che oggi ella approverebbe di cuore l’accordo di Abu Dhabi tra il Papa
e il Grande Imam di Al-Azhar.
Invece, nel
caso di Israele, è il cristianesimo originato da Israele, che, sentendosi
depositario di un umanesimo superiore a quello delle altre religioni e visioni
pagane, compresa quella greco-romana, avverte il dovere, per il bene della stessa
Europa, di evangelizzarla, utilizzando quanto di buono c’è nella cultura e
nella religione greco-romana. Tale evangelizzazione, come è noto, costituì l’Europa
cristiana nel sec.XIII.
Da quanto ho
ricordato appaiono evidenti la funzione e la missione dell’Europa, madre della
civiltà cristiana, dove si trova la sede di Pietro: irraggiare nel mondo la
fede cristiana, servendosi, come ha notato Papa Benedetto XVI, della cultura greco-romana,
che, per la sua solidità e per il suo valore universale, è stata utilizzata dalla
Chiesa per la formulazione dei dogmi della fede e per l’organizzazione
giuridica e gerarchica della Chiesa e la disciplina del culto cattolico.
Il Concilio Vaticano
II ha messo in luce il valore della pluralità delle culture e delle religioni
dell’umanità ed ha raccomandato che l’evangelizzazione avvenga utilizzando i
loro lati buoni come via di comunicazione al mondo dell’universale verità del
Vangelo; quel metodo missionario, che S.Giovanni Paolo II avrebbe chiamato
«inculturazione del Vangelo».
È accaduto, però,
nel postconcilio, che da alcune parti si equivocasse circa la vera natura dell’inculturazione, esagerando i
limiti della cultura greco-romana, come se essa fosse semplicemente una
particolare cultura fra le altre o anche inferiore ad altre, e comunque riservata
e ristretta alla sola cristianità europea. Da qui l’accusa all’evangelizzazione
fatta ai popoli extraeuropei a base di cultura greco-romana di essere
un’imposizione e una violenza coloniale.
Non si
percepiva il legame essenziale fra il cattolicesimo e quella cultura, onde
«Cristo è romano», come diceva Dante, anche se bisogna riconoscere che l’opera
missionaria, prima del Concilio, cadeva in un facile disprezzo per le culture e
gli usi del luogo, imponendo usi e idee
adatti all’Europa, ma non a quei luoghi.
Ma il
rimedio a quei difetti non corrisponde affatto alla vera mente del Concilio, il
quale, mentre li condanna, raccomanda come
modello di teologo S.Tommaso d’Aquino, Doctor
Communis Ecclesiae, tanto ammirato da Caterina, il quale si distingue proprio
per aver messo in luce il legame
indissolubile fra il dogma cattolico e la cultura greco-romana, la quale, trasmessa
agli extraeuropei, proprio per la sua universalità, non comporta nessun
colonialismo, ma si sposa benissimo con le più diverse culture locali. Questa è
la vera inculturazione.
L’idea
cateriniana dell’Europa
Ma ciò che
soprattutto interessa è sapere come Caterina concepisce l’Europa. Faremo poi
più avanti il confronto tra come era concepita l’Europa nel sec.XIV e come si presenta e la concepiamo
oggi, per cercare di delineare che cosa Caterina avrebbe da dire all’Europa di oggi.
È certo che
ella concepisce l’Europa solo come Europa occidentale, quel che è rimasto sotto
il dominio del Papa dopo lo scisma d’Oriente. Nel medioevo i cattolici chiamavano
se stessi «Latini», mentre chiamavano «Greci» gli ortodossi.
L’Italia e
l’Europa dei tempi di Caterina erano concepite come un’unica entità politica,
sia pure in una pluralità di Stati nazionali, di regni, di repubbliche, di
ducati e di signorie, a cominciare dal Sacro Romano Impero di Nazione
Germanica, entità statuale federativa, che comprendeva un vasto territorio
europeo plurietnico, e che in fin dei conti era soggetta, come aveva stabilito
la Bolla Unam Sanctam di Bonifacio
VIII del 1302, all’autorità del Papa.
L’Italia era
considerata semplicemente una «provincia» dell’Europa e, come dice Dante,
«Signora di province», in quanto Roma è l’erede della cultura classica e
dell’Impero Romano e soprattutto sede del Successore di S.Pietro, che è quel
sovrano che, essendo capo della Chiesa cattolica, univa l’Europa in una sola
fede e in una condotta morale animata dagli stessi princìpi di fede.
L’Europa
cattolica medioevale, ossia quella occidentale, accerchiata dall’Islam, che le
impediva l’accesso all’Africa, bloccata ad oriente dalle Chiese ortodosse, con le
quali non c’era dialogo, ed ignara dell’esistenza del nuovo mondo scoperto da
Colombo nel sec.XV, non aveva la possibilità di evangelizzare l’immensa Asia,
per cui non dobbiamo meravigliarci se in questa Europa chiusa su stessa, che
doveva fare di necessità virtù, non troviamo l’apertura missionaria della
cattolicità europea contemporanea postconciliare.
Infatti, solo
con la Riforma tridentina del sec.XVI, l’Europa cristiana riuscirà a Lepanto a
liberarsi dalla morsa islamica e acquisterà la forza di evangelizzare le due
Americhe e gli immensi territori dell’Asia e, a partire dall’ ‘800, sotto la
spinta del Concilio Vaticano I, anche dell’Africa e dell’Oceania
Nell’Europa
medioevale non c’era questione di partiti politici, così come sono concepiti
oggi, ossia come formazioni laiche sganciate dalla supervisione o dal controllo
del Papato, composte anche da non-cattolici o da non-credenti, benché resti che
un partito può avere una denominazione cattolica, come fu per la Democrazia
Cristiana italiana o come è attualmente il Partito cristianosociale tedesco.
Dramma,
inoltre, del sec.XIV e non solo di questo, era come l’Europa cristiana doveva
altresì difendersi dall’espansione islamica in Oriente, che pirateggiava le coste
europee, soprattutto italiane, e in particolare come garantire il libero e
sereno accesso dei pellegrini ai luoghi santi in Palestina. Non possiamo pretendere
dal sec.XIV il dialogo islamo-cristiano avviato dal Concilio Vaticano II.
Oggi i fondamentalisti
musulmani, ed anzi i terroristi, mentre perseguitano i cristiani nei paesi
islamici, si sono accorti che l’aggressione armata contro l’Europa, dopo le
brucianti sconfitte di Lepanto e di Vienna, non funziona più. Essi allora hanno
escogitato un metodo nuovo e subdolo di penetrazione apparentemente pacifica,
ma in realtà illegale e clandestina, infiltrandosi nei flussi migratori, che
arrivano in Europa e mescolandosi astutamente tra coloro che sono veramente
bisognosi o che vengono illusi o sfruttati dagli scafisti.
L’idea che
Caterina si fa dell’Europa la ricava direttamente dalla sua idea della Chiesa
europea occidentale, ossia dalla Chiesa cattolica, l’unica che esistesse allora
nell’Europa occidentale, non ancora divisa dall’eresia di Lutero. Come tutti i
suoi contemporanei, Caterina non ha ancora l’idea di un’Europa civile, che non
coincida con l’Europa cattolica, come comincerà ad apparire a partire dalla
Riforma luterana e ancor più con l’illuminismo settecentesco, che separa
l’Europa non solo dal cattolicesimo, ma dal cristianesimo.
L’europeismo
cateriniano traspare quindi dalla sua condotta e dalle sue lettere ai Pontefici,
nelle quali, nel momento in cui ella tratta col Papa degli interessi della
Chiesa, si sa quali sono per Caterina gli interessi dell’Europa, stante il
fatto che ella vedeva nel Pontefice sì il capo religioso della cristianità, ma
in fin dei conti anche colui, come aveva raffigurato Papa Bonifacio VIII tre
quarti di secolo prima, che doveva avere a cuore, per il tramite dell’Imperatore,
anche il bene temporale dell’Europa. Piuttosto già con lo scisma d’Occidente si
cominciarono a sentire in Europa quegli scricchiolii sinistri, che erano il
presagio funesto di quella dissoluzione dell’unità dell’Europa, che due secoli
dopo avrebbe portato con sé la Riforma luterana.
Nel dramma
dello scisma
Caterina
operò per l’unità europea adoperandosi per sanare lo scisma provocato
dall’antipapa Clemente VII. Caterina sa con certezza qual è il vero Papa: Urbano
VI, nonostante l’arroganza e l’irascibilità del suo carattere, che aveva
provocato la ribellione della maggioranza dei Cardinali, che, benché in un
primo tempo lo avessero accettato, poi, irritati per le offese ricevute, lo
sostituirono con Clemente. Comunque, è evidente che lo scisma non può
addebitarsi a quel solo tristissimo episodio.
Le sue cause
vanno ben al di là del cattivo carattere di Urbano, tanto più che si protrasse
anche dopo la sua morte, addirittura fin al Concilio di Costanza del 1415, che sanò
la terribile piaga con l’elezione di Martino V. La causa profonda di quella
sciagura fu la diffusione in Europa di fermenti dissolutori anarchici ed
individualisti diffusi dal nominalismo di Guglielmo di Ockham e dallo
statalismo antipapale di Marsilio da Padova, già nei primi decenni del ‘300.
Non possiamo
chiedere a Caterina, digiuna di teologia scolastica e di diritto canonico, una
sottile analisi critica ed argomentata di queste cause. E tuttavia ella, con
fine intùito profetico e femminile, capì benissimo il fondo della questione, il
tarlo infernale che stava corrodendo la compagine ad un tempo della Chiesa e dell’Europa:
quello che ella ripetutamente chiama «amor proprio di sè», eco evidente
dell’agostiniano «amor sui usque ad contemptum Dei»: la superbia, madre della disobbedienza,
della prepotenza e dell’empietà.
La Chiesa
del ‘300 non conosce ancora la tragica diffusione dell’eresia che si avrà col sorgere
del luteranesimo, benché già con Ockham e Marsilio siamo fuori dell’ortodossia.
E tuttavia, con il diffondersi del veleno della superbia nel Collegio cardinalizio,
l’istituto del Papato, benché non negato ancora in se stesso, riceve una dura offesa
nel campo della disciplina, in attesa di essere abbattuto del tutto con la Riforma
luterana.
Ci potremmo
chiedere se questo scisma può avere qualche somiglianza con la situazione di
frantumazione e di conflitti interni propri della Chiesa di oggi. E in caso
positivo potremmo chiederci quali indicazioni potremmo trarre dal pensiero
cateriniano per ovviare alla situazione di oggi. Diciamo innanzitutto che anche oggi è in atto uno scisma nella
Chiesa e ancora peggiore, benché non così platealmente manifesto, come lo
scisma del sec.XIV. Infatti, allora la secessione da Urbano VI ebbe un
carattere spettacolare, formalmente dichiarata da un gruppo di Cardinali
ribelli, i quali contrapposero a Urbano addirittura un altro Papa, Clemente
VII.
Il problema
che allora si pose fu quello di sapere quale dei due fosse il vero Papa, così
da sapere quale obbedienza scegliere. Certamente ne andava di mezzo la fede,
perché è il Papa legittimo che parla a nome di Cristo; e quindi lui solo è attendibile
ed infallibile nel suo magistero.
Ma, a parte
questo, tutti sapevano che la Chiesa è guidata dal Papa ed accettavano quindi
in se stesso l’ufficio petrino. Invece oggi è in atto uno scisma non
dichiarato, inconfessato, mascherato, criptico, informale subdolo, proteiforme
e inapparente, a doppia faccia, come l’antico dio pagano Giano Bifronte: esso
comporta un’opposizione al Papa secondo due direzioni reciprocamente opposte e
nemiche tra di loro: la linea modernista, che fa capo ai rahneriani, di coloro
che affettano di essere «amici» del Papa, in possesso di una grossa fetta di
potere, quasi una Chiesa nella Chiesa; e la linea assai più esigua ma alquanto
accanita, di coloro che sono aprtamente ostili al Papa, i tradizionalisti di
Mons.Lefebvre.
Lo scisma
del sec.XIV si compose al Concilio di Costanza nel 1417 con l’elezione di
Martino V, che abolì il doppio papato. Lo scisma di oggi si potrebbe risolvere
con un paziente lavoro di ricucitura, sotto la presidenza del Papa, per il
quale lavoro le due parti dovrebbero scoprire la loro naturale vocazione alla collaborazione
reciproca, perchè nella Chiesa il fattore conservazione deve accordarsi col
fattore rinnovamento; il fattore continuità deve unirsi al cambiamento; il fattore
tradizione deve congiungersi col fattore progresso; il mutevole deve stare
assieme all’immutabile; lo statico deve sposarsi col dinamico. Caterina oggi si
dedicherebbe corpo e anima, sotto la guida del Papa ed anche stimolandolo, a
questa urgente ed importantissima opera di riconciliazione e di pace.
Ella,
invece, nel suo tempo, certa della validità di Papa Urbano, si scaglia con
estrema durezza contro i fautori di Clemente VII; chiama «demòni incarnati» i
suoi Cardinali e «demonio» lo stesso Clemente. L’argomento sul quale Caterina
insiste per stare dalla parte di Urbano è che quei Cardinali che adesso
negavano la sua validità erano gli stessi che dopo l’elezione l’avevano
proclamata la medesima validità. Coloro che sostenevano l’antipapa erano invece
quelli che credevano alla dichiarazione dei Cardinali ribelli di aver eletto
Urbano non liberamente, ma sotto la pressione di una folla scatenata.
Se pensiamo
che dalla parte di Clemente VII stava un grande Santo come S.Vincenzo Ferreri,
del quale però probabilmente ella non sapeva, forse ci saremmo aspettati in Caterina,
così proclive alla misericordia e alla tolleranza, un certo atteggiamento di comprensione,
nella consapevolezza dell’estrema difficoltà di discernere quale fosse il vero
Papa.
Come spiegare
un atteggiamento così intransigente e severo? Non sapeva di quanta incertezza regnava
anche tra le persone più prudenti? I fautori di Clemente erano tutti in mala
fede? Come spiegare giudizi così opposti su Clemente come quello di Caterina e quello
di Vincenzo, entrambi grandi Santi? Il fatto è che, come Caterina sapeva bene, la
certezza della validità di un Papa è connessa con l’accettazione del magistero
dogmatico di quel dato Papa.
Ora, tale
accettazione è evidentemente ispirata dalla fede che il cattolico ha
nell’infallibilità pontificia. Ma ciò ha per conseguenza che il rifiuto di
accettare la validità di un dato Papa comporta il rifiuto del dogma dell’infallibilità
pontificia, per il quale quel dato Papa è infallibile nell’insegnare la verità
di fede. Ma tale rifiuto è eresia. E dunque, rifiutarsi di riconoscere a un Papa
legittimo il suo essere vero Papa, si risolve
ad essere un atto di eresia.
Se Caterina
vivesse oggi, sarebbe altrettanto decisa nel sostenere la legittimità del
papato di Papa Francesco, purtroppo contestata da certi cattolici, che, prendendo
a pretesto le debolezze umane di Francesco, perdono di vista per il loro orgoglio
l’incomparabile beneficio, privilegio del cattolico, di ricevere dal Papa,
maestro della fede, la guida sicura sulla via della salvezza.
P.Giovanni
Cavalcoli
Varazze, 15
febbraio 2019
Conferenza tenuta a Varazze il 14 marzo 2019
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