Sulla questione
dell’infallibilità pontificia
Un Papa
zelante, ma che ci fa soffrire
Tutti gli osservatori più oggettivi e fedeli al
magistero dell’attuale Pontefice, sin dagli inizi del suo pontificato, hanno
segnalato nei suoi frequentissimi insegnamenti, accanto alla chiara e costante testimonianza
del Successore di Pietro e del Maestro della fede, rilevabile, come è naturale,
soprattutto nei documenti di maggior impegno dottrinale, una serie di giudizi
su temi riguardanti la fede che hanno sorpreso e turbato i cattolici più
zelanti della sana dottrina e più attaccati al magistero infallibile del Romano
Pontefice.
Citiamo alcuni esempi di tali giudizi. Essi
vertono circa l’assolutezza ed immutabilità della verità e della morale, l’aspetto
intellettuale della fede, la conservazione del deposito della fede, gli
attributi divini, la giustizia divina, la Santissima Trinità, il significato
della sofferenza, la soddisfazione per i peccati, l’essenza della Chiesa, il
rapporto Chiesa-mondo, il fine dell’evangelizzazione, la mariologia, il
rapporto uomo-natura, l’ecumenismo, il pluralismo religioso, la valutazione
della figura di Lutero, giudizi che appaiono dissonanti dalla sana ragione, dai
dati della storia, dalla Sacra Scrittura, dalla Sacra Tradizione, dagli
insegnamenti dei precedenti Pontefici e dei Concili, nonché dagli insegnamenti
dei Santi.
Spesso tali giudizi sono stati espressi in
forme ambigue, passibili di contradditorie interpretazioni, né il Papa si è
sempre premurato di chiarire. Spesso con uno sforzo interpretativo è possibile
dare di queste espressioni anomale e a volte inaudite nella bocca di un Papa
un’interpretazione benevola. Ma in alcuni casi, per quanti sforzi si possano
fare, ciò non è possibile. E il tentativo fatto da alcuni ha il sapore della
cortigianeria.
È la prima volta nella storia del magistero
pontificio che questo problema si pone in modo così acuto. I cattolici più
coscienziosi si sono domandati, molto preoccupati, come spiegare una cosa del
genere. Il Papa, dal canto suo, pare non dare importanza a questo grave disagio
e non sembra quindi far quasi nulla per tranquillizzare le coscienze
scandalizzate, anzi egli sbrigativamente e quasi infastidito le apostrofa con
titoli spiacevoli, come soggetti «rigidi» e «conservatori».
Ora, bisogna dire che effettivamente esistono
cattolici, i quali, non avendo accettato le dottrine innovatrici del Concilio
Vaticano II, accusano ingiustamente di modernismo e di tradimento della
Tradizione Papa Francesco, che sta portando avanti la riforma conciliare. In
ciò il torto è certamente dalla parte di questi nostalgici del passato e falsi
fedeli alla Tradizione. Ma anche Papa Francesco – mi sia consentito - ha il suo torto, che consiste nel fare di
tutte le erbe un fascio accomunando in un’unica condanna di «conservatorismo»
sia i laudatores temporis acti, sia
gli autentici cattolici amanti del Papa, che soffrono e sono angustiati nel
constatare i suddetti difetti del Padre comune e non sanno come spiegarli o
cosa fare.
Questi cattolici dispiaciuti e turbati non hanno
nulla a che vedere con gli anticonciliari; al contrario, essi accettano il Concilio,
ma vogliono giustamente che esso non diventi un pretesto per promuovere il
modernismo. Infatti il punctum dolens,
il nodo della questione è proprio questo, che i modernisti, che oggi sono legione,
non sono affatto turbati da tutte quelle uscite del Papa alle quali ho accennato
all’inizio, ma anzi le considerano segni profetici
ed entusiasmanti della linea riformatrice – i più spinti dicono «rivoluzionaria»
- di Papa Francesco, inauguratore di un «nuovo paradigma» e di una «svolta
epocale».
Le manovre
dei modernisti
I modernisti, autoproclamatisi «amici del
Papa», vogliono farci credere che con l’avvento di Papa Francesco sono finiti i
Papi «conservatori» e che è
finalmente giunto un Papa mosso dallo Spirito Santo, che «rinnova la faccia della
terra», un Papa che muta i dogmi ed abbandona i dogmi invecchiati, come per
esempio il peccato originale o che Dio castiga o che non tutti si salvano o il
sacrificio soddisfattorio o la necessità dei meriti.
Per questo, secondo i modernisti Papa
Francesco ci mostra che ciò che era proibito ieri o lo è stato per 2000 anni,
può essere permesso oggi e che il detto «si è fatto sempre così» è il motto
degli arretrati preconciliari e presessantottini, che non stanno al passo della
modernità. Per questo il Papa per loro è un liberatore, promotore della libera circolazione
delle idee e dei costumi, «sdoganando» e liberalizzando molte vecchie
proibizioni dei Papi precedenti.
Non più punizioni, ma solo misericordia. Tutti sono «feriti», bisognosi di essere compassionati
e lasciati liberi di fare come vogliono, perché Dio è buono e comunque perdona.
Non c’è nessun «feritore», se non le malelingue dei farisei e dei dottori della
legge. Il peccatore non è uno che si comporta male rispetto al giusto, ma
semplicemente un «diverso», che va rispettato ed apprezzato nella sua
diversità. La novità è intesa come rottura. Il progresso non è inteso come
sviluppo dell’identico di prima, ma alla maniera di Hegel, come contradditorio
a ciò che c’era prima. L’immutabile è respinto come rigidezza della pietra,
della statua o del cadavere. È chiaro che tutto ciò è una astuta mistificazione
del magistero e della pastorale di Papa Francesco, ma purtroppo egli, con certe
ambiguità, contraddizioni, ingiustizie, reticenze e negligenze, presta il
fianco alle critiche, anche se c’è chi esagera e finisce per calunniarlo ed
odiarlo.
Il rimedio
sbagliato dei conservatori
D’altra parte non possiamo neppure approvare
il tentativo disonesto e temerario fatto da cattolici conservatori di accusare Papa
Francesco di eresia sulla base della convinzione erronea che l’infallibilità
pontificia riguardi solo quelle condizioni
specialissime e rarissime fissate dal dogma dell’infallibilità del 1870, ossia
la dichiarazione o definizione esplicita, straordinaria e solenne di un nuovo dogma
di fede. Costoro infatti ragionano così: siccome Papa Francesco nei suoi
documenti ufficiali, nei suoi discorsi, nelle interviste che rilascia, nelle
sue omelie e nelle sue udienze generali non proclama mai nuovi dogmi, allora il
suo insegnamento non è infallibile, e può essere eretico.
Ma costoro non tengono conto della Lettera
Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni
Paolo II del 1998, nella quelle il Papa, per il tramite della CDF, esplicitando ed ampliando il significato del
dogma del 1870, presenta tre gradi
di autorità delle dottrine pontificie, tutti egualmente ed irreformabilmente veraci, quindi infallibili, dove il primo grado è quello delle definizioni
dogmatiche solenni, ma il terzo è quello del magistero ordinario.
Alla luce dell’Ad tuendam fidem risulta dunque di fede cattolica definita che il
Papa possiede da Cristo, per il tramite della successione apostolica, il potere
di insegnare infallibilmente sia nel magistero straordinario, sia in quello
ordinario, la verità del Vangelo. Infallibilità pontificia non vuol dire che il
Papa, in cose di fede, come uomo o anche come credente, sia personalmente
infallibile, ma che è infallibile quello Spirito Santo Che lo assiste.
Dire, insomma, che il Papa è infallibile
nell’insegnare come Successore di Pietro la verità evangelica, vuol dire che,
quando lo Spirito Santo lo assiste nel suo munus
petrino perché egli annunci o spieghi o difenda la verità del Vangelo, lo
Spirito Santo illumina la sua mente e muove
infallibilmente il suo libero arbitrio, senza che possa opporsi, ad
insegnare infallibilmente ed esattamente, con diligenza, chiarezza
inequivocabile e senza reticenze, quella verità che lo Spirito Santo vuole che
insegni. Qui lo Spirito Santo vince la tendenza del nostro spirito all’errore e
lo conferma nella verità: confirma fratres
tuos. Il Papa conferma tutti i
credenti ed è confermato direttamente dallo Spirito Santo.
Come funziona
il munus dell’infallibilità
Quando quindi lo Spirito Santo soffia, si
tratti di magistero ordinario o straordinario, la mente e la volontà del Papa obbediscono
infallibilmente al soffio dello Spirito. Lo Spirito non muove la volontà del
Papa pur lasciandola libera, ma muove la sua
stessa volontà proprio facendola libera, libera nel suo esercizio e libera
dall’errore. Se in questo caso l’insegnamento del Papa non è chiaro o è
ambiguo, dev’essere interpretato in bonam
partem, confrontandolo col magistero ecclesiastico precedente.
Dunque, quando il Papa è mosso dallo Spirito
Santo come Maestro della fede, obbedisce docilmente, infallibilmente e liberamente,
allo Spirito Santo, insegna infallibilmente anche nel suo magistero ordinario
la verità del Vangelo a tutta la Chiesa e conserva fedelmente il deposito della
fede.
Egli insegna infallibilmente qual è
l’autorità del Papa sulla Chiesa, ma non è poi detto che nella pratica egli sappia
governare bene la Chiesa, perché qui il Papa è un peccatore come tutti noi: è infallibile nella dottrina, ma non è impeccabile
nella condotta morale. Egli non muta il dogma e la legge morale, ma semmai
li spiega meglio. Può mutare le leggi canoniche al fine di far progredire la
Chiesa sulla via della giustizia evangelica e della santità.
In forza del carisma dell’infallibilità, un
Papa può avere tutti vizi, ma è l’unico fra tutti i cattolici, che non può perdere la fede e non può peccare contro la fede, quindi
non può cadere nell’eresia o nell’apostasia, salvo che perdesse la salute
mentale, ma allora non sarebbe responsabile. Il diavolo può tentarlo; ma qui,
ad imitazione di Cristo e con la forza di Cristo, il Papa resiste.
Se quindi si trovano a volte nelle parole di
un Papa cose strane e conturbanti, che sanno di eresia, è perchè o gli sono
sfuggite o perché non si è espresso bene o per negligenza o imprudenza
pastorale o per gioco o per incompetenza o per inavvertenza o perché è attaccato
una sua opinione o perché si fida di teologi impreparati o perché non abbiamo
saputo interpretare bene quello che voleva dire.
Occorre inoltre tener presente, che il Papa è infallibile come dottore, ma non è
impeccabile come pastore. E la pastorale non riguarda solo il governo della
Chiesa e il potere delle chiavi, ma anche il
linguaggio, ossia il modo di insegnare e diffondere il Vangelo. Se il Papa
è infallibilmente assistito nel conoscere e nell’insegnare la verità, il modo di insegnarla è rimesso alla sua
abilità e prudenza pastorale. E qui il Papa può mancare. Può insegnare la
verità in modo improprio, strano, ambiguo o confuso o a doppio senso, tale da
trarre in inganno e suscitare equivoci e fraintendimenti o da essere strumentalizzato
dai nemici della Chiesa o da falsi amici.
Inoltre, c’è da tener presente che il Papa come
Pastore è sempre libero di compiere o non compiere un atto del suo magistero.
Ma dal momento in cui il Papa inizia a compiere questo atto, in forza della mozione
infallibile dello Spirito Santo, non può
resistere allo Spirito Santo, non perchè
da Lui costretto – sarebbe cosa blasfema il solo pensarlo – ma proprio perchè
lo Spirito Santo muove infallibilmente ad
unum fortiter et suaviter la volontà
del Papa a dire la verità evangelica volontariamente
e responsabilmente per il bene della Chiesa e delle anime.
Facciamo un esempio di ciò che il Papa in
queste circostanze può fare: in occasione dell’opportunità che gli si può
offrire di compiere un atto di magistero, il Papa può accettare o non
accettare, ma quando compie tale atto di magistero non può non volere e non dire veracemente ossia infallibilmente quello
che lo Spirito Santo gli detta e gli ordina di dire.
È questa una gravissima ma dolcissima responsabilità,
che gli è donata dallo Spirito Santo, come prerogativa unica, peculiare ed
insostituibile del magistero pontificio, al di sopra di tutte le altre autorità
della Chiesa fino alla fine del mondo, affinché le potenze sataniche non
prevalgano sulla Chiesa.
Da che cosa si deduce che il Papa in quella data
frase, pur trattando materia di fede o prossima alla fede, non ha fatto uso del
munus dell’infallibilità? Dal fatto
che quella frase, così come suona o sembra suonare, sembra discostarsi o dalla sana ragione o dalla Scrittura o dal
deposito rivelato o dal magistero dei precedenti Pontefici. In questo caso è
evidente che non può esser stata pronunciata con l’assistenza dello Spirito
Santo, Spirito della Verità, ma proviene solo
dalla fragile umanità di Francesco.
Se quindi il Papa, o perché spinto da un moto
passionale improvviso o per motivi caratteriali, ideologici o psicoemotivi,
accidentali od occasionali, preterintenzionali o indipendenti dalla sua volontà di Papa, trattando pubblicamente
di temi di fede o prossimi alla fede, esprime una sua particolare opinione come
dottore privato sulla dottrina di Cristo, un’opinione discutibile o non
conforme alla sana ragione, ai dati della scienza e della storia, alla
Scrittura, alla Tradizione e al magistero pontificio precedente, è chiaro che in tal caso il Papa non parla da Papa, da
Successore di Pietro, ma da essere umano fallibile ed esposto all’errore; non
è assistito dallo Spirito Santo e quindi non è infallibile, ma anzi erra.
Di tali opinioni il cattolico non deve tener
conto ed anzi deve respingerle come contrarie alla verità del Vangelo e al
magistero pontificio autentico. Comunque il Papa ha sempre la possibilità di
rivedere o correggere queste posizioni alla luce della sua autorità apostolica
autentica.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 5 giugno 2020
Sarebbe opportuno che il Papa esprimesse i suoi pensieri e convinzioni personali solo con i diretti collaboratori con cui ha facoltà di pranzare.
RispondiEliminaDovrebbe evitare di dare opinioni personali durante le interviste su aerei o durante le udienze generali o in qualunque occasione pubblica.
È auspicabile che prima o poi qualcuno lo assista e gli eviti espressioni ambigue che destabilizzanti il fedele.
Insomma dovrebbe parlare solo ex cathedra.
Cara Angela, sono d'accordo che sarebbe bene che il Santo Padre controllasse maggiormente le sue parole, ma d'altra parte non lo si può obbligare a parlare solamente ex-cathedra, perchè questo è il massimo livello del magistero, e qualunque Papa è libero di scegliere anche i livelli inferiori. Nessuno impedisce ad un Papa di esprimere opinioni private, purchè faccia capire che si pone a questo livello, le esprima con molta sobrietà e con molta prudenza.
EliminaMa non potrebbe accadere che un papa mettendo così frequentemente davanti sue personali suggestioni e convinzioni come fossero verità (ad es. Un certo fondamentalismo ecllogico, la simpatia per autocrati di sinistra, la sottovalutazione del VI comandamento, la sottovalutazione dei richiami mariani nelle apparizioni riconosciute dalla chiesa) conduca il proprio pontificato verso un perlomeno parziale fallimento pratico? Impedendo (per cosi dire) allo Spirito Santo di gonfiare appieno le vele (non ben dispiegate) della navicella della chiesa?
RispondiEliminaCaro Unknown, anche riconoscendo che il Papa dia troppo spazio a opinioni private, ricordiamoci però che ogni Papa ha il sostegno dello Spirito Santo per guidare la Chiesa verso il Regno dei Cieli.
Elimina"Da che cosa si deduce che il Papa in quella data frase, pur trattando materia di fede o prossima alla fede, non ha fatto uso del munus dell’infallibilità? Dal fatto che quella frase, così come suona o sembra suonare, sembra discostarsi o dalla sana ragione o dalla Scrittura o dal deposito rivelato o dal magistero dei precedenti Pontefici. In questo caso è evidente che non può esser stata pronunciata con l’assistenza dello Spirito Santo, Spirito della Verità, ma proviene solo dalla fragile umanità di Francesco".
RispondiEliminaQuindi se il Papa erra non sta facendo uso del munus petrino. In tal modo non si sta affermando che il Papa sarebbe infallibile solo quando dice cose corrette, mentre sarebbe infallibile quando afferma eresie?
Non è una cosa ovvia?
La stessa cosa non può essere detta di qualunque uomo comune? Quando sbaglia è fallibile; quando afferma cose in linea con la dottrina ha detto una verità infallibile.
Sono molto disorientato: non riesco a comprendere.
Errata corrige: In tal modo non si sta affermando che il Papa sarebbe infallibile solo quando dice cose corrette, mentre sarebbe fallibile quando afferma eresie?
RispondiEliminaCaro Anonimo, l'infallibilità pontificia è un carisma che possiede solo il Papa in tutta la Chiesa. Per questo noi, comuni fedeli, siamo infallibili solo quando ripetiamo gli articoli di fede nel Credo e quando a nostra volta facciamo nostro il magistero della Chiesa, per esempio le dottrine del Vaticano II. Altra differenza tra la nostra infallibilità e quella del Papa, è quella che noi siamo infallibili solo nelle condizioni suddette, mentre il Papa è infallibile tutte le volte che vuole svolgere il suo ufficio di Maestro della fede. Questa differenza comporta il fatto che il Papa non può essere mai eretico, mentre possiamo esserlo noi quando disobbediamo al suo magistero. In altre parole, il suo insegnamento è la Chiesa docente, mentre noi siamo la Chiesa discente. In tal modo la verità viene dalla Chiesa docente, mentre la Chiesa discente può sbagliarsi, se non obbedisce al Papa, nell'ambito della verità,.
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