Il gusto del labirinto - Non il desiderio di arrivare a una meta, ma il gusto di girare su se stessi - Seconda Parte (2/2)

 

 Il gusto del labirinto

Non il desiderio di arrivare a una meta,

ma il gusto di girare su se stessi

 

Seconda Parte (2/2)

Tutta la storia della presenza di noi Domenicani a Fontanellato è legata all’azione dei Sanvitale a nostro favore, a cominciare dalla fondazione del convento nel 1512. In occasione delle soppressioni napoleoniche i Sanvitale non approvarono affatto la rapina napoleonica, ma, cessata la bufera, il Conte Stefano Sanvitale s’interessò per far tornare i Domenicani, i quali s’insediarono nel 1823 in un conventino nel piazzale della Chiesa, convento che fu successivamente sostituito negli anni ’50-‘60 del secolo scorso dal ben più grande convento di tre piani dove attualmente risiediamo.

La famiglia Sanvitale dette prelati alla Chiesa, persino un Vescovo di Parma. Ebbe sempre cura a che il popolo di Fontanellato, prima suo feudo e poi contea nel sec. XV, fruisse sempre di un adeguata assistenza religiosa. Segno cospicuo di ciò fu il gesto del conte Giberto Sanvitale, che nel sec. XV fece erigere la chiesa parrocchiale di Santa Croce, tuttora esistente e regolarmente officiata. E il popolo corrispose sempre a queste cure, progredendo nella vita civile e crescendo nella fede cristiana, e mai osando alcuna disobbedienza o ribellione al suo Signore.

La storia di Fontanellato è la storia di un popolo sempre legato al suo Signore, mai una ribellione, mai una sommossa, mai una insurrezione, a differenza di tanti altri tragici casi, come avvenne per esempio in occasione della riforma luterana o della Rivoluzione francese.

E tuttora i Fontanellatesi vanno fieri del loro passato legato alla famiglia Sanvitale. Quanti casi nei secoli passati di castelli gentilizi distrutti dalla folla inferocita! Al contrario, i Fontanellatesi conservano gelosamente intatta l’antica rocca come fosse una reliquia, come un tesoro di famiglia[1], ricco di preziosi cimeli ed opere pittoriche, meta continua di visitatori, fieri ora di possederla come loro proprietà avendola ricevuta in dono come sede del Comune da Giovanni Sanvitale[2] nel 1948, ultimo discendete dei Sanvitale. La storia di Fontanellato è l’esempio della perfetta compatibilità tra monarchia, aristocrazia e democrazia, alla luce della fede e in comunione con la Chiesa.

Ma anche osservare la stessa piantina di Fontanellato è istruttivo sotto questo punto di vista. Il castello dei Sanvitale è al centro della cittadina circondata da mura con fossato, un tempo pieno d’acqua, mura non più esistenti, ma il cui tracciato si nota ancora dalle strade di circonvallazione che ne seguono appunto il tracciato tipicamente medioevale, irregolare e sinuoso, così diverso dalla famosa pianta romana quadrata, le cui tracce si notano ancora per esempio in mappe come quelle di Ravenna e di Bologna. 

Quello che adesso di questa famiglia soprattutto c’interessa è evidenziare l’opera che essa ha dato al sorgere e al fiorire del Santuario mariano di Fontanellato con annesso convento domenicano, al quale fece seguito nei primi ‘800 un monastero femminile.

I Domenicani furono chiamati a Fontanellato dalla Contessa Veronica da Correggio, madre di Galeazzo Sanvitale nel 1511 poco dopo la morte del marito, conte Giacomo Antonio Sanvitale. L’11 febbraio 1512 iniziò così la costruzione del nuovo conventino, che fu ubicato presso un piccolo oratorio dedicato a San Giuseppe[3].

Nel 1571, in occasione della vittoria delle armate cristiane a Lepanto, l’Ordine Domenicano impose a tutte le sue chiese la fondazione della Confraternita del Rosario. Così anche a Fontanellato si allestì l’altare della Confraternita e su di esso si collocò una modesta immagine della Madonna delle Vittorie. Ma poi, per stimolare meglio la venerazione di Maria, che nei dintorni si stava diffondendo nel 1615 i frati commissionarono a un artigiano locale l’immagine di legno di altezza quasi naturale tuttora venerata e la Madonna iniziò presto a ricambiare con grazie e prodigi.

Attualmente in chiesa non c’è solo questa statua della Madonna che troneggia sull’altar maggiore sotto un arco di colonne, ma anche dietro all’altar maggiore c’è un graziosissimo tempietto, dove una Madonna dipinta non è in alto a rappresentare la sua condizione celeste, ma al livello di terra, a rappresentare la sua presenza fra noi.

Un’immagine straordinaria e affascinante

Nell’uno e nell’altro caso le immagini di Maria sono bellissime secondo un canone di formosa bellezza latina che fu adottato con la riforma tridentina, la quale, se da una parte promosse con rigore forse anche eccessivo la purezza dei costumi cristiani contro il lassismo luterano, dall’altra adottò in pieno il canone rinascimentale della bellezza femminile, abbandonando per sempre, come già aveva iniziato Giotto nel sec. XIII, il duro, artificioso e freddo canone bizantino, che fino a Giotto aveva ispirato anche l’iconografia latina. 

Fino a quel periodo le icone della Madonna vengono a noi dall’Oriente[4]. Con Giotto inizia l’iconografia mariana latina, che recupera la bellezza greca così realisticamente rispecchiante la naturale conformazione del corpo femminile creato da Dio, senza artificiose e puritane preoccupazioni idealizzanti, che finiscono per imporre alla natura l’arbitrio dell’uomo. La pudicizia è salvata dall’abbondante abbigliamento, che però lascia intravedere le forme del corpo.

Infatti sappiamo come il culto mariano abbia ricevuto a Roma il primitivo impulso dalla Grecia e non possiamo negare che il canone bizantino, tuttora in auge presso i nostri fratelli ortodossi, abbia una sua delicata e sublime bellezza, che ha prodotto immagini di incomparabile suggestività – si pensi solo alla Madonna della tenerezza di Vladimir -; e tuttavia, la rigida e innaturale stilizzazione del volto e la totale assenza delle forme femminili nascoste dietro vesti soffocanti, sono un segno che lascia indovinare lo spiritualismo disincarnato platonico, contrario all’unità biblica di anima e corpo.

Viceversa, l’introduzione dell’aristotelismo, col suo equilibrio etico meglio compatibile col Vangelo, tra noi Latini sin dal sec. XIII non aveva tardato a portare i suoi frutti nella raffigurazione del corpo femminile. Da qui il sorgere del canone rinascimentale, che si ispirò a quello della Grecia classica.

L’impresa che attingeva al mondo pagano (si pensi per esempio alla Venere di Milo) non fu certo esente da rischi e deviazioni. Ma a questo punto possiamo notare in campo iconografico la saggezza della riforma tridentina, la quale, senza abbandonare affatto l’esigenza ascetica trascurata da Lutero, prese le distanze anche dal rigorismo bizantino proponendo un canone di bellezza femminile di tipo edenico-escatologico, che cominciò ad ispirare l’iconografia mariana post-tridentina.

Ora, le icone mariane di Fontanellato nascono esattamente in questo clima di riforma: la Madonna resta sempre rigorosamente abbigliata, anzi in sontuose vesti regali seicentesche, ma nel contempo ha un volto di incomparabile bellezza e ciò non impedisce affatto che si vedano le forme della sua femminilità. Maria è una donna, con la ricchezza e peculiarità della sua femminilità, non è uno schema simbolico, non è una fredda, insipida e astratta figura geometrica.

Quanto al monastero femminile aggregato al Santuario, il conte Stefano Sanvitale nel 1816 fece richiesta alla Duchessa di Parma Maria Luigia di concedere che le monache potessero occupare l’ex-convento dei Domenicani, i quali, a seguito delle soppressioni napoleoniche, nel frattempo si erano insediati nel 1823 in un piccolo convento fatto costruire sul piazzale del Santuario.

La cosa interessante circa il sorgere del Santuario della Madonna del Rosario di Fontanellato è che, a differenza di molti altri Santuari mariani, questo non fu originato e motivato da fatti miracolosi o apparizioni o messaggi della Madonna, come è accaduto per altri Santuari, come per esempio quello di Lourdes o di Fatima, ma sorse per una deliberazione umana, seppur ispirata dall’alto, della famiglia Sanvitale congiuntamente all’Ordine Domenicano. Noi Domenicani dobbiamo a questa famiglia se ci troviamo da cinque secoli qui a Fontanellato

Non risulta che in cinque secoli di permanenza a Fontanellato la Madonna abbia mai lanciato messaggi a differenza di Madonne loquacissime, delle quali però a volte è lecito dubitare. Ella parla e si fa sentire direttamente e silenziosamente nell’intimo dei cuori dei suoi fedeli, senza toccare i grandi princìpi teologici o morali, i grandi problemi e temi di carattere ecclesiale o escatologico, lasciando questo compito al Papa, ai teologi e ai pastori, in particolare alla Comunità dei Padri Domenicana del Santuario.

Maria insegna alle giovani la pudicizia, ed insieme ad essere fiere della loro femminilità, insegna a nasconderla a chi non sa apprezzarla, a mostrarla a chi sa goderne, a non dare la perla ai porci, ma a mostrarla a chi se ne intende. Maria ci insegna che nella vita futura il sesso sarà pura espressione dell’amore (Gen 2,24), mentre quaggiù ha una funzione procreatrice (Gen 1,28). Ella insegna che il voto di castità non è repressione, ma nobilitazione del sesso, compatibilmente alle condizioni di quaggiù, mentre lassù il sesso avrà libera e piena attuazione secondo l’originaria volontà divina (Gen 2,24).

Maria a Fontanellato si fa sentire Madre provvidente nel quotidiano, nella gente comune, nei poveri, nei malati, nei penitenti, nella vita cristiana di tutti i giorni, con le sue croci, le sue gioie, i suoi compiti, le sue speranze. Elargisce grazie nell’intimo dei cuori, parla alle coscienze, prende le persone una per una in un dialogo interpersonale, entra all’interno delle famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle parrocchie, tanto che innumerevoli da cinque secoli sono gli attestati di gratitudine – i cosiddetti «ex-voto» -, lasciati dai fedeli graziati o miracolati, che sarebbero così numerosi da riempire la chiesa intera. E questi sono attestati di persone che sanno a chi rivolgersi, non di persone che girano su se stesse nel labirinto della vita.

E la famiglia Sanvitale è sempre rimasta devota al Santuario fino alla sua estinzione. I segni della sua presenza, come lo stemma, restano nel Santuario; dal cielo i suoi membri Santi pregano per gli abitanti di Fontanellato e per tutta la Chiesa. Oggi il Santuario sopravvive a questa famiglia, mentre nel centro cittadino resta, imponente ed austera, la grandiosa ricca, testimonianza di secoli del benefico potere dei Sanvitale su Fontanellato. 

L’enorme ed austero edificio ormai abbandonato, ospita oggi gli uffici del Comune, in seguito al dono che l’ultimo discendente dei Sanvitale, Giovanni, fece nel 1948 al Comune dell’antico maniero di famiglia, ultimo servizio reso al bene comune da parte di questa illustre famiglia, che per tanti secoli ha operato per il bene dell’Italia e della Chiesa.

Altri frutti di Maria Madre di misericordia

Occorre ricordare altri fatti importanti, che testimoniano come vicino a Maria non vaghiamo in modo inconcludente tra vicoli ciechi e giri inutili per le strade del mondo e non perdiamo tempo a gingillarci narcisisticamente attorno all’autoritratto della nostra vanità, ma procediamo spediti e sicuri senza tentennamenti e ripensamenti non per ritrovarci al punto di partenza, ma per camminare di vittoria in vittoria verso il punto d’arrivo.

Una cosa che si nota nel patrocinio che Maria assicura per mezzo del Santuario di Fontanellato è in modo speciale la promozione del ministero sacerdotale con l’infondere in anime elette di sacerdoti iniziative e progetti eccellenti e straordinari, coraggiosi e innovativi di crescita della vita ecclesiale e di santificazione delle anime.

In questi cinque secoli da quando Maria ha iniziato qui a farsi madre della grazia, madre clementissima, madre di misericordia e madre di buon consiglio beneficando numerosissime anime a noi sconosciute ma ben note a lei, sembra che a partire dal secolo scorso, quasi ad intensificare la sua premura materna per un’umanità che sembra avvolgersi in un labirinto di controsensi, di frustrazioni, di autodemolizioni, di vaneggiamenti, Ella si sia proposta di suscitare grandi anime sacerdotali, conscia della missione specifica del sacerdote di segnalatore della direzione giusta, di «messaggero del Signore degli eserciti» (Mal 2,7), di vittima di riconciliazione, suscitando una serie di elette anime sacerdotali secondo il cuore di Cristo. Ne ricordiamo alcune, le più famose.

Primo evento da ricordare al riguardo è la visione che il Venerabile Padre Domenicano Giocondo Pio Lorgna[5] il 21 giugno 1916, annotò con le seguenti profetiche parole: «Fontanellato alla S.Messa avuta ispirazione: essere quali vorrei che fossero le figliuole: Eucaristiche»[6].

Si trattava della prima intuizione di quella che sarebbe stata la sua opera di fondazione dell’Istituto delle Suore Domenicane della Beata Imelda. Padre Giocondo ebbe l’idea di affidare ad esse l’educazione dei fanciulli e dei giovani fondata sull’adorazione eucaristica, che fu la stella che guidò il sacerdozio e l’apostolato di Padre Giocondo, sulla scia della promozione della Comunione data ai fanciulli, secondo la recente iniziativa di San Pio X. Le Suore di Padre Giocondo ebbero all’inizio un vastissimo campo di intervento nell’assistenza ai numerosissimi orfani che la terribile guerra mondiale aveva prodotto. In seguito avrebbero affrontato non facili compiti missionari in America Latina, in Africa e in altre nazioni.

Seconda anima da ricordare è quella del Padre Domenicano Giacinto Mazzetti, ideatore, fondatore e tenacissimo realizzatore della grandiosa Casa del Fanciullo nel 1929[7], costruita accanto al Santuario e convento domenicano, avente per scopo quello di ospitare ed educare gli orfanelli e comunque fanciulli senza famiglia bisognosi di assistenza.

L’istituto venne affidato alle Suore Domenicane della Beata Imelda, dedite appunto istituzionalmente a questo compito. Della Casa del Fanciullo fu posta prima pietra nel 1913 e, dopo una serie di complicate vicende tra le quali le difficoltà poste dalla seconda guerra mondiale, riaprì i battenti nel 1948[8],  dopo che l’istituto aveva ospitato forze militari.

L’attività, dopo un inizio molto fiorente, andò gradualmente scemando sia per la diminuzione demografica e sia perchè opere simili erano sorte anche per iniziativa pubblica o di altri enti, finché, esauritasi del tutto negli anni ’90,  nel 1999 l’edificio venne ceduto ad un’importante istituzione ospedaliera, ossia il Centro Cardinal Ferrari, che nel frattempo si era affermato come uno dei principali punti di riferimento italiani nel settore della riabilitazione per gravi cerebrolesioni acquisite e congenite.

Altra grande anima sacerdotale largamente favorita dalla Madonna di Fontanellato è stata quella di San Guido Maria Conforti[9], Vescovo di Parma, fondatore dell’Istituto Missionario Saveriano di Parma, il quale a Parma il 15 novembre 1895 aprì la prima Casa dell’Istituto.

Altra grande anima sacerdotale da ricordare è il Santo Card. Andrea Ferrari[10], Arcivescovo di Milano, il quale per tutta la vita sentì il bisogno di periodiche visite per esprimere la sua gratitudine alla Madonna di Fontanellato per aver avuto a tre anni la grazia della guarigione da una grave malattia dietro le suppliche della madre che colà si era recata per chiedere la grazia alla Madonna.

Conclusioni

Non vorrei essere frainteso dal Lettore. Nel mio confronto fra le attività del Santuario e il Labirinto della Masone non vorrei aver dato l’impressione di aver sostenuto una specie di antitesi irresolubile tra due entità inconciliabili, che si escludono a vicenda.

Mio intento, al contrario, come il Lettore spero abbia capito, era semplicemente quello di prender spunto da quelle due realtà, col positivo e negativo che c’è in tutte le realtà umane, per soffermarmi sul possibile significato simbolico che da esse si può trarre, senza sognarmi affatto di recar qualche offesa alla splendida opera di Franco Maria Ricci.

Non ho nulla contro la sua prodigiosa opera, che costituisce certamente un vanto e un importante polo di attrazione per Fontanellato, espressione di alta cultura e indubbio motivo per Fontanellato di vantaggi turistici e anche economici per l’ambiente. Non ho niente contro il labirinto in quanto gioco ed esercizio di avvedutezza e perspicacia nel movimento fisico.

Ribadisco però la mia convinzione di vedere nei due fenomeni Santuario e Labirinto due simboli estremamente significativi di due opposti stili di vita tra i quali tutti dobbiamo scegliere: da una parte l’uomo centrato su se stesso, l’uomo contorto, senza una meta che non sia lo stesso girare, l’uomo che girando su se stesso non ne viene più fuori, l’uomo prigioniero di se stesso, e dall’altra l’uomo che si apre agli spazi infiniti dell’essere e della libertà, l’uomo che vede la meta, l’uomo che guarda avanti, va avanti verso l’alto, l’uomo che si muove non per  muoversi ma per arrivare, che non lavora per lavorare, ma per riposare.

Curiosa questa compresenza in un medesimo paesino come tanti altri. Il Santuario era da cinque secoli assistito dalla Madonna. Questa nuova presenza del Labirinto è una tranquilla aggiunta a una vita cittadina colta e vivace o è una sfida? Anche il Labirinto è protetto dalla Madonna?

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 20 agosto 2023

I Domenicani furono chiamati a Fontanellato dalla Contessa Veronica da Correggio, madre di Galeazzo Sanvitale nel 1511 poco dopo la morte del marito, conte Giacomo Antonio Sanvitale. L’11 febbraio 1512 iniziò così la costruzione del nuovo conventino, che fu ubicato presso un piccolo oratorio dedicato a San Giuseppe. 

 

Non ho nulla contro la sua prodigiosa opera, che costituisce certamente un vanto e un importante polo di attrazione per Fontanellato, espressione di alta cultura e indubbio motivo per Fontanellato di vantaggi turistici e anche economici per l’ambiente. Non ho niente contro il labirinto in quanto gioco ed esercizio di avvedutezza e perspicacia nel movimento fisico.

Ribadisco però la mia convinzione di vedere nei due fenomeni Santuario e Labirinto due simboli estremamente significativi di due opposti stili di vita tra i quali tutti dobbiamo scegliere

Curiosa questa compresenza in un medesimo paesino come tanti altri. Il Santuario era da cinque secoli assistito dalla Madonna. Questa nuova presenza del Labirinto è una tranquilla aggiunta a una vita cittadina colta e vivace o è una sfida? Anche il Labirinto è protetto dalla Madonna?

Immagini da Internet: Santuario e Labirinto, Fontanellato (PR)



[1] La nostra rocca, a cura del Comune di Fontanellato, Fontanellato (PR) 2019.

[2] Adelelmo Piovani, Giovanni, l’ultimo dei Sanvitale a Fontanellato, a cura dell’Associazione Culturale «Jacopo Sanvitale», Edizioni Studio Guidotti, Fontanellato (PR) 2014

 

[3] Adelelmo Piovani, Fontanellato.Frammenti di storia, luoghi, personaggi, Arti Grafiche Rossetti,  Fontanellato 2019,p.39.Le successive notizie sulla presenza dei Domenicani a Fontanellato sono tratte da questa pubblicazione.

[4] Gli iconografi greci si specializzarono sin dai primi secoli nel diffondere le immagini della Madonna, così come i primi dogmi mariani provengono da Concili tenuti in Oriente. Nacque così il paradigma bizantino dell’iconografia mariana, che gli iconografi vollero riallacciare addirittura a S.Luca, il narratore del Vangelo della Madonna. Alcuni giunsero ad affermare che le immagini erano «acheropite», ossia non dipinte da mano d‘uomo. Così queste immagini acquistarono un immenso prestigio; giungevano da noi circondate da un alone mistico di inviolabile sacralità, anche se di fatto erano brutte copie degli originali bizantini, che dettero poi l’avvio alla grande tradizione russa nel sec.XIII.  Il popolo da noi non si curava tanto della bellezza dell’immagine. L’importante era che per suo tramite ottenesse grazie. Così giunsero da noi immagini scadentissime, che furono tuttavia da allora oggetto della più fervida devozione, come per esempio quella della Madonna di San Luca del Santuario di Bologna. Per questo a un certo punto, a cominciare dal sec.XIII noi Latini ci stancammo di queste stile e con Giotto demmo il via ad un’iconografia dignitosa e  decente, che è giunta fino ai nostri giorni e della quale la Madonna di Fontanellato è un esempio particolarmente splendido. Il distacco dall’iconografia orientale fu motivato anche dallo scisma del sec.XI, al quale fece poi seguito il rifiuto dei dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta.

[5] Domenico Marcalini, Il Servo di Dio P.Giocando Lorgna, Domenicano Parroco, a Cura della Congregazione Domenicana delle Suore della Beata Imelda, Bologna 1966; Paolo Risso, Un Apostolo del nostro secolo. P.Giocondo Lorgna, Fondatore delle Suore Domenicane della Beata Imelda, Edizioni ESD, Bologna 1993.

[6] Domenico Marcalini, op. cit., p.84.

[7] Massimo Negrelli, Il Card.Ferrari e il suo santuario, Edizioni Dehoniane, Bologna 1987, p.29.

[8] Aledelmo Piovani, Fontanellato, angoli di memoria, op.cit.,p.124.

[9] Augusto Luca, Guido Maria Conforti.Vescovo e missionario, Edizioni Paoline, Milano 2011, pp.41-42.

[10] Giovanni Battista Penco, Il Cardinal Andrea Ferrrari Arcivescovo di Milano, Istituto Propaganda Libraria, Milano 1987. Pp-.3-4; 15-16.

1 commento:

  1. Caro Giuseppe,
    la sua analisi della società contemporanea rispecchia una serie di fatti gravi, che non si possono negare. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che Dio ha voluto nella società la presenza vivificante della Chiesa come luce del mondo, sale della terra, sacramento di salvezza, primizia di una nuova umanità, fratellanza di tutti i Popoli, guida dell’uomo alla vita eterna.
    Inoltre ricordiamoci che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo, anche il più malvagio e il più empio, una luce morale interiore, che i Medioevali chiamavano sinderesi.
    Lo stesso San Paolo ci ricorda l’esistenza di questa coscienza morale universale: “Quando i pagani, che non hanno legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano e ora li difendono.” (Rm 2, 14-15).

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