Notizia strepitosa: la macchina può possedere l’autocoscienza

 Notizia strepitosa: la macchina può possedere l’autocoscienza

A pochi giorni della notizia data da Avvenire circa la spiritualità dell’intelligenza artificiale*, alla quale ho riservato un commento su questo blog**, ecco oggi apparire un passo avanti nel progetto del transumanesimo: l’articolista Eugenio Raimondi si chiede: «Quanto è cosciente l’IA?»***. Dunque non si domanda se può o non può essere cosciente. Ma dà per assodato che lo sia e si chiede semplicemente quanto può esserlo.

Perché un passo avanti? Perché è evidente che laddove esiste l’intelletto, esiste anche la coscienza e l’autocoscienza. Una volta che noi ammettiamo l’esistenza di un soggetto intellettuale, ossia spirituale, ne viene logicamente che questo soggetto compirà gli atti dello spirito, tra i quali c’è indubbiamente la riflessione, la presa di coscienza del contenuto della conoscenza acquisita e quindi, in ultima istanza, la presa di coscienza del proprio io o, come la si chiama, l’autocoscienza. 

Tuttavia potremmo chiederci: come fa l’uomo a costruire macchine autocoscienti? La cosa non è difficile ad immaginarsi, ove noi assumiamo la concezione cartesiana dell’uomo, esplicitata nelle sue ultime conseguenze, le quali vengono a concepire l’uomo come dotato di un potere divino di suscitare tecnicamente la vita e lo spirito nella macchina e di sollevarsi egli stesso al divino partendo dalla materia. È quello che Papa Francesco chiama pelagianesimo.

Si tratta, in sostanza, dello svolgersi di due filoni di pensiero e due linee di azione, di due trend pratico-operativi, i quali, partendo da Cartesio rispettivamente dalla res cogitans e dalla res extensa, procedono parallelamente restando ad un tempo separati ed interconnessi: il filone idealista dello spirito che produce la materia e quello della materia che si eleva a spirito.

Il filone idealista dell’essere come essere pensato, dello spirito che si fa materia ci ricorda i nomi di Leibniz, Berkeley, Spinoza, Wolff, Kant, Fichte, Schelling, Hegel, Gentile e Severino.

Il filone materialista dell’uomo-macchina e l’uomo animale è quello che ci fa i nomi di Tommaso Hobbes, Pietro Gassendi, Locke, Giordano Bruno, Hume, Lamettrie, d’Holbac, Comte, Darwin, Spencer, Nietzsche e Teilhard de Chardin.  

Nell’uno e nell’altro caso abbiamo riesumato nel paludato io trascendentale di Husserl e di Rahner, l’antico sogno della magia ampiamente coltivato nella Kabbala e nella teurgia neoplatonica ed ermetica dell’uomo prometeico di Pico della Mirandola e dei maghi rinascimentali, l’uomo che padroneggia la materia alla pari di Dio o solleva se stesso alla potenza di Dio partendo dalla materia, sogno ripreso dall’esoterismo gnostico massonico, il tutto basato su di una sostanziale confusione tra materia e spirito dello spirito che si fa materia e della materia che si fa spirito.   

Chi è che può prender per buona la strepitosa notizia di Avvenire? I cattolici? Ma Avvenire è sicuro che la prenderanno per buona? O quale concetto ha Avvenire della qualifica di «cattolico»? In che senso i lettori di Avvenire sono cattolici? Da dove la prende Avvenire la qualifica di «cattolico»? Non certo da quella che si ricava dal Catechismo della Chiesa cattolica. E allora da dove la prende? Da qualche documento della CEI? Ma a me risulta che si tratti di cattolici. E allora da dove la prende?

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 4 giugno 2023

*  https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/le-superintelligenze-artificiali-possono-decidere-di-eliminarci

** https://padrecavalcoli.blogspot.com/2023/06/idee-deliranti-circa-lintelligenza.html

***Avvenire del 4 giugno 2023

 

Tuttavia potremmo chiederci: come fa l’uomo a costruire macchine autocoscienti? 

La cosa non è difficile ad immaginarsi, ove noi assumiamo la concezione cartesiana dell’uomo, esplicitata nelle sue ultime conseguenze, le quali vengono a concepire l’uomo come dotato di un potere divino di suscitare tecnicamente la vita e lo spirito nella macchina e di sollevarsi egli stesso al divino partendo dalla materia. È quello che Papa Francesco chiama pelagianesimo.

Immagine da Internet

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