Natura madre
e natura matrigna
Il rapporto
dell’uomo con la natura ha sempre avuto due aspetti: da una parte la natura ci
presenta meravigliose bellezze, occasioni di svago e divertimento, alimento per
la nostra vita, risorse per curare le malattie e mantenerci in salute, mezzi e
strumenti per la nostra arte e per la nostra tecnica, segreti affascinanti che
suscitano la nostra curiosità e la nostra ricerca, sfide al nostro desiderio di
avventura e di destrezza sportiva; ma dall’altra la natura ci si mostra infida,
spaventosa, ostile, dannosa, ripugnante, pericolosa e distruttrice in molti
modi: dalle catastrofi come terremoti, maremoti, frane, valanghe, crolli, incendi,
inondazioni, alluvioni, siccità, orrende voragini, uragani, alle epidemie, alle
bestie feroci, agli insetti fastidiosi, ai virus delle varie malattie, alle
carestie, ai gas venefici, alle foreste impenetrabili, ai deserti, alle
glaciazioni, ai monti inaccessibili, agli spazi siderali invalicabili.
Questi due
aspetti così contrastanti stimolano, suscitano, occasionano o danno luogo a due
ordini di reazioni o di risposte o di interventi molto coinvolgenti: da una parte,
per quanto riguarda gli aspetti positivi della natura, essa ci mostra
quell’aspetto della natura che riflette la sapienza e la potenza del Creatore,
che la fa agire secondo precise leggi che sta a noi conoscere per aver modo di coltivare
le sue possibilità produttive, per utilizzarla al fine di soddisfare ai nostri
bisogni fisici e per ricavare da essa mezzi e strumenti tecnici che
garantiscono ed aumentano il nostro benessere materiale o servono per produrre
opere d’arte che rallegrano ed elevano il nostro spirito al gusto della
bellezza umana e divina.
Dall’altra
parte, l’uomo è continuamente obbligato a difendersi dai pericoli e dai danni
che possono venirgli dalla natura e spesso egli si trova in vari modi e per
vari motivi impotente ad impedirli o a ripararsi da essi. Mentre la natura nel suo
primo aspetto mostra una meravigliosa armonia fra ciò di cui l’uomo ha bisogno
e ciò che essa gli offre, in questo secondo aspetto abbiamo una natura
refrattaria agli sforzi dell’uomo per dominarla, una natura che ignora completamente
i bisogni fisici dell’uomo ed anzi agisce con violenza a volte terribile e
distruttiva contro di essi fino ad annientare o estinguere masse enormi di
esseri umani, come farebbe un aspirapolvere che toglie la polvere dal pavimento
o il fuoco che brucia le foglie secche.
Come
spiegare questa ostilità della natura nei confronti dell’uomo? Ad essa
corrisponde quella che S.Paolo chiama la ribellione della “carne” contro lo
“spirito”. La difficoltà che l’uomo prova nel dominare i propri istinti e
passioni assomiglia alla difficoltà ad assoggettare a sé la natura. L’uomo
sente che le cose non dovrebbero andare in questo modo, avverte che ciò è un
male intollerabile e non può non interrogarsi sulla causa di questo male, nel
desiderio e nella speranza di poterlo
togliere.
Alcuni, soprattutto
tra gli Antichi, considerando che gli stessi moti psichici e cosmici di ribellione
alle rette intenzioni dello spirito sono regolati da leggi e la legge suppone un
saggio legislatore, concludono che quelle cose sembrano un male, ma in realtà, considerando la natura nel suo insieme,
sono un bene voluto dalla divinità che può essere la stessa Natura. Tale era
l’opinione di Spinoza e degli stoici. Ma è chiaro che questa non è una soluzione
soddisfacente, perchè un uomo normale e ragionevole non può rassegnarsi a questa
apparente ingiustizia. Ma come eliminarla?
Altri,
soprattutto tra i Moderni, come i massoni, gli idealisti panteisti e i
marxisti, concepiscono l’uomo come
onnipotente, si sono fatti la convinzione che il progresso della scienza consentirà
un giorno all’uomo di liberarsi da ogni afflizione o intralcio che gli venga dalla
natura e di poterla assoggettare completamente a lui. Ma intanto, ammesso e non
concesso che questo giorno felice possa arrivare grazie agli sforzi umani, che
ne sarà di tutte quelle povere generazioni che non avranno conosciuto quel
giorno? Dunque anche questa soluzione ha tutto il sapore di una presa in giro.
L’uomo
saggio capisce che la natura va trattata con riguardo, nel rispetto delle sue
leggi e delle sue esigenze. Chi vuol comandare alla natura e trarne vantaggio,
diceva Galileo, deve lui per primo obbedire alle sue leggi. La natura si
ribella e si vendica contro chi la maltratta, vuol violentarla o trattarla dispoticamente
o trarne illecito profitto.
Kant,
colpito dalla corrispondenza esistente fra la razionalità della natura e la
razionalità dell’uomo, credeva che fosse la ragione umana a imporre leggi alla
natura, mentre è l’inverso: è la natura che ha già per conto proprio le sue leggi
datele dal Creatore, alle quali l’uomo deve adeguarsi, se vuole essere
ragionevole e felice.
Mentre in
Kant la natura è soggetta alla ragione dell’uomo, con Schelling ed Hegel
riappare l’antica divinizzazione greco-bruniana della natura come totalità
vivente, della quale l’individuo umano empirico non è che un momento effimero.
Solo come Io assoluto, l’io è signore della natura. Mentre la ragione kantiana
respinge l’irrazionale, la ragione in Schelling ed Hegel assorbe in sé
rispettivamente l’inconscio e l’irrazionale, sicchè ne sorge un panteismo
dialettico di Soggetto-Oggetto in Schelling e di Razionale-Irrazionale in
Hegel. La Natura è signora o schiava a seconda che prevalga o non prevalga
l’Autocoscienza o Soggetto.
La risposta
all’angosciosa domanda sul perchè dell’ostilità della natura nei confronti
dell’uomo viene dalla Rivelazione cristiana, che, come è noto, presenta la detta
ostilità come castigo del peccato originale (Gen 3,17-19). Quindi, quella che all’uomo ignaro della Rivelazione
appare, per quanto comprensibilmente, un’ingiustizia nei suoi confronti
perpetrata da una natura matrigna, all’uomo di fede appare per quello che
veramente è, e cioè un’ostilità che è giusta pena del peccato, pena che però si
trasforma in segno e pegno di misericordia per chi la fa propria e la vive come
espiazione del peccato in unione con la Croce di Cristo.
Uno però
potrebbe domandarsi: ma un terremoto o una siccità o una frana sono regolati da
leggi. Ma queste leggi chi le ha fatte? Evidentemente le ha fatte Dio. Ma non sono
leggi ostili all’uomo? Certamente, ma in quanto sono leggi punitive, sono
giuste. Così similmente un carcere è regolato da leggi sgradevoli per i
detenuti, e tuttavia sono giuste leggi
che applicano la giustizia punitiva.
Vediamo,
allora, alla luce di questi princìpi, di dare una valutazione circa l’attuale
dibattito concernente la questione della parte che l’uomo può avere nel causare
gli attuali squilibri climatici. Al riguardo, è stato fatto recentemente notare
con dovizia di argomenti da una folta schiera internazionale di scienziati[1]
che la tesi secondo la quale questi squilibri (il «riscaldamento globale») sarebbero
causati dall’imprudenza dell’uomo è priva di fondamento scientifico ed è frutto
di preconcetti ideologici.
Essi non vengono
specificati; ma per il teologo non è difficile individuarli in quella concezione
del rapporto dell’uomo con la natura, secondo la quale partendo dall’uomo come signore assoluto della natura,
sia la bontà che l’ostilità della natura avrebbero la loro causa prima nell’attività
dell’uomo, salvo poi ad ammettere contradditoriamente, con una svolta
materialistica a seconda delle convenienze, la divinità della natura come signora dell’uomo.
Occorre al
riguardo tener presente che l’idealismo e il materialismo si fondano
sull’identificazione dell’essere col divenire, e quindi col tempo, con la
natura e con la storia nel senso di un’originaria unità di materia e spirito e
di anima e corpo. Spirito e corpo non sono due sostanze distinte, ma un’unica
sostanza che appare o come spirito o come corpo.
Non esiste
lo spirito puro senza materia. Ma o lo spirito decade come materia (idealismo)
o la materia si trascende come spirito (materialismo) dialetticamente. L’unità
iniziale si scinde nella reciproca opposizione e questa a sua volta si risolve
nella sintesi dialettica. Nessuna analogia tra spirito e materia: il primo nega
la seconda e questa nega il primo.
Nell’idealismo
c’è il germe dell’ateismo, perché questo è l’estrema logica conseguenza
dell’idealismo panteista. Di fatti il punto di partenza panteista hegeliano è
che la Totalità ovvero l’Assoluto è solo la sintesi Dio-mondo. Dio non può
stare senza il mondo (idealismo). Quindi il mondo fa sì che Dio sia Dio. Ma
allora ciò vuol dire che se il mondo dà fondamento a Dio, il vero ed unico
Assoluto è il mondo.
Il mondo
quindi si giustifica da sé ed esiste senza Dio, per cui l’ateo sostituisce col
mondo un Dio fantastico, che non esiste, un mondo che svolge al posto di Dio
funzioni che la religione attribuisce a Dio, ma che in realtà sono quelle
dell’uomo signore e plasmatore della natura e del mondo (materialismo).
Le sorti
dello spirito umano, che nell’idealismo padroneggia e plasma a piacimento come
un dio la natura, compresa la natura umana, in quanto materiale, si capovolgono
nel materialismo, il quale pone lo spirito come vertice dell’autotrascendenza
della materia («sovrastruttura»), per cui non è lo spirito che produce la materia,
ma è la materia che produce lo spirito.
Da signore
della Natura, l’uomo diventa servo della dea Natura. Il padrone diventa servo e
il servo diventa padrone. Ma siccome i due ruoli non sono che i due poli
dell’opposizione dialettica, che si richiamano a vicenda perchè la dialettica
possa funzionare, ecco che l’idealista può fare il materialista e il
materialista può fare l’idealista, a seconda delle convenienze e si spiega la
famosa frase di Marx, il quale disse d’aver trovato in Hegel la dialettica con la
testa in giù e di averla messa con la testa in su: se prima lo spirito dominava la materia, adesso la materia domina
lo spirito; ma l’andirivieni dall’una all’altra, l’andata e ritorno sono sempre
quelli. Così, per quanto ciò possa apparire paradossale, l’hegeliano è un
idealista materialista, mentre il marxista è un materialista idealista. Padroni
e schiavi della Natura ad un tempo. Padroni come dèi e schiavi della dea
Natura.
In rapporto
a queste considerazioni penso che si possa interpretare un recente documento sottoscritto da oltre 500
scienziati di vari paesi[2]
i quali affermano che:
“.... È
scientificamente non realistico attribuire all'uomo la responsabilità del
riscaldamento osservato dal secolo passato ad oggi. Le previsioni allarmistiche
avanzate non sono credibili, essendo esse fondate su modelli i cui risultati
sono in contraddizione coi dati sperimentali. Tutte le evidenze suggeriscono
che questi modelli sovrastimano il contributo antropico e sottostimano la
variabilità climatica naturale, soprattutto quella indotta dal sole, dalla
luna, e dalle oscillazioni oceaniche.”
“[....] gli organi
d’informazione diffondono il messaggio secondo cui, in ordine alla causa
antropica dell’attuale cambiamento climatico, vi sarebbe un quasi unanime consenso
tra gli scienziati e che quindi il dibattito scientifico sarebbe chiuso.
Tuttavia, innanzitutto bisogna essere consapevoli che il metodo scientifico
impone che siano i fatti, e non il numero di aderenti, che fanno di una
congettura una teoria scientifica consolidata.”
“In ogni caso, lo
stesso preteso consenso non sussiste. Infatti, c’è una notevole variabilità di
opinioni tra gli specialisti – climatologi, meteorologi, geologi, geofisici,
astrofisici – molti dei quali riconoscono un contributo naturale importante al
riscaldamento globale osservato dal periodo preindustriale ed anche dal
dopoguerra ad oggi. Ci sono state anche petizioni sottoscritte da migliaia di
scienziati che hanno espresso dissenso con la congettura del riscaldamento
globale antropico. [....]”
“Posto che oltre
l’85% del fabbisogno energetico è soddisfatto dai combustibili fossili, ogni
programma di loro riduzione può essere disastroso per l’umanità.”
In particolare
il Prof.Zichichi fa presente la necessità di distinguere l’inquinamento dal riscaldamento
globale. Il primo è certamente causato dall’uomo. Nel secondo, invece, l’uomo
incide in minima parte e si tratta di un grave inconveniente causato dalla natura,
che in tal caso non si mostra madre ma
matrigna.
La verità da
tener presente, allora, in conclusione, è che – come ci ricorda la Rivelazione
cristiana – Dio è creatore sia dell’uomo che della natura, che Egli consegna ed
affida all’uomo da custodire ed usare per le sue necessità e per la gloria di
Dio, sicchè il composto umano di anima e corpo, che è unione di spirito e
corpo, media fra il mondo dello spirito – Angeli e Dio - e il mondo della
materia, fra Dio e il mondo.
E dunque
l’uomo ha da Dio la responsabilità da una parte di far buon uso della natura
per il suo bene spirituale e per rendere onore a Dio; e dall’altra deve difendersi
sì dall’ostilità della natura, ma nel contempo deve accettare serenamente le
afflizioni che essa gli impone unendole nella carità e in spirito di espiazione
con la sofferenza redentiva di Cristo.
P.Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
4 ottobre 2019
[1] 145 scienziati
italiani aderiscono ad un documento sottoscritto da 500 ricercatori di tutto il
mondo dal titolo "Non c'è una emergenza climatica": http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/2019/09/30/climaappello-145-scienziatiuomo-non-e-il-solo-responsabile_ae18589f-5959-4354-93b0-4bd946251854.html -
-
Lettera del 25 ottobre 2015, che lo scienziato
Franco Battaglia ha inviato al Papa dopo avere letto l’enciclica Laudato sì
;
- Convegno coordinato dal prof. Franco Prodi sul
“Cambiamenti climatici. Cause naturali ed antropiche. I protagonisti della
ricerca”, del 26 novembre 2016;
-
“Cara Greta, studia: inquinamento e clima sono
cose diverse”, articolo di Antonino Zichichi su Il Gionale.it del 30
settembre 2019: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/cara-greta-studia-inquinamento-e-clima-sono-cose-diverse-1760441.html
[2] Petizione sul
riscaldamento globale antropico del 19 giugno 2019; e la Petizione del 30
settembre 2019.
Gabriele
RispondiEliminaCaro padre Giovanni, questo suo bell'articolo mi fa venire in mente una frase di Benedetto XVI che ho imparato a memoria:"Bisogna imparare a fare amicizia con l’imperfezione delle mondo: il desiderio di assoluto nella storia è il nemico del bene che è nella storia."