Il governo dell’universo - Conferenza di P. Tomas Tyn, OP - Seconda Parte (2/2)

 Il governo dell’universo

Conferenza di

P. Tomas Tyn, OP

Seconda Parte (2/2)

Bologna, 15 dicembre 1988 (data incerta) - Presso Istituto Tincani o altrove

Audio:  http://youtu.be/VOSQl9QRUnI

Cf. n. 15:  http://www.arpato.org/testi/lezioni_tincani/15_Il_governo_dell%27universo_15_dic_1988.pdf

Registrazione e/o custodia degli audio a cura di Amelia Monesi e/o Altri

Trascrizione da registrazione di Sr. Michelangela Colombo, OP, e Sr. Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 2007

Testo rivisto con note da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Bologna nel 2008 e Fontanellato nel 2023

Quindi, in questo senso, Iddio non solo vuole l’essere per le cose, ma vuole che ogni cosa abbia un essere diverso da ogni altra. Questo è il punto. Ora, San Tommaso, per spiegare questo, dice che le opinioni al riguardo sono state molteplici e molto diverse. Anzitutto c’è l’opinione di alcuni filosofi antichi, i quali dicevano che la distinzione tra le cose viene dalla materia, o dalla materia sola, come pensava Democrito, per esempio, gli atomi, che si combinano secondo modi e figure diverse, oppure la materia sotto l’influsso di una causa agente, come pensava Anassagora, secondo il quale all’origine c’era un miscuglio primordiale di tutte le cose, dove tutto era in tutto sotto l’influsso del nus, come lo chiama Anassagora, cioè la mente divina.

Dio in questa prospettiva non crea, ma non fa altro che estrarre da questo miscuglio originario, dove tutto si confonde con tutto, le singole differenze delle cose. Quindi alcuni dicevano che la differenziazione delle cose non viene da Dio, ma solo dalla materia, da come gli atomi si ordinano per conto loro, quasi spontaneamente. Giustamente dice Dante che Democrito e Eucippo fondarono il mondo sul caso. Esiste cioè da sempre un vibrare di atomi, e poi gli atomi si combinano e si compongono tra loro. Secondo quale legge? Nessuno lo sa. Del tutto casualmente, però secondo necessità, ma una necessità che è cieca, assolutamente cieca.

Allora, Democrito e gli atomisti sostenevano che la differenza delle cose non viene da una mente, anzi non c’è una mente creatrice, ma viene semplicemente dalla materia, ossia dal movimento meccanico delle particelle degli atomi. Anche  Anassagora dice che e la differenza delle cose viene dalla materia, ma sotto l’influsso di una mente non creatrice, bensì ordinatrice. Quindi c’è un miscuglio originale in cui tutto si confonde con tutto, poi interviene la mente, che non ha creato quel miscuglio, ma lo presuppone già; estrae da quel miscuglio le singole parti e così differenzia le cose del mondo.

Questa era la posizione di Anassagora. Ora, dice San Tommaso, questa posizione è insostenibile per due motivi, uno: la materia stessa è creata da Dio. Infatti la creazione, come abbiamo visto, suppone la donazione di tutto l’essere, quindi o la materia riceve l’essere da Dio o non ce l’ha affatto. Ora la materia ha l’essere; lo vediamo tutti; quindi se ce l’ha, l’ha da Dio: non si può dire altrimenti, perciò anche la materia è creata. Quindi anche la materia, in quanto esistente, è creata, perciò sono del tutto sbagliate quelle dottrine secondo le quali la materia è presupposta all’ordinamento delle cose.

Dio, nel momento stesso in cui crea la materia, già la ordina e vuole, assieme all’essere della materia, anche il suo sottostare alla forma e anche il suo distinguersi, ordinarsi, secondo come il Creatore dispone.

Poi, secondo motivo, la materia è fatta per la forma, cioè è finalizzata alla forma e non  viceversa, cioè la forma non è per la materia. Quindi la distinzione delle cose avviene secondo le forme proprie, cosicchè la distinzione non deriva dalla materia, ma piuttosto la materia è creata multiforme, per sottostare, per adattarsi a forme diverse[1]. In questo senso la differenziazione delle cose falsamente viene attribuita alla materia; è la diversità ad essere l’elemento perfetto, l’elemento di struttura, l’elemento formale, l’elemento essenziale.

Di per sé la materia, come tale, è un qualcosa di caotico, di disordinato[2], di informe; diventa multiforme in quanto la forma perfeziona la materia, attua la materia, struttura la materia.  Notate già bene come la differenza delle cose non deriva dalla materia, ma dalla forma, perché la differenziazione è perfezione, non è una caduta dal perfetto[3], ma anzi è un elevarsi[4]  ad una maggiore perfezione.

Poi abbiamo la seconda tesi degli antichi, la quale dice che la distinzione viene da un agente secondo, cioè da una causa, ma non dalla causa divina, bensì da una causa creata, e questa è la dottrina dei neoplatonici che poi in qualche modo sono passati nella filosofia e teologia medioevale tramite gli Arabi, Avicenna in particolare. Così pure ovviamente anche Averroè, il famoso Averroè. Erano in fondo degli aristotelici, ma fortemente platoneggianti e quindi fortemente ispirati a questa dottrina dei neoplatonici.

Ora, il neoplatonismo che cosa insegna? Insegna che Dio crea un supremo angelo, sostanza separata, dicevano gli antichi. Dio non crea allora lui stesso la differenza delle cose, no, Dio di per sé crea una sola creatura, una sola, non altro, la quale è la supremamente creata, la suprema intelligenza, la suprema sostanza spirituale creata, noi diremmo oggi il supremo angelo insomma, usando una parola teologica.

Il supremo angelo. Poi, tramite quella mente creata, superiore ad ogni altra mente, tramite questo supremo degli angeli, potremmo dire, Dio crea tutto il resto del mondo angelico e il mondo angelico crea il mondo corporeo e così via. Vedete, quindi, che c’è un specie di emanazione più che di causalità, di emanazione a gradi distinti dal primo principio. E allora la differenziazione non avviene tra Dio e la prima creatura, ma tra la prima e tutte le altre seguenti.

Questa è la tesi dei neoplatonici. Ora, San Tommaso dice che anzitutto creare è proprio di Dio, e ciò che non soggiace alla generazione e corruzione, quindi ciò che è sempiterno, non può che essere creato, non può essere generato. Un angelo non è generabile. Quindi che cosa impugna San Tommaso? Dice che è inutile che i neoplatonici dicano che l’angelo supremo ha creato gli altri angeli, perchè anzitutto l’angelo, per quanto grande e intelligente, non è onnipotente, perché è creatura anche lui.

Quindi non può dare l’essere, non ha l’essere nella sua pienezza. Solo Dio è l’Essere sussistente; l’angelo, per quanto grande, non è l’essere ma ha l’essere. Quindi solo Dio può creare, solo Dio può donare l’essere. Per giunta il mondo spirituale degli angeli e delle anime non è nè generabile nè corruttibile. Quindi non può che essere creato e, dato che solo Dio può creare, solo da Dio può derivare tutto il mondo spirituale con tutta la sua differenziazione; quindi, se non altro, almeno le differenze del mondo spirituale non possono che derivare da Dio, non da una qualche creatura interposta o qualche causa strumentale o causa seconda.

Secondo argomento. La dottrina suddetta pone il mondo a caso. Anche i neoplatonici in fondo rendono il mondo casuale, perché la distinzione delle creature non deriverebbe dall’intenzione del primo agente. Dio non vorrebbe altro che la mente creata suprema; tutte le altre cose le vuole quella mente creata, ma non più Dio Creatore. Quindi in qualche modo per tutto il resto sarebbe come se Dio non ci fosse. C’è solo, nel primo momento la mente, che potremmo chiamare “demiurgo”, una creatura creatrice, la quale dipenderebbe soltanto da Dio. Tutto il resto dipenderebbe dal demiurgo, ma non da Dio.

Vedete, quindi, che il rapporto di Creatore e creatura c’è solo tra Dio e demiurgo, tutto il resto è opera del demiurgo senza che Dio influisca, quindi, al di là dell’intenzione di Dio: il che vuol dire casualmente, perchè ciò che non è intenzionale è appunto fortuito o casuale.

Tutte queste cose ovviamente non sono convenienti, quindi non è possibile ammettere queste teorie. La dottrina vera è che la distinzione e la molteplicità delle cose derivano dall’intenzione dello stesso primo agente, dello stesso Creatore che è Dio. In altre parole Dio stesso ha voluto che le cose fossero distinte e Dio stesso volendo ha creato le cose distinte. Ovvero la distinzione, in altre parole, appartiene alle cose create primordialmente, non in un secondo momento.

Ossia, sin dall’origine, sin dal primo momento del loro esistere, le creature sono già ordinate, distinte e diversificate. Perché Dio fece questo? Non lo sappiamo, perché nessuno è mai entrato nella mente del Signore. Chi è mai stato suo consigliere? si chiede la Scrittura. Quindi, se uno si chiede: perché il Signore ha creato il mondo? Bisogna essere Dio per saperlo. Noi possiamo solo dire che Dio, come ci dice la Scrittura, amò tutto, cioè creò tutto con sapienza e amore.

Quindi Dio, perchè ama e perché sa, con sapienza e amore crea. Ma perché Dio poi ha amato le creature, questo solo Dio lo sa. Egli ama le creature in modo del tutto gratuito: non c’è un motivo di amabilità nella creatura stessa. Vedete quindi che le creature sono buone e amabili non in sè, ma perché prima amate da Dio. Vedete, quindi che Dio non ha un perché per cui ama le creature. Le ama perchè le ama, Lui solo lo sa.

Vedete, come giustamente i teologi parlavano addirittura di una prima grazia precedente la grazia di Cristo Redentore, anche se è un modo un po’ abusivo di parlare della grazia, però si parlava della grazia della creazione, gratia creationis. Perché? Perchè già nella creazione l’essere dato alle creature non è dovuto alle creature, è pura grazia, è un dono.

Vedete, quindi, che già nella creazione c’è quasi una struttura simile a quella che avverrà poi sul piano soprannaturale nella donazione della grazia santificante, cioè nella giustificazione e nella santificazione. Allora, Dio produsse le cose nel loro essere a causa della sua bontà, di quella bontà che non è solo bontà oggettiva[5], ma bontà soggettivo-oggettiva, ovvero la bontà di Dio è lo stesso amore soggettivo con cui Dio ama come oggetto se stesso. Quindi l’amore di Dio è lo stesso bene di Dio e viceversa il bene di Dio è il fatto che Egli è amore.

Notate che in noi umani, creature, si sdoppia l’aspetto del soggetto e dell’oggetto,  cioè noi con un amore soggettivo amiamo dei beni oggettivi, ma non posso dire che il bene che io amo è il mio stesso amore[6]. In Dio invece il bene che Egli primariamente ama, è Lui stesso, che per essenza è Amare. Quindi, in qualche modo Dio, come dice la Scrittura, è Amore, il bene di Dio è lo stesso amore sussistente e quindi Dio si costituisce buono, per così dire, da tutta l’eternità si intende buono proprio in quanto amore.

Bene e Amore in Dio coincidono. Quindi perchè Dio crea le creature? Perché ama. E ama perché è buono. Perché in Lui amare ed essere buono sono la stessa cosa. Questa è la bontà divina:  tutto parte da lei; Dio vuole amando, ma amando gratuitamente, senza motivo. In questo caso bisogna sempre sbarazzarsi del nostro modo di pensare umano: noi quando amiamo subiamo la attrattiva del bene amato. I miei amici mi sono simpatici, voglio loro bene perchè non posso che apprezzare le loro qualità e le loro virtù.

Solo che quelle virtù e quelle qualità non sono io ad averle date a loro. In qualche modo io, amando, dipendo dagli amici che amo, proprio perché mi accorgo che in essi c’è qualche cosa di amabile, ma qualche cosa di indipendente da me, che trovo in loro. Invece Dio non trova nemmeno un’ombra di bene nelle creature che non dipenda da lui. Quindi Dio ama in modo puramente sovrano, oserei dire, con una libertà indicibile, non c’è nessuna passività nell’amare di Dio.

Allora, il Signore, quando crea, che cosa vuole sovranamente e liberamente fare? Egli, per un eccesso di amore, non vuole fare altro che dare una similitudine del suo essere, della sua verità e soprattutto del suo bene e della sua perfezione a cose distinte da lui. Dico eccesso d’amore gratuito perché non si tratta di un che di dovuto, ma Dio vuole dare una similitudine del suo essere, della sua verità e del suo bene soprattutto, per amore eccessivo.

Vedete, quindi tutta la creazione è motivata da questa volontà quasi di estrinsecarsi di Dio. Ma è un estrinsecarsi che non è dovuto. Noi uomini, invece, siamo tenuti connaturalmente a vivere con gli altri in società. Dio vive in una sola società necessaria, quella della Trinità Santissima. Ma non ha bisogno delle creature perché gli facciano compagnia.

Notate che da questo lato ci sono stati degli errori veramente ridicoli, è il caso di dirlo. Pensate che lo stesso Hegel, che ha la fama di essere un grande cervellone, e lo è, però anche cervellotico, diceva che Dio, cioè l’Assoluto, lo Spirito assoluto, senza il mondo non è Dio.

Quindi come se Dio avesse bisogno del mondo perchè gli faccia compagnia. Invece, non dico ogni cattolico, chè questo è già troppo, ma ogni uomo sanae mentis, cioè ogni uomo sano di mente, - basta essere limpidamente metafisici per intuirlo -, vi dirà che ovviamente Dio non dipende dal mondo, non ha bisogno della compagnia, per così dire, del mondo.

Però Dio è portato a estrinsecarsi gratuitamente, cioè a porre degli esseri al di là di sè, o al di fuori di sè. Dio è già la pienezza dell’essere. Ora si tratta invece[7] di voler comunicare qualcosa della sua pienezza, dico qualcosa, perché il Tutto non è comunicabile. Ora, il Tutto, il Padre lo comunica[8] al Figlio ed entrambi, Padre e Figlio, lo comunicano allo Spirito Santo. E qui la comunicazione si chiude e non va oltre[9].

Allora si tratta di comunicare, questa volta non più il Tutto della divinità, ma una parte[10] della divinità, ovvero un qualche cosa di partecipato rispetto a Dio. Come avviene questo? Appunto in quanto Dio estrinseca quelle perfezioni che in Lui esistono in un modo assolutamente unito,  moltiplicandole nell’ambito degli esseri finiti. E San Tommaso giustamente osserva che un’unica creatura finita non sarebbe in grado di esprimere convenientemente la grandezza, la sapienza, la perfezione, la bontà di Dio.

Solo una molteplicità di creature[11] e naturalmente, è chiaro, che anche le creature molteplici sempre esprimono questa somiglianza, questa similitudine con Dio in modo del tutto inadeguato.  Cioè non voglio dire che Dio, avendo creato molte cose, si è espresso in maniera perfettamente adeguata, però se avesse creato una sola creatura, questo modo di esprimersi non sarebbe per nulla perfetto.

Quindi, diciamo così: se Dio ha deciso per puro amore di creare, una volta che ha deciso, era conveniente, anzi quasi necessario, supponendo che Egli volesse fare qualcosa di perfetto, che creasse delle creature plurime, non una sola.

È quasi una necessità strutturale dell’essere creati, quella di essere creati in pluralità. Perché? Perché, appunto, una sola creatura non riesce a rappresentare adeguatamente, in nessun modo, la perfezione di Dio[12]. Quelle perfezioni che in Dio esistono in modo infinito sono rappresentabili nelle creature finite solo in modo molteplice.

Notate dunque bene questo. In Dio ci sono tutte le perfezioni, però ci sono in Dio come una sola perfezione e una sola perfezione infinita: infinità e unità caratterizzano il bene di Dio. Finitezza e molteplicità caratterizzano la creatura. Come a Dio si addice avere tutte le perfezioni infinitamente e quindi unitamente, così alle creature che non possano possedere le perfezioni se non finitamente, si addice possederle in modo moltiplicato.

E’ cosa molto importante notare questo. Certo, con ciò non abbiamo dimostrato nulla.  Abbiamo solo reso plausibile il fatto che le creature giustamente sono in qualche modo distinte, cioè che la distinzione contribuisce alla perfezione del creato. 

Prego, sì.

Volevo dire questo. Se è vero che noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio, Dio un certo momento deve desiderare, in certo senso, non voglio usare quel termine che a lei non piace, ha bisogno di noi, non ha bisogno di noi, ma lui si specchia in noi come noi ci specchiamo in lui per il fatto che  siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, per cui ne verrebbe che non ci potrà mai abbandonare e condannare perché condannerebbe anche una parte di se stesso.

Mia cara, c’è da dire, cara, sì.

...ce lo spieghi...

Sì. Ci proverò, se il Signore mi aiuta. Vedete, bisogna, miei cari, distinguere molto accuratamente tra quella immagine perfetta del Padre che è il Verbo, e solo il Verbo, e tutto il resto.  Cioè quando noi diciamo “immagine”, noi ci montiamo la testa. Leggiamo nella Scrittura: “siamo creati ad immagine di Dio”, solo che noi ignoriamo completamente che al di sopra di noi ci sono delle altre immagini. Anzitutto, l’unica immagine, ma unica eh!, una sola immagine di quel tipo, di Dio increato, immagine increata del Padre è la Persona del Figlio.

Nemmeno lo Spirito Santo in quel senso stretto è imago Patris. Questo per quanto concerne la vita trinitaria di Dio. Allora Dio ama con necessità solo il Figlio e lo Spirito Santo; quindi quello che c’è di necessario in Dio, alla luce ovviamente non della filosofia ma del mistero rivelato, è solo la vita trinitaria. Questo non è libero[13]. Cioè non è che il Signore ad un certo punto dica: adesso, da tutta l’eternità, genero il Figlio e spiro lo Spirito Santo, e adesso facciamo una pausa[14].

Ecco vedete questo non è possibile. Ovvero le processione trinitarie sono assolutamente necessarie, come è necessario Dio. Ma questa è l’unica necessità. E come vedete riguarda la vita interiore di Dio. Tutto ciò che c’è al di fuori di Dio, per quanto perfetto, è perfettamente libero. Cioè Dio non dipende in nessun modo da questo. Dio si specchia perfettamente nel Verbo, ma  non ha bisogno degli specchi finiti.

Che cosa vuole fare però Dio? Cioè, nell’ordine del creato non solo Dio moltiplica le creature, ma le conduce tramite un ordine gerarchico ad una partecipazione sempre più perfetta di se stesso. Così ci sono delle creature che non partecipano nulla di ciò che spetta a Dio in quanto è Dio. Facciamo un esempio. La pianta vive, la sua vita però è una vita vegetativa: riproduzione, nutrimento, le due facoltà vegetative, ecc.

In Dio non c’è nè riproduzione nè nutrimento. Perché? Perché Dio è spirito. Quindi la vita della pianta è essenzialmente diversa dalla vita di Dio. La vita dell’uomo invece, e qui c’è la differenza, è una vita essenzialmente intellettiva. E quindi nell’uomo, e solo nell’uomo, la stessa perfezione, per quanto finita nell’uomo e infinita in Dio, è però nell’uomo. Per così dire, nell’uomo si rispecchia non un’altra perfezione, ma una traccia della perfezione divina, la stessa perfezione di Dio che è vita intellettiva.

 Cioè come Dio è intelletto, così l’uomo è intelletto, solo che Dio è intelletto infinito e l’uomo finito. Mentre Dio non è per nulla pianta, ha tutte le perfezioni della pianta, ma in modo completamente diverso[15]. Invece con l’uomo, Dio condivide l’intellettualità e la spiritualità, ma molto più ancora la cndivide con gli angeli. Quindi se l’uomo è a  immagine di Dio, l’angelo lo è in maniera proporzionatamente superiore. Vedete quindi come il Signore non ci deve proprio nulla, cioè soprattutto non c’è dovuto l’essere.

Però, e qui le dò ragione, è cosa sommamente conveniente che, se Dio, di nuovo, ha deciso di creare, cioè supponendo che Dio liberamente voglia creare, è bene che Dio crei non solo creature molteplici, ma anche creature talmente perfette da esprimere le sue perfezioni formali, cioè che tra tante creature crei anche alcune che sono veramente a sua immagine e somiglianza.

È in questo rientra anche l’uomo. Il che, notate bene, qui nella domanda c’era anche questo, il Signore non ci abbandona. E’ vero, ahimè, guai a noi se il Signore ci abbandonasse, perchè altrimenti sprofonderemmo nel nulla.

Abbiamo ben detto che il Signore conserva tutte le cose nell’essere, quindi se in un attimo solo il Signore, per assurdo, cessasse di amare le sue creature tutto sarebbe un nulla, cioè le cose svanirebbero, noi e tutto il resto. Allora, vuol dire che in questo senso, il Signore non ci abbandona mai.

Dalla Scrittura poi sappiamo che addirittura ha fatto ben più di questo. Cioè, quando noi l’abbiamo offeso, ci siamo allontanati da Lui, ci siano incamminati per la strada della perdizione. Ma Lui ci ha tanto amati da dare il suo Figlio unigenito. Più di così, capite, cari? Però, notate bene che questo, sia la creazione ad immagine, sia il fatto che Dio ci ha mandato il suo Figlio, questi due privilegi che abbiamo avuto, quello di essere creati e quello ancora più grande di essere stati redenti, non ci tolgono per nulla la nostra responsabilità morale. Questa volta il Figlio è immagine perfetta del Padre per ricostruire quasi, restaurare la bellezza del creato nell’opera della redenzione -

Guardate che i suddetti privilegi anzi l’accrescono. È questo che dobbiamo pensare sempre. Badate che ci sono delle teologie contemporanee estremamente superficiali, e non solo superficiali, ma anche dannose per la vita delle anime perchè ci danno una specie di sicurezza che non è fondata, perché non tiene conto di questa responsabilità, senza la quale noi potremmo illuderci di salvarci senza merito[16].

P. Tomas Tyn, OP - a cura di P. Giovanni Cavalcoli, OP

Audio:  http://youtu.be/VOSQl9QRUnI

Cf. n. 15:  http://www.arpato.org/testi/lezioni_tincani/15_Il_governo_dell%27universo_15_dic_1988.pdf

Registrazione e/o custodia degli audio a cura di Amelia Monesi e/o Altri

Trascrizione da registrazione di Sr. Michelangela Colombo, OP, e Sr. Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 2007

Testo rivisto con note da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Bologna nel 2008 e Fontanellato nel 2023

Padre Tomas Tyn e Padre Bernardo Boschi
La materia è fatta per la forma, cioè è finalizzata alla forma e non viceversa, cioè la forma non è per la materia. 

Quindi la distinzione delle cose avviene secondo le forme proprie, cosicchè la distinzione non deriva dalla materia, ma piuttosto la materia è creata multiforme, per sottostare, per adattarsi a forme diverse.

In questo senso la differenziazione delle cose falsamente viene attribuita alla materia; è la diversità ad essere l’elemento perfetto, l’elemento di struttura, l’elemento formale, l’elemento essenziale.

Padre Tomas Tyn

Di per sé la materia, come tale, è un qualcosa di caotico, di disordinato, di informe; diventa multiforme in quanto la forma perfeziona la materia, attua la materia, struttura la materia. 

Notate già bene come la differenza delle cose non deriva dalla materia, ma dalla forma, perché la differenziazione è perfezione, non è una caduta dal perfetto, ma anzi è un elevarsi  ad una maggiore perfezione.


[1] Qui P.Tomas collega due concetti diversi di materia: “multiforme” si riferisce alla materia come potenza attuata; invece le altre espressioni “per sottostare, per adattarsi” si riferiscono alla materia come pura potenza atta ad essere formata.

[2] La materia informe o prima di per sé non si può dire propriamente né caotica né disordinata, perché di per sé è pura potenzialità di essere e quindi è del tutto estranea alla questione dell’ordine o del disordine o della confusione rappresentata dal caos, questione che si pone solo quando c’è la presenza delle forme, circa le quali soltanto si può parlare di ordine o disordine o di confusione, sia sul piano logico che su quello ontologico.

[3] Ossia la perfezione finita e la distinzione non comportano qualcosa di male, come potrebbe essere suggerito dal termine “caduta”.

[4] Sott’inteso: della materia.

[5] Come risulta da quanto P.Tomas dirà in seguito, qui, per “oggettiva” intende la bontà di Dio in quanto Amore, perché Dio ama innanzitutto se stesso come Amore ed ordina tutto a questo Amore.

[6] Qui P.Tomas si riferisce all’amore come Assoluto: in questo senso io non posso amare il mio amare, in quanto esso è finito.

[7] P.Tomas si riferisce all’amore che Dio ha per noi.

[8] Qui per “comunicare” P.Tomas non intende che il Padre dia la sua natura al Figlio, ma si riferisce al fatto che la natura divina è comune alle Tre Persone.

[9] Ossia non si estende alle creature.

[10] S’intende una partecipazione non alla natura ma all’essere di Dio.

[11] Sott’inteso: può esprimere in qualche modo le perfezioni divine.

[12] La creatura esprime in uno modo limitato un attributo di Dio. Per esempio l’angelo esprime la natura divina nel modo della spiritualità.

[13] P.Tomas intende dire che si tratta di una necessità dell’Essenza divina.

[14] Qui P.Tomas, con un esempio un po’ scherzoso, vuol far capire che le processioni divine non dipendono da una libera scelta divina, ma sono atti necessari della stessa essenza divina, per cui Dio non può ora generare ed ora non generare oppure spirare o non spirare.

[15] In Dio tutte le perfezioni che sono al di sotto dello spirito, ossia quelle che in vari modi e gradi si riferiscono alla materia, sono contenute nel suo stesso Spirito in modo virtuale ed eminente.

[16] Il brano in corsivo è un’aggiunta ipotetica per il fatto che il testo registrato si interrompe.

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