Il progetto del demonio - Terza Parte (3/4)

 Il progetto del demonio

Terza Parte (3/4)

L’azione di Satana contro Cristo e di Cristo contro Satana

Dopo il peccato di Adamo ed Eva Dio maledice il serpente «più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche» (Gen 3,14), condannandolo ad un’azione abbietta e spregevole: «nel tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita» (ibid.). Il demonio, già castigato per la precedente ribellione a Dio, vede aumentata la sua pena.

Ma il discorso non finisce qui. Dio dà una speranza di riscatto all’infelice coppia e all’intera umanità caduta con lei. Rivolgendosi al serpente, Dio lo avverte: «io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (v.15).

La stirpe della donna è evidentemente Cristo.  Non è un guaio eccessivo per la donna essere insidiata al calcagno. È invece la sconfitta del serpente che gli sia schiacciata la testa.  Dio quindi gli concede sì di tentare e far soffrire l’umanità fino alla fine del mondo. Ma con l’avvento della «stirpe della donna», cioè di Maria, sarà sconfitto.

Dunque Dio Padre, subito dopo la caduta della coppia, giusto com’è,  irroga bensì il castigo minacciato, ma nel contempo è mosso a compassione della miserevole condizione dell’umanità, che abbandonando Dio, si è fatta schiava del peccato e di Satana e, per la debolezza delle sue forze, è incapace di risollevarsi e di tornare a Dio, per quanto lo possa desiderare.

Dio allora, come sappiamo, decide di inviare suo Figlio, il Verbo incarnato Gesù Cristo per salvare l’umanità. L’opera di Cristo si propone molti fini, il principale dei quali è ottenere all’uomo la condizione di figlio di Dio, erede della vita eterna e destinato alla resurrezione gloriosa ed alla visione beatifica in cielo della Santissima Trinità.

Per questo possiamo pensare che già in questo momento inizia la redenzione, per cui dobbiamo supporre che i due si siano pentiti, altrimenti Dio non avrebbe fatto la promessa del Redentore.

Ma per quanto riguarda l’argomento che stiamo trattando, dobbiamo dire che Cristo è venuto «per distruggere le opere del demonio» (I Gv 3,8), liberare l’uomo dal dominio di Satana (cf At 10,38) e restituire l’uomo al suo legittimo proprietario e Signore, che è Dio suo creatore. Ecco l’opera della redenzione (re-d-emptio): Cristo, che, come Dio si è acquistato il possesso dell’uomo, come Figlio di Dio, mediante la Croce, lo ha riacquistato, «ricomprato» restituendolo a Dio Padre, legittimo proprietario, al quale il demonio lo aveva tolto.

S.Pietro nel suo discorso al centurione Cornelio nell’annunciargli l’opera salvifica di Cristo, la riassume nei termini di una lotta vittoriosa contro il demonio: «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38).

È interessante notare l’abilità con la quale Pietro attua, nel presentare l’opera di Cristo, una sapiente inculturazione, diremmo oggi, in modo da poter attrarre l’attenzione di un militare pagano, il quale certamente non avrebbe capito il valore del sacrificio di Cristo, mentre invece probabilmente era abituato ad apprezzare i combattimenti degli dèi.

La missione antisatanica di Cristo è ben rappresentata dalle parole che Cristo stesso rivolge a San Paolo:

«Io ti sono apparso per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede un me» (At 26, 16-18).

In tal modo esiste una guerra tra Cristo e Satana per la signoria sull’uomo, che dura per tutto il corso della storia e che si concluderà alla Parusia col definitivo trionfo di Cristo su Satana. Il demonio cerca di distruggere le opere di Cristo e Cristo, riparando ai guasti del demonio, riporta la creazione al suo ordine e alla sua integrità originaria, aggiungendo all’uomo redento e purificato la vita gloriosa di figlio di Dio.

Interessante è la futura inimicizia della donna nei confronti del serpente a lui preannunciata da Dio. Eva resta per adesso purtroppo compromessa con Satana e in combutta con lui. Nasce da qui la lunga tradizione, non assente dallo stesso Antico Testamento, della donna vista come pericolosa tentatrice, da assoggettare all’uomo e da trattare duramente, sulla quale concezione sappiamo quanto per millenni si è calcata la mano e solo in tempi recentissimi, soprattutto a partire dalla mariologia e dalla dottrina della femminilità del Concilio Vaticano II[1] si è finalmente cominciato a vedere la donna non più nella luce sinistra di Eva, ma, senza ingenui ed utopistici ottimismi, nella luce celestiale di Maria, tipo, madre e immagine della Chiesa e modello della Chiesa e della donna.

Il demonio, dal canto suo, benché abbia dimostrato ai nostri progenitori di essere un bugiardo e un impostore, principio primo di tutte le nostre disgrazie e sciagure, ha la spudoratezza di continuare a tentarci nel tentativo di presentarsi come nostro dio e con coloro che sono maggiormente schiavi del peccato e delle passioni, coloro che maggiormente la concupiscenza spinge al male, nutre successo, magari mascherandosi abilmente sotto pretesti di vario genere. Costoro a loro volta si mettono al suo servizio, si lasciano guidare dal suo influsso, magari senza rendersene conto, e diventano suoi collaboratori nello spingere le anime contro Cristo ed alla perdizione.

San Giovanni designa col termine «anticristo» il nemico di Cristo, «colui che nega il Padre e il Figlio» (I Gv 2, 22), e «non riconosce Gesù venuto nella carne» (II Gv 7). Non si tratta di una singola persona, come molti credono, secondo una tradizione secolare ma non canonica, anticristo concepito come il massimo di tutti i nemici di Cristo, il nemico per eccellenza, perché viene ricondotto alla figura dell’«uomo iniquo», del quale parla San Paolo (II Ts 2,3) oppure alla «bestia», della quale parla l’Apocalisse (Ap 13,18).

Ma in Giovanni l’anticristo è un nome generico, tanto è vero che egli afferma che già a suoi tempi c’erano «molti anticristi» (I Gv 2,18). E questi tali non erano altro che gli scismatici, gli eretici e gli apostati, come dice chiaramente l’Apostolo: «sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri» (I Gv 2,19).

Il primo scontro di Cristo con Satana si ha col parto stesso di Maria, implicitamente significato nel parto della «Donna vestita di sole», che appare all’inizio del c.13 dell’Apocalisse (vv. 1-2). Questa Donna è il simbolo della Chiesa che partorisce Cristo nelle anime. Ma ecco subito l’apparire di

 «un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle sette teste diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro» (vv.3-5).

Il figlio maschio è evidentemente Cristo. Al suo nascere le potenze sataniche, adorne dei segni e dei simboli del loro potere intellettuale (le teste),  della loro forza fisica (le corna) e del potere politico (i diademi) aggrediscono Cristo per distruggerlo. Per quale motivo? Perché conoscevano le profezie del Messia e già si erano accorte che il Messia poteva essere lui. Pensiamo per esempio ad Erode. Ma «Dio ha preparato un rifugio per la Donna nel deserto» (v.6), simbolo della solitudine contemplativa, difesa e sorgente di forza contro il demonio.

Quali mire ha Satana nei confronti di Cristo? Il primo tentativo di distruggerlo va a vuoto. Satana sa che Cristo è il Figlio di Dio. Ma nella sua cieca superbia non ha un’idea adeguata e sufficientemente elevata di ciò che voglia dire. Come ha sconfitto Adamo, così Satana, spera di aver la meglio su Cristo. Si è accorto che è un uomo dotato di un potente influsso sugli uomini. Visto che non è riuscito ad uccidere Gesù sul nascere, spera di assoggettarselo e trarlo dalla sua parte per provocare la perdizione dell’uomo.

Fa così un nuovo tentativo, questa volta lo vuol persuadere per mezzo della Parola di Dio, visto che ne è tanto attaccato. Ed abbiamo le famose tre tentazioni nel deserto.  Esse, come dice Luca, compresero «ogni genere di tentazione» (Lc 4,13). Tutte le tentazioni, infatti, corrispondono ai tre grandi orizzonti dell’agire morale: il rapporto col mondo, l’etica personale e il rapporto con Dio. A ciascuna di queste grandi sfere dell’azione umana corrispondono i consigli evangelici: la povertà, la castità, l’obbedienza.

Alla prima tentazione, prospettante un ideale puramente terreno di rapporto col mondo e col prossimo, Gesù fa presente il primato dello spirituale sul temporale del cielo sulla terra. E qui abbiamo la risposta all’orientamento materialista, del quale ho parlato sopra.

La seconda prospettiva, della quale ho parlato, si divide in due. Essa genericamente tocca il mondo dello spirito e della persona. Ma un conto è il governo della persona su sé stessa e un conto è il rapporto della persona con Dio.

Nella seconda tentazione Satana propone a Cristo un agire morale nel quale l’autogoverno della persona è sostituito da una malsana fiducia nell’aiuto divino senza l’impegno della propria volontà nello spendere il massimo delle proprie forze nell’operare il bene ed anzi dissipando le proprie forze: «gettati giù» (Mt 4,6). È quella che il Concilio di Trento chiamerà «inanis haereticorum fiducia» (Denz.1533) con riferimento al concetto Luterano della grazia che lascia il peccatore nel peccato.

 Si tratta della pretesa di chiedere l’aiuto divino operando il contrario di ciò che è richiesto per giustificare la richiesta.  Gesù chiama «tentare Dio» un simile peccato, il quale pertanto, invece di attirare l’aiuto divino, provoca Dio allo sdegno, perché è come un farsi beffe di Lui.

Invece nella terza tentazione Satana, abituato alle promesse non mantenute, giunge al colmo della sfrontatezza promettendo a Cristo di dargli «tutti i regni del mondo con la loro gloria» (Mt 4,8), se l’avesse adorato. Egli infatti ha la stolta audacia di proporre a Cristo:

 «ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo» (Lc 4, 6-7).

Il demonio evidentemente crede di avere a che fare con un uomo sì straordinario, ma non più che un uomo, perché egli sa benissimo che non è lui ma Dio ad essere il Signore di tutti i re della terra. Tuttavia è vero che al demonio Dio ha concesso, come castigo del peccato, un certo potere sull’uomo e sul mondo, tanto che Cristo stesso lo chiama «principe di questo mondo» (Gv12,31;14,30;16,11), così che effettivamente è vero, come l’esperienza dimostra, che il demonio riesce a procurare successo, prestigio, risorse economiche, mezzi tecnici, potere d’influsso e forza politica a coloro che, consciamente o inconsciamente, si mettono al suo servizio contro Cristo e servono il demonio  anziché Dio.

Ma prima o poi, come la storia dimostra e la fede e la speranza teologale c’insegnano, per quanto durevole e vasto sia il loro influsso, se non si convertono in tempo loro e i loro seguaci, finiscono svergognati sotto i rigori della giustizia divina e sconfitti dalle forze del bene, «dietro il corteo trionfale di Cristo» (Col 2,15).

L’episodio delle tentazioni di Cristo ci insegna come dobbiamo comportarci quando il demonio ci tenta[2], ovvero che atteggiamento dobbiamo assumere nei confronti delle sue proposte e come dobbiamo smascherarlo, rispondergli e difenderci da lui.

Papa Francesco ci ha recentemente avvertito che non possiamo dialogare col demonio. Certamente, se per «dialogo» intendiamo un confronto di idee fra due persone umane al fine di istruirsi a vicenda o con la eventuale prospettiva di collaborare assieme in un’opera buona o nel quale confronto una persona corregge caritatevolmente l’altra o cerca di persuaderla che sta sbagliando, è chiaro che in questo senso sarebbe pericoloso o peccaminoso dialogare col demonio.

Col diabolos, diaballo=divido, il divisore, il contradditore, lo spirito di contraddizione, il maestro della doppiezza e dell’incoerenza, il mezzo tra il sì e il no, ci può essere una dialettica, ma non un vero dialogo. Ci può essere, cioè, una contrapposizione di tesi, sia pure in una comunicazione e in uno scambio di idee, ma non un accordo o una concordia nella verità, perchè il diavolo, come dice Gesù, è un mentitore e un impostore disonesto per principio (cf Gv 8,44).

Tuttavia Cristo non dialoga col demonio per fissare con lui un patto o una collaborazione, come avviene nel dialogo come lo intende Papa Francesco, ma per ricordargli la vera Parola di Dio, che il diavolo sta storpiando nel tentativo blasfemo di indurre Gesù a peccare e a sottomettersi a lui. Così il demonio è il modello di tutti i falsi esegeti della Sacra Scrittura e di tutti gli impostori che prendono la Bibbia come pretesto per indurre al peccato.

Per questo San Paolo si domanda: «Quale intesa fra Cristo e Beliar?» (II Cor 6,15). Però bisogna fare attenzione che se tra Cristo e Beliar non c’è nulla in comune sul piano delle intenzioni morali, anzi c’è completa opposizione, perché tutto quello che vuole Cristo è respinto dal demonio e viceversa, sul piano ontologico esiste un’armonia tra l’umanità di Cristo e la persona del demonio, in quanto l’una e l’altra sono create da Dio, il Quale, nella sua provvidenza e nel suo piano di salvezza, pone un nesso fra l’umanità di Cristo e quindi fra l’umanità di ogni uomo e la persona del demonio.

Per questo, se dobbiamo respingere nel modo più assoluto le proposte del demonio e non credere affatto alle sue promesse, visto che di lui non c’è assolutamente da fidarsi, invece dobbiamo aver rispetto ed ammirazione per la dignità della sua persona, ed evitare di insultarla, come ci ordina S.Giuda nella sua Lettera, che chiama Satana addirittura «essere glorioso», perché in se stesso è una nobilissima creatura spirituale, ontologicamente molto più in alto di noi, conoscitrice delle forze più segrete della natura molto meglio di noi, cosa che gli permette di compere i malefìci e le opere della magia, anche se il demonio, proprio per la sua superbia, benché conosca speculativamente Dio molto meglio di un San Tommaso d’Aquino, è cieco nei confronti di quei misteri della sapienza divina, inaccessibili senza la carità, che invece sono accessibili anche all’anima di un fanciullo credente della specie umana.

Così similmente, se dobbiamo odiare le proposte del demonio, non dobbiamo affatto odiare lo stesso demonio, così come nei rapporti umani si deve odiare il peccato, ma non il peccatore. La tentazione di Satana non và né sottovalutata né sopravvalutata. Non dobbiamo credere di vincerlo facilmente e neppure spaventarci alle sue minacce. Se stesse in lui, egli certo ci ammazzerebbe tutti all’istante. E invece anche lui, benché controvoglia, è sotto il controllo della Provvidenza e non fa nulla che non gli sia ordinato o permesso da Dio. Il demonio quindi svolge nel piano divino due ruoli fondamentali: provare i giusti, come ha fatto con Giobbe e fare da carceriere ai dannati dell’inferno.

Satana ha creduto di trionfare provocando la morte di Cristo

Una domanda che possiamo porci a riguardo delle tentazioni di Gesù è: come il demonio, con queste tentazioni, ha potuto pensare di persuadere Cristo? Lo ha scambiato per un ambizioso, sì credente in Dio, ma tutto sommato un megalomane, come tanti ne capitano nella storia, un poveretto che pretende di essere «figlio di Dio» e interprete definitivo della Sacra Scrittura. «Questo – ha detto probabilmente Satana tra sé e sé – me lo accomodo io». Ma come gli è andata buca quando ha tentato di uccidere Gesù appena nato, anche questa volta Satana prova un forte disappunto e un’amara delusione.

Ma non s’arrende. E tenta un nuovo colpo, che secondo lui dovrebbe essere il decisivo: suscitare attorno a Gesù diffidenza, incredulità e invidia nei suoi stessi capi religiosi e politici, calunniarlo, denigrarlo, isolarlo dal popolo, così da farlo condannare a morte come falso Messia, uomo che si fa Dio, autoproclamatosi giudice di tutta l’umanità, empio, bestemmiatore, nemico d’Israele, imbonitore dei semplici, scandaloso confidente di donne, trasgressore della Legge di Mosè, indemoniato, taumaturgo per opera di Beelzebub, e ribelle all’autorità politica.

Satana sembra veramente trionfare al momento dell’arresto e del processo di Gesù, tanto che Egli stesso parla di quel momento come di «impero delle tenebre» (Lc 22,53). Ma ecco che proprio nel momento in cui il demonio crede di aver sconfitto definitivamente Gesù consegnandolo ad eterno ludibrio e disonore e strappando l’umanità al suo influsso, ecco che invece, il demonio è «cacciato fuori» (Gv 12,31) e «precipita dal cielo come folgore» (Lc 10,18).

Così nel momento in cui e proprio laddove Satana crede di trionfare trova la sua sconfitta. Viene vinto proprio da ciò che sperava fosse il mezzo della sua vittoria: la Croce. Egli non capì nulla della vittoria della Croce e del valore espiativo della Passione del Signore, ma credette che l’istigare i nemici di Gesù ad ucciderlo, dopo aver fomentato sul suo conto una pessima fama a forza di calunnie e di menzogne, potesse essere sufficiente per cancellarlo dalla storia, così che si aprisse nell’umanità uno spazio per l’accoglienza dei suoi piani e delle sue proposte di governare il mondo sotto la sua bandiera.

Certamente continuano dopo 2000 anni i nemici di Cristo e seguaci di Satana nella volontà di distruggere il cristianesimo e la Chiesa, suscitando oggi come non mai nemici di Cristo, falsi Cristi, falsi profeti, falsi cristiani, anticristi, nemici di Cristo all’interno della Chiesa stessa. Ma Cristo Risorto alla destra del Padre non cessa di mandare il suo Spirito, e di guidarla per mezzo dei pastori con a capo il Sommo Pontefice.

Per questo il Concilio afferma che

«tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre: lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore[3], fino all’ultimo giorno»[4].

Sempre di nuovo, come nulla fosse, il demonio e i suoi seguaci ripropongono, con ineffabile sfrontatezza e inossidabile arroganza, la loro alternativa a Cristo, già fallita innumerevoli volte, che però, incredibile a dirsi, trova sempre di nuovo i gonzi e i malvagi di turno che li seguono.

Quello che può forse spiegare questo persistere negli uomini ad ascoltare la proposta di Satana, può essere il fatto che il demonio nel corso della storia sa presentarsi anche con volti nuovi, che sembrano superare la proposta cristiana e la fanno apparire arretrata rispetto alla modernità.

È stato questo l’inganno del modernismo, a tutt’oggi più che mai seducente per molti cattolici, anche se ovviamente ha cambiato aspetto rispetto al modernismo dei tempi di San Pio X. Ma l’idolatria della modernità, accolta in blocco senza discernimento e analisi critica è la stessa.

Tuttavia, grazie a Dio, nel contempo sempre di nuovo i nuovi discepoli di Cristo, figli della Chiesa e fedeli del Papa, avanguardia del vero rinnovamento, del vero progresso e della sana modernità, sostenuti dalla forza invincibile dello Spirito Santo, smascherano e confutano gli inganni del demonio e contropropongono la vera via della grandezza e della felicità dell’uomo, che è Cristo, operante nella Chiesa mediante il suo Vicario in terra il Papa.

L’ultimo decisivo confronto fra Satana e Cristo avverrà alla fine del mondo col ritorno glorioso di Cristo:

«Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli» (Mt 24, 30-31).

Secondo l’Apocalisse il confronto fra Cristo e Satana si concluderà in uno scontro finale con la vittoria di Cristo:

«Vidi la bestia[5] e i re della terra con i loro eserciti radunati per muover guerra contro colui che era seduto sul cavallo[6] e contro il suo esercito. Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta[7], che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. Tutti gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del Cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni» (Ap 19, 19-21).

«Quando i mille anni[8] saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magog, per radunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare. Marciarono per tutta la superficie della terra e cinsero d’assedio l’accampamento dei santi e la città diletta[9]. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 20 7-10).

Fine Terza Parte

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 26 febbraio 2021



La missione antisatanica di Cristo è ben rappresentata dalle parole che Cristo stesso rivolge a San Paolo:

«Io ti sono apparso per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede un me» (At 26, 16-18).


Beato Angelico, Miniatura, Conversione di San Paolo

 

 

 

Per questo il Concilio afferma che

«tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre: lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno».

 
 
Rubens, Monaco di Baviera, L'arcangelo Michele contro gli angeli ribelli

 Immagini da internet



[1] Per la verità già nel sec. XIII-XIV, soprattutto con Dante, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Guglielmo di Montañagol e i poeti del «dolce stil novo» si ha un primo barlume di questa scoperta della dignità della donna nella luce di Maria, scoperta che poi in fondo non è che l’esplicitazione della condotta esemplare di Cristo verso la donna.

[2] Vedi il mio libro La buona battaglia che il cristiano sostiene contro il demonio, Edizioni ESD,Bologna 1999.

[3] Mt 24,13;13, 24-30 e 36-43.

[4] Gaudium et spes, n.37.

[5] Satana.

[6] Cristo.

[7] Non si sa chi possa essere: certamente un anticristo di prima grandezza e di fama internazionale, servo del diavolo.

[8] L’intera durata della storia della Chiesa.

[9] La Chiesa.

2 commenti:

  1. Caro Padre Cavalcoli, nell'articolo, trattando di satana, lei afferma che "dobbiamo aver rispetto ed ammirazione per la dignità della sua persona". Le confesso che non riesco a comprendere tale consiglio. Come possiamo provare ammirazione per colui che incarna la stessa idea del male e della malvagità? Esattamente a quale possibile dignità di satana si riferisce? La ringrazio.

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    1. Caro Lettore, questa dottrina secondo la quale noi dobbiamo trattare con rispetto il demonio è contenuta nella Lettera di Giuda 8-9, dove si porta l'esempio di San Michele Arcangelo, il quale, trattando con il demonio, "non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!" e i demoni sono definiti "esseri gloriosi".
      Come vanno intese queste parole? Che cosa significano?
      Non si tratta di un giudizio morale, circa il quale è evidente che abbiamo il dovere di giudicare il demonio come essere malvagio.
      Ma si tratta di una valutazione di tipo ontologico, nel senso che il demonio è una creatura spirituale molto più nobile di noi e in questo senso, cioè dal punto di vista metafisico, deve essere considerata con molto rispetto.
      Per il demonio vale la stessa distinzione che noi facciamo quando si tratta di giudicare un peccatore: abbiamo cioè il dovere di odiare il peccato, ma dobbiamo avere rispetto per la persona del peccatore, in quanto creatura di Dio.
      In tal modo noi rispettiamo e ammiriamo la potenza divina, che è creatrice e conservatrice nell'essere di ogni creatura esistente.
      Inoltre il demonio svolge un suo ruolo, sia in terra che nell'inferno, sotto il governo divino.

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