Perché la natura ci è ostile?

 Perché la natura ci è ostile?

Spine e cardi produrrà per te

Gen 3,18

 

O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor?

Perché di tanto
inganni i figli tuoi?

A Silvia

Tutti sperimentiamo la natura come cosa meravigliosa e crudele ad un tempo. madre e assassina. Lo testimoniano le varie religioni: Pachamama ad Occidente e Sciva ad Oriente. Eppure essa appare come una divinità. Non c’è da opporsi alla natura, non si deve protestare o imprecare. Va presa così com’è ed adorata. Ci reca danno? Va bene così. È quello che Nietzsche chiamava amor Fati. Anche gli stoici la pensavano a questo modo.

Secondo Lucrezio la religione è l’invenzione di uomini vili, che, non sopportando i mali che vengono dalla natura, inventano divinità che li proteggano. Qualcosa del genere avviene ancora oggi: chi ha pregato per la cessazione della pandemia di covid? Pochissimi. Un tempo esistevano le cosiddette «rogazioni». Dove ci sono state questa volta?

Questa divinizzazione della natura è testimoniata anche la storia della filosofia: per Spinoza Dio è la natura divinizzata, che come Dio non può che operare il bene. Tutto è bene ciò che accade per il semplice fatto cha accade. Per questo il male non esiste, ma è solo un’apparenza per noi, che giudichiamo in base ai nostri interessi particolari e non sappiamo elevarci ad uno sguardo universale, non sappiamo vedere la realtà come la vede la stessa Natura, sub specie aeternitatis. Per Schelling la Natura non è altro che lo Spirito inconscio, che nel contrasto evolutivo vita-morte si eleva all’Autocoscienza dello Spirito. Per Hegel la natura è ostile all’io empirico, ma è la manifestazione dell’Io trascendentale, ossia dello Spirito.

Qualcosa del genere concepisce Teilhard de Chardin: la natura è la santa materia che nell’evoluzione si autotrascende per divenire spirito secondo il succedersi conflittuale del vivere e del morire, della giustizia e del peccato, fattori tutti necessari al progresso dell’universo verso Cristo.

Qui che cosa intendo per «natura»? Il mondo materiale, studiato dalla fisica e dalle scienze sperimentali. Quindi non solo la natura che ci circonda, ma anche il nostro corpo, le nostre forze fisiche in quanto con esse dobbiamo fare i conti col nostro spirito. Tutti avvertiamo il problema di un accordo dell’uomo con la natura.

Marx, al riguardo, ha delle parole felici: l’uomo, egli dice, ha il compito di naturalizzarsi, mentre la natura dev’essere umanizzata. Che vuol dire? Marx, benché materialista, percepiva il valore dello spirito, anche se si fermava allo spirito umano e non sapeva concepire uno spirito puro, come Dio. Comunque, intendeva dire che lo spirito deve conciliarsi col corpo e dominare il corpo, mentre la natura e il corpo devono essere elevati all’ordine dello spirito.

Marx, qui, non è lontano dalla prospettiva paolina del «corpo spirituale» (I Cor 15,44), se non fosse che mentre Paolo si riferisce all’opera dello Spirito Santo, Marx pensa ad una spiritualità puramente naturale. Osserviamo tra parentesi che quando qui parliamo di naturalizzazione dell’uomo, non facciamo riferimento a quella che si chiama «natura umana». Questa invece è un’espressione filosofica, adottata dal dogma cristiano, per significare l’essenza dell’uomo, animale ragionevole, composto di anima e corpo.

Ci riferiamo invece al dovere che abbiamo del rispetto per il nostro corpo, maschile e femminile, nelle sue leggi e finalità stabilite da Dio suo creatore. Certamente, chi come un Marx, non accetta che lo spirito umano deve guidare il corpo e la natura in obbedienza alle leggi divine, non potrà avere un’idea giusta o quanto meno completa di questa umanizzazione della natura e naturalizzazione dell’uomo e soprattutto dei mezzi per raggiungerla.

Certamente l’idealismo panteista degli hegeliani o il materialismo ateo dei marxisti predica un dominio dello spirito umano sul proprio corpo e sulla natura, per il quale l’uomo non si propone a modello del suo agire una natura umana definita, immutabile ed universale, ma ognuno si ritiene autorizzato a plasmare la materia del proprio corpo e della natura esterna come meglio gli aggrada, dato che non riconosce come criterio la volontà divina, ma solo la sua volontà.

L’ateo e il panteista infatti non si limitano a perfezionare o completare con l’arte e la condotta pratica  le inclinazioni e gli stimoli che provengono dalla natura e dalla corporeità, sì da correggere difetti, o migliorare condizioni, cosa in sé lecitissima e doverosa, ma, ritenendosi padroni e legislatori della natura e del proprio corpo, hanno la pretesa di operare in essi di proprio arbitrio e a proprio piacere, col risultato di ottenere non benefìci, ma danni mostruosi, come dimostrano e hanno dimostrato l’uso indiscriminato ed irresponsabile dell’intelligenza artificiale, dei sistemi informatici, la pratica dell’aborto, del mutamento di sesso, degli antifecondativi, della fecondazione artificiale o dell’eutanasia.

Ma non è detto neppure che il non-credente o lo stesso ateo non abbia una conoscenza almeno parziale della verità, non senta la voce della coscienza, come possiamo notare in certi movimenti ecologisti o umanisti o umanitari, che promuovono con un certo buon senso un rapporto armonioso dell’uomo con la natura, senza per questo far capo ad una fede religiosa o ad una rivelazione divina.

Al riguardo è facile sentire discorsi che esortano ad avere rispetto per la natura, ad utilizzarla e governarla saggiamente, a non rovinarla o distruggerla, a proteggerla e svilupparla. Per fare questi discorsi è sufficiente il comune buon senso o comunque la ragione e l’onestà naturali e un minimo di buon cuore e senso di umana solidarietà, virtù che possono trovare spazio anche nel cuore di un non-credente o, entro certi limiti, anche di un ateo.

Ma il problema del rapporto dell’uomo con la natura non è tutto qui. Il problema non è solo quello di normare il comportamento dell’uomo nei confronti della natura o del proprio corpo. Il problema, ben più serio, è quello di spiegare il perchè di certe attività ostili della natura e delle nostre stesse forze psicofisiche nei confronti del nostro io, nei confronti dell’uomo e del suo spirito. 

È qui che le risposte e le indicazioni della ragione, della scienza e della filosofia non bastano più e l’uomo riflessivo e responsabile, che desidera comprendere, si trova davanti a un mistero sconcertante, che è causa di sofferenza e di morte, e vorrebbe poter far luce, per sapere qual è il senso di quanto accade e quali potrebbero essere i mezzi per venirne fuori, e se ciò è possibile.

Alla domanda: perché la natura ci è ostile esistono due risposte o meglio due reazioni psicologiche, che si esprimono in due estremismi opposti, entrambi sbagliati. C’è una reazione irragionevole e rinunciataria, di semplice amarezza  emotiva, quella esistenzialistica sartriana, per la quale questa ostilità non ha nessun senso razionale.

Ma questa reazione è assurda, perché ciò che accade in quanto esistente, ha un’essenza. Non esiste un esistente senza essenza, come crede l’esistenzialista, perché l’ente per definizione e per constatazione della nostra ragione, è ciò che esiste in un’essenza.

L’altra reazione vorrebbe essere una risposta razionale, ed è quella degli hegeliani, per i quali la detta ostilità è cosa logica e necessaria, perché l’ente è opposizione di bene e di male. Ma anche questa è una risposta sbagliata, perchè il bene può essere senza il male e il male non è necessario, ma contingente ed accidentale.

Quello che nel comportamento della natura ci sconcerta è la duplicità della sua condotta nei nostri confronti: da una parte essa è assolutamente indispensabile alla nostra sussistenza fisica, ci offre un’immensa quantità di benefici, difese e sostegni per la nostra vita fisica, si esprime in leggi certe e fisse, che ci consentono di ottenere vantaggi e produrre le opere dell’arte e della tecnica, ci affascina con le sue meravigliose bellezze, ci incuriosisce a non finire per tutti i segreti che ci riserva e che ci stimolano ad un’indagine senza fine, con scoperte continue e senza fine.

La bellezza della natura suscita altresì la nostra ammirata contemplazione, soddisfa in abbondanza il nostro bisogno di piacere fisico e spirituale, ci mostra di non essersi fatta da sè, ma di essere l’effetto del potere creatore di Dio e quindi ci guida verso di Lui. Come non esserle grati? Come non lodarla? Come non magnificarla? Verrebbe la tentazione di adorarla quasi fosse una dea!

Ma ecco, per converso, tutto l’aspetto contrario: tutti i tranelli che ci tende, tutte le improvvise, amare ed impreviste sventure, tutti i pericoli nei quali, improvvidi o senza avvedercene, cadiamo, tutte le calamità di ogni tipo: epidemìe, bestie feroci, terremoti, siccità, alluvioni, frane, sabbie mobili, intemperie, incendi, glaciazioni, carestie, violenza delle passioni, ribellione della carne allo spirito, invecchiamento, malattie, incidenti, fino a tutte quelle ostilità che ci procurano la morte.

La Sacra Scrittura ci dona la luce, il conforto, la consolazione, la serenità, la speranza, la gioia che cerchiamo, ci offre la via per venirne fuori, la via della salvezza e della liberazione.

Essa ci spiega che tutte le calamità e le sofferenze della vita presente non vengono dalla natura come tale, così come è uscita dalle mani di Dio, così come è stata originariamente voluta da Dio e lo è tuttora, secondo quello scopo che Dio le ha assegnato, ma ci vengono da una natura strumento della giustizia divina.

Agli occhi del cristiano, quindi, ciò che sembra la delusione di una natura che non mantiene le promesse, ha sempre indubbiamente l’amarezza di una felicità sfumata. E tuttavia egli dice col Profeta: «ecce in pace amaritudo mea amarissima» (Is 38,47). Infatti il cristiano sa che la natura non ha nessuna colpa; e che questa giustizia è in vista di quella misericordia, per la quale nella Croce di Cristo possiamo liberarci dai nostri peccati, dalla sofferenza e dalla morte, recuperare il bene perduto ed anzi aumentarlo, trovare la pace ed ottenere la vita eterna.

Se c’è da parlare di colpe, dobbiamo guardare a noi stessi: alle conseguenze del peccato originale, ai nostri peccati. Se ci capitano tante sventure, vuol dire proprio che in Adamo l’abbiamo fatta grossa. Ma non c’è motivo di scoraggiamento. La Croce è un vanto, non una iattura. E se ci sentiamo innocenti, potremo sempre unirci alle sofferenze dell’innocente Agnello che toglie i peccati del mondo.

Perchè dunque la severità in un Dio infinitamente buono? Perchè questa ostilità in una natura che Egli ha creato per la nostra felicità? Perché la ribellione della  carne e del sesso contro il nostro spirito? Perché queste passioni così violente, che offuscano la nostra vista intellettuale, passioni che ci portano a peccare contro Dio, contro il prossimo, contro noi stessi e contro la stessa natura? Perché questa attrattiva esagerata da parte dei cibi e dei frutti della terra, che ci spinge a peccare di gola? Perchè questa attrattiva esagerata da parte dei beni economici, delle comodità e delle ricchezze, che ci spinge all’avarizia, all’ingordigia, all’egoismo, alla violenza e all’oppressione dei fratelli? Perché questa tendenza all’aggressività, che ci rende ingiusti e odiosi agli altri?

Che cosa abbiamo mai fatto per meritare castighi così terribili per tutto il corso della storia sin dall’inizio dell’esistenza dell’umanità su questa terra? La risposta della Scrittura è nota: questa serie sconfinata di sciagure che ci perseguita per tutto il corso della storia è la conseguenza di quel peccato commesso dai nostri progenitori, che la Chiesa chiama «peccato originale».

Questo peccato, che fu un atto di disobbedienza a Dio, un voler essere come Lui, e sostituirci a Lui, secondo la rivelazione cristiana, fu commesso alle origini della nostra storia, dalla coppia primitiva, per istigazione del demonio nel paradiso terrestre, un luogo misterioso e trascendente di questa terra. E da allora, benché fatti per Dio per la verità e la vita, siamo sempre tentati da questo spirito di menzogna e di morte, se non ci uniamo alla Croce di Cristo.

Sempre secondo la narrazione biblica Adamo ed Eva, dopo il peccato furono cacciati da Dio dal paradiso terrestre e vennero a risiedere su questa terra in quella condizione di natura decaduta, nella quale ci troviamo tuttora, con tutte quelle tendenze al peccato, che nell’eden la coppia non possedeva, dato che, sempre secondo la rivelazione cristiana, essa godeva di uno stato di innocenza e giustizia, adorno di doni preternaturali come l’esenzione da cattive tendenze, da difetti, dalla sofferenza e dalla morte, nella piena armonia con Dio, nell’unione fra spirito e carne, tra uomo e donna e nel pieno dominio dell’uomo sulla natura.

In tal modo, quella natura che nell’eden era solo madre benigna e provvida, non ha smesso di esserlo, ma alterna questo aspetto costruttivo con un aspetto distruttivo, conseguenza del peccato, che era già stato minacciato da Dio in caso di disobbedienza al suo comando. Ma già immediatamente dopo il peccato, secondo il racconto biblico, Dio, rivolgendosi ad Eva, annuncia velatamente la via della salvezza, che comporterà in Cristo l’utilizzazione e la valorizzazione in funzione soddisfattoria, espiatrice e riparatrice, della stessa sofferenza procurata dalla natura.

A seguito del peccato originale la natura, pur mantenendo la sua sostanziale bontà, come principio di vita e di benessere, ha assunto un aspetto rispondente all’esecuzione della giustizia divina. Da qui il fatto che la natura è divenuta da docile a indocile, da madre a matrigna, da sorgente di vita a causa di morte e la condotta dell’uomo nei confronti della natura è divenuta da costruttiva a distruttiva, da perfezionante a contaminante, da coltivante a trascurante, da dominatrice a schiava.

Per quanto riguarda la morte dei viventi infraumani, già nel paradiso terrestre era un fatto naturale. Per quanto riguarda gli sconvolgimenti della natura precedenti al peccato originale, possiamo pensare che essi corrispondessero all’ordine della natura. Per quanto riguarda l’universo al di là dei confini del paradiso terrestre, l’umanità, se non avesse peccato, avrebbe avuto la capacità di estendere rapidamente il suo dominio su tutto l’universo.

Altro punto da tenere presente è che l’umanità decaduta dopo il peccato, ha subito iniziato, col soccorso della grazia divina, un cammino di risalita dalla miseria un cui è caduta, per cui tutto il progresso umano fino alla fine del mondo significa un graduale ritorno allo stato edenico, ma non solo e ben di più, perché, grazie alla venuta di Cristo nel mondo, l’umanità è destinata a una felicità superiore, che è quella della visione beatifica del Dio Trinità dei figli di Dio e della resurrezione finale.   

Oltre alle leggi naturali che conosciamo, nell’eden la natura era governata da leggi, che noi non conosciamo, del tutto favorevoli all’uomo, fautrici di comunione con lui, e tali da non arrecargli alcun danno, pure promotrici di vita e di felicità, mentre la natura presente, conseguente al peccato, unisce leggi favorevoli a leggi ostili e punitrici, causa di sofferenza e di morte.

La natura attuale conserva una sostanziale armonia con l’esistenza umana, che rispecchia il piano originario divino. Essa si lascia indagare nelle sue leggi e nei suoi segreti perché Dio ha ordinato una corrispondenza tra l’attività della ragione umana e la razionalità secondo la quale ha voluto organizzare la natura vivente e non vivente. Omnia disposuisti in numero, pondere et mensura (Sap 11,21).

La natura fisica è strutturata secondo un ordine matematico che ben corrisponde al sapere matematico della ragione. Il divenire fisico, con la sua apparente contradditorietà, si mostra ostico per la ragione, bisognosa d’identità; ma non ci mancano i mezzi tecnici per rappresentarlo, come per esempio la fotografia e l’uso di nozioni adatte, come quelle di atto e potenza, materia e forma, accidente e sostanza.

Secondo la rivelazione cristiana la natura da matrigna tornerà ad essere madre. Da ribelle tornerà ad essere docile. Mentre l’uomo è destinato ad una piena riconciliazione con la natura, tra uomo e ambiente, tra uomo e beni materiali, tra uomo e viventi inferiori, tra l’uomo e lo spazio cosmico, tra pneuma e psiche, tra anima e corpo, tra uomo e donna, spirito e sesso.

Questa riconciliazione inizia adesso mediante la partecipazione al mistero della Redenzione, trasfigurando l’ostilità della natura con l’assumerla come occasione e mezzo di espiazione, di penitenza, di purificazione e di elevazione, in modo tale che fin d’ora, mediante la vita di grazia e la docilità allo Spirito Santo, l’uomo divenuto figlio di Dio in Cristo, può pregustare i nuovi cieli e la nuova terra della futura resurrezione, le «primizie dello Spirito» (Rm 8,23), primizie di quella pienezza finale che il cristiano attende dalla Parusia di Cristo Giudice alla fine del mondo nella gloria della terra dei risorti.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 17 gennaio 2023

 

Il problema del rapporto dell’uomo con la natura non è solo quello di normare il comportamento dell’uomo nei confronti della natura o del proprio corpo. Il problema, ben più serio, è quello di spiegare il perchè di certe attività ostili della natura e delle nostre stesse forze psicofisiche nei confronti del nostro io, nei confronti dell’uomo e del suo spirito. 

È qui che le risposte e le indicazioni della ragione, della scienza e della filosofia non bastano più e l’uomo riflessivo e responsabile, che desidera comprendere, si trova davanti a un mistero sconcertante, che è causa di sofferenza e di morte, e vorrebbe poter far luce, per sapere qual è il senso di quanto accade e quali potrebbero essere i mezzi per venirne fuori, e se ciò è possibile. 

 

La Sacra Scrittura ci dona la luce, il conforto, la consolazione, la serenità, la speranza, la gioia che cerchiamo, ci offre la via per venirne fuori, la via della salvezza e della liberazione.

Secondo la rivelazione cristiana la natura da matrigna tornerà ad essere madre. Da ribelle tornerà ad essere docile. Mentre l’uomo è destinato ad una piena riconciliazione con la natura, tra uomo e ambiente, tra uomo e beni materiali, tra uomo e viventi inferiori, tra l’uomo e lo spazio cosmico, tra pneuma e psiche, tra anima e corpo, tra uomo e donna, spirito e sesso.

Questa riconciliazione inizia adesso mediante la partecipazione al mistero della Redenzione


Immagini da Internet:
- L'urlo, Munch
- La notte stellata, Van Gogh

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