Annotazioni allo gnosticismo

 Annotazioni allo gnosticismo

Un Lettore mi ha inviato una serie di domande sullo gnosticismo, citandomi brani del famoso studioso della materia Hans Jonas.

Caro Bruno, rispondo per punti al suo intervento.

Dice Jonas: 1.

«Gli Gnostici, se richiesti di riassumere in modo simile la base metafisica del loro nichilismo, avrebbero detto semplicemente “il Dio del cosmo è morto”, ossia è morto come dio, ha cessato di essere divino per noi e perciò di fornirci la stella polare per le nostre vite. […] Per citare ancora una volta l’interpretazione di Heidegger del pensiero nietzschiano: “La frase ‘Dio è morto’ significa che il mondo soprasensibile è senza forza effettiva”. In una maniera modificata, alquanto paradossale, questa affermazione si applica anche alla posizione gnostica. […]».

Rispondo dicendo che nello gnosticismo antico esiste effettivamente un dualismo di un Dio buono, spirituale, signore delle anime, in conflitto col dio creatore del mondo e della materia ed origine del male, che incatena le anime di origine divina, esistenti ab aeterno, le quali si liberano dal corpo e dal dio malvagio mediante la gnosi, per la quale l’anima ascende e torna alla pura luce divina, dalla quale proviene e dalla quale si è separata cadendo nelle tenebre del mondo.

Lo gnosticismo moderno, del quale il massimo esponente è Hegel, concepisce l’uomo come apparizione sensibile e storica dello Spirito assoluto alienato da se stesso nella natura. Dall’alienazione di sé da sé lo Spirito torna a sé dialetticamente, ossia mediante la negazione della negazione di sé, che è l’uomo empirico dal sapere apparente. In tal modo l’uomo, come spirito, momento alienato dell’Idea e dell’Assoluto, si eleva al Sapere assoluto, come Autocoscienza dell’Idea assoluta di Dio immanente all’uomo.

Jonas: 2.

«Il Dio gnostico, in quanto distinto dal demiurgo, è il totalmente diverso, l’altro, lo sconosciuto. In modo analogo al suo corrispondente interno all’uomo, il sé acosmico o “pneuma”, la cui natura nascosta si rivela solamente nell’esperienza negativa di estraneità, di non-identificazione e di indefinibile libertà, questo Dio ha più del “nihil” che dell'”ens” nel suo concetto. Una trascendenza senza una relazione normativa col mondo equivale ad una trascendenza che ha perso la sua forza effettiva. In altre parole, per tutto quel che riguarda la relazione dell’uomo con la realtà che lo circonda, questo Dio nascosto è una concezione nichilistica: nessun “nomos” emana da lui, nessuna legge per la natura e quindi nessuna norma per l’azione umana come parte dell’ordine naturale”».

Concordo senz’altro con questa analisi dello gnosticismo antico, benché l’esposizione sia piuttosto oscura, in quanto da essa si ricava con difficoltà l’opposizione del Dio spirituale dello gnostico al dio mondano, dal quale lo gnostico intende liberarsi. Nello gnosticismo moderno, sempre rifacendoci ad Hegel, che ne è il massimo rappresentante, possiamo dire con lui che il «il sapere assoluto è lo spirito, che al suo perfetto e vero contenuto dà in pari tempo la forma del sé e che per questa via tanto realizza il suo concetto, quanto resta, un questa realizzazione, nel suo concetto»[1].

E questo sapere assoluto è il «sapere concettivo»[2]. «Nell’idea del conoscere assoluto, il concetto è divenuto il proprio contenuto dell’Idea. Questa è appunto il puro concetto che ha per oggetto se stesso e che, in quanto percorre quale oggetto la totalità delle sue determinazioni, si sviluppa a totalità della sua realtà, a sistema della scienza. … In secondo luogo questa Idea è ancora logica, è racchiusa nel pensiero puro ed è soltanto la scienza del Concetto divino»[3]. La gnosi, ovvero il sapere assoluto è la conoscenza razionale e dimostrativa, ossia logica e concettiva dell’Idea o del Concetto divino.

Jonas: 3.

«Una famosa formula della scuola valentiniana riassume così il contenuto della “gnosis”: “Ciò che ci rende liberi è la conoscenza di chi eravamo, che cosa siamo divenuti; donde eravamo, dove siamo stati gettati; dove ci affrettiamo, da dove siamo redenti; che cosa è nascita e che cosa è rinascita”».

Questa teoria, secondo il metodo comune agli gnostici, utilizza evidentemente la dottrina biblica della redenzione, deformandola e riducendola ad uno schema dialettico.

Jonas: 4.

«Notiamo innanzi tutto il raggruppamento dualistico dei termini in coppie antitetiche […] Tra questi termini di movimento quello di essere stati “gettati” in qualche cosa colpisce la nostra attenzione […] Ci ritorna alla mente la fase […] della “Geworfenheit” di Heidegger “essendo stati gettati»” che per lui è un carattere fondamentale del “Dasein” [esserci], dell’autoesperienza dell’esistenza. […]


Nella letteratura mandea è una frase che ricorre di continuo: la vita è stata gettata nel mondo, la luce nella tenebra, l’anima nel corpo. Essa esprime la violenza originaria che mi è stata fatta nel farmi essere dove sono e quello che sono, la passività di emergere senza possibilità di scelta in un mondo esistente che non è stato fatto da me e la cui legge non è la mia. […] Questa svalutazione esistenzialista del concetto di natura mostra in modo evidente la sua spogliazione spirituale per opera della scienza, ed ha qualche cosa in comune col disprezzo gnostico della natura.”»

Nello gnosticismo l’uomo riconosce il suo stato di miseria, ma ben lungi dal considerarlo effetto del proprio peccato, si atteggia a vittima della violenza divina, ossia del dio cattivo, che è la Materia. Senonchè però lo gnostico, convinto di possedere costituzionalmente per proprio conto la scienza assoluta, ecco che, prendendo coscienza della propria divinità, può liberarsi dai lacci e dalle tenebre della materia o tornare alla sua divina condizione originaria, dalla quale era decaduto nella forma dell’io empirico.

La sostanza dello gnosticismo, chiarita in Hegel come mai era stato fatto prima, si risolve in un concetto di Dio come autocoscienza assoluta inglobante in sé tutta la realtà.  Questo Dio però non è semplice, non è statico, ma diviene. Egli infatti è doppio o duale, è «dialettico»: in quanto conoscente, oppone a sé soggetto un oggetto, oppone all’io un non-io, che però è sempre Lui, opposto a se stesso.

Egli, come spirito, e quindi come pensiero – res cogitans -, si «aliena» o si «oggettivizza» nella prassi come uomo, ossia come materia e come storia. Diviene uomo, diviene mondo. Oppone sé a se stesso. Ma l’uno sdoppiato richiede di tornare ad essere uno. Il sapere divenuto sapere di un oggetto, richiede di tornare ad essere sapere di se stesso, autocoscienza. Ecco che allora, Dio diviso da se stesso come uomo opposto a Dio, torna a se stesso: l’uomo, che originariamente è Dio, ma senza esserne cosciente, diventa Dio coscientemente o torna ad essere Dio e quindi supera il sapere umano per acquistare la gnosi divina, anzi per essere egli stesso divina ed assoluta autocoscienza.

Lo gnosticismo non si esprime necessariamente nel concetto e nel sapere. Infatti per lui la scienza dell’Assoluto non è necessariamente rappresentativa o mediata da concetti, ma è essenzialmente intuitiva, esperienziale, immediata, originaria, innata. Non ha bisogno della mediazione delle cose, ma è insita nell’autocoscienza dell’io dello gnostico. Ciò significa che non esiste solo uno gnosticismo concettuale e razionale, ma anche uno gnosticismo agnostico, esperienziale e mistico. Già lo gnosticismo antico ammette un Dio gnostòn, ossia noto e conosciuto accanto a un Dio, àghnoston, inconoscibile, puro mistero assoluto non concettualizzabile.

Inoltre non c’è solo uno gnosticismo spiritualista, teista, eternalista e dualista, che oppone materia a spirito come due nemici, ma c’è anche uno gnosticismo materialista, ateo, evoluzionista, che riduce lo spirito a materia o fa sorgere lo spirito dalla materia. Per il primo esiste solo lo spirito e la materia non è che apparenza o pensiero. Per il secondo la materia eterna si eleva da sé, così da trasformarsi in spirito, sicchè lo spirito non può esistere senza la materia.

Le conseguenze etiche dello gnosticismo possono essere opposte a seconda che abbiamo uno gnosticismo dualista-spiritualista o materialista-monista. In entrambi i casi la prospettiva è quella della libertà dell’io intesa come autoaffermazione libera dalla legge di un Dio trascendente, un io che è legge a se stesso in forza della libertà. Nel primo caso il presupposto è il panteismo: Dio è l’uomo, dotato del sapere divino. Nel secondo caso il presupposto è l’ateismo: l’uomo è Dio. Non esiste un Dio trascendente. Quello che l’uomo sa di sé sostituisce il sapere divino. Nel primo caso l’odio per il corpo considerato il principio del male e della schiavitù dello spirito produce un rigorismo disumano. Nel secondo caso, l’assenso sensuale agli impulsi del corpo divinizzato produce un lassismo sfrenato. La libertà consiste nel libero sfogo degli istinti. Il sapere divino s’identifica col piacere. È interessante notare come questi due estremi si notano nel catarismo medioevale.

Conclusivamente bisogna distinguere lo gnosticismo come fenomeno storico dallo gnosticismo come vizio dell’intelletto causato dalla superbia e dalla volontà di potenza. Finora abbiamo potuto assistere alle varie forme storiche dello gnosticismo. È toccato a Papa Francesco darcene una definizione generale, che abbraccia tutte le forme storiche, col ricondurlo a quella forma di falsa scienza che crede di poter fare a meno della Parola di Dio o a quella superbia, per la quale la mente umana, cedendo alle lusinghe del demonio, si autoesalta e pretende di pareggiarsi al sapere divino.

Lo gnosticismo non è altro che quella scienza che «gonfia» (I Cor 8,1) di orgoglio impostore ed esibizionista, quell’apparente possesso della scienza (I Cor 13,2), privo della carità, che a nulla giovano, ma che anzi procurano la perdizione, mentre il vero sapere è basato sull’umiltà, sull’amore per la verità, sull’onestà intellettuale, sullo spirito di servizio al prossimo, sull’ascolto della Parola di Dio e sul desiderio dell’unione con Dio.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 30 novembre 2021


Hans Jonas: 

«Una famosa formula della scuola valentiniana riassume così il contenuto della “gnosis”: 

“Ciò che ci rende liberi è la conoscenza di chi eravamo, che cosa siamo divenuti; 

donde eravamo, dove siamo stati gettati;

dove ci affrettiamo, da dove siamo redenti; 

che cosa è nascita e che cosa è rinascita”».

 

 

 

Questa teoria, secondo il metodo comune agli gnostici, utilizza evidentemente la dottrina biblica della redenzione, deformandola e riducendola ad uno schema dialettico.




Immagini da internet:
- Valentino e le sue scuole
- Hans Jonas



[1] Fenomenologia dello Spirito, La Nuova Italia, Firenze 1988, vol.II, pp.295-296.

[2] Op. cit., p.296.

[3] Scienza della logica, Edizioni Laterza, Bari 1984, vol.II, p.956.

8 commenti:

  1. Caro Padre Giovanni,
    la ringrazio per questi ulteriori preziosi approfondimenti sullo gnosticismo.

    Un altro filosofo contemporaneo che ha ravvisato punti in comune tra gnosticismo antico, idealismo, marxismo e nichilismo, quali forme o tentativi di “liberarsi” dalla realtà, dall’essere… è stato il tedesco naturalizzato statunitense Eric Voegelin (1901 - 1985):

    "Poiché, secondo l'ontologia gnostica, la compromissione con il mondo è determinata dall'agnoia, dall'ignoranza, l'anima sarà capace di districarsi da esso mediante la conoscenza della sua vita vera e della sua condizione di estraneità in questo mondo. In quanto conoscenza della propria condizione di cattività nel mondo, la gnosi è nello stesso tempo lo strumento del riscatto da tale condizione […]
    Se l'uomo deve essere liberato dal mondo, la possibilità di liberazione deve realizzarsi prima di tutto nell'ordine dell'essere. Nell'ontologia dello gnosticismo antico ciò trova attuazione mediante la fede nel Dio «straniero» e «nascosto» [...] Nello gnosticismo moderno ciò trova attuazione mediante l'idea di uno spirito assoluto che [...] procede dall'alienazione alla coscienza di sé [l’idealismo]; o mediante l'idea di un processo dialettico-materialista naturale che nel suo corso porta dall'alienazione [...] alla libertà di un'esistenza pienamente umana [il marxismo]; o mediante l'idea di una volontà naturale che trasforma l'uomo in superuomo [il nichilismo]" (E. Voegelin, Il mito del mondo nuovo, Rusconi, 1990, pag. 55 - 57).

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    1. Caro Bruno,
      la ringrazio per queste interessanti informazioni riguardanti taluni aspetti dello gnosticismo.
      Alcune cose già le conoscevo, invece altre non le conoscevo. Posso dire di avere arricchito la mia conoscenza di questo fenomeno molto complesso, che Papa Francesco ha avuto la grande saggezza di mettere in luce affinchè stiamo in guardia contro il pericolo che da esso proviene.

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  2. Un altro filosofo, stavolta italiano, che ha studiato particolarmente le influenze dello gnosticismo sul pensiero moderno e contemporaneo è stato Emanuele Samek Lodovici (1942 - 1981).

    Tra l’altro, egli ravvisa proprio in Hegel la fonte della deriva gnostica in Hans Küng.
    Quest’ultimo affermava esplicitamente la necessità di superare la metafisica di origine greca con una concezione più moderna, grazie in particolare ad Hegel. A questo scopo Küng dedicò un intero libro, intitolato Menschwerdung Gottes (tr. it.: Incarnazione di Dio: introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia, Queriniana, Brescia 1972).
    In esso Küng, utilizzando la dialettica hegeliana, sostiene la possibilità di una comprensione più moderna del mistero dell'Incarnazione.
    L’obiettivo del teologo tedesco è superare la “fissità” della formulazione del Concilio di Calcedonia di una persona in due nature, poiché tale formulazione ricorre a termini ellenistici quali «natura», «ipostasi», «unione», «persona», che, secondo Küng, farebbero parte di un universo concettuale corrispondente ad una verità scientifica vecchia ormai di venti secoli.

    Samek Lodovici ha criticato tali idee di Küng, evidenziando il rischio che comporta trascurare il problema ontologico del Dio-uomo, per spostare l'attenzione sul significato che l'Incarnazione di Dio ha per il credente:

    "Qual è il senso ortodosso dell'Incarnazione? Questo senza dubbio: Dio si incarna, ovvero un uomo preciso è Dio e uomo.
    Qual è invece il senso hegeliano della Menschwerdung [si osservi che il termine tedesco, usato anche da Küng, contiene con il werden quell'idea di diventar altro, di fieri, che la parola latina incarnatio non ha]? Questo: Dio lascia la propria condizione di altro dal mondo in quanto si incarna (passa ad essere l'umanità, la storia con il suo continuo processo di manifestazioni, figure, fatti). Dio smette di essere Dio per diventare da quel momento la Storia, la Storia dell'Umanità. La persona storica del mediatore è volatilizzata; al suo posto, nel concetto di Incarnazione è rimasta la mediazione. L'incarnazione è la mediazione attraverso la quale Dio è diventato l'Umanità.
    Come si vede ci troviamo di fronte ad una tipica gnosi cristologica che volatilizza il fatto storico dell'Incarnazione e gli sostituisce un'interpretazione" (E. Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Edizioni Ares, 1991, pag. 100 - 101).

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    1. Caro Bruno,
      la ringrazio per queste interessanti informazioni riguardanti taluni aspetti dello gnosticismo.
      Alcune cose già le conoscevo, invece altre non le conoscevo. Posso dire di avere arricchito la mia conoscenza di questo fenomeno molto complesso, che Papa Francesco ha avuto la grande saggezza di mettere in luce affinchè stiamo in guardia contro il pericolo che da esso proviene.

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  3. Caro Padre Giovanni,
    mi consenta di sottoporre alla sua attenzione questo ipotetico dialogo tra me e una parrocchiana, Marta, incontrata all’uscita da una chiesa.

    Bruno: “Marta, come già ti dissi, l’aborto volontario, essendo la soppressione di una vita umana innocente, non può mai essere approvato. Come ha detto Papa Francesco: «è un omicidio e non è lecito diventarne complici»”.
    Marta: “Certo è una vera tragedia, dobbiamo far di tutto per prevenirlo, per rimuoverne le cause”.
    Bruno: “E dunque noi cattolici dovremmo anche sempre opporci a leggi e politici che lo favoriscono”.
    Marta: “No, aspetta, su questo non sono d’accordo. Sia chiaro, io non abortirei mai, ma, parafrasando Papa Francesco, chi sono io per giudicare una donna, magari non credente, che si è decisa per una così drammatica, dolorosa decisione? Pensi che saremmo davvero misericordiosi costringendo queste donne ad andare all’estero o, ancora peggio, a ricorrere alla clandestinità con enormi rischi per la stessa madre? Bruno, come ti direbbe Papa Francesco: non essere rigido! Non possiamo come cattolici imporre il nostro credo agli altri. Dobbiamo tollerare che lo stato laico approvi determinate leggi, di cui comunque noi cattolici per coerenza, non andremmo a fruirne”.
    Bruno: ”Io non sto giudicando la donna, ma l’atto in se stesso, cioè il peccato e non il peccatore, e comprendo bene quanti condizionamenti non voluti possano agire sulla donna. Sono d’accordo che la comunità dovrebbe fare tutto il possibile per aiutarla a non abortire, con tutto il supporto psicologico ed eventualmente economico necessario. Tuttavia, se permettiamo, con le nostre scelte politiche, che lo stato, tramite medici non obiettori, esegua questo omicidio, non vedo come si possa negare che ne diventiamo complici. Peraltro, ad un governante che si professi cattolico, ma con la sua attività pubblica favorisca e addirittura incrementi le morti per aborto, come per esempio Biden, la Chiesa dovrebbe negare la Santa Comunione. E ciò, peraltro, a vantaggio dello stesso Biden”.
    Marta: “Ma niente affatto! Guarda che Papa Francesco, quando, sul viaggio aereo di ritorno dall’Ungheria, gli è stata rivolta precisa domanda, non ha affatto confermato quanto dici tu, anzi ha ammonito i vescovi a pensarci bene prima di prendere una decisione del genere. Lo stesso Biden ha in seguito dichiarato che Francesco lo considera un buon cattolico e gli ha detto che poteva accedere alla Comunione, e il Vaticano non ha smentito. Impara Bruno: la Comunione è una medicina e come tale è per sua natura a disposizione di tutti. Tu sei rimasto alla visione tradizionalista dello “stato di grazia” necessario per riceverla…
    Vedi Bruno, tu non sei semplicemente rigido, tu sei gnostico!”
    Bruno: “So di avere molti difetti ma, addirittura gnostico… non ti sembra di esagerare Marta?”
    Marta: “No, per niente, vatti a leggere la “Gaudete et exsultate”. Tu pensi e ti comporti come gli gnostici che, cito il Papa: «assolutizzano le proprie teorie e obbligano gli altri a sottomettersi ai propri ragionamenti». Tu pretendi che il tuo modo di essere cattolico debba essere l’unico accettabile. Non ti rendi minimamente conto che, cito ancora il Papa: «nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina». Tu invece sei proprio come quelli, biasimata da Francesco, i quali «sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature». Tu parli ancora di “vera” dottrina cattolica, di dottrina “autentica”… e non hai ancora compreso, come ci insegna il Papa che: «la dottrina, o meglio, la nostra comprensione ed espressione di essa, “non è un sistema chiuso, privo di dinamiche capaci di generare domande, dubbi, interrogativi”»”.

    A questo punto vorrei replicare a Marta con parole di questo stesso pontificato, ma sono in difficoltà. Può aiutarmi Padre Giovanni?

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    1. Caro Bruno,
      l’inizio del discorso di Marta mi sembra abbastanza buono. E’ il principio tradizionale della tolleranza.
      Per quanto riguarda il caso Biden, se il Papa gli ha detto che può fare la Comunione, il Papa avrà i suoi motivi. Tuttavia, al riguardo vorrei dire che quando si tratta di problemi di tolleranza, la saggezza vuole che il governante si adoperi per diminuire il più possibile i danni provocati da una legge ingiusta e quindi eviti di favorirla.
      Per quanto riguarda lo stato di grazia, ricordo che, per poter fare la Comunione, bisogna essere in stato di grazia, ossia immuni da colpa mortale, mentre è lecito accostarsi alla Comunione anche nel caso che si abbia qualche colpa veniale. Infatti la stessa Santa Comunione toglie le colpe veniali, a parte il fatto che, prima di fare la Comunione, è doveroso purificarsi da eventuali peccati veniali, con la recita del Confiteor.
      Per quanto riguarda l’accusa di gnosticismo, il Papa, parlando di “assolutizzazione delle proprie teorie” non condanna evidentemente un’opinione come la sua, che, per quanto discutibile, non fuoriesce dalla sana dottrina, ma condanna gravi errori o filosofici o teologici.
      Per quanto riguarda il riferimento del Papa al pluralismo, io le consiglio di essere comprensivo nei confronti del principio di tolleranza, anche se posso capire la forte opposizione che lei, non dico come cattolico, ma come uomo di coscienza, esprime nei confronti di una legge ingiusta.
      Per quanto riguarda poi la fermezza dottrinale, è chiaro che il Papa non si riferisce ad essa, ma a certi atteggiamenti rigidi ed intransigenti laddove, soprattutto dal punto di vista morale o pastorale, si dovrebbe essere più elastici, comprensivi o possibilisti.

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    2. Caro Padre Giovanni,
      il principale spunto di discussione che intendevo suggerire, con il raccontino, bonariamente ironico, del mio dialogo con Marta, era che proprio le parole del Papa sullo gnosticismo (o meglio parte di esse), si prestano ad essere facilmente strumentalizzate, in buona o in cattiva fede, quasi da chiunque intervenga sull’interpretazione della dottrina.

      Faccio un altro esempio. Immagini, Padre Giovanni, che lei si trovi a sostenere un acceso confronto con un teologo modernista di stretta osservanza rahneriana.
      Ad un certo punto del dibattito, il suo interlocutore le dice: “senta Padre Cavalcoli, lei non solo si rifiuta di riconoscere che il “Corso fondamentale sulla fede” di Rahner è la grande summa teologica del XX secolo, ma pretende addirittura di escluderlo dai capolavori della buona teologia cattolica… è mio dovere ricordarle quanto Papa Francesco ha affermato nella “Gaudete et exsultate”: «nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana che, nella loro varietà, ‘aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola’». Se lei, Padre Cavalcoli, si ostina invece a considerare il suo approccio tomista, non come uno dei vari possibili… ma come l’unico o il principale modo di interpretare la dottrina, l’avverto, lei rischia di scivolare in una modalità gnostica di fare teologia, in quanto, e continuo a citare il Santo Padre, lei «esalta indebitamente la conoscenza o una determinata esperienza», ovvero la sua ricezione dell’opera dell’Acquinate, e così facendo, prosegue Papa Francesco «considera che la propria visione della realtà sia la perfezione», avvicinandosi a coloro che, concludo ancora con le parole del pontefice «assolutizzano le proprie teorie e obbligano gli altri a sottomettersi ai propri ragionamenti»”.
      Ora le chiedo, Padre Giovanni, riuscirebbe a smentire l’insinuazione del modernista, soltanto rifacendosi alla stessa “Gaudete et exsultate”?

      Non c’è dubbio che il rahneriano fa un uso scorretto delle parole del papa, così come lo fa Marta, ma il punto è che parte delle parole che il santo Padre usa per identificare la mentalità gnostica, a causa della loro genericità, possono essere manipolate dal modernista pro domo sua.
      In altre parole, per restare all’ambito propriamente teologico, studiosi di orientamento assai diverso, dai progressisti ai tradizionalisti, dai modernisti ai lefreviani, potrebbero tranquillamente sottoscrivere le parole della “Gaudete et exsultate” sulla mentalità gnostica da riprovare, salvo poi, qualora vengano messi decisamente davanti ai loro errori, utilizzare la stessa esortazione apostolica come arma per delegittimare chi li sta mettendo in crisi, insinuando che l’intransigenza di questi nel criticarli, si possa leggere come l’avvicinarsi ad un approccio gnostico…
      Concordo con lei che sia da plaudire il fatto che Francesco sia stato il primo papa a condannare lo gnosticismo in un documento magisteriale, così come è parimenti apprezzabile l’aver trovato una definizione generale e onnitemporale del fenomeno gnostico, ma nel contempo ravviso, come limite dello stesso documento, il fatto che non fornisca criteri sicuri per distinguere chi veramente possa esser tacciato di gnosticismo, da chi invece potrebbe essere arbitrariamente etichettato come tendenzialmente gnostico.

      Non sarà, purtroppo la “Gaudete et exsultate” a smascherare le vari forme di gnosi che si camuffano in parte della teologia contemporanea, né ad inchiodare alle loro responsabilità i loro rappresentanti.

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    3. Caro Bruno,
      io direi che il riferimento che Papa Francesco fa al pluralismo teologico nella Gaudete et Exultate, è un discorso che vale in modo del tutto generale e non ha una attinenza specifica con lo gnosticismo. Il Papa si riferisce a certi atteggiamenti mentali rigidi ed esclusivisti, dettati da presunzione, che tendono a considerare falsi altri punti di vista, che invece sono legittimi.
      Ora, questi atteggiamenti mentali possono trovarsi e di fatto si trovano un po’ dappertutto nei vari sistemi teologici. Vorrei dire che anche un tomista, se non sta attento, può peccare di rigidezza e presunzione nel sostenere il pensiero di San Tommaso.
      Queste considerazioni valgono sia per il dialogo che lei ha avuto con la parrocchiana, sia per l’eventuale discussione che io potrei avere con un rahneriano.
      Tenga presente inoltre che il Papa non ha condannato la gnosi in modo generico come una semplice forma di soggettivismo rigido e presuntuoso, ma ne ha dato una precisa definizione, che io ho analizzato attentamente nel mio articolo. Quindi, prima di accusare uno di gnosticismo – penso a lei, come penso anche a me -, affinché tale accusa sia pertinente, chi ci accusa non deve fare riferimento alla semplice condanna papale del soggettivismo, ma è obbligato, se vuole essere onesto, a fare riferimento alla precisa definizione che il Papa ha dato dello gnosticismo.
      Quanto al rischio che il testo del Santo Padre possa essere strumentalizzato in chiave modernistica, la cosa non mi sembra possibile, a patto che uno sostenga la vera dottrina cattolica. Infatti, il Papa condanna che eventualmente strumentalizza la dottrina cattolica per sostenere una visione che contrasta con essa. Ma questo è appunto il caso del modernista o del rahneriano. Non è certo il caso mio o il suo, in occasione di quella sua discussione con quella parrocchiana.
      Per quanto riguarda la mia eventuale discussione con un rahneriano, egli non può trovare nella Lettera del Papa alcun appiglio per accusarmi di soggettivismo, perché io da 40 anni non sto contrapponendo a Rahner la pura e semplice teologia di San Tommaso, ma bensì la dottrina della Chiesa. D’altra parte il rahneriano non può appellarsi a quanto dice il Papa nella Lettera circa il pluralismo teologico, perché il Papa evidentemente si riferisce a diverse tendenze teologiche, che operano tutte nell’ambito della retta fede, cosa che purtroppo non si realizza nel pensiero di Rahner.
      Infatti il problema grave che è posto dal rahnerismo non è dato dal fatto di essere una dottrina estranea al tomismo, ma, come ho dimostrato in questi 40 anni, è dato dal fatto che purtroppo la dottrina rahneriana contiene proposizioni ereticali.

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