Il successo
di Papa Francesco
Il recente incontro del Papa col Corpo
Diplomatico accreditato presso la S.Sede offre lo spunto ad alcune
considerazioni. Si è verificata la presenza di quasi tutti gli Stati del mondo
e ciò suscita in ogni cattolico certamente una soddisfazione. Ciò è segno della
stima e della considerazione, delle quali gode la S.Sede presso quasi tutte le
potenze mondiali. Essa in più occasioni si è mostrata giudice imparziale e valida
mediatrice di pace, scongiurando il rischio di conflitti imminenti, e
risolvendo le vertenze secondo giustizia Ma tale prestigio della S.Sede è anche
il segno che Papa Francesco riesce a conquistarsi questa stima e questa
considerazione.
Occorre infatti considerare che l’assenza o
la rottura delle relazioni diplomatiche fra Stati comportano solitamente grandi
distanze fra di loro o forti contrasti, che possono giungere fino alla guerra.
Che cosa è che agli occhi di uno Stato può rendere il Vaticano un termine di
relazione poco appetibile, o addirittura sconveniente o sconsigliabile per non
dire odioso?
Non certo il fattore o peso territoriale,
politico, militare o economico, ma è il fattore, morale, religioso e
spirituale. Di solito le relazioni diplomatiche con uno Stato sono rese appetibili,
perché questo Stato offre importati aiuti o collaborazione o vantaggi economici,
politici e militari.
Ma per che cosa le relazioni diplomatiche col
Vaticano possono essere attraenti se non per il suo prestigio morale, per il
suo ascendente religioso, per la sua autorità spirituale, mediatrice di
dialogo, di conciliazione, di giustizia, di concordia e di pace?
Viceversa, un Papa che denunciasse ostilità
alla Chiesa, al cristianesimo e alla religione, ingiustizie, sopraffazioni, offese
ai diritti umani, violenze, aggressività, fondamentalismi, espansionismi,
nazionalismi, fanatismi religiosi o ideologici o politici, repressione della libertà,
dittature, totalitarismi, scoraggerebbe ad avviare o mantenere relazioni con
lui quegli Stati che difettano su quei punti.
Occorre anche considerare che la grande quantità
di relazioni diplomatiche intrattenute da un Papa non è necessariamente segno
della sua santità, della sua sapienza pastorale o della sua piena fedeltà al
mandato petrino. S.Pio X aveva relazioni solo con una ventina di Stati. Se un Papa
si oppone ad una data forza, è comprensibile che quella forza non abbia
interesse a relazioni diplomatiche col Vaticano. Gli Stati protestanti non
erano interessati a intrattenere relazioni diplomatiche coi Papi della Riforma
Tridentina. Gli Stati massonici vedevano le relazioni col Vaticano ai tempi di
Leone XIII come fumo negli occhi. Il mondo comunista dell’epoca di Pio XII non era
interessato ad avere relazioni diplomatiche con la S.Sede. È stato solo a
seguito del Concilio Vaticano II che le rappresentanze diplomatiche presso la S.Sede
sono via via venute aumentando fino a raggiungere le attuali 183 di Papa Francesco.
Ma che
significa questo aumento? Che il Papa ha aumentato il suo prestigio spirituale
nel mondo, presso le grandi potenze terrene? Credo che in parte sia così e in
parte no. In parte è così, perché Papa Francesco, e lo dimostra ancora una
volta il discorso che ha tenuto al Corpo Diplomatico, è abile nel richiamare
l’umanità ai valori umani, comunemente accettati ed anzi scontati non in base a
una data fede religiosa, ma in base alla ragione ed agli interessi comuni della
pace e della sussistenza vitale, se si vuole sopravvivere ed evitare una guerra
atomica.
Nel contempo pare che Papa Francesco non denunci
a sufficienza gli atteggiamenti anticristiani delle grandi potenze intra ed
extraecclesiali: la prepotenza ipocrita del modernismo, il fideismo irrazionalista
protestante, lo gnosticismo massonico, il fanatismo islamico, il comunismo
ateo, l’edonismo liberale. Penso che, se lo facesse, le rappresentanze
diplomatiche diminuirebbero drasticamente fino a tornare ai tempi di S.Pio X o
di Leone XIII o del Beato Pio IX.
Io mi chiedo, davanti a questo grandioso e
numeroso consesso di tutti gli Stati del mondo, sapendo quanto potere ed
influsso hanno le grandi potenze mondiali, in particolare la massoneria e
l’Islam, se per caso non ci sarà un potere occulto che segretamente regge le fila
di queste grandiose iniziative. A chi spetta la regia? A dirigerle
ufficialmente dovrebbe essere la S.Sede. Ma Papa Francesco è effettivamente,
come esteriormente apparirebbe e dovrebbe essere, il regista, oppure in qualche
modo la sua autorevolezza e quindi il suo influsso sono non dico falsificati, perché
questo è impossibile grazie al carisma petrino, ma tuttavia limitati sciente o
non sciente il Papa, così che egli non fa nulla che dispiaccia alle grandi potenze?
È una domanda tremenda. In altre parole:
Francesco è libero o è manovrato? Dalle sue reticenze non sembra del tutto
libero. Perché non dice ciò che è sgradito al mondo? Perché non parla di quelle
parti del Vangelo che non piacciono al mondo, come hanno fatto altri Papi Santi
del passato? Il motivo è forse perché non sarebbe capito? Perché non è la circostanza
adatta? Oppure perché ha timore del mondo e poco timor di Dio? Non lo so. Qui
voglio esprimere solo un mio timore o sospetto, non una certezza.
Su questo tema delle opportunità e delle convenienze,
possiamo altresì domandarci: che cosa dev’essere importante per la S.Sede: avere
molte rappresentanze diplomatiche, tacendo sui difetti e i soprusi e lo spirito
anticristiano delle grandi potenze, oppure parlare a costo di ricevere forti
opposizioni? Alcuni Papi dei primi secoli affrontarono il martirio, pur di non rinunciare
al mandato di proclamare integralmente il Vangelo davanti al mondo. Ma anche senza
arrivare a questi estremi, un S.Paolo VI e un S.Giovanni Paolo II hanno potuto
aver salva la vita, certo non senza gravi rischi, come ben sappiamo, pur avendo
relazioni con un numero di Stati di poco inferiore a quello dell’attuale
pontificato, senza mancare di rivolgersi agli Stati sul modello dell’annuncio
degli apostoli alla folla nel giorno di Pentecoste, per cui la gente stupita e
compiaciuta disse: «Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di
Dio» (At 2,11).
Credo che Papa Francesco dovrebbe approfittare
di più di queste occasioni straordinarie di avere davanti a sé un uditorio internazionale
così qualificato per ricordare all’umanità sì la necessità della fratellanza universale
e di un’opera comune di educazione dei giovani, ma dovrebbe altresì ricordare che
questa fratellanza sarebbe senza fondamento, se non fosse fratellanza di figli
dello stesso padre, il che gli darebbe l’occasione di annunciare la vocazione
di tutti gli uomini ad essere in Cristo figli dello stesso Padre Che è nei
cieli.
Tutti gli uomini di buona volontà ascolterebbero
il Papa e non sarebbero pochi, mentre i credenti sarebbero confortati e
incoraggiati nella loro fede. Che gli uomini devono sforzarsi di vivere in pace
fra di loro, che occorra rispettare le diversità, fare ogni sforzo per evitare la
guerra, rispettare le minoranze e i diritti dell’uomo, favorire la reciprocità
tra uomo e donna, soccorrere gl’immigrati, evitare i traffici illeciti, praticare
un’ecologia integrale, combattere l’odio, lo spirito di vendetta, la fame, le disuguaglianze,
le malattie, la miseria e il degrado morale, tutte queste cose sono già scritte
nella coscienza dei popoli civili e nelle Costituzioni di tutti gli Stati democratici.
Ma ciò che gli uomini amanti della verità, di buona volontà ed aspiranti alla
salvezza, quale che sia la loro religione o cultura, si attendono da un Papa è
che indichi la «via della verità e della vita» (Gv 14,6), la via di Dio. E chi in
tutta l’umanità, più e meglio di un Papa sa queste cose, è autorizzato a
proclamarle a tutti ed ha diritto di essere ascoltato da tutti?
P.Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
11 gennaio 2020
Apprezzo la pacatezza dei toni e la profondità della sostanza espressa. Ci troviamo di fronte ad un papa che parla ad un mondo che si compiace nell' ascoltarlo, mentre i credenti ascoltano delusi considerazioni ovvie e misteri della nostra salvezza svuotati di ogni profondità, in cui la contemplazione viene sostituita dallo slogan o peggio da bassa propaganda socio-politica, che poi tace sulle persecuzioni ai cristiani. Io sono tra coloro che vorrebbero sentire proclamare dal santo padre la "via della verità e della vita". Grazie padre Cavalcoli. Silvio
RispondiEliminaApprezzo la pacatezza dei toni e la profondità della sostanza espressa. Ci troviamo di fronte ad un papa che parla ad un mondo che si compiace nell' ascoltarlo, mentre i credenti ascoltano delusi considerazioni ovvie e misteri della nostra salvezza svuotati di ogni profondità, in cui la contemplazione viene sostituita dallo slogan o peggio da bassa propaganda socio-politica, che poi tace sulle persecuzioni ai cristiani. Io sono tra coloro che vorrebbero sentire proclamare dal santo padre la "via della verità e della vita". Grazie padre Cavalcoli. Silvio
RispondiEliminaCaro Silvio, condivido abbastanza la sua analisi. Io metterei più in luce l'aspetto umanistico della predicazione di Papa Francesco. Effettivamente, sencondo me, come cattolici possiamo attenderci dal Papa che elevi il tono dei suoi discorsi. Preghiamo per questa intenzione.
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