Suggerimenti
per come affrontare la situazione
Per le sue piaghe siamo stati guariti
Is 53,5
Solidarietà
umana e testimoni della fede
Come cattolici e cittadini vediamo certamente
nel diffondersi di questa epidemia un fenomeno morboso, che ci impegna tutti,
credenti e non credenti, in base alle esigenze della ragione e della difesa della
salute fisica, a combattere tutti assieme, in stretta collaborazione e
nell’obbedienza alle disposizioni in merito delle autorità sanitarie, il comune
nemico con ogni mezzo possibile e in particolare con le risorse più avanzate della
medicina e della prevenzione dalle malattie.
Come qualunque membro della società civile, anche
noi cattolici, esseri ragionevoli, facciamo una lettura razionale di questa calamità
e ne diamo evidentemente spiegazione razionale, anche sul piano della teologia.
E combattiamo con i mezzi che ci prescrivono la ragione e la scienza.
Ma la Sacra Scrittura ci insegna altresì a
trovare un significato più profondo e addirittura salvifico di detta calamità. Questo
è il paradosso cristiano. È un significato di fede, che supera la misura della
ragione, significato che può sembrare assurdo, ma che in realtà esprime la
divina sapienza.
La fede, infatti, illustrandoci il mistero
della sofferenza, ci conduce a scoprire nella calamità addirittura il segno
della misericordia divina: una proposizione apparentemente insensata, eppure
verissima, a patto che la si intenda bene, secondo le considerazioni che seguono.
Avvertiamo infatti anzitutto che, se si
esclude, come fanno i buonisti, che l’attuale calamità debba interpretarsi come
castigo divino, non si salva la bontà divina, perché non si vede più nella
calamità un effetto della giustizia divina, che è un aspetto della sua bontà.
E quindi coloro che negano che Dio castighi,
immaginando così di affermare un Dio di bontà, ottengono esattamente il
risultato opposto a quello che vorrebbero. Se infatti Dio creatore della natura e delle
sue azioni, è la causa prima di una calamità naturale che distrugge l’uomo,
allora Dio appare proprio con quel volto crudele, che i buonisti vorrebbero
togliere negando che Egli castighi. D’altra parte la natura non agisce
indipendentemente da Dio, per cui non possiamo addebitare i mali che ci colpiscono
alla sola natura, ma siamo obbligati a risalire a Dio, creatore della natura. E
allora Dio vuole il nostro male?
Ma i buonisti, dal canto loro, col negare che
questi mali siano castighi divini, vengono così stretti in una morsa: o dire
che la calamità non è un male, per salvare la bontà divina o che essa, restando
un male, è l’effetto di un Dio buono, cose entrambe assurde da un punto di vista
di teologia naturale e del buon senso. Così essi pretendono, come abbiamo visto,
di sostenere che il Dio della fede cristiana non punisce, però manda sciagure. Ciò
però impedisce sensatamente di credere che Dio sia buono. Allora, come la
mettiamo?
La questione si scioglie esaminando il
significato della tesi seguente, la quale, così come suona, è uguale per i
buonisti anti-castighi e per i cattolici pro-castighi: «Dio che è buono,
creatore della natura, manda per mezzo della natura una calamità».
Il paradosso
cristiano e l’inganno buonista
Questa tesi suona allo stesso modo nella
falsa fede dei buonisti e nella vera fede dei cattolici. Solo che, a seconda di
come la si interpreta, si rivela assurda, se intesa alla maniera buonista, ma coerente
se intesa alla maniera cattolica. Nel primo caso è realmente contro la ragione;
nel secondo lo è solo apparentemente. Infatti nel primo caso un Dio buono risulterebbe
essere il creatore di una creatura cattiva. Nel secondo Dio si mostra buono
ovvero giusto nel punire, ma ancor più buono ovvero misericordioso nel perdonare.
Egli infatti ci comanda di trarre occasione
dal castigo del peccato per trasformarlo, in Cristo, in segno e strumento della
sua misericordia. Qui la calamità diventa addirittura cosa buona! Buona certo
non in se stessa, ma in quanto vissuta ed utilizzata dal credente, come mezzo di espiazione e di riparazione in
Cristo per sé e per il prossimo.
Il che non toglie affatto che il credente, in
quanto essere razionale, membro dell’umanità e della società civile, continui a
vedere nella calamità un male, contro il quale si deve combattere e dal quale ci
si deve liberare adottando tutte le risorse dell’inventiva e delle forze umane.
Sta in ciò il paradosso dell’etica cristiana,
per il quale il cristiano odia e ad un tempo ama la sofferenza: la odia, in
base alla ragione, in quanto è un male da eliminare; la ama, in quanto sa per
fede che Dio onnipotente e misericordioso, Che sa trarre dal male un maggior
bene, ce la propone in Cristo e nello Spirito Santo come espressione d’amore e
mezzo di purificazione e soddisfazione al Padre per i nostri peccati e sorgente
di vita eterna.
La presente circostanza offre ai pastori, a
cominciare dal Papa, l’occasione per consentire a noi cattolici e a tutti gli
uomini di buona volontà, con la loro illuminata e calda parola di umana
solidarietà e di cristiano conforto,
secondo i suggerimenti che ho indicato, e il loro esempio, di dare ad un
tempo una poderosa testimonianza umana e cristiana, civile e di fede, di
solidarietà e di carità, attenendosi da una parte coscienziosamente agli ordini
delle autorità sanitarie e dall’altra alle norme di condotta emanate dall’autorità
ecclesiastica, con speciale attenzione alle persone più povere, deboli, anziane
e bisognose.
Proposte
pratiche
Le restrizioni e limitazioni ordinate
dall’autorità ecclesiastica all’amministrazione e alla recezione dei Sacramenti
a cominciare dalla Messa, ci danno occasione di ricordare che secondo il piano
divino della salvezza la grazia giunge alle anime ordinariamente attraverso i Sacramenti,
ma che, laddove per motivi ragionevoli o cause di forza maggiore essi non
potessero essere amministrati o ricevuti, la grazia divina scende ugualmente
nelle anime ben disposte.
In tal modo è sempre raccomandabile la
Comunione spirituale in sostituzione alla Comunione eucaristica, il confessarsi
direttamente a Dio, che può rimettere anche i peccati mortali, la Messa seguìta
in TV o per Radio o altri strumenti digitali, la preghiera personale, pie
pratiche penitenziali, la visita privata alle chiese, l’adorazione eucaristica,
la Via Crucis privata, il S.Rosario, la corrispondenza epistolare o per
telefono o per via digitale di direzione spirituale, la pia lettura personale.
È cosa auspicabile che i pastori, teologi, educatori,
insegnanti laici, religiosi, sacerdoti e Vescovi studino e pratichino iniziative
pastorali, liturgiche, catechetiche, culturali e formative sostitutive, che
possano attuarsi entro gli spazi lasciati aperti dalle restrizioni imposte dall’autorità
ecclesiastica.
È cosa auspicabile e lodevole che si facciano
insistenti e fiduciose suppliche a Maria, Salus
infirmorum, ad aver pietà dei suoi figli, pentiti dei loro peccati e
meritevoli bensì dei divini castighi, ma imploranti misericordia; aiuti Maria a
trovare in questa prova occasione di far penitenza; sostenga la Madre di Dio l’offerta
che le anime innocenti fanno di se stesse per il riscatto e la conversione dei
peccatori, consoli e conforti gli ammalati, dia coraggio e resistenza a chi li
assiste e li cura, sostenga le ricerche che gli scienziati stanno facendo nel
mondo per vincere il nemico, allontani il morbo intercedendo presso l’Onnipotente o se tale non fosse
almeno per adesso la sua volontà, preghi Dio perché conceda a tutti serenità,
perdono, pace, pazienza, fortezza e speranza .
Ecco ora il
momento favorevole, ecco il giorno della salvezza! (II Cor 6,2)
Si presenta l’occasione per chi ha un conto aperto
con Dio di saldare il conto, rinnovare il proposito di non più peccare ed avere
così la speranza della salvezza, perseverando ogni giorno nelle opere buone e
nella vita di grazia.
Si presenta l’occasione favorevole di un ripensamento
per coloro che fraintendendo la volontà salvifica universale divina credono che
nessuno si danni perché Dio, a dir loro, non castiga e perdona senza penitenza
e fraintendendo la gratuità della grazia, escludono la necessità delle opere,
per cui presumono di salvarsi senza merito.
Vogliano essi ravvedersi e correggere tale
falsa concezione di Dio, e possano tornare al salutare timor di Dio, onde aver
autentica ragione di sperare nella sua misericordia senza provocarlo a maggior
ira.
Si presenta
l’occasione per coloro che servono due padroni e che si barcamenano
furbescamente tra il sì e il no: tra Dio e il proprio io, tra Cristo e Beliar,
tra il Vangelo e il mondo, di smetterla col fariseismo, con la doppiezza e il
doppiogioco. Sappiano avere l’umiltà di riconoscere la propria miseria e i
propri peccati, e farne penitenza, assumano una perfetta lealtà e coerenza nel
pensare, nel dire e nel fare, riconoscendo il primato di Dio su tutte le cose e
la sua totale dipendenza da Lui, unico Signore, unico Assoluto, sommo Bene e
Fine ultimo beatificante.
Si
presenta l’occasione favorevole ai relativisti e libertini per tornare,
pentiti, al rispetto della legge naturale, a coloro che sono schiavi dei
piaceri per trovare, grazie all’austerità dell’attuale disciplina, l’armonia
dello spirito con la carne e la pregustazione della resurrezione, agli egoisti
per scoprire la vicinanza al sofferente e l’attenzione al bisognoso, ai mondani
la fragilità della felicità terrena.
Si presenta l’occasione per gli atei di
riconoscere di non essere affatto convinti in ragione che Dio non esiste,
perché quello che può fare la ragione non è dimostrare che Dio non esiste, ma
dimostrare che esiste. Dunque anch’essi, come esseri ragionevoli, sanno in
fondo che Dio esiste e che devono render conto a Lui del loro operato.
Ordunque, questo è il momento favorevole per abbandonare la propria empietà e tornare a Lui.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 11 marzo 2020
Grazie Padre per queste bellissime parole, vero nutrimento spirituale.
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