Che cosa voleva essere il fascismo? - Prima Parte (1/3)

 

Che cosa voleva essere il fascismo?

Prima Parte (1/3)

La Costituzione italiana proibisce l’adesione alla dottrina del fascismo

Non è sconveniente per la Costituzione di uno Stato proibire l’adesione a una data dottrina, se la sua messa in pratica ha recato grave pregiudizio allo Stato. Questo è il caso della dottrina del fascismo, la cui messa in pratica ha condotto l’Italia alla tragedia della seconda guerra mondiale.

Tuttavia ci potremmo domandare come è potuto accadere che un paese civile come l’Italia, erede della grande civiltà romana, di antichissima tradizione cattolica, tanto da ospitare il centro direttivo della Chiesa cattolica, abbia potuto accettare per un ventennio un regime politico basato su di una dottrina, che la nostra stessa Costituzione respinge come pericolosa per lo Stato?

Dobbiamo dire che gli Italiani avevano assunto, in quell’occasione, come è noto, un concetto di Stato, influenzato dall’hegelismo, che concepisce lo Stato non come organismo al servizio del bene pubblico e privato dei cittadini, una parte al servizio del tutto sociale[1], ma come persona assoluta, incarnata nel Duce, alla quale il cittadino è totalmente relativo e funzionale, persona come sostanza divina della moltitudine degli individui, sicchè la volontà del capo viene a coincidere con la stessa volontà della moltitudine, volontà nella quale la moltitudine si riconosce come propria unica sostanza assoluta.

Un’esposizione autorevole della dottrina del fascismo si trova nell’Enciclopedia Treccani[2], essa stessa espressione della cultura fascista, alla voce FASCISMO, firmata dallo stesso Benito Mussolini. Si tratta di una originale, ampia sintesi storico-teoretica scritta con contenuta passione speculativa, sentito afflato morale, abilità stilistica ed efficacia espressiva.

In essa Mussolini, senza essere egli stesso filosofo o scrittore, mostra però una straordinaria capacità di far suoi i temi più importanti dell’idealismo tedesco coniugati con la visione rinascimentale italiana ed echi della romanità classica. Insomma, si tratta di uno scritto affascinante e si capisce come esso abbia potuto far breccia nella mente e nel cuore della nostra classe intellettuale, se non fosse che solo un occhio sottilmente critico sarebbe capace di scovare tra le pieghe di questa  accattivante esposizione, i veleni dell’idealismo di Hegel, dell’egocentrismo cartesiano, del superomismo nicciano, del volontarismo fichtiano, dell’attualismo gentiliano, del moralismo kantiano, dell’azionismo blondeliano, della politica machiavellica, della teoria della morte heideggeriana (sein zumTode).

Prendiamo in esame le tesi più significative dello scritto mussoliniano accompagnandole con un mio commento[3].

Concetto generale di fascismo

 Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero.

Mussolini pretende di presentare il fascismo come dotato di una forma e di un contenuto ideale che «eleva la dottrina a formula di verità nella storia superiore del pensiero». Il fascismo per lui non è semplice prassi politica, ma è radicalmente una concezione dell’uomo, della vita e dell’esistenza, tale quindi da dar senso a tutta la vita, sì che gli sembra poter soddisfare ai bisogni spirituali dell’uomo, senza che occorra il ricorso alla morale cristiana.

Dunque concezione spiritualistica, sorta anch'essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in genere le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle.

Il fascismo è contro le dottrine che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. L’uomo allora non dipende da un ente a lui superiore, ma da lui stesso, che deve mirare a una vita superiore. E dunque, che ne è di Dio fine ultimo dell’uomo? Par di trovare qui una venatura di ateismo, benchè si voglia sostenere una concezione spiritualistica della vita. Ma che cosa è questo spirito? Tutto fa pensare alla concezione hegeliano-gentiliana dello spirito come assolutizzazione dell’io cartesiano.

L’uguaglianza umana è cosa sacra[4], ma si riferisce solo al fatto che tutti noi persone umane abbiamo la stessa immutabile natura umana specifica di animal rationale, creati ad immagine di Dio, siamo come persone, uomini e donne, quale che sia il popolo di appartenenza, la nazione, la razza, la stirpe, l’età, la condizione sociale o economica o il grado di salute, di virtù o di cultura, di pari dignità davanti agli altri, a Dio e allo Stato, godiamo degli stessi inviolabili diritti fondamentali e siamo tenuti agli stessi doveri assoluti ed universali, che discendono dai fini stessi della natura umana[5].  

Mussolini trascura altresì che un buon regime politico che salvi la libertà, deve ammettere una pluralità di partiti, perché è solo attraverso la discussione parlamentare che si risolvono i problemi del Paese, anche se è chiaro che spetta al governo legiferare e decidere che cosa si deve fare, con diritto di essere obbedito e di sanzionare coloro che disobbediscono.

Il bisogno di ordine ed unità sociale è giusto, ma va realizzato col metodo della persuasione, della votazione e di una legittima pluralità. L’esigenza di tranquillità, sicurezza e giustizia sociale è sacra, ma va soddisfatta mediante il dialogo o, quando non è possibile una via negoziale o pacifica, con un moderato uso della forza, senza violenza e prepotenza.

Inoltre a Mussolini, a causa della sua concezione totalitaria dello Stato, manca la percezione del fatto che lo Stato che regge una particolare nazione non fruisce di  una sovranità assoluta, ma è tenuto, come membro della comunità internazionale, insieme con gli altri Stati, a contribuire al bene comune della società internazionale.

Il fascismo non crede possibile la "felicità" sulla terra, come fu nel desiderio della letteratura economicistica del '700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.

Mussolini assegna qui al fascismo non una meta escatologica, come potrebbe apparire dall’averlo presentato come suprema realizzazione dell’uomo, quasi imitando la prospettiva cristiana e gli utopismi ottocenteschi, che viceversa rifiuta. Qui il fascismo appare come semplice progetto politico terreno, finalizzato al bene comune temporale. Ma ecco che tuttavia non rinuncia affatto alla prospettiva dello Stato totalitario e della totale soggezione della persona allo Stato, cosa che rende ancor più intollerabile la funzionalità della persona a una realtà come lo Stato, per nulla in grado di soddisfare alle sue aspirazioni trascendenti ed escatologiche, le quali, quindi, sembrano venir smentite, per imprigionare la tanto sbandierata spiritualità del fascismo nei limiti ristretti della presente terrenità.

Le idee di Mussolini incontrarono favore anche fuori d’Italia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna e, naturalmente in Germania, perché gli idealisti tedeschi capirono bene – e di ciò si compiacquero - che il fascismo era fortemente ispirato ad Hegel. La prima guerra mondiale era stata ispirata sostanzialmente da sfiducia nell’intelligenza[6], che sembrava non aver presa sulla realtà e incapace di cambiarla, e ci si era lasciati prendere da un bisogno spasmodico quanto irrazionale di azione e di efficacia.

Si provava orrore per l’immutabile come fosse sinonimo di morto o di rigidezza e si risolveva tutto l’essere nella vita concepita come puro divenire o movimento senza il soggetto che lo supporti, perché dire soggetto avrebbe voluto dire stabilità o saldezza o permanenza o fermezza, cose di cui avevano orrore. È evidente qui la caduta nel sensismo e nell’emozionalità, nonostante gli accorati appelli allo spirito, alla coscienza e alla libertà.

Maritain si accorse presto di questi inizi di fascismo e intervenne col precisare che lo spirituale[7], sommo destino dell’uomo, è il dominio eletto dell’autorità della Chiesa, e solo incoativamente quaggiù possiamo pregustarne i benefìci celesti, mentre il temporale, dominio della politica e spazio d’azione dello Stato, non deve essere gonfiato ed enfatizzato (ecco il fascismo), come se potesse sostituire lo spirituale nel soddisfare i massimi bisogni dell’uomo, ma considerato nella sua alta dignità di prendersi cura del bene temporale della società onde lasciarle lo spazio per le più libere elevazioni dello spirito nel rapporto esistenziale col Trascendente.

Inoltre Maritain, illuminato e sollecitato dalla condanna dell’Action Française da parte di Pio XI, aprì gli occhi sull’insidia fascista di Charles Maurras, insidia dalla quale in un primo momento stava per cedere a causa dell’apparente serietà della sua proposta di promuovere la grandezza della Francia, operazione, che però, a ben guardare, non era ispirata dalla considerazione delle sue  radici cattoliche, ma bensì da un nazionalismo pagano, che avrebbe alimentato il fascismo mussoliniano[8].

Umanesimo fascista

L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.

L’individuo è relativo alla società. Il bene della persona non trascende il bene comune. La persona si risolve nella sua relazione alla comunità. La persona che non si relaziona con gli altri, per esempio l’embrione, non è persona. Accattivante è il richiamo all'«abnegazione di sé, il sacrifizio degli interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il valore dell’uomo».

 Solo che la domanda che ci poniamo è questa: è chiaro che il cittadino dev’esser pronto a sacrificare la propria vita per la patria in pericolo. Ma non può uno Stato o una Patria chiedere al cittadino quella dedizione che può essere richiesta solo dal suo fine ultimo e bene sommo che è Dio. Questa dedizione a Diocoinvolge gli interessi ultimi ed eterni dell’anima. Quella verso lo Stato, per quanto possa chiedere in casi gravi il sacrificio della vita fisica, riguarda pur sempre valori storici e temporali, che stanno al di sotto dei supremi interessi dello spirito.

Inoltre tra il singolo cittadino e lo Stato non c’è solo un rapporto diretto, ma esistono corpi intermedi e mediatori, esiste la famiglia, esistono gruppi, organizzazioni e classi sociali, esiste una gerarchia sociale, esistono cittadini più o meno capaci degli altri. Non tutti i cittadini hanno gli stessi meriti, le stesse virtù, gli stessi gusti e gli stessi bisogni. Mussolini è legato a un concetto astratto di uguaglianza di origine russoiana, che misconosce la legittimità delle diversità, delle esigenze, delle attitudini, dei talenti, delle qualifiche e dei gradi della virtù civile e morale dei cittadini.

Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per conoscere gli uomini bisogna conoscere l'uomo; e per conoscere l'uomo bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c'è concetto dello stato che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema d'idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo.

Abile è la congiunzione della necessità di unire nell’azione la percezione del concreto con le esigenze dell’universale, il senso della storia con la percezione dell’eterno. Emerge il concetto dello Stato che si allarga a senso della vita, «filosofia o intuizione, sistema d'idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo». Lo Stato attira a sé tutta l’esistenza dell’uomo, i suoi interessi, i suoi destini, i suoi compiti, la sua felicità.

Così il fascismo non s'intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Un modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo.

Il fascismo appare una visione spiritualistica, al di là della meschinità dell’individualismo materialista, che «lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo». Si noti però la svalutazione della legge naturale, vista non come testimonianza della ragione divina nella coscienza morale dell’uomo, ma come semplice dato fisico dell’animalità.

Il fascismo concepisce la vita come lotta, pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme (arte, religione, scienza), e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).

Per il fascista spetta all’uomo conquistarsi quella vita che sia veramente degna di lui. «Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme (arte, religione, scienza)». Mussolini parla sì di scienza, cultura, intellettualità, ma si vede chiaramente che la sua concezione della vita umana è sostanzialmente volontaristica ed attivistica: nessun sapere fine a se stesso, nessun amore della verità per la verità. Allora siamo daccapo: l’uomo ha come fine l’azione, non la contemplazione, non la conoscenza di Dio, ma l’operosità pratica nella società e sulla natura. Mussolini, che affetta di rifiutare positivismo, liberalismo, socialismo, marxismo, massoneria e materialismo, finisce in realtà per allearsi con loro.

Dunque per il fascista ciò che conta e interessa è la potenza dell’azione, eventualmente guerresca, azione fine a se stessa. Pensare è agire, agire è pensare. La verità nasce dalla prassi, non è la prassi che suppone la verità. La volontà non vuole un bene distinto da lei e a lei presupposto, ma vuole se stessa, come in Fichte, Schelling, Schopenhauer, Stirner, Marx, Blondel, Heidegger e Nietzsche.

Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita "comoda".

La vita quale la concepisce il fascista è sì seria, austera, religiosa, ma perché intende per religione non il culto a un Dio trascendente, ma il religioso compimento del dovere, come dice anche. Kant. Nessun dovere dunque verso Dio, ma solo verso lo Stato.

Principio dell’etica per il fascismo non è Dio, ma lo Stato. Non esiste un diritto naturale sul quale lo Stato debba fondarsi, perché lo Stato è l’unico principio del diritto. Conta poco o nulla parlare di concezione etica, finalità morali e forze morali dello spirito, se poi non si precisa che tali finalità sono quelle che discendono dalla legge naturale o divina. Certo, l’agire morale è già superamento della brutalità dell’istinto. Ma perché ci sia virtù e l’uomo sia veramente buono, occorre che il suo agire sia conforme alla volontà di Dio e non basta quella dello Stato, soprattutto poi se si tratta di uno Stato totalitario.

Mussolini non nomina mai Dio, ma si vede qual è il suo Dio: è lo Stato. Ma in fin dei conti è egli stesso, se è vero che la volontà del Duce è la volontà dello Stato. Quindi lo «Spirito» del quale parla Mussolini non è Dio, non è lo Spirito Santo, ma è lo Spirito, del quale parlano Hegel e Gentile, è l’Io assoluto, sviluppo estremo dell’io cartesiano.

E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. E per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello stato e dell'individuo nello stato. Giacché per il fascista, tutto è nello stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.

Qui Mussolini scopre totalmente le carte e teorizza apertamente e senza mezzi termini l’ideale dello Stato totalitario, che è esattamente la figura di uno Stato che va al di là dei propri fini, del proprio ambito e del proprio legittimo potere, con la pretesa di avocare a sé, quindi al di sopra della religione, della Chiesa e del cristianesimo, la responsabilità di soddisfare a tutte le più alte esigenze dell’uomo.

«Per il fascista, tutto è nello stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello stato». Lo Stato sostituisce chiaramente Dio e si mette al posto di Dio, poiché è solo Dio Colui nel quale tutto esiste, tutto ha senso, tutto ha valore, tutto sussiste. È lo Stato teorizzato da Hegel e vagheggiato da Hitler. A questo punto si capisce il senso profondo, spirituale, della sciagurata alleanza di Mussolini con Hitler.

Giustamente scartando il concetto liberale di libertà non occorreva attribuirla solo allo Stato, come se hegelianamente fosse una sostanza o una persona, e la sostanza stessa del cittadino, che così quindi non è altro che un accidente di questa sostanza. Ma la vera libertà è proprietà della persona. Se l’attività del cittadino si risolve ad essere ed ha valore soltanto come relazione allo Stato, che ne è del soggetto della relazione come principio di libertà?

Fine Prima Parte (1/3)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 7 settembre 2023

Mussolini teorizza apertamente e senza mezzi termini l’ideale dello Stato totalitario, che è esattamente la figura di uno Stato che va al di là dei propri fini, del proprio ambito e del proprio legittimo potere, con la pretesa di avocare a sé, quindi al di sopra della religione, della Chiesa e del cristianesimo, la responsabilità di soddisfare a tutte le più alte esigenze dell’uomo.

«Per il fascista, tutto è nello stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello stato». Lo Stato sostituisce chiaramente Dio e si mette al posto di Dio, poiché è solo Dio Colui nel quale tutto esiste, tutto ha senso, tutto ha valore, tutto sussiste. È lo Stato teorizzato da Hegel e vagheggiato da Hitler. A questo punto si capisce il senso profondo, spirituale, della sciagurata alleanza di Mussolini con Hitler.

Immagine da Internet


[1] Per un retto concetto dello Stato, vedi J.Maritain, L’uomo e lo Stato, Vita e Pensiero,Milano 1953.

[2] Se ne inaugurò la preparazione nel 1925 e l’opera fu terminata nel 1937 in 35 grossi volumi. Essa resta a tutt’oggi tra le più vaste se non la più vasta e ricca enciclopedia nazionale a livello internazionale.

[3] In corsivo il testo di Mussolini; sotto, in tondo, il mio commento.

[4] Cf di Maritain L’uguaglianza umana, in Per una politica più umana, Morcelliana, Brescia 1968, pp.63-91.

[5] Cf di Maritain Les droits de l’homme et la loi naturelle, Hartmann Editeur, Paris 1944.

[6] Vedi Bergson e Blondel.

[7] Primauté du spirituel, Plon, Paris 1927.

[8] Vedi di Maritain Une opinion sur Charles Maurras et le devoir des catholiques, Plon, Paris 1927 e inoltre il suo contributo all’opera collettiva Pourquoi Rome a parlé, Aux Editions Spes, Paris 1927.

15 commenti:

  1. Quante affermazioni false! Vergogna! Non prendo nemmeno l'onere di controbattere: la peggiore è quella che richiama lo stato dio che esclude Cristo e avoca tutto a se stesso, ma non si vergogna! Non credo Ella sia ignorante, quindi è disumano quello che asserisce qui, vergogna !

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    1. Caro Pio,
      ma lei, che cosa ha capito? Ho l’impressione che lei ritenga che io abbia preso le difese dello Stato totalitario e divinizzato. Dio me ne scampi e liberi! Rilegga con più calma il mio scritto!
      L’intento del mio scritto è stato precisamente quello di confutare la concezione fascista dello Stato, come entità divina, superiore alla Chiesa. Si tratta di uno Stato che finge di rispettare la Chiesa, e quindi Cristo, ma in realtà vuole asservire a sé la Chiesa per renderla strumento del suo dominio sulla Nazione.

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  2. "Inoltre Maritain, illuminato e sollecitato dalla condanna dell’Action Française da parte di Pio XI, aprì gli occhi sull’insidia fascista di Charles Maurras, insidia dalla quale in un primo momento stava per cedere a causa dell’apparente serietà della sua proposta di promuovere la grandezza della Francia, operazione, che però, a ben guardare, non era ispirata dalla considerazione delle sue radici cattoliche, ma bensì da un nazionalismo pagano, che avrebbe alimentato il fascismo mussoliniano".

    Caro padre, allora si può dire che l'intera concezione di Charles Maurras fosse germinalmente fascista?

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    1. Caro Dino,
      io conosco questa vicenda in quanto conosco la storia della vita e del pensiero di Maritain, ma devo dirle che non conosco a fondo Maurras. Tuttavia posso dirle con sicurezza che il movimento di Maurras aveva simpatie per il fascismo per la comune tendenza a porre il valore della Nazione come un assoluto al quale veniva subordinato il cristianesimo.

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    2. Charles Maurras ha avuto (e continua ad avere) una grande influenza sul pensiero cattolico fondamentalista sudamericano (cosa che mi interessa).
      Certe correnti attuali, che il Papa chiama indietriste, vengono solitamente chiamate "controrivoluzionarie", e hanno chiaramente legami con Maurras, Plinio Correa de Oliveira e altri filo-lefebvriani.

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    3. Caro Dino,
      la ringrazio anche per questi ragguagli e credo anch’io che quando il Papa parla di indietristi si riferisca anche all’America Latina.

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    4. Il problema con Maurras è che non era credente, sarebbe quello che oggi chiameremmo un "sano laicista" che ammirava e promuoveva la religione cristiana, non perché la considerasse vera, ma perché faceva parte della grandezza della Francia. Nessuno allora metteva in discussione la dottrina dello Stato confessionale, esposta dallo stesso Pio XI in Quas Primas.
      Quantum mutatus ab illo...

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    5. Caro Arcadio,
      concordo con le sue opinioni su Charles Maurras.
      Maritain si allontanò da lui a seguito dell’intervento di Pio XI.

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    6. È calunnioso dire che Maurras avesse simpatie per Mussolini o Hitler. Maurras era un monarchico tradizionale totalmente contrario al nazionalsocialismo, che ottenne anche il sostegno di Charles de Gaulle. E decine di intellettuali del suo tempo, tra cui T.S. Eliot, San Pio X, André Gide, T.E. Hulme, ecc. Fu l'odio comunista del dopoguerra a rendere de Gaulle incapace di salvarlo.

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    7. Il problema di Pio XI con Maurras è che era agnostico. Non erano ancora arrivati ​​i tempi della “sana laicità”, che venne poi adottata cinicamente. In realtà si è trattato di un palese intervento nella politica francese.

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    8. Caro Anonimo,
      ringrazio per queste precisazioni. Riconosco che la mia conoscenza di Maurras è limitata. L’unico episodio che ho approfondito è stata la vicenda della iniziale amicizia di Maritain con lui, alla quale fece seguito la presa di distanza dopo che Pio XI condannò l’Action Française.
      Se le interessa, posso segnalarle una raccolta di interventi giustificativi della condanna pontificia dal titolo “Pouquoi Rome a parlé”, Paris, Aux Editions Spes, 1927.

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  3. Molto dell'influenza di Bergson e di Blondel è riscontrabile in papa Francesco, con i suoi continui appelli contro la “rigidità”, l'immobilità e l'indietrismo e il suo invito alla “novità dello Spirito”. L’orrore delle essenze è un’eredità manifesta del primo dopoguerra, che ha alimentato il fascismo, l’esistenzialismo, il vitalismo e oggi la filosofia di Jorge Bergoglio, a tal punto che c’è chi lo chiama "Bergson primo" (cfr Higinio Fernández, "La metafisica di Jorge Bergoglio", pag. 67).

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    1. Caro Anonimo,
      ho letto un interessante studio di Massimo Borghesi, “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale”, Jack Book, Milano 2017.
      In essa Borghesi parla dei rapporti di Bergoglio con Blondel, quand’era studente in Germania.
      Occorre fare attenzione a distinguere il pensiero di Bergoglio da giovane, da quello del Papa attuale. Non c’è da meravigliarsi se nel giovane Bergoglio ci sono tracce di modernismo.
      Io stesso ho pubblicato su questo blog uno studio su alcuni appunti di metafisica, che Bergoglio fece al termine dei suoi studi in Germania.
      Ad ogni modo quello che deve interessare noi cattolici è il pensiero attuale del Papa, circa il quale non possiamo pensare che ci siano gli errori di Blondel.
      Un’osservazione si potrebbe fare su come il Papa parla del pensiero astratto. Qui si potrebbe a tutta prima avere l’impressione di una tendenza esistenzialistica, ma, se facciamo attenzione, ci accorgiamo che il Papa se la prende con quello che è l’astrazionismo che è proprio dell’idealismo e dello gnosticismo.
      Avrei piacere che lei mi desse le referenze bibliografiche del libro su Papa Francesco, che lei ha citato.

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  4. Si nota nel Papa anche questo vitalismo nella permanente apologia dello “Spirito” contro la legge, non solo contro i precetti ecclesiastici positivi (come in San Paolo riguardo alla legge ebraica), ma anche contro la legge naturale, laddove questa è inammissibile. C'è un pensiero tributario al vitalismo esistenzialista.

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    1. Caro Anonimo,
      credo che queste espressioni del Papa rappresentino uno sforzo per avvicinarsi ai protestanti nel dialogo ecumenico. È nota infatti l’opposizione che Lutero instaura fra lo Spirito e la Legge.
      Tuttavia anche a questo riguardo occorre fare uno sforzo di interpretazione benevola, perché altrimenti rischiamo di accusare il Papa di eresia, cosa che non è consentita.
      In realtà il Papa, soprattutto negli anni recenti, ha recuperato il discorso di Papa Benedetto circa i valori non negoziabili. Inoltre non c’è dubbio che il valore della fratellanza, sul quale egli insiste, è strettamente legato alla legge naturale.
      C’è inoltre da tenere presente l’insistenza con la quale il Papa si richiama ai diritti umani, soprattutto in riferimento a quelle immense categorie di persone che nei modi più svariati sono vittime di ingiustizia, come per esempio gli immigrati, le donne, i poveri, i bambini, i malati, gli anziani.
      Infine c’è da ricordare la raccomandazione che ha fatto del pensiero di San Tommaso, la cui etica è notoriamente basata sulla legge naturale.

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