Osservazioni sulla Sindone
Il dottor Bernardo Hontanilla Calatayud,
dell’Università di Navarra, in Spagna, ha pubblicato sulla rivista Scientia
et Fides un articolo sulla misteriosa figura che in modo mai
spiegato dalla scienza è rimasta impressa sulla Sindone di Torino. La tesi
dell’esperto è che la figura non corrisponda a una persona inerte, come si
pensava tradizionalmente, ma a una persona viva che si sta alzando.
Osservo da parte mia che l’impronta sulla
Sindone, come risulta da una semplice attenta constatazione empirica,
supportata dalla scienza, non è quella di un uomo che si sta alzando, ma quella
di un uomo in piedi, dal quale è
partita una misteriosa energia radiante, la quale a una certa distanza, senza
contatto col telo, lo ha perpendicolarmente colpito, ossidandolo con maggiore o
minore intensità a seconda della maggiore o minore vicinanza delle forme del
corpo del Signore.
Per
esempio, considerando il volto, l’impronta lasciata sul telo dal naso è quella
più evidente, perché il naso è la forma più vicina al telo. Invece, le forme
meno vicine, come per esempio l’incavo degli occhi o quelle che invece di star
di fronte al telo, sfuggono da lato all’irradiazione, come per esempio le
guance o gli zigomi, non sono state colpite dall’irradiazione e quindi non
hanno lasciato impronta.
Da che cosa si capisce che si tratta di un
uomo in piedi? Da come cadono i capelli.
Se il corpo fosse stato steso, l’abbondante capigliatura che mostra di avere, si
sarebbe distesa e afflosciata, cosa che non risulta affatto.
Essa invece cade perpendicolarmente in basso, esattamente come avviene per un uomo
che stia in piedi.
Dunque, l’impronta della Sindone non è quella
di Gesù che si sta alzando, ma del Signore già vivo e risorto, in piedi, ma ancora con la sembianza di
un cadavere. Tuttavia si tratta di una mera apparenza cadaverica, perché in
realtà il Signore ha ormai vinto la morte, tanto è vero che da questo corpo
parte l’irraggiamento miracoloso che ha ossidato il telo con la sua energia
divina, che colpisce perpendicolarmente il telo miracolosamente ritto senza contatto
col corpo del Signore, ma muto testimone del Signore risorto. Un semplice
cadavere, neppur quello di Gesù, non avrebbe potuto irraggiare da sé
l’irradiazione che ha formato l’impronta della Sindone.
In questa impronta della Sindone c’è dunque il
segno sensibile, miracoloso, dell’intrecciarsi della morte con la vita, secondo
quanto il Signore stesso aveva predetto: il passaggio dalla morte alla vita. La
vita è già presente nella morte e sta sconfiggendo la morte.
Un bel messaggio, un bell’incoraggiamento divino
per noi, che giaciamo «nell’ombra della morte» (Mt 4,16). Non perdiamoci
d’animo: facciamo nostra la morte di Gesù, per avere nostra la sua Vita.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 9 marzo 2020
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