L’ANIMA DEL SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA - P.Tomas Tyn, OP

 LANIMA DEL SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA

 P.Tomas Tyn, OP

I Meditazione - Eucarestia S.Messa

Conferenza sul sacrificio della Santa Messa
Per il Terzo Ordine Domenicano
Presso la Basilica di San Domenico
In preparazione alla Santa Pasqua del 1985

N. 3 Meditazioni

Bologna, 16 - 30 marzo 1985

Audio:  6a) http://youtu.be/xgbBROL5XfY

Cf. : http://www.arpato.org/testi/lezioni_dattiloscritte/Sacrificio-SMessa.pdf

Conferenza sul Sacrificio della Messa per il Terzo Ordine Domenicano in occasione della Quaresima del 1985.

Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone

             … Bisogna definire la natura stessa del sacrificio, per poi applicare questa definizione, che come diceva Aristotele, fa conoscere l’essenza delle cose, alla Santa messa e far vedere che effettivamente nella Santa Messa si tratta di un’azione strettamente e propriamente sacrificale. Allora, abbiamo visto che il sacrificio consiste nella oblazione, da parte dei legittimi ministri, dei doni a Dio per mezzo della loro reale o equivalente distruzione.

         Quindi nel sacrificio c’è questo elemento del sacerdozio, cioè del legittimo ministro, il quale fa una cosa essenziale. Senza questa, il sacrificio non si compie. Il ministro deve avere l’intenzione interiore di offrire esteriormente dei doni a Dio. Notate bene che nel sacrificio quindi c’è un aspetto interiore e un aspetto esterno. C’è l’aspetto esterno dell’oblazione del dono a Dio e c’è l’aspetto interno dell’intenzione che il sacerdote ha di offrire questo dono a Dio. Ma non basta nemmeno questo. Così si avrebbe solamente un’oblazione, ma non ancora un sacrificio.

           Quindi, ogni sacrificio è una oblazione, ma non ogni oblazione o offerta è un sacrificio. Che cosa aggiunge il sacrificio all’oblazione o alla offerta? Aggiunge questo elemento essenziale, costitutivo del sacrificio, e cioè la distruzione della vittima. Nell’Antica Alleanza i sacrifici o parziali o totali; il totale era appunto l’olocausto. I sacrifici dell’Antica Alleanza erano tali perché la vittima veniva uccisa e poi veniva offerta a Dio, cioè bruciata o in tutto o in parte.

         Quindi la distruzione è essenziale al sacrificio. Tuttavia, la distruzione della vittima può accadere in due modi. In un modo reale, fisico, e in un modo, altrettanto se non più reale ancora, mistico. Questo è molto importante. Cioè si tratta sempre di una distruzione reale della vittima, che deve essere tale, altrimenti il sacrificio è un pium desiderium, ma non è un qualche cosa di consistente sul piano dell’essere.

          Dev’essere sempre una distruzione reale della vittima. Però, ripeto, questa realtà della distruzione può essere o una realtà fisica, l’uccisione della vittima, o una realtà mistica o realtà sacramentale. E vedremo come questo ultimo tipo di distruzione si applica appunto alla Santa Messa.

         Abbiamo dunque detto che nella Santa Messa la parte esteriore è appunto la duplice consacrazione. E approfondiremo ancora questo concetto. Una duplice consacrazione viene a separare misticamente, ma realmente, veramente e sacramentalmente, il corpo dal sangue del Signore.

         Il sacerdote, quando celebra la Santa Messa pronuncia due formule di consacrazione. La forma della Santa Messa, la cosiddetta forma del sacramento, cioè la formula pronunciata sulle offerte, è duplice: una di consacrazione del pane; l’altra di consacrazione del vino.

         Entrambe queste formule sono state pronunciate e istituite da Nostro Signore e Salvatore durante l’Ultima Cena. “Questo è il mio corpo” e, separatamente: “Questo è il mio sangue”. Con queste due formule di consacrazione, Cristo si rende presente realmente sull’altare. E qui bisogna dire una parolina riguardo al mistero della presenza reale di Cristo.

         Non tutto naturalmente, perché esulerebbe un po’ dal nostro tema. Ma comunque, le cose essenziali. Cioè, la presenza del Signore. E a questo riguardo Gesù è estremamente chiaro. Dice: “Questo è il mio corpo”. Non dice “questo sembra essere il mio corpo”. Neppure dice: “Anche così tra l’altro è il mio corpo”. No. Gesù dice: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.

          E allora, carissimi, noi possiamo veramente gloriarci di appartenere alla Chiesa Cattolica, che è veramente e pienamente la Chiesa di Cristo, proprio perché, carissimi, solo la Chiesa Cattolica rispetta veramente e pienamente il senso di queste parole di Gesù. E qui vedete la indefettibilità della Chiesa fondata sulla roccia, che è Pietro. Solo la Chiesa Cattolica ha mantenuto questa consapevolezza piena e viva della presenza reale di Cristo, prendendo proprio sul serio fino all’ultima virgola queste parole del testamento che Gesù stesso ci ha lasciato: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.

          Quindi presenza reale. Solo che voi sapete dal Catechismo, che i sacramenti della Nuova Alleanza significano certe realtà sacre, però significandole le pongono anche nella realtà, ossia sul piano dell’essere, oltre che sul piano del significato. Quindi si dice che i sacramenti della Nuova Alleanza hanno un significato e producono ciò che significano. Significano delle realtà sacre e producono, cioè pongono realmente davanti a noi quelle stesse realtà sacre, che significano.

          Quindi, quando il sacerdote pronuncia la formula consacratoria del pane e del vino dicendo: “Questo è il mio corpo” e “Questo il mio sangue”, non c’è dubbio che non solo il pane e il vino posto sull’altare significano il corpo e il sangue di Gesù, ma significando queste sublimi realtà, questo rito sacramentale pone queste realtà anche sull’altare. Quindi, il sacramento della Nuova Alleanza, e in particolare il sacramento della Santissima Eucaristia produce ciò che è significato.

          Ora, l’Eucaristia significa precisamente ciò che è annunciato nelle formule di consacrazione. Cioè significa la presenza del corpo e la presenza del sangue del Salvatore. Quindi significando, produce. Perciò dopo la consacrazione, sull’altare non c’è più il pane e il vino. Se qualcuno dicesse: “Qui c’è ancora il pane”, sarebbe eretico.

Bisogna proprio dire, oppure al massimo è permesso di dire: “Qui ci sono le specie del pane e del vino”, perché rimangono gli accidenti. Però, quanto alla locuzione sostanziale, cioè riguardante la sostanza, bisogna dire: “Qui c’è il corpo del Signore; qui c’è il sangue del Signore”. Questo è essenziale.

          E allora, sull’altare, dopo la consacrazione, è presente il corpo e il sangue di Cristo. Però, notate bene, che questa presenza non è una presenza parziale. È una cosa molto importante, questa. Perché qualcuno potrebbe pensare: “Allora, c’è il corpo, c’è il sangue, ma non c’è il resto”, E invece no. Cristo è presente sull’altare così come è realmente esistente adesso nella gloria di Dio Padre, esaltato alla destra del Padre suo, dopo l’ascensione.

          Quindi, il Cristo glorioso è presente tutto nella sua anima e nel suo corpo glorificato. È presente secondo la sua umanità e secondo la sua divinità. È presente sotto entrambe le specie e come corpo e come sangue. Sarebbe un’idea allucinante pensare che sotto la specie del pane c’è semplicemente il corpo privo di sangue e privo di anima, eccetera; e sotto la specie del vino c’è solo il sangue, senza il corpo e senza l’anima, eccetera. Quindi, diceva già Sant’Agostino che in questo grande sacramento è presente Christus Totus, Cristo tutto, Cristo nella sua piena realtà di Dio e di uomo, vero Dio e vero uomo. E allora bisogna pur dire che la presenza reale del Salvatore avviene come una presenza reale piena. Cioè Cristo è presente tutto, con la sua divinità e con la sua umanità.

          Ma allora, mi direte voi, come c’entra la duplice consacrazione? Bisogna chiarire questo punto per capire come la Santa Messa si può presentare come sacrificio. Come c’entra la duplice consacrazione? C’entra moltissimo. Perché, come abbiamo visto, bisogna sempre tener ben presente questo punto, che si sottintende che i sacramenti della Nuova Legge significano qualcosa di sacro, e producono realmente, causano realmente ciò che significano. Ora, il sacramento dell’eucaristia significa precisamente ciò che è il contenuto della duplice formula consacratoria.

          Quindi, la formula della consacrazione del pane, significa la presenza del corpo; quella del vino, la presenza del sangue di Cristo. Precisamente come corpo e come sangue. E qui c’è il punto in cui bisogna scomodare la sacra teologia. I teologi ci dicono che c’è una presenza di Cristo nel sacramento in virtù del sacramento stesso e in virtù di ciò che i teologi chiamano giustamente la reale concomitanza.

          Bisogna spiegare questi termini, apparentemente difficili, ma che poi tali non sono. Allora. In virtù del solo sacramento, cioè in virtù strettamente parlando del sacramento, è presente solo il corpo e il sangue di Cristo. Perché dico questo? Per il motivo che abbiamo visto. E cioè che la formula del sacramento, la forma del sacramento, implica il significato del sacramento stesso e con il significato indica anche la causalità sacramentale.

           Infatti, bisogna sempre tenere presente che i sacramenti della Nuova Alleanza sono altrettanto segni sacri, di cui Dio si serve come di strumenti separati nel conferimento della sua grazia. Vedete, si potrebbe dire che nella causalità della grazia, nell’infusione della grazia tramite i sacramenti, la grazia scaturisce da Dio. Non può scaturire da nessun’altra fonte, perché solo Dio, che è Santo, può santificare; solo Dio, che è essenzialmente soprannaturale, può dare a noi una parte della sua soprannaturalità, può rivestirci quindi di grazia, di carità, di virtù teologali e di doni dello Spirito Santo.

           Perciò l’origine della grazia, di ogni grazia, anche di quella sacramentale, è Dio e Dio solo. Non è nemmeno l’umanità di Gesù. È solo Dio. La divinità di Gesù sì; ma non la sua umanità. L’umanità del Salvatore, ipostaticamente unità alla Persona del Verbo, diventa strumento congiunto, dice San Tommaso. Questa è una idea molto bella, cioè praticamente come la nostra anima si serve del nostro corpo, delle membra del nostro corpo, per esempio della mano, che, secondo Aristotele, è lo strumento di tutti gli strumenti. Se ne serve come di qualche cosa di appartenente all’unità dell’essere umano. Quindi si deve parlare di uno strumento congiunto.

           Così l’umanità del Salvatore è per così dire organicamente unita all’Ipostasi del Verbo, cosicché il Verbo divino si serve della strumentalità della natura umana di Cristo come di uno strumento congiunto, uno strumento intimamente e inseparabilmente unito alla divinità. Ma Dio non ha voluto solo questa mediazione di Cristo, ha voluto istituire anche la mediazione dei segni sacramentali.

           Cosicché quella grazia, che scaturisce da Dio e attraversa l’umanità di Cristo, di cui si serve strumentalmente e intrinsecamente, quella stessa grazia ulteriormente si serve strumentalmente, ma questa volta estrinsecamente, dei sacramenti. È come se io lavorassi con un qualche strumento, per esempio con un martello o qualcosa del genere.

         La mia mano è lo strumento congiunto, mentre lo strumento che uso, il martello, è uno strumento separato. Qualcosa di analogo, ma solo una lontana analogia, si capisce, lo ritrovate anche nell’azione sacramentale. Quello che vi ho detto è solo un esempio. Quindi i sacramenti, come strumenti separati della grazia di Dio, producono quella stessa grazia che significano.

          Ora, l’eucaristia significa in virtù della stessa divina istituzione di questo sacramento, significa la presenza di Gesù, non in maniera indifferenziata, ma la presenza precisa sotto l’aspetto di corpo e di sangue. Gesù non ha detto: “Qui ci sono io”. Non ha nemmeno: “Qui”; ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”. Non ha detto indifferentemente: “Questo sono io”. Ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”.

          Perciò l’istituzione stessa della eucaristia ci fa pensare a questo duplice significato. Ma, dato questo significato, c’è anche una duplice causalità, una causalità reale. Questo è essenziale, perché, ripeto, nei sacramenti della Nuova Alleanza, la causalità reale è legata al significato. Quindi dove c’è un duplice significato, c’è anche una duplice causalità.

          Allora, il duplice significato è quello della presenza del corpo e del sangue di Cristo. Perciò c’è anche una duplice causalità sacramentale. Perché sacramentum vuol dire sacrum signum, ossia la duplice causalità in virtù di questo significato sacramentale. Tale duplice causalità riguarderà anch’essa precisamente il corpo e il sangue di Cristo, separatamente l’uno dall’altro, Questo è essenziale.

         Una volta che è reso presente il corpo del Salvatore, sotto la specie del pane, in virtù della prima formula di consacrazione, si dà una reale concomitanza, che vuol dire sequela, accompagnamento. Quindi in virtù della reale sequela di tutto ciò che appartiene alla realtà di fatto di Cristo, tutto questo[1] segue immediatamente.

         Perciò, in virtù del sacramento è posto sull’altare solo il corpo. Ma siccome il corpo è sempre accompagnato dal sangue, dall’anima e dalla divinità, ecco che c’è il corpo in virtù del sacramento; ma in virtù della reale concomitanza c’è anche il sangue, l’anima e la divinità. La stessa cosa avviene nella consacrazione del vino. C’è, in virtù del sacramento, solo il sangue del Salvatore. Però, dove è presente il sangue, c’è anche il corpo, l’anima e la divinità.

          Allora, in virtù del sacramento sono presenti: per la prima consacrazione, il corpo; per la seconda, il sangue del Salvatore. In virtù della reale concomitanza c’è sempre tutto il resto, per così dire, cioè tutto ciò che integra l’unità divino-umana del Salvatore. Notate allora, care sorelle. È una cosa importantissima. Qui siamo al nocciolo del nostro discorso.

          Notate come questa separazione in virtù del sacramento, cioè della duplice consacrazione, è separatoria del corpo dal sangue e viceversa. Notate bene che non è solo un segno, un qualche cosa di simbolico, ma dato che i sacramenti della Nuova Legge - mi ripeto ancora, ma è essenziale -, producono ciò che significano sul piano reale, non si tratta di un puro simbolo, come dicono gli eretici, ma si tratta di una realtà. Ancora, noi cattolici ...  Prego, cara.

… la morte indica 

Esatto. Esatto. Vedete, carissimi.

… mi sono sempre chiesta … ma perché … due cose … completo … per significare la morte …

          Vede come è stata brava, carissima. Subito ha capito perché il Signore ha istituito questo sacramento mediante questa duplice consacrazione, proprio per indicare il sacramento della sua morte sacrificale. Ora, questo sacramento o sacrum signum, il segno sacro della morte di Cristo sulla croce, diventa la realtà della croce sull’altare.

          E questo proprio perché il sacramento produce ciò che significa. La croce di Cristo, che è significata nella duplice consacrazione, è anche resa presente sull’altare dopo la consacrazione delle due specie. Questo è essenziale. Notate, però, che quello che vi voglio far capire è questo: si potrebbe dire – che il Signore mi perdoni, non è del tutto adeguato, ma poi lo spiegheremo - che questa duplice consacrazione fa quasi morire Gesù. Ma non nel senso fisico. Guai a noi. Sarebbe un orribile crimine, come vedremo. Non nel senso fisico. In maniera incruenta pone sull’altare Gesù vivo in eterno, che non muore più, una volta che è risorto, però sottoposto misticamente e sacramentalmente alla realtà della sua crocifissione e della sua morte.

           E questo sottoporre sacramentalmente e misticamente Gesù, vivo in eterno, alla realtà della sua morte sacrificale in croce, non è, ripeto, solo un simbolo, ma in virtù nel simbolo e del significato sacramentale, in una causalità reale, è un qualcosa di veramente reale, obiettivo, sostanziale, esterno, che si produce davanti a noi. Questo è il punto delicato.

           Perciò, nella Santa Messa ci sono tutti i requisiti del sacerdozio e del sacrificio, perché il sacerdozio è sempre ordinato a offrire il sacrificio a Dio. Quindi c’è il sacerdozio, non tanto quello dei poveri ministri. Quelli sono davvero molto strumentali, strumenti estrinseci, molto estrinseci.

           Ebbi l’occasione di dirvi l’altra volta che noi cristiani corriamo un grosso pericolo, che è quello di vedere noi protagonisti della Santa Messa. Non lo siamo. Nella Santa Messa il vero protagonista, Colui che è il centro di questa azione, è Gesù, sacrificato sulla croce, e della Santissima Trinità, che riceve questo sacrificio di espiazione. Noi c’entriamo molto relativamente. Ed è bene che sia così.

          Infatti, se Dio avesse affidato alla nostra debolezza una cosa così sublime, pensate che cosa ne avremmo fatto noialtri. Per fortuna Dio ha sottratto la grandezza di questo sacrificio alla debolezza umana. Pensate alla bellezza di queste parole del profeta Malachia, circa quella che sarà l’offerta a Dio. E il Concilio di Trento riprende questo applicandolo autorevolmente proprio al sacrificio della Santa Messa, dove dice che alla fine dei tempi una minhà tohorà, cioè un’offerta pura sarà offerta a Dio da tutte le parti della terra.

          Proprio quello che si realizza nella Chiesa Cattolica. E sarà una minhà tohorà, cioè un’offerta pura nel senso che, a differenza dei sacrifici antichi, la debolezza del sacerdote e del popolo non potrà mai inquinare questa realtà sacramentale del corpo e del sangue di Cristo, che è il vero ed ultimo sacrificio della Nuova ed eterna Alleanza.

        Allora, abbiamo visto come nel sacrificio della Santa Messa c’è, diciamo così, questa questa duplice dimensione: una, interiore, che è il sacerdozio di Cristo, sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech. Poi, in subordine, proprio come strumenti esterni, ci siamo anche noi, sacerdoti ministri, che offriamo sempre a nome di Cristo. Vedete, anche questo è essenziale. San Tommaso insiste tanto in questo.

         E in tutti i sacramenti, quando un sacerdote, che è un ministro soltanto umano, amministra un sacramento, è Gesù stesso che lo amministra. Perché, se non ci fosse Gesù, nulla si compirebbe. Quindi, quando un sacerdote battezza, è Gesù che battezza. Però c’è ancora una differenza tra il battesimo, la cresima e tutti gli altri sacramenti e il sacrificio del Salvatore nella Santa Messa.

          Infatti, Perché la transustanziazione, cioè la conversione della sostanza del pane nel corpo di Cristo e della sostanza del vino nel sangue di Cristo, è un’opera di Dio, in cui Dio esclude una strumentalità umana. E quindi San Tommaso ha questa bellissima meditazione. Egli in qualche modo intuisce, ma non dà l’ultima spiegazione. Perché penso poi che non si può neanche dare.

          Egli dice che nella Santa Messa non è tanto che l’azione divina passi attraverso il sacerdote, come nel battesimo, per esempio, quanto piuttosto che passa attraverso le stesse parole, che il sacerdote pronuncia. In qualche modo c’è più obiettività[2] nella Santa Messa, perché in questa conversione del corpo e del sangue di Cristo che si chiama transustanziazione, è tutta la sostanza che passa in tutta l’altra sostanza. Cosicché rimangono solo gli elementi accidentali. È un prodigio.

          Infatti su questa terra non esiste nessun’altra istanza assimilabile a questo passaggio sostanziale Esiste la generazione, ma la generazione avviene sempre in un sostrato che rimane. Mentre lì non c’è nessun sostrato, non c’è nessuna materia che rimanga, ma c’è il passaggio di tutto, forma e materia, in un altro tutto, forma e materia.

          A differenza però della creazione, nella quale prima c’è un puro nulla, e dopo c’è tutto l’ente, nella transustanziazione c’è il passaggio, diciamo così, dal pane e dal vino soggetti ai loro rispettivi accidenti, al corpo e al sangue di Cristo sotto accidenti che non sono suoi propri. Non nel senso che gli accidenti del pane e del vino ineriscano al corpo e al sangue di Cristo. Questo è impossibile. Però mentre nella creazione prima non c’è nulla e dopo c’è tutto, nella conversione sostanziale prima c’è una sostanza e dopo c’è un’altra sostanza con altri accidenti, che non sono i suoi.

           San Tommaso, che è sempre molto delicato e raffinato nelle sue analisi filosofiche, dice che la transustanziazione si colloca tra la generazione sostanziale, di cui abbiamo esempi nella natura, e un atto che solo Dio può compiere che è appunto la creazione. È un qualche cosa di quasi più vicino alla creazione che alla generazione delle cose.

         Allora, in questo senso solo Dio agisce. E anche qui, come in generale nella creazione, Dio non si serve di strumenti. Non può neanche. Perché non c’è nessuno strumento creato che possa essere per così dire previo alla creazione, in quanto ogni creatura è oggetto di creazione, perciò non può essere uno strumento. Perciò Dio, come nella creazione non si serve di strumenti, così anche la transustanziazione non è suscettibile di una causalità strumentale.

          Allora ci sono le parole, che sono quelle stesse di Gesù, che il sacerdote pone per così dire nello spazio e attraverso queste Dio produce questo prodigio, che è il passaggio sostanziale del pane e del vino nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo.

          C’è il sacerdote eterno, il sacerdote principale, Gesù. Poi ci sono i poveri sacerdoti ministri, i quali prestano la loro voce a Gesù stesso E poi soprattutto, al di là di queste parole, c’è l’anima del sacerdozio, c’è l’anima del sacrificio, c’è l’anima di Gesù piena di questa carità oblativa che vuole sacrificarsi, che vuole espiare. Cose che approfondiremo adesso seguendo il Padre Garrigou-Lagrange.

          Poi c’è l’unione del sacerdote ministro a questa oblazione interiore di Gesù. E c’è l’unione del popolo a questa oblazione, sia del sacerdote ministro che soprattutto del sacerdote Cristo. E poi c’è l’azione sacramentale, cioè l’oblazione che gli uomini fanno a Dio, la quale però non è più un’oblazione semplicemente di elementi materiali, ma diventa, in virtù della transustanziazione, oblazione di Cristo stesso.

          E[3] non è solo presentare Gesù al Padre. E’ presentare Gesù anche alla Trinità Santissima, in quanto è sottoposto, nel senso che vi ho spiegato, sacramentalmente, ma come vedete perciò stesso realmente, alla realtà della sua morte in croce. Ora, come vedete, per questo la Santa Messa è lo stesso sacrificio della croce. Bisogna sempre vedere questo.

           Nella Santa Messa noi abbiamo la grazia unica di partecipare, al di là dei secoli, e della distanza spaziale, al mistero del Calvario. Bisogna proprio essere lì come se stessimo davanti alla croce di Cristo Signore, storicamente piantata sul Golgota. Bisogna partecipare a questo sacrificio con gli stessi sentimenti di Maria Santissima e di San Giovanni davanti alla croce di Gesù.

           Poi approfondiremo questa esemplare unione oblativa di Maria al sacrificio del Signore, proprio perché Maria Santissima ci dà l’esempio della nostra partecipazione al sacrificio della Santa Messa. Bisogna però essere sempre consapevoli di questo. Quando si celebra la Santa Messa noi assistiamo alla presenza di Gesù crocifisso.

           E’ questo sacrificio della croce, che dovremo meditare appunto quest’oggi. Lo vedremo adesso. Questo è molto importante. Questo sacrificio della croce non è moltiplicato nell’essere. È molto importante, questo. Ma, come si dice in filosofia, è lo stesso individualmente e numericamente, cioè è lo stesso identico sacrificio della croce, che nella sua modalità storica Gesù ha offerto in quel momento e in quel luogo al Padre per espiare tutti i delitti della umanità. Ed è lo stesso sacrificio che è riproposto in un’altra modalità, ma sempre nella sua identità, sugli altari dove si celebra la Santa Messa.

           Vedete allora l’obiezione capziosa dei protestanti contro la teologia del sacrificio della Santa Messa. Era appunto questa: “Voi cattolici, con la vostra idea che la Messa sia un sacrificio, non rispettate le Sacre Scritture, perché è stato scritto, che Egli ha offerto questo sacrificio una volta per tutte, efapax, una volta per tutte”. E allora noi cattolici non rispettiamo quello che dice la Scrittura? No, carissimi. Certamente non c’è mancanza di rispetto.

           Ci[4] sarebbe se si trattasse di due sacrifici diversi, ma essendo un unico ed identico sacrificio, si può dire forte che Gesù, efapax, una volta per tutte ha offerto questo identico sacrificio per noi. Il quale non è numericamente moltiplicato, ma è sempre di nuovo riproposto, lo stesso ed identico sacrificio. È anche questo un bel mistero, ma finalmente bisogna spiegare.

           Però il Concilio di Trento si premura proprio, di chiarire questo punto, nel quale i protestanti al limite potrebbero avere ragione, no? A dirci: “Insomma, se voi cattolici dite che la Messa è un sacrificio a se stante, allora vuol dire che Gesù offre tanti sacrifici”. No, ne ha offerto uno solo. Però, perdonate il mio scarso ecumenismo, se mi vanto del nostro cattolicesimo. A differenza dei protestanti, noialtri abbiamo qualcosa di prodigioso e cioè che quest’unico sacrificio della croce non è un evento storico remoto nei tempi. Questo unico sacrificio è sempre all’opera, sempre operoso nella storia della umanità, sempre davanti ai nostri occhi. Noi teniamo sempre presente il nostro Dio rivestito della sua debolezza, della sua umanità, della sua forma di servo. Ebbene, noi abbiamo il nostro Dio sempre presente davanti a noi.

           E San Tommaso quando scrive l’Ufficio del Corpus Domini esclama appunto, ricorrendo al Salmo: “Qual è quel popolo che abbia un Dio così vicino a sè più del popolo cristiano?”. Il nostro Dio ci è vicino nel Sacramento Eucaristico. Il nostro Dio crocifisso è vicino a noi in ogni Santa Messa. Prego, cara.

… difficoltà … è che noi ci muoviamo nel tempo … 

 

Sì.

… allora muovendoci nel tempo … rinnovarsi … nel nostro tempo … eternità … nostro tempo …

          Sì. Ha detto molto bene. Sì. D’altronde dedicheremo tutta una meditazione anche a questo, ispirandoci al Padre Garrigou: Adesso ho dimenticato ho dimenticato il dépliant, intitolato Al di là delle leggi dello spazio e del tempo. E sarà una meditazione non facile, carissimi. Di nuovo metterò a dura prova la vostra pazienza. Però è veramente una meditazione molto importante vedere come la presenza reale di Cristo, essendo sostanziale, avviene in virtù della sostanza e non degli accidenti. Ora, tra gli accidenti ci sono anche quelli del tempo e dello spazio.

          Perciò, in quanto la presenza di Gesù avviene non accidentalmente, non avviene nemmeno localmente e temporalmente. Cioè è al di là del luogo e del tempo. Ed è per questo che può avvenire questo prodigio, che Gesù è compresente su diversi altari ed è allo stesso tempo presente in cielo, perché non abbandona il luogo dove il Padre lo ha posto alla sua destra.

          Perciò Gesù è presente. È una cosa tremenda. Potremmo dire quasi metaforicamente così: è presente con un pezzettino di cielo, nell’Eucaristia. Non so se rendo l’idea. San Tommaso lo dice esplicitamente. Gesù è collocato nel luogo celeste e, con il luogo celeste, si rende presente in un altro luogo, ma non localmente. Gesù non è contenuto nel luogo terrestre. È contenuto sempre nel suo luogo celeste, ma si rende presente sostanzialmente, e quindi non localmente, anche su questa terra. Comunque  dopo dovremo approfondire tutto questo.

           E’ così pure evidentemente al di là del tempo, così che Gesù può essere compresente allo stesso tempo in diversi altari e in diversi tabernacoli. Comunque è molto giusta questa osservazione, che molti fanno. Praticamente noi dobbiamo proprio in qualche modo rinunciare a queste categorie spazio-temporali, per capire questa continuità nel tempo dell’unico sacrificio di Cristo lungo tutti i secoli e i giorni della nostra vita. Bene.

          Il Garrigou sottolinea soprattutto quella che egli chiama l’anima del sacrificio della Santa Messa. E questa anima è la stessa anima del sacrificio della croce. Non ci sono due anime. Ce n’è una sola. Ed è sempre questa carità oblativa di Cristo. Allora bisogna far vedere - ecco il compito del teologo -, come questo atteggiamento sacrificale di Cristo rimane in eterno. Rimane sempre.

          Anche adesso Gesù è lì, evidentemente non più con il sacrificio della croce, perché questo è passato. Gesù non muore più. Però Egli è lassù in cielo semper intercedentem pro nobis, sempre per intercedere per noi. È per questo che il Padre Garrigou dice: “L’immolazione cruenta è cessata”. Gesù non muore più, non è più crocifisso. “Ma l’oblazione interna, l’anima del sacrificio, rimane per sempre”. Non è più meritoria. Questo è molto importante. Il merito si ha solo quando non c’è ancora il premio. Quindi Gesù era viatore e comprensore allo stesso tempo. Conoscete questi termini? Comprensore vuol dire quello che è già nella beatitudine eterna. Viatore è quello che è ancora in via, verso la patria del cielo. Quindi Gesù[5]  - come dice San Tommaso e tutta la teologia cattolica -, è simul viator et comprehensor.  

          E quindi Gesù, dal primo istante della sua esistenza, è allo stesso tempo dotato di visione beatifica. Quindi, sotto questo aspetto, è già in paradiso. Ma sotto un altro aspetto, quello della sua corporeità, che è destinata a morire e a subire la terribile passione, è ancora in cammino verso la glorificazione del suo corpo. E quindi è anche viatore. È sia comprensore che viatore.

          Quindi Gesù, una volta diventato del tutto comprensore e non più viatore, non può più meritare nulla, perché ormai è nella patria del cielo. Così anche noi, meritiamo su questa terra. Ma, una volta che abbiamo reso l’ultimo respiro a Dio, carissimi, non si merita più. Vedete come è importante la nostra vita su questa terra in vista di una santa morte.

          Quindi nemmeno la preghiera di Gesù, questa oblazione di Gesù, è meritoria. Perché Egli è già nel possesso dei beni divini. Quindi non è più meritoria, perché il Cristo non è più in via verso la patria celeste. Ma è una preghiera, notate bene, sempre di adorazione, di rendimento di grazie, di riparazione e di supplica, che continua ad applicare alle generazioni, che si susseguono, i meriti del Calvario.

         Quindi Gesù continua a pregare il Padre, soprattutto sotto l’aspetto della supplica, però non bisogna ridurre questa sua orazione per noi solo a questa dimensione. C’è tutto[6]. C’è l’adorazione soprattutto, c’è il rendimento di grazie, c’è l’espiazione e c’è anche l’impetrazione. Quindi questa supplica di Gesù in cielo, il Quale prega per noi, si riferisce a tutte le generazioni umane che si susseguono su questa terra; tutte sono beneficate da questa supplica. E che cosa chiede al Padre?

          Gesù chiede al Padre una sola cosa e cioè che i meriti del suo sacrificio della croce, i meriti della sua vita santa, della sua morte e risurrezione, siano applicati a noi volta per volta. Gesù chiede al Padre questa effusione delle grazie che Egli ha offerto a tutti noi, una effusione efficace, una applicazione in concreto a ciascuna delle nostre anime.

        E il Padre Garrigou ricorre evidentemente a questo stupendo versetto 25 del VII capitolo della Lettera agli Ebrei,, dove San Paolo dice: “Gesù è sempre vivente, per intercedere per noi, semper vivens ad intercedendum pro nobis”.  È il nostro avvocato in cielo, che continua a sacrificarsi interiormente, non più esteriormente, ma l’anima del sacrificio rimane sempre questa.

          La preghiera di supplica, osserva il Padre Garrigou, la preghiera di supplica nell’anima santa di Cristo cesserà alla fine del mondo, ma fino a quel momento Cristo prega per noi, affinché i suoi meriti e la sua espiazione ci siano applicati. È la stessa cosa la dice anche S. Tommaso nella II-II, Questione 83, articolo 11, nel trattato della virtù della religione e in particolare del sacrificio di Cristo. Tale preghiera è di valore infinito e si esprime soprattutto nel sacrificio della Santa Messa, di cui il nostro Signore è il sacerdote principale.

          Quindi, vedete, quest’anima, che è in paradiso, perché è sempre l’anima di Cristo. È sempre la sua mentalità sacrificale. È la preghiera che sempre Gesù rivolge al Padre, questa preghiera, che è l’anima, che è stata l’anima della Santa Croce, l’anima del sacrificio della Santa Croce, questa preghiera continua in cielo e anima volta per volta ogni Santa Messa, che viene offerta.

          E questo in virtù della identità del sacerdozio di Cristo. E il Concilio di Trento ha sottolineato molto bene questa verità. Cioè è sempre lo stesso sacerdote, che ha offerto Se stesso immediatamente sulla croce e che adesso offre sempre Se stesso per la mediazione dei sacerdoti ministri. Ma è sempre lo stesso Offerente, lo stesso sacerdote con la stessa anima del suo sacrificio, che è la carità nell’obbedienza, che vuole sacrificarsi, che vuole morire per la salvezza dell’uomo. E lo vuole per sempre.

          Lo voleva nel momento del Calvario e lo vuole per tutta l’eternità. E’ per questo che vi cito i passi direttamente dagli atti del Concilio di Trento, citati a lo volta dal Padre Garrigou, il quale dice così: una enim, eademque est hostia, si tratta sempre della stessa ed identica ostia, cioè vittima offerta, Idem nunc offerens, e lo stesso è anche l’offerente, Colui che offre, sacerdotum ministerio, per mezzo del ministero dei sacerdoti, qui seipsum tunc in cruce obtulit, Colui che allora si è offerto sulla croce, sola offerendi ratione diversa, con la sola diversità, con la sola differenza della ratio offerens.

          E questa è appunto la diversità tra il modo in cui Gesù è stato offerto sulla croce con l’uccisione fisica e il modo in cui viene offerto nella Santa Messa evidentemente non più con l’uccisione fisica, ma in maniera incruenta, sacramentale, eppure altrettanto se non più reale.

… il Signore non era ancora morto … però nella cena Lui ha detto: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” … quindi ha anticipato …

            Sì. Certo, carissima. Certo. Per il motivo molto semplice che una volta che era inchiodato in croce non poteva più istituire questo sacramento.

… lo ha anticipato … ha dato se stesso … comunione …

            Sì. Sì. È così. E’ molto brava, cara. Cioè, perché, vede, pone, pone proprio un problema teologico di primo ordine, sa. Nel senso che ci si chiede: come Gesù era presente?

… e poi … cambiamento … soprattutto quel è … quel è … potenza …

            Certo, cara. Certamente. Non c’è dubbio.

… allora si vede già …

            Certo, signora. Appunto, vede. Ogni conversione sostanziale può essere

… sostanziale …

            D’accordo. Allora.

            Bene. Allora teniamolo presente. Eventualmente lo ripropone poi alla fine. Comunque è una domanda molto interessante, che poi alla fine possiamo chiarire.

              Sì. Capisco che sono cose difficili. Possiamo fare così come metodologia. Che prima facciamo la lezioncina e dopo, e poi dopo mi chiedete. Allora, c’è questo appunto. Nella immolazione sacramentale si tratta di vera immolazione, di vero sacrificio, ma non c’è l’aspetto cruento, il modo cruento della immolazione. Ora, questo modo cruento era costituito da due aspetti. Uno era l’aspetto attivo dell’immolazione cruenta. L’altro era l’aspetto passivo. L’aspetto attivo non solo non è sacrificio, ma è il più grande crimine che si possa concepire.

          San Tommaso dice non fuit sacrificium sed potius maleficium. Quindi il più grande delitto concepibile, cioè il mettere a morte il vero uomo e il vero Dio, è stato  piuttosto il più grande crimine. Naturalmente non è da ripetersi in nessun modo la oblazione cruenta nel senso attivo della parola.

           Che cosa è l’oblazione passiva invece? Questa sì che fa parte del sacrificio della croce. L’oblazione cruenta passiva è la sottomissione di Gesù alla sua uccisione. Ci sono due aspetti. Ci sono i soldati, che uccidono Gesù. E c’è Gesù che si offre. È cosa interessante. Gesù ha  sempre il potere di riprendersi la vita, ha il potere di dare la sua vita. Quindi la dà liberamente. Gesù si è liberamente sottoposto alla uccisione.

          Perciò, vedete, non è che -  cosa orribile solo a dirsi -, non è che Gesù si sia dato la morte, evidentemente, o abbia subìto la morte per opera di altri. Allora, questa opera delittuosa, criminale degli altri, è l’immolazione cruenta attiva. E questa non fa parte del sacrificio. Perché? Perché è un crimine, un delitto. Per di più coloro che hanno uccisoo Gesù non intendevano per nulla offrire un sacrificio a Dio. E se avessero inteso questo sarebbe stata una cosa assolutamente assurda. Invece Gesù sì, sottomettendosi passivamente, ha compiuto un’oblazione cruenta, ma passiva, sottomettendosi passivamente alla sua uccisione, Gesù invece ha praticato questa obbedienza sacrificale, anima del sacrificio della Santa Messa.

          Allora, l’immolazione cruenta passiva rientra nel sacrificio, però nel sacrificio della Santa Croce. Non rientra invece nel sacrificio della Santa Messa. E voi capite il perché. Perché nel sacrificio della Santa Messa, Colui che opera attivamente è ancora Cristo stesso. Allora, in questo caso, se ci fosse l’immolazione cruenta, sarebbe non solo il sacerdote ministro, ma addirittura il sacerdote in eterno, cioè Cristo, a dare la morte a se stesso. Cosa evidentemente assurda e da escludersi.

           Quindi, vedete, nella Santa Messa non c’è in nessun modo l’immolazione cruenta. Non c’è l’immolazione cruenta attiva, che è sempre da escludersi in ogni sacrificio, perché è solo l’occasione del sacrificio della croce. Quindi non è la vera causa, ripeto, perché questi delinquenti non volevano offrire il sacrificio, ma semplicemente uccidevano  Gesù con malizia.

          Però, del sacrificio della croce, faceva parte organicamente ed integralmente questa obbedienza di carità di Gesù alla volontà del Padre, quando si è lasciato passivamente uccidere. Questo lasciarsi uccidere passivamente, e quindi cruentemente, cioè in maniera tale da versare sangue, non c’è nella Santa Messa. Perché non c’è? Proprio perché allora sarebbe Gesù stesso in qualche modo a fare male a sè. Cosa assurda.

          Per di più, in genere nessuno può fare male a Gesù nel sacramento dell’Eucaristia. Perché la sua presenza è la presenza di un corpo perfettamente impassibile. E quindi è concepibile solo una immolazione non più cruenta, ma incruenta. Perciò vedete questa diversa ratio offerendi. È questo il punto delicato. Tutto è identico. È identica l’anima del sacrificio, cioè questa preghiera di Cristo, questa obbedienza di Gesù, questo volersi sacrificare, che continua per tutta l’eternità.

         Padre Garrigou dice molto giustamente: “In ogni momento Gesù ha questa mentalità nella sua anima, che è stata resa eterna dalla sua esaltazione alla destra del Padre”, questa mentalità sacrificale, di voler soffrire e morire in ogni momento, se questo fosse stato necessario e possibile. Non è possibile e nemmeno necessario, perché una volta che Cristo è morto, ha offerto il sacrificio che espia tutti i peccati possibili ed immaginabili.

         Però la sua mentalità è sempre quella del sacrificio. Come per dire: se il Padre avesse bisogno ancora che lui morisse per noi, Gesù lo farebbe con molta carità, come lo fece già una volta. Quindi rimane quest’anima del sacrificio nella Santa Messa. Quello che cambia è solo il modo esterno di offrire questo sacrificio. Non c’è più il modo cruento, passivo della oblazione; c’è il modo incruento.

         Che cosa è il modo incruento? È appunto il modo sacramentale, il modo mistico. Ma, come abbiamo visto, è altrettanto reale il modo di offrirsi in questa duplice, consacrazione, che separa sacramentalmente ma realmente il corpo e il sangue di Gesù. Così Gesù impassibile, glorioso, una volta che è risorto, non muore più. Gesù vivente in eterno, è reso presente sull’altare appunto come se fosse morto. Ma questo come se, non è un puro simbolo. È una realtà, vedete, significata e resa presente in questa duplice consacrazione.

Interruzione della registrazione. - Riprende la registrazione.

          … individualmente è l’unica sostanza del sacrificio, che è offerta, questa realtà sacrificale, in due modi diversi, senza che questa realtà sacrificale perda la sua identità individuale.

         Perciò il Padre Garrigou si esprime molto giustamente, spiegandosi con un esempio. Dice che non è come se si trattasse, per esempio, dell’identità di una pianta, mettiamo una pianta di rose, le quali rifioriscono ogni primavera; come per dire: “Io nel mio giardino ritrovo le stesse rose dell’anno scorso”. No, non è lo stesso. Perché, queste rose sono specificamente le stesse, ma individualmente sono diverse, diverse  non come pianta, ma come singolo fiore sì. I fiori sono diversi. Invece nella Santa Messa non c’è diversità individuale. Ma è lo stesso sacrificio, con la sola diversità del modo di offrire.

         Il Padre Garrigou fa un’ultima considerazione. E così poi termino e vi dò subito la parola. Egli fa un’altra osservazione. Da buon teologo mette in analogia il sacrificio della Santa Messa con la Cristologia. E dice: “In fondo la Santa Messa presenta questa somiglianza con la stessa realtà di Cristo”. E cioè Gesù può essere presente nella sua corporeità solo in due modi. una volta in un modo passibile, fino alla sua resurrezione; una seconda volta, dopo la risurrezione, e per tutta l’eternità, in una maniera impassibile. Ma è sempre lo stesso identico corpo del Salvatore.

         Voi sapete che San Tommaso insiste, molto giustamente, con Aristotele, su quella  profonda dottrina, seppur non facile da capire, secondo la quale l’individuazione, ovviamente, si capisce, delle realtà corporee, avviene per opera della materia. La forma è identica in tutta la specie. Per esempio, l’anima umana è la stessa in tutti gli uomini. Ciò che differenzia le singole anime è il fatto che ogni anima è fatta per il suo corpo particolare.

           Quindi, l’individualità stessa del Salvatore, quanto alla sua umanità, si capisce, come ogni altra individualità umana, deriva dalla sua corporeità. Ora, il corpo di Gesù può essere presente solo in due modi. O in maniera passibile o in maniera impassibile. Però questa diversità di modo non cambia l’identità del corpo di Cristo. In altre parole, Gesù quando è risorse, si riprese il suo corpo, quello stesso identico corpo fisico che era stato crocifisso.

           Bisogna che noi ci erigiamo sdegnati ad alta voce contro tutte queste tendenze un tantino ereticali, che ripropongono sempre certe sciocchezze gnostiche. Nihil novum sub sole. Almeno questi eretici dovrebbero sforzarsi di essere un po’ più originali. E invece ripropongono sempre le solite storie, dicendo - pensate a Bultmann - che praticamente questa risurrezione del Salvatore è un puro simbolo. Gesù sarebbe risorto nella predicazione degli apostoli; di fatto invece il Gesù della storia è morto sic et simpliciter. Insomma, cose del genere.

        Noi invece diciamo con chiarezza: la risurrezione del Salvatore è qualche cosa che riguarda il suo corpo, cioè è qualcosa di fisico, riguarda il corpo di Cristo e lo riguarda nella sua individualità. Questo è importante. Non è che Gesù abbia assunto un corpo astrale, dopo la risurrezione. Si è ripreso quel suo corpo crocifisso, dandogli la sua gloria, e in qualche modo inghiottendo la morte nella vita di quel corpo risorto. Questa è la nostra fede cristiana. Non ce ne sono altre.

          E così, come Gesù non cambia nella sua identità corporea e umana dal modo di essere passibile a quello di essere impassibile, così non cambia nemmeno nel modo di offrirsi cruentemente sulla croce e incruentemente sull’altare. Finisco qui.

         E mi pare di avere già capito la sua domanda. Quindi possono riformularla. Poi lei mi dirà se è giusto quello che ho detto. La domanda, se non sbaglio, consisteva in questo. E cioè, Gesù ha istituito il sacramento dell’Eucaristia e quindi il sacrificio della Santa Messa nell’Ultima Cena. E invece è morto solo il giorno dopo, il Venerdì Santo. Quale significato ha questo lasso di tempo, che c’è tra i due eventi?

         Ebbene, è molto importante pensare sempre a questo. E qui San Tommaso pure fa un’analisi molto raffinata della situazione Dice: in tutti i sacramenti istituiti da Cristo e soprattutto nel sacramento della Santissima Eucaristia è attiva e operante la virtus passionis Christi, la virtù della sua passione.

         Non c’è sacramento, carissimi, che non agisca in virtù della passione di Cristo. Tutti i sacramenti, il battesimo, la cresima, l’estrema unzione, il matrimonio, il sacerdozio, tutti, tutti i sacramenti sono operosi in virtù della passio Christi. Se non c’è la croce di Gesù, i sacramenti non hanno nessuna efficacia.

         Quindi, se i sacramenti agiscono in virtù del sangue di Cristo sparso sulla croce,. tanto più il sacramento dell’eucaristia, perché voi sapete che è proprio il sacramento della presenza pasquale di Cristo, cioè la presenza di Cristo crocifisso e risorto. E’ quell’agnello - è bellissimo -, che è descritto nell’Apocalisse. È un modo di dire paradossale, ma così profondo e così vero.

         Quell’agnello è stato ucciso ed ecco che vive. È un paradosso. Un agnello ucciso non vive più. E invece, no. E’ un agnello ucciso;, eppure vive. E’ quello che avviene sull’altare. E’ Gesù crocifisso, che pure vive e vive per tutta l’eternità impassibile, glorioso alla destra del Padre. Questo avviene nel sacrificio della Santa Messa.

         Allora, come è possibile che Gesù l’abbia istituito il giorno prima? Che cosa è avvenuto in quella prima consacrazione, quando Gesù ha pronunciato per la prima volta queste parole, istituendo questo grande sacramento? Ebbene, S.Tommaso dice che in quel momento Gesù - questo è importante - si riferiva finalisticamente, teleologicamente, come si suol dire, appunto al sacrificio della croce. Ed è in vista di questo sacrificio, che istituiva nell’Ultima Cena il sacramento del suo corpo e del suo sangue.

        E San Tommaso si chiede ulteriormente: come Gesù era presente[7]? E risponde: sempre il Gesù storico, cioè di quel momento in cui Egli celebra la Santa Messa. Quindi,  in questa prima Santa Messa, che non era  mai stata celebrata su questa terra, è accaduto qualcosa di unico, perché in tutte le nostre Sante Messe è presente Gesù glorioso. Invece in quella prima Santa Messa è stato presente quello stesso Gesù, che offriva, e distribuiva Se Stesso ai suoi discepoli. Un prodigio stupendo.

         Ma appunto anche lì la cosa è spiegabile solo al di là delle leggi dello spazio e del tempo. Cosicché lo stesso Cristo storicamente presente lì a mensa con i suoi discepoli, è presente sacramentalmente, realmente e sostanzialmente è presente sotto le specie del pane del vino, che dà ai suoi discepoli. È questo che voleva chiedere nevvero?

… sì, è questo … perché dicevo … come mai … però per anticiparlo …

            Sì.

… ma adesso … in questo in questo momento che non c’è più la separazione del sangue dal corpo …

            Certo.

… ma nella carne non è compreso anche il sangue?...

         Esatto. Questo è ciò che è importante. Torno a ripetere, perché è una cosa molto molto difficile da capire. Lo so. C’è questo. Cioè si distingue una duplice presenza. Una in virtù del sacramento e l’altra in virtù del reale accompagnamento, chiamiamolo così, in questo senso. Infatti Gesù è sempre presente tutto, così come è nella totalità del suo essere.

         Ora, Gesù così come adesso è presente nella gloria del Padre è un insieme di parti diverse. “Parti” tra virgolettei. C’è divinità e umanità. L’umanità è composta ancora dall’anima e dal corpo. Il corpo è composto dalla carne, dalle ossa, dalle vene, dai nervi, dal sangue e da tutto il resto. Ora, Gesù presente sull’altare è Gesù tutto. Solo che alcune parti sono presenti in virtù del sacramento, altre sono presenti in virtù di questo reale accompagnamento, quello che i teologi chiamano la reale concomitanza. Allora, in virtù del sacramento è presente solo ciò che è significato nelle formule consacratorie: corpo e sangue, rispettivamente per il pane e il vino.

… separatamente …

         Separatamente. È ciò che costituisce il sacrificio della Messa. È come se sacramentalmente Gesù ancora spargesse il sangue. Però di fatto, per la reale concomitanza, è compresente con il corpo, anche il sangue e l’anima, eccetera, e con il sangue anche il corpo, l’anima e la divinità, eccetera.

… ce lo aveva già spiegato prima …

         Sì. Però questa è anche la risposta anche. Proprio perché questa …...

           C’è una complementarietà, nel senso che in virtù del sacramento c’è la reale separazione e quindi sacrificio. In virtù della reale concomitanza c’è la presenza di Cristo tutto. Ora, nel tabernacolo la presenza di Gesù non è una presenza di separazione dal sangue, è una presenza semplicemente sotto la specie del pane e lì c’è Gesù tutto intero. Quindi è presente Gesù sacrificato nella Santa Messa, ma non più in quanto è sacrificato attualmente.

… Grazie…

            Prego. È comprensibile adesso? Ecco.

Interruzione della registrazione.

 P.Tomas Tyn, OP (da Conferenza)

Trascrizione da registrazione di Suor Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 6 luglio 2015
Testo con note rivisto da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Varazze, 15 settembre 2017  

 
Conferenza sul sacrificio della Santa Messa
Per il Terzo Ordine Domenicano,
Presso la Basilica di San Domenico
In preparazione alla Santa Pasqua del 1985


N. 3 Meditazioni

Bologna, 16 - 30 marzo 1985
 

Ultima Cena, Tintoretto


E allora, carissimi, noi possiamo veramente gloriarci di appartenere alla Chiesa Cattolica, che è veramente e pienamente la Chiesa di Cristo, proprio perché, carissimi, solo la Chiesa Cattolica rispetta veramente e pienamente il senso di queste parole di Gesù. 

E qui vedete la indefettibilità della Chiesa fondata sulla roccia, che è Pietro. Solo la Chiesa Cattolica ha mantenuto questa consapevolezza piena e viva della presenza reale di Cristo, prendendo proprio sul serio fino all’ultima virgola queste parole del testamento che Gesù stesso ci ha lasciato: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.


[1] Cioè sangue, anima e divinità.

[2] Più realtà divina.

[3] Sottinteso: questo sacrificio.

[4] Questa mancanza di rispetto per le Scritture.

[5] Terreno.

[6] Sott’inteso: nella preghiera.

[7] Nell’ultima Cena.

 

2 commenti:

  1. Caro padre, ogni volta che leggo, o ascolto p. Tyn, mi si dissolvono dubbi e difficoltà che avevo su questioni "difficili"; possiamo pensare che se il Molari avesse conosciuto l' opera del domenicano ceco, non avrebbe elaborato le sue eterodosse teorie? (naturalmente il discorso vale per tanti "teologi" contemporanei)

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    1. Caro Gian Luigi,
      molto probabilmente Molari, se avesse voluto, avrebbe potuto continuare a seguire la sana cristologia di tipo tomistico, che è indubbiamente alla base della cristologia di P. Tyn, ma quello che devo constatare con dispiacere, come ho imparato dalla sua biografia, è che egli ricevette senz’altro una buona formazione, tanto che negli anni sessanta lavorò per il Santo Uffizio.
      La svolta modernista, di carattere teilhardiano, avvenne negli anni 70, tanto che Molari fu censurato dalla CDF e dimesso dall’insegnamento.
      A questo punto, anche se avesse conosciuto P. Tyn, non ne avrebbe tenuto conto.

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