25 novembre, 2021

Papa Francesco tesse le lodi di Papa Benedetto

Papa Francesco tesse le lodi di Papa Benedetto

Cose mai viste

La Chiesa sta vivendo un periodo di novità inaudite: mai come oggi la Chiesa sta parlando a tutto il mondo ed è conosciuta in tutto il mondo; ma nel contempo mai la Chiesa è stata tanto minacciata dal potere delle tenebre, tanto che alcuni parlano dell’apostasia finale, dei segni della fine del mondo, dell’avvento dell’anticristo e dei castighi finali; mai è successo nella Chiesa che si avessero due Papi simultaneamente, senza che per questo venga meno, in Papa Francesco, l’unicità della guida pastorale della Chiesa; mai si era avuto un Papa come Francesco, che sorprendesse ad un tempo sia per i problemi che crea a molti nell’interpretazione della verità di fede, sia per certi suoi atti di magistero o di governo di portata storica mai realizzati dai suoi predecessori, come la condanna dello gnosticismo, il cambiamento di alcune parole del Padre Nostro, il magistero demonologico, l’utilizzazione cristiana della triade illuministica liberté-égalité-fraternité, la predicazione dell’ecologia integrale, le lodi di Lutero giovane monaco, l’accordo con l’Islam e con la Cina Comunista, la pastorale degli omosessuali e dei migranti. 

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Nel quadro di fatti nuovi di portata storica si inserisce il notevolissimo discorso che Papa Francesco ha fatto il 13 novembre scorso in Vaticano in occasione del conferimento del «premio Ratzinger». 

In questo discorso Papa Francesco ha avuto parole di lode, stima ed ammirazione per l’opera di Papa Ratzinger e in particolare per il suo servizio come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e come Pontefice.

Le parole del Santo Padre cadono estremamente opportune per far tacere una insistente lamentela che da anni ed oggi come non mai sentiamo in certi ambienti della Chiesa, secondo i quali Papa Francesco nutrirebbe una certa disistima per la teologia e per le questioni dottrinali, nonché per il pontificato di Benedetto XVI.

 

Dice Francesco: «Non dimentichiamo che Benedetto XVI ha continuato a studiare e scrivere fino alla fine del suo pontificato. Circa dieci anni fa, mentre adempiva le sue responsabilità di governo, era impegnato a completare la sua trilogia su Gesù e così lasciarci una testimonianza personale unica della sua costante ricerca del volto del Signore. È la ricerca più importante di tutte, che egli poi ha continuato a portare avanti nella preghiera.

Immagini da internet:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2021/november/documents/20211113-premio-ratzinger.html

https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2021/11/13/premio-ratzinger.html

http://www.fondazioneratzinger.va/content/fondazioneratzinger/it/joseph-ratzinger/gesu-di-nazareth.html

23 novembre, 2021

La gnoseologia dello gnosticismo - Quarta Parte (4/4)

 La gnoseologia dello gnosticismo

Quarta Parte (4/4) 

 Alcune sentenze rilevanti di sapore gnostico

Emanuele Kant. Kant pone il principio dello gnosticismo nella sua famosissima «rivoluzione copernicana»: invece di far girare la nostra ragione attorno alle cose, Kant propone di far girare le cose attorno alla nostra ragione. Ma ciò che cosa comporta? Che le cose non dipendono più da Dio, ma dalla nostra ragione. Il che è come dire che la ragione possiede da sé, «apriori», un sapere assoluto divino e creatore, che pensa, idea, progetta, forma e crea le cose. E questa è appunto la gnosi. 

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Husserl vede in Cartesio e Kant i suoi predecessori nella fondazione della fenomenologia.

Cioè l’uomo moderno, secondo Husserl, ha scoperto che quel Dio esterno, oggettivo e trascendente, che fino ad allora era posto al di là e al di sopra delle cose come creatore delle cose, considerate come esterne all’io, in realtà non è altro che la dimensione trascendentale ed originaria, esperienziale, atematica e preconcettuale, dell’io empirico e categoriale. Pertanto la scienza di Dio, la teologia, si risolve nella scienza dell’Io, nell’Autocoscienza, la quale pone l’essere delle cose come essere pensato delle cose. E questa appunto è la gnosi. E da qui viene il modernismo.


Karl Rahner.

«L’essenza dell’essere è conoscere ed essere conosciuto in una unità originaria, che noi vogliamo chiamare coscienza o trasparenza («soggettività», «conoscenza») dell’essere di ogni ente. … La natura dell’essere è conoscere ed essere conosciuto in un’unità originaria: in altre parole è essere cosciente e trasparente».

Qui Rahner confonde l’essere con l’essere divino. Solo in Dio infatti l’essere s’identifica col pensare e il pensare s’identifica con l’essere. Solo in Dio l’essere s’identifica con l’essere pensato e l’essere pensato è l’essere. In Dio il pensare è il suo essere; il soggetto pensante s’identifica con l’oggetto del pensare, cioè con Dio.

 

Lo gnosticismo è un ideale di vita basato sulla convinzione di poter acquistare una scienza assoluta o un pensiero assoluto, il cui oggetto sarebbe la propria autocoscienza intesa come essere assoluto. 

In parole semplici, lo gnostico crede che il suo pensare coincida con l’essere e che il suo essere sia pensare. 

Ora, però, siccome solo in Dio essere e pensare coincidono, ne viene la conseguenza che lo gnostico crede di essere Dio e di avere la missione di render coscienti gli uomini del loro essere divino.



Immagini da internet:
-Edmund Husserl
- Karl Rahner
- L'Antico dei Giorni, incisione di William Blake

22 novembre, 2021

La gnoseologia dello gnosticismo - Terza Parte (3/4)

 

 La gnoseologia dello gnosticismo

Terza Parte (3/4) 

Struttura essenziale del metodo gnostico.

Potremmo parlare di un’«anagogia gnostica». È quella che propone il Padre Giuseppe Barzaghi, storpiando il senso che a questo termine avevano dato i Padri della Chiesa, i quali intendevano l’arte pedagogica del maestro spirituale che eleva gradatamente la mente del discepolo dall’esperienza delle cose terrene al gusto delle realtà celesti.

Invece per Barzaghi l’anagogia è l’atto coscienziale col quale l’io empirico si eleva al di là di se stesso ed acquista lo «sguardo di Dio»[1] e, superando il piano «umano» e «psicologico» del realismo gnoseologico, raggiunge l’autocoscienza assoluta dell’«io trascendentale» e vede che «tutto è eterno» e che l’io è Dio.

Lo gnosticismo distingue un sapere originario assoluto ed immediato, incontrovertibile ed inconfutabile, il sapere della totalità o dell’assoluto, privilegio dello gnostico, dal sapere empirico, approssimavo, derivato, psicologico, proprio del pensare comune, mediato e relativo, immerso nelle apparenze e falsificabile.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-gnoseologia-dello-gnosticismo-terza.html

Kant, mantenendo la cosa in sé esterna alla coscienza, conserva un residuo di realismo, al quale egli era molto attaccato. E per questo non accettò l’eliminazione della cosa in sé fatta da Fichte. Ma si tratta di un realismo incompleto, perché della cosa resta solo l’esistenza, ma l’essenza è ignota. È vero che c’è il fenomeno come manifestazione della cosa, per cui Kant afferma che le cose esistono, ma noi le conosciamo solo come appaiono a noi. Il che comportava che l’intelletto non si limitava a produrre i concetti, ma, utilizzando il materiale dell’esperienza, veniva a produrre la forma stessa dell’oggetto.

Dunque sotto questo aspetto l’attività dell’intelletto umano usurpa la funzione dell’intelletto divino, vero ed unico ideatore dell’essenza delle cose. 

Ed ecco dunque qui spuntare un principio di gnosticismo. 

Fichte si aggancerà qui al discorso kantiano e, invece di condurlo a un pieno realismo, spinse oltre la tendenza idealistico-gnostica, chiudendo totalmente l’io in se stesso e respingendo l’esternità e l’indipendenza della cosa. 

Ecco che allora l’io diventa Io assoluto. Ecco allora il pieno gnosticismo.

Lo sbaglio di Cartesio fu quello di mettere in dubbio il principio della filosofia già esistente, fondata sull’accoglienza della verità delle cose esterne, del corpo proprio e delle altre persone, per cercare una filosofia meglio fondata, che per la verità non esiste, col risultato di fondare una falsa filosofia, che non è altro che lo gnosticismo, ossia l’assolutizzazione del proprio io pensante come oggetto della scienza assoluta.

Inoltre Cartesio dimentica che per poter pensare, bisogna esistere, per cui il primo oggetto del pensare non è il pensare ma l’esistere. Per poter pensare il pensiero o il pensato, occorre aver già conosciuto e pensato quell’ente reale esterno, che è stato oggetto del pensiero e che adesso è pensiero pensato. Prima di poter pensare all’uomo pensato, occorre pensare all’uomo, altrimenti il pensare è vuoto.

Immagini da internet: Kant, Fichte, Cartesio

19 novembre, 2021

La gnoseologia dello gnosticismo - Seconda Parte (2/4)

 La gnoseologia dello gnosticismo 

Seconda Parte (2/4)

La critica dello gnosticismo in Papa Francesco

Papa Francesco ha svolto una severa critica allo gnosticismo moderno nella sua Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate del 19 marzo del 2018. È molto significativo che il Papa abbia inserito questa critica in un documento dedicato alla promozione della santità, a significare che la questione dello gnosticismo, prima ancora che essere una questione dottrinale, è una questione morale di onestà intellettuale, di umiltà davanti alla verità, di sincera preoccupazione per la salvezza dell’uomo, di vigile attenzione alle tentazioni della superbia, della giusta impostazione del rapporto dell’uomo con Dio.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 27 luglio 2021

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-gnoseologia-dello-gnosticismo.html

 

 

 

L’idea di Francesco di pubblicare un documento del genere giunge opportunissima e provvidenziale, come la pioggia estiva che giunge a dissetare la terra inaridita per la siccità. 

 

 

Non si può negare che l’influsso dello gnosticismo all’interno della Chiesa sia il problema dottrinale più grave della Chiesa di oggi.

 

 

Con intuito sicuro ispirato dal carisma petrino, Francesco denuncia nello spazio di 10 numeri del documento i gangli vitali del mostro e lo abbatte con quattro colpi ben assestati, come fece Davide con Golia.


La conclusione di Papa Francesco è molto severa:

«Lo gnosticismo è una delle peggiori ideologie, perché mentre esalta indebitamente la conoscenza o una determinata esperienza, considera che la propria visione della realtà sia la perfezione. In tal modo, forse senza accorgersene, questa ideologia si alimenta e diventa ancora più cieca» (n.40).

 Immagini da internet

18 novembre, 2021

La gnoseologia dello gnosticismo - Prima Parte (1/4)

  La gnoseologia dello gnosticismo

Prima Parte (1/4)

Semplici come le colombe, prudenti come i serpenti

Mt 10,16

La scienza gonfia; la carità invece edifica                                                                   I Cor 8,1

 

Significato generale dello gnosticismo

 

La parola gnosticismo viene da gnosi, gr. ghnosis, che significa «scienza», «conoscenza». È affine al termine greco idea, che significa «vista», «visione». La radice vid è sanscrita. Da essa viene il termine vidya= veggenza, conoscenza. Da essa la letteratura Veda, che vuol dire vedere.

Affine a idea è eidos=aspetto, specie, da eidon=vedo, sansc. Vedah e oida=so, conosco rispettivamente aoristo e perfetto di orao=vedo, conosco con infinito idèin, ancora la radice vid, vedo da vid viene anche il lat. video. E la radice vid, da cui videa, idea. Tutto si assomma nel concetto del vedere e del sapere. E naturalmente vedere la verità. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-gnoseologia-dello-gnosticismo-prima.html

Lo gnosticismo è quella dottrina filosofica, di antichissima tradizione e di origine indiana, che sostiene che l’uomo, empiricamente un ente fragile, fallibile e caduco, è in realtà  originariamente,  potenzialmente e inconsapevolmente Dio, sulla base della convinzione che il pensiero coincide con l’essere, che l’intelletto umano coincide con l’intelletto divino, sicchè esso può elevarsi da sé, con un’opportuna disciplina o iniziazione, al pensiero assoluto o alla scienza assoluta ovvero al pensiero divino.

Lo gnosticismo, come tutti sanno, è stato un grandioso evento e un complesso fenomeno dottrinale e di costume importanti e drammatici della storia della Chiesa dei primi secoli ed è al contempo un vizio intellettuale ricorrente, dettato dalla superbia. Noi qui lo consideriamo solo sotto questo secondo punto di vista.

Codici di Nag Hammadi
In questo secondo senso, dunque, lo gnosticismo è un modo di considerare la ragione umana come intrascendibile. Lo gnostico non vuole ammettere che esista una realtà che superi la capacità di intendere e di dimostrare della ragione.

Lo gnostico ha indubbiamente il merito di essere sensibile ai temi e ai problemi più profondi e più difficili dello spirito, dell’uomo, del sapere, della filosofia, della teologia, della morale, della mistica. 

Ma il guaio è che lo gnostico trae fuori coloro che vivono, per dirla con Dante, nella «morta gora», per stimolarli non all’umile ricerca della verità, ma a credersi dei geni riformatori del sapere, che sanno mettere in crisi certezze millenarie.


 
Immagini da internet

14 novembre, 2021

Il mio commento alla lettera di P. Golaski.

  Il mio commento alla lettera di P. Golaski.


1.   Il vetus ordo può effettivamente ispirare un senso del sacro e far comprendere la bellezza della spiritualità meglio del novus ordo. Ma questo ci mette meglio a nostro agio sotto il punto di vista umano e sociale del nostro incontro con Dio.

 

2.  Nel confronto fra novus ordo e vetus ordo occorre tener presente che si tratta sostanzialmente della medesima Messa. La differenza di modalità del rito è solo una cosa accidentale. Occorre badare più al sostanziale che all'accidentale.

 

3.    Occorre distinguere la lex orandi di diritto divino da quella di diritto ecclesiale. La prima regola per volontà divina la Messa come tale ed è inviolabile ed immodificabile. La seconda cade sotto la facoltà pontificia di regolare giuridicamente la modalità del rito della Messa. Papa Francesco non mette assolutamente in discussione la lex orandi nel primo senso, ma si avvale solo della sua facoltà di legiferare (la potestas clavium) circa l'osservanza della lex orandi che cade sotto il potere giurisdizionale del Papa.

 

4.   Papa Francesco non intende assolutamente abolire la celebrazione secondo il vetus ordo - sarebbe come abolire la Messa -, ma solo dare nuove disposizioni circa la sua celebrazione.

 

5.   Il Papa dichiara apertamente di aver adottato le restrizioni per "comporre lo scisma". Quale scisma? Quello di coloro che si sono serviti del Motu proprio di Benedetto XVI per opporsi al novus ordo, alle dottrine del Concilio Vaticano II e all'autorità dei Romani Pontefici da S. Giovanni XXIII a lui. E chi sono? Sono i filolefevriani e coloro che li appoggiano.

 

6.    Il Papa ha piena facoltà di ordinare a tutti i cattolici di frequentare nei giorni festivi la Messa novus ordo, senza con ciò proibire, alle condizioni da lui poste, la celebrazione del vetus ordo.

 

7.    Mi domando come farà il Padre Golaski ad appartenere alla FSSPX mantenendo gli obblighi canonici che gli vengono dalla sua appartenenza all'Ordine Domenicano. Una domanda simile me la pongo riguardo a Schillebeeckx: come ha potuto restare nell'Ordine Domenicano nonostante le sue eresie?

La critica che si può fare al Papa è quella di essere stato troppo restrittivo riguardo alla celebrazione del vetus ordo e di non aver tenuto conto, riguardo agli estimatori del vetus ordo, della differenza fra cattolici e scismatici, ordinando ingiustamente ai cattolici le medesime restrizioni imposte agli scismatici.

In ogni caso è bene che anche i cattolici, che simpatizzano per il VO, si adeguino alle disposizioni di Papa Francesco.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 14 novembre 2021

 

P. Golaski

 

Cfr. 

http://blog.messainlatino.it/2021/11/p-goaski-santo-padre-perche-ha-fatto.html#more

https://rorate-caeli.blogspot.com/2021/11/open-letter-by-dominican-theologian-fr.html

13 novembre, 2021

Dibattito sulla Santissima Trinità - Seconda Parte (2/2)

 Dibattito sulla Santissima Trinità

Seconda Parte (2/2)

Un Lettore, mi ha inviato una serie di dotte considerazioni attorno al tema del mio articolo Le opere dello Spirito Santo. Si tratta di sentenze dei Padri e di alcuni Dottori Scolastici molto interessanti. Molto meno validi sono i pareri di certi teologi contemporanei.

Ho pensato di raccogliere qui in un unico articolo gli interventi di Bruno (ben 8!), a ciascuno dei quali faccio seguire la mia risposta.

Dopo la lettera con la quale Bruno ha iniziato la conversazione, che pubblico sotto, egli ha fatto un elenco di considerazioni tratte soprattutto dal libro di un teologo dell’Università Gregoriana, Padre Etienne Vetö.

Riporto gli interventi di Bruno: https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/le-opere-dello-spirito-santo-quinta.html

E a ciascun intervento di Bruno, segue la mia risposta articolata in più osservazioni.

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/dibattito-sulla-santissima-trinita_13.html 


Il Padre crea Adamo e genera il Figlio. 

Sono due atti del Padre, ma c’è una diversità infinita: nel primo fa sorgere l’essere finito dal nulla; nel secondo, il processo resta sul piano dell’essere divino; il Padre fa uscire da Sé il Figlio consostanziale al Padre. 

Inoltre l’alitazione divina sul corpo di Adamo non significa affatto il dono dello Spirito, ma semplicemente l’animazione del corpo da parte dell’anima spirituale. Perché l’umanità ricevesse il dono dello Spirito, è stata necessaria l’opera della Redenzione.

 

Osservo che il Figlio non spira affatto sul Padre né manda il suo Spirito al Padre. Ciò è del tutto estraneo al dogma trinitario.

L’espressone «esalò lo spirito» (emisit spiritum), di Mt 27,50, vuol dire semplicemente che Gesù emise l’ultimo respiro, cioè spirò. 

E così effettivamente si esprime la traduzione della CEI.


Anche ammesso che si possa interpretare nel senso che Gesù mandò lo Spirito, non lo mandò certamente al Padre, Che non ne aveva bisogno, dato che è Lui ad essere il principio dello Spirito, ma semmai lo mandò ai discepoli perché avessero la forza di capire il senso della morte del Signore.

 


Immagini da internet
- Creazione degli animali e Creazione di Adamo, di Paolo Uccello

11 novembre, 2021

Dibattito sulla Santissima Trinità - Prima Parte (1/2)

 Dibattito sulla Santissima Trinità

Prima Parte (1/2)

Un Lettore, mi ha inviato una serie di dotte considerazioni attorno al tema del mio articolo Le opere dello Spirito Santo.  Si tratta di sentenze dei Padri e di alcuni Dottori Scolastici molto interessanti. Molto meno validi sono i pareri di certi teologi contemporanei.

Ho pensato di raccogliere qui in un unico articolo gli interventi di Bruno (ben 8!), a ciascuno dei quali faccio seguire la mia risposta.

Dopo la lettera con la quale Bruno ha iniziato la conversazione, che pubblico sotto, egli ha fatto un elenco di considerazioni tratte soprattutto dal libro di un teologo dell’Università Gregoriana, Padre Etienne Vetö.

Riporto gli interventi di Bruno: https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/le-opere-dello-spirito-santo-quinta.html

E a ciascun intervento di Bruno, segue la mia risposta articolata in più osservazioni.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/dibattito-sulla-santissima-trinita.html 

 

 

San Tommaso connette strettamente lo spiritus, lo spirare ossia il soffiare, con l’amore, giacchè l’amore è appunto l’atto supremo dello spirito. 

Dice l’Aquinate:

 

«Il nome spirito nelle realtà corporali sembra significare un certo impulso e una certa mozione. Infatti noi chiamiamo spirito il soffio e il vento. Ora è proprio dell’amore il fatto che muova e spinga la volontà dell’amante verso l’altro. Ora è attribuita la santità a quelle cose che sono ordinate a Dio. Poiché dunque la Persona divina procede per modo d’amore per mezzo del quale Dio è amato, convenientemente lo Spirito Santo è chiamato così».


 Immagini da internet


08 novembre, 2021

Molti i chiamati, pochi gli eletti - Seconda Parte (2/2)

  Molti i chiamati, pochi gli eletti

Seconda Parte (2/2)

Dio sorge dalla materia e diviene materia 

Ci sono poi i cristologi cosiddetti «kenotici», i quali, laddove San Paolo parlando di Cristo, di natura divina, dice che Cristo «ekònosen eautòn» (Fil 2,7), che la Vulgata traduce con exanivit semetipsum, traducono con uno «svuotò se stesso», come se la divinità si potesse svuotare come un vaso si svuota del suo contenuto. Ma ciò contraddice assolutamente ad una sana concezione della natura divina e invece si presta ad un’interpretazione hegeliana dell’Incarnazione.

Agli hegeliani infatti non è parso il vero utilizzare quell’espressione per dare apparenza di avallo biblico alla concezione hegeliana di Dio, il quale nega se stesso e si riafferma conciliando sè con se stesso. E come nega se stesso? Diventando uomo.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/molti-i-chiamati-pochi-gli-eletti.html


Ci sono poi i cristologi cosiddetti «kenotici», i quali, laddove San Paolo parlando di Cristo, di natura divina, dice che Cristo «ekònosen eautòn» (Fil 2,7), che la Vulgata traduce con exanivit semetipsum, traducono con uno «svuotò se stesso», come se la divinità si potesse svuotare come un vaso si svuota del suo contenuto. Ma ciò contraddice assolutamente ad una sana concezione della natura divina e invece si presta ad un’interpretazione hegeliana dell’Incarnazione.

Ecco dunque che Paolo sembra offrire su di un piatto d’argento il concetto hegeliano dell’Incarnazione come autonegazione o autoalienazione di Dio nell’uomo, con conseguente negazione dell’uomo, come ritorno di Dio a se stesso in forma di autotrascendenza dell’uomo che diventa Dio.

Ma Tommaso già sei secoli prima di Hegel aveva previsto.Tommaso infatti con franchezza pone la domanda, alla quale risponde con la sua solita cristallina onestà intellettuale: «Forse che la divinità svuotò se stessa? No, perché rimase quello che era ed assunse quello che non era».

Se Dio vuol salvare tutti, come mai alcuni non si salvano? Su questo punto nella Scrittura sembra esserci una contraddizione, perché da una parte afferma che la volontà divina non può essere frustrata: «Quando Egli apre, nessuno chiude e quando chiude, nessuno apre» (Ap 3.7). E San Paolo: «Chi può resistere al suo volere?» (Rm 9,19), ma dall’altra sappiamo bene come il peccato è una disobbedienza alla volontà divina. Se essa si realizzasse sempre, il peccato non esisterebbe.

Se Dio muove, il mosso non può non muoversi, anche se è libero. Anzi è sommamente libero proprio nel momento in cui si muove perchè Dio è il creatore della libertà degli atti liberi.  Nel disobbedire, la volontà umana non respinge e non frustra una mozione divina, ma si oppone ad un semplice comando, che è un contenuto intenzionale percepito all’intelletto umano.

 

Le scelte divine e gli atti della predestinazione sono effetto di pura misericordia, perché non presuppongono alcun merito precedente. 

Invece la premiazione dei giusti e il castigo degli empi sono atti di giustizia perché presuppongono i rispettivi meriti al premio o al castigo.



Immagini da internet:
- Incarnazione del Figlio di Dio
- Conversione di Sant'Agostino di José Garcia Hidalgo, 1663
- Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, La parabola del regno di Dio e del giudizio finale

07 novembre, 2021

Molti i chiamati, pochi gli eletti - Prima Parte (1/2)

  Molti i chiamati, pochi gli eletti

Prima Parte (1/2)

Avrò misericordia di chi vorrò avere misericordia

Es 33,19

Da un Dio misericordioso a un Dio notaio 

Nella predicazione corrente assistiamo oggi ad una reazione estremista ad un’esagerata predicazione passata della severità divina, che, come ormai sappiamo tutti, sostiene che Dio salva tutti. Ma questa è un’eresia esclusa sia dalle parole formali di Cristo che dal Magistero della Chiesa.

Si asserisce che Dio è solo misericordioso e non punisce. E all’obiezione che esiste anche la giustizia divina, si risponde, fraintendendo San Paolo alla maniera di Lutero (Rm 3,21), che la giustizia coincide con la misericordia. Mentre in realtà San Paolo distingue benissimo in Dio la misericordia dalla severità, i predestinati e gli eletti da coloro che non lo sono, i beati dai dannati. 

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Fontanellato, 29 settembre 2021

Questa triste storia comincia, come è noto, nel sec. XIV con due teologi, uno francescano, Guglielmo di Ockham, e l’altro domenicano, Meister Eckhart. 

La questione pressante che era sorta era quella di come concepire la Redenzione di Cristo rispetto a noi. Era una novità perché il Concilio di Calcedonia aveva definito l’essenza della persona di Cristo, ma non aveva definito che cosa Cristo ha fatto per la nostra salvezza.

 

Per conseguenza, passando attraverso il Rinascimento, inizia un processo di desacralizzazione o profanazione di Dio e di sacralizzazione o enfatizzazione dell’uomo, di sostituzione dell’immagine al concetto e quindi un processo di dissoluzione del dogma calcedonese, gradualmente sostituito dal Dio che si fa uomo e dall’uomo che si fa Dio. Cristo in sé si trasforma prima in Cristo-per-me, che diventa Io-Cristo e infine io al posto di Cristo.

Le due nature umana e divina perdono così in questo torbido processo la loro precisione e diventano due singole fluide indeterminate esistenze, intercambiabili, senza essenza, due vasi comunicanti, reciprocamente intrecciate e amalgamate in Cristo, delle pure esistenze senza confini intellegibili definiti. Vien meno il loro confine essenziale e l’una si mescola con l’altra, come il latte col caffè, contro la precisa proibizione calcedonese: asynkìtos.

 
Immagini da internet:
- Vasilij Ivanovic Surikov, Quarto Concilio Ecumenico di Calcedonia, olio su tela, 1876
- Vaticano 1951- XV Centenario Del Concilio Di Calcedonia
- il latte col caffè