La mente e il cervello (Lezione tenuta all’Università di Parma il 26 ottobre 2010) - Prima Parte (1/3)

 

La mente e il cervello 

Prima Parte (1/3)

(Lezione tenuta all’Università di Parma il 26 ottobre 2010)*

 

http://www.arpato.org/ 

http://www.arpato.org/studi.htm (P. Giovanni Cavalcoli, n. 59)


 I. Definizione dei termini e punti di partenza

1.La mente

          Per dare una definizione nominale del termine “mente”, penso che tutti conveniamo nel ritenere che essa sia quella proprietà dell’uomo, per la quale egli pensa, intende, ha coscienza di sé, ragiona, parla e dà principio volontario alle sue azioni, restando la questione se la mente sia qualcosa di materiale o cerebrale o qualcosa che invece trascende la materia e le funzioni fisiologiche e nervose proprie del cervello. Per gli animali parliamo di mente, ammesso che ne parliamo, solo in un senso analogico e diminuito.

 

          Il termine mente viene dal latino mens, ed implica l’idea del misurare - mensuro -; infatti la mente è una funzione misuratrice, calcolatrice, regolatrice, moderatrice, valutatrice, giudicatrice. E’interessante che il francese non ha, come l’inglese – mind – un corrispettivo di mens, ma al posto di questo termine mette esprit, ossia spirito. E di fatti tra mente e spirito c’è una stretta relazione: la mente umana è qualcosa di “spirituale”, benchè resti il problema di una definizione dell’essenza dello spirito. Anche il tedesco non ha un corrispettivo di mente, ma traduce mens con Geist, spirito, come i Francesi.

 

          La lingua italiana qui è più fortunata, perché mente e spirito propriamente non son la stessa cosa. La mente è una funzione dello spirito, ovvero dell’anima spirituale, e fa riferimento al potere conoscitivo, l’intelletto. Essa è principio della volontà, essa pure appartenente allo spirito ovvero all’anima spirituale. Per quanto riguarda le attività mentali e la facoltà che ne sono alla base – intelletto, coscienza, ragione, volontà – mi riservo di parlarne più avanti.    

  

          Platone chiamava la mente frònesis. Aristotele ci ha detto delle cose fondamentali e tuttora valide sulla mente, ovvero ciò che chiamava nus, benchè ai suoi tempi, come sappiamo, le conoscenze sul cervello fossero estremamente arretrate, per non dire false. Ciò non toglie che Aristotele, partendo dall’esperienza degli atti umani, procedendo mediante il principio per cui dall’effetto si risale alla causa, abbia detto delle cose tuttora valide sulla mente umana.

 

           Come è stato possibile, questo? Perché Aristotele si accorse che l’uomo esercita certe attività o produce certe cose che la materia o la realtà fisica non riesce a fare. Ora le attività proprie del cervello, come per esempio gli impulsi elettromagnetici, sono realtà materiali ed empiriche, oggetto della neurologia. E dunque si deve dire che l’attività del cervello, come tale, per quanto preziosa e raffinata, non riesce a produrre gli atti della mente, come il pensare o il volere. Questo lo vedremo meglio più avanti.

 

          Gli Antichi avevano una certa consapevolezza del fatto che il cervello ben funzionante è condizione indispensabile per la normale attività del pensiero: sapevano benissimo che se uno riceve un colpo in testa rimane intontito. Ma, soprattutto i Semiti, come risulta dalla Bibbia, credevano che la sede del pensiero fosse il cuore e non il cervello, probabilmente per il fatto che avvertiamo il legame del cuore con le emozioni, e sappiamo bene come esse siano a loro volta legate al pensare e al volere. Ma siccome il cervello non ci dà nessuna sensazione della sua attività, non gli davano importanza come condizione dell’attività mentale.

 

          Queste attività della mente poi sono state chiamate “immateriali” o “meta-fisiche”, ossia “al di là”, “oltre” la realtà o corporeità fisica. Si tratta di realtà dette anche “sovrasensibili”, in quanto non cadono sotto i nostri sensi, come le realtà fisiche e materiali, ma sono solo oggetto dell’intelletto, sono, come li chiamava Platone, i noetà, realtà puramente intellegibili, come quella che Kant chiamava la “pura ragione” od Husserl la “pura coscienza” o “io puro”. Viceversa per Platone, come sappiamo, gli oggetti sensibili li chiamava aisthetà.

 

          Giunti a questo punto, definisco che cosa intendo per mente: è la funzione intellettiva dell’anima umana; è principio della ragione, del pensiero, della coscienza e della funzione volitiva. Quindi è il principio della libertà e degli atti morali. Dunque prendo qui mente o intelletto praticamente come sinonimi. Mente però dice anche coscienza o autocoscienza, che non risulta immediatamente dal concetto di intelletto, benchè coscienza ed autocoscienza siano atti dell’intelletto.

 

2.La mente e il senso

 

          La mente non è il senso o la sensibilità. Infatti, mentre con l’intelletto, facoltà tipica della persona a differenza degli animali, conosciamo i puri intellegibili, noetà, conosciamo le essenze universali delle cose, conosciamo scientificamente ossia universalmente e dimostrativamente i fenomeni e le loro leggi, ragioniamo nel costruire la scienza, giudichiamo e valutiamo in base ai fini dell’uomo, progettiamo il linguaggio, le opere dell’arte e l’azione morale, fino a giungere, con la filosofia e la metafisica, alla conoscenza della causa prima e del fine ultimo, col senso (esterno ed interno) – e sin qui giungono anche gli animali – abbiamo esperienza del mondo materiale esterno ed interno, poniamo il punto di partenza per la costruzione del sapere razionale, intellettuale e scientifico e per le attività dell’estetica, del lavoro e della vita morale e religiosa.  

             

          Bisogna anche distinguere la volontà dall’appetito sensitivo. La prima appetisce il bene universale colto dell’intelletto e dalla ragione. Il secondo appetisce il bene sensibile concreto colto dalla conoscenza sensibile. Quest’ultima racchiude in sé il mondo delle passioni, delle emozioni e degli istinti animali. Sensi ed appetito sensitivo li abbiamo in comune con gli animali. Intelletto e volontà appartengono invece soltanto all’uomo. Il sentimento umano - Gemüt in tedesco - è sintesi di affetto sensibile e di intuizione ed interesse intellettuali. È il principio dell’amore.

 

3.L’anima, la vita e il corpo

 

          Quanto al termine “anima”, poi, sebbene abbia una tradizione antichissima - in ebraico nèfesh o neshamà o rùach, in greco psyché, anima in latino, atmàn in sanscrito -, nella storia del pensiero è divenuto problematico a causa delle infinite polemiche tra materialisti e idealisti. C’è oggi chi lo considera un termine superato, mitico o meramente religioso o non scientifico. Persino certi teologi tendono ad emarginarlo. Nella stessa liturgia riformata del Concilio Vaticano II l’uso del termine “anima” è stato ridotto. È poi nata, come sappiamo, sin dall’Ottocento in Germania, una cosiddetta “psicologia senz’anima”, fatto paradossale, giacchè psico-logia vuol dire appunto discorso sull’anima.

 

          Curiosamente la cosiddetta Gestaltpsychologie di Kӧhler, detta “psicologia senz’anima”, insiste proprio sul valore della “forma”, quando appunto l’anima nella psicologia razionale - come vedremo - è appunto “forma sostanziale” del corpo.

 

          Tuttavia non dobbiamo romperci il capo per una questione linguistica che in fondo è molto semplice, anche se nasconde un mistero inesauribile. Già il vecchio Eraclito, che passa per essere un materialista, diceva: “nella conoscenza dell’anima si va avanti, si va avanti e non si giunge mai alla fine”.

 

          In fondo il termine anima (psychè), che ha ottenuto il suo successo in Occidente soprattutto col famosissimo trattato Sull’Anima (De Anima, Perì Psychè) di Aristotele e naturalmente con la Bibbia, è un termine di comodo, intuitivo, per designare, come già dice Aristotele, il principio della vita, ciò che dà forma al corpo, ciò per cui il vivente vive, si muove e, se è vivente umano, ciò per cui l’uomo sente, pensa, ama, pensa e vuole.

 

          L’uso del termine anima, quindi, in questo senso, è piuttosto indeterminato. Giunti a questo punto, definisco che cosa intendo per mente: è la funzione intellettiva dell’anima umana. Dunque prendo “mente” o “intelletto” praticamente come sinonimi. Mente però dice anche coscienza o autocoscienza, che non risulta immediatamente dal concetto di intelletto, benchè coscienza ed autocoscienza siano atti dell’intelletto. Mente dice anche ragione, e ne parleremo più avanti.     

 

          Che cosa sia poi in se stesso questo “principio”, questa “forma” del vivente che è l’anima, qui sta tutto il mistero. Ma se prendessimo a pretesto il mistero per negare l’esistenza di questa realtà, come vedremo meglio più avanti, cadremmo in contraddizioni irresolubili e in particolare nella violazione di un principio fondamentale della ragione e della scienza, il principio di causalità.

 

          In questa questione del rapporto mente-cervello non possiamo non far entrare in gioco il concetto di “vita”, per cui cercherò di dare una definizione anche di questa parola - bios in greco -, già presente a fondamento del trattato sull’anima di Aristotele.

          Infatti per lui, come si è visto, la vita è quell’insieme di qualità ed attività che hanno certi corpi, detti appunto viventi, nei confronti di altri, detti non viventi, i quali non esplicano queste attività. Ora l’anima non è altro che ciò che spiega perché i primi vivono mentre i secondi non vivono. L’anima dunque è il principio della vita, per il quale i primi sono detti viventi, mentre i secondi sono detti non-viventi.

 

          Parlando dell’anima, non possiamo quindi non parlare del corpo, in quanto corpo animato. Ma in generale che cosa è un corpo? E un qualcosa di esteso che cade sotto i nostri sensi, dotato quindi di qualità sensibili e determinato da una data forma, in base alla quale lo distinguiamo da altri corpi. 

 

          Normalmente distinguiamo corpi solidi, liquidi e gassosi. Le dimensioni dei corpi variano immensamente: si va dai corpi celesti ai corpuscoli o particelle elementari della fisica quantistica. Nell’immensamente grande come nell’immensamente piccolo non ci è possibile sperimentare un corpo direttamente, ma lo riconosciamo attraverso le tracce che esso lascia nei nostri strumenti di osservazione.

 

          Ogni corpo reale, empirico, è dotato di proprietà quantitative e sensibili-dinamiche che ne determinano la particolare natura e attività. Le prime consentono una conoscenza fisico-matematica dei corpi; le seconde consentono una conoscenza sperimentale, legata al moto, come per esempio l’anatomia, la biologia o la neurologia per quanto riguarda i corpi viventi animali.

 

4.La materia e il corpo

 

          Diciamo che un corpo è una sostanza materiale. E cosa intendiamo per materia (di un corpo)? Quel qualcosa o quel soggetto di cui sopra, che ha una forma estesa per costituire un’unica sostanza fisica (ciò che Aristotele chiama sinolo, “insieme” di materia e forma), e che soggiace al processo della tras-formazione, ossia cambiamento della forma sostanziale: la materia del legno, una volta che è il legno è bruciato, acquista la forma della cenere. La materia del corpo umano, la quale, vivente l’uomo, è informata dall’anima, al momento della morte perde la forma umana, ossia l’anima ed acquista altre forme: quelle degli elementi chimici che - presente l’anima - erano da lei organizzate così da consentire le funzioni vitali.

 

          Anche la vita, come l’anima, non riusciamo a definirla in se stessa, ma solo nelle sue manifestazioni. E’ un po’ come la famosa cosa in sé kantiana, della quale non conosciamo l’essenza, ma solo le sue manifestazioni empiriche, i cosiddetti “fenomeni”, oggetto di quelle che appunto chiamiamo “scienze dei fenomeni”, tra le quali c’è la neurologia cerebrale, ma non la scienza della mente, la quale è un puro noetòn, oggetto della filosofia o, per la precisione, della psicologia o dell’antropologia filosofiche.

 

          La materia è principio di esistenza del corpo, vivente o non vivente che sia. Il cervello appartiene a questo ambito di realtà. La mente, invece, come vedremo, è un’entità incorporea, e quindi immateriale. La diciamo “spirito”. Ed infatti non ha senso parlare della “materia” dello spirito così come parliamo della materia di un corpo, anche se indubbiamente la mente si trova nella materia del nostro corpo, per formare quel tutt’uno che siamo ciascuno d noi.

 

5.L’io e la persona

 

          Altra importante questione che qui non può non emergere, è quella della coscienza e dell’io, termini che usiamo spesso, ma che forse ci creano qualche problema quando ci chiediamo di che si tratta. Ne abbiamo una conoscenza istintiva ma forse non troppo chiara. Cerchiamo di far luce ed anche qui esprimo come vedo le cose, sforzandomi di partire da una concezione corrente.

 

          Che cosa è la coscienza? Coscienza è sinonimo di consapevolezza. Essa comporta una riflessione su di sé. Comporta una certa interiorità, una certa trasparenza a se stessi, una certa spiritualità. La coscienza è come un occhio che vede se stesso. Io sono cosciente di qualcosa di immateriale che è in me: un pensiero, un’intenzione, un ricordo, un atto della volontà, un sentimento, un’emozione, un desiderio e simili. La coscienza può aver per oggetto cose esterne, materiali; ma in quanto esse si trovano nella coscienza, sono smaterializzate, allo stato di pensieri, di idee, di rappresentazioni. L’idea della materia non è materiale ma immateriale.

 

          E l’io? Quando dico “io”? Quando mi accorgo di me stesso, della mia persona, quando penso a me stesso e faccio me stesso oggetto del mio pensiero. Quando sono cosciente di me stesso. Dunque l’io che cosa è? di per sé non è un qualcosa, non è un soggetto, ma – come sappiamo – è un termine grammaticale o dell’analisi logica: è un “pro-nome”, ossia una parola che sta per un nome. E quale nome? Il mio nome: Giovanni Cavalcoli. 

 

          Alcuni vorrebbero identificare l’io con la persona. Non sono la stessa cosa: l’io designa grammaticalmente la persona (la mia persona), ma non è esattamente la persona. Questa esiste in se stessa come soggetto o sostanza reale, nel mondo. L’io, propriamente, è la mia persona-in-quanto-pensata-da-me. Infatti un altro da me che pensa a me o che si rivolge a me, non dice “io”, ma dice “tu”. Dal che comprendiamo bene come l’io e il tu non son persone diverse, ma corrispondono a due diversi punti di vista per vedere la medesima persona, due modi linguistici diversi per esprimere il concetto o l’esperienza che facciamo di una medesima persona.

 

          Tuttavia convengo che quando in generale si dice l’io, per una convenzione linguistica, e non per proprietà di linguaggio, si indica la persona e la persona in quanto autocosciente,  - a volte si dice il “sé” - perché è nell’atto di prender coscienza di sé che la persona dice io, benchè sia evidente che la persona esiste anche prima di prender coscienza di sé, giacchè – contrariamente a quanto pensano gli idealisti – la persona non è il prodotto del proprio sapersi persona, ma esiste prima ancora di cominciare ad esercitare il pensiero e quindi la coscienza.

 

6.Il cervello

 

          Per quanto riguarda invece la definizione di cosa è il cervello, devo confessare di non essere in grado di dirlo con scientifica esattezza, ma mi accontenterò di una concezione corrente e dalla quale del resto la scienza parte, per cui penso che essa sia sufficiente per la mia esposizione. 

 

          Distinguo innanzitutto il coordinare dal presiedere. Per coordinare intendo organizzare sotto una direzione superiore. Viceversa il presiedere ha tutto sotto di sé e nulla al di sopra. In base a ciò affermo che il cervello umano è l’organo che coordina tra di loro gli atti di tutte le potenze vitali del soggetto sotto la presidenza della volontà: la potenza motrice, quella vegetativa, quella nervosa, quella sensitiva e quella razionale. Nell’animale invece il cervello presiede a tutte le attività vitali. 

 

          Nell’uomo la presidenza e la direzione suprema della condotta umana sono affidate all’intelletto ed alla volontà, le quali a loro volta guidano l’agire umano per mezzo del cervello, che continua a presiedere alle funzioni vitali involontarie. Il cervello a sua volta fa da tramite materiale tra gli interventi della volontà e le attività vitali inferiori. Nell’uomo il cervello semplicemente coordina le varie attività vitali sotto la direzione suprema della volontà.     

 

          Il cervello coordina nel senso suddetto tutte le attività vitali, ma presiede per sua propria natura e funzione all attività del sistema nervoso centrale, ricevendo i segnali che giungono dall’esercizio dei sensi, stimolandone l’attività, come pure regolando l’attività della vita vegetativa e fornendo all’intelletto e alla volontà i dinamismi nervosi necessari alla formazione del pensiero e alla direzione o guida volontaria delle passioni-emozioni e delle membra del corpo.   

 

          E’ evidente che il cervello fa parte del corpo umano. Esso ormai ci appare ben distinto dalla mente, ma resta il problema di come concepire esattamente questa distinzione e di quali sono i rapporti tra mente e cervello, cosa che costituirà l’oggetto delle nostre ulteriori riflessioni.       

 

          Mente e cervello certamente stanno assieme per costituire quella specialissima sostanza vivente o corpo vivente, che è l’uomo, benchè ovviamente nell’uomo non ci siano solo questi due componenti.

 

7.L’uomo e il mondo

 

          Dunque siamo giunti a chiederci che cosa è l’uomo. Propongo una definizione di natura umana. Abbiamo quella famosa di Aristotele, che resta sempre valida: animale razionale (zoon loghikòn), dalla quale ne segue un’altra: animale politico ovvero sociale (politikòn zoon), ma non di quella socievolezza che nasce soltanto dall’istinto animale, ma bensì di quella socialità che nasce dall’esercizio della ragione esprimentesi nel linguaggio concettuale.

 

          La questione del rapporto mente-cervello è dunque una questione vitale per l’uomo come singolo e come capace di relazione sociale. Il suo chiarimento o il suo fallimento causano inevitabilmente o l’affermazione o la dissoluzione dell’uomo.

 

          E l’uomo per sua natura vive in un mondo. Agisce su di esso, ma anche riceve da esso. Anche questo rapporto col mondo gli è dunque vitale. L’uomo come singolo e come società non potrebbe vivere senza questo rapporto. Ora però il rapporto mente-cervello comporta di conseguenza un rapporto col mondo, sia come singolo uomo che come essere sociale. 

 

          Dunque  il rapporto vitale dell’uomo col mondo dipende da come comprendiamo il rapporto mente-cervello: se cogliamo nel segno, l’uomo vive; se ci sbagliamo, ci va di mezzo l’esistenza dell’uomo.

 

          Dall’attività razionale dell’uomo potremmo poi ricavare la capacità dell’uomo ad elevarsi alla ricerca e al conseguimento di una causa prima, fine ultimo e un sommo bene dell’uomo e del mondo, già vagheggiati dalle antiche saggezze pagane occidentali ed orientali, valore che le religioni monoteiste – cristiana, ebraica ed islamica - chiamano “Dio”. Ma per non ampliare il discorso già ampio di questa lezione, lasciamo fuori questo tema, benchè di somma importanza per la vita e l’esistenza dell’uomo.

 

Fine Prima Parte (1/3)

 

P. Giovanni Cavalcoli

Parma, 26 ottobre 2010


L’anima dunque è il principio della vita, per il quale i primi sono detti viventi, mentre i secondi sono detti non-viventi.

Parlando dell’anima, non possiamo quindi non parlare del corpo, in quanto corpo animato. Ma in generale che cosa è un corpo? E un qualcosa di esteso che cade sotto i nostri sensi, dotato quindi di qualità sensibili e determinato da una data forma, in base alla quale lo distinguiamo da altri corpi. 

 

Normalmente distinguiamo corpi solidi, liquidi e gassosi. Le dimensioni dei corpi variano immensamente: si va dai corpi celesti ai corpuscoli o particelle elementari della fisica quantistica. Nell’immensamente grande come nell’immensamente piccolo non ci è possibile sperimentare un corpo direttamente, ma lo riconosciamo attraverso le tracce che esso lascia nei nostri strumenti di osservazione.

Ogni corpo reale, empirico, è dotato di proprietà quantitative e sensibili-dinamiche che ne determinano la particolare natura e attività. Le prime consentono una conoscenza fisico-matematica dei corpi; le seconde consentono una conoscenza sperimentale, legata al moto, come per esempio l’anatomia, la biologia o la neurologia per quanto riguarda i corpi viventi animali.


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