Tra Freud ed Origene - O col corpo o senza corpo. Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità - Parte Quarta (4/5)

 Tra Freud ed Origene

O col corpo o senza corpo.

Dobbiamo deciderci sulla questione della sessualità

 Quarta Parte (4/5)

Accostiamoci alla soluzione

La questione circa il valore della sessualità umana può essere risolta solo sulla base di una corretta concezione della natura umana e del destino ultimo dell’uomo. Infatti è logico che, essendo la sessualità una proprietà dell’uomo e della donna, per sapere in che cosa consiste la felicità sessuale, dobbiamo chiarire qual è il fine di questa sessualità e come lo si raggiunge.

Per rispondere a queste domande è necessaria una seria indagine razionale, dato che esse riguardano lo scopo della vita umana, il quale si lascia indagare dalla ragione, perchè l’uomo è un animale razionale, il quale, pertanto, con la sua ragione può conoscere se stesso, che, essendo un ente naturale, può essere oggetto della conoscenza razionale. In tal modo la semplice ragion pratica può sapere con le sue sole forze che cosa è, che valore ha e a qual fine esiste la sessualità umana.

Lo studio della sessualità umana impegna tre livelli del sapere scientifico[1]: partendo dal basso, abbiamo anzitutto la fisiologia sessuale, la quale è una branca della biologia, per quanto riguarda le differenze fisiche, biologiche e neurovegetative tra i due sessi. Questa è la sessuologia fisiologica. Qui la patologia comporta o difetti fisici o disfunzioni organiche neurovegetative ed è curata dal medico fisiatra.

La sessuologia sperimentale ci informa sul fatto che in ogni comunità umana il numero delle femmine supera di poco quello dei maschi. Questo è un dato sperimentale di base che già ci mette sulla strada per capire che in una situazione ideale ad ogni maschio dovrebbe all’incirca corrispondere una femmina e viceversa.

Tuttavia sappiamo come di fatto le unioni coniugali effettive sono limitate e non sempre di buona riuscita. Le coppie consacrate sono rare, perché la visione wojtyliana della coppia consacrata fatica ancora ad essere compresa. Lo stesso avviene nella vita secolare corrente, dove pure non è facile il formarsi di queste coppie. Resta comunque valida la tradizionale pratica dell’amicizia tra gruppi o in gruppi di amici, uomini e donne, sia negli ambienti dei religiosi che in quelle del clero che negli ambienti laicali.

Il maggior numero di maschi rispetto alle femmine risponde certamente ad una legge biologica relativa al fatto che l’attività sessuale del maschio è maggiore rispetto a quella della donna, legata ai periodi di gestazione. Ciò risponde all’antica pratica della poligamia, superata dalla monogamia, maggiormente rispettosa della dignità femminile. Resta comunque vero che sul piano spirituale è più facile che si dia un’unica guida spirituale maschile per più donne, che non viceversa. Quanto ai periodi infecondi della donna, essi sono un segno fisiologico del significato unitivo anche se non procreativo del rapporto sessuale.

Al livello medio abbiamo la sessuologia psicologica, che studia il dinamismo dell’istinto, le sue cause, le sue origini, il suo svolgimento, la sua finalità. Se l’anima vegetativa è all’origine delle funzioni sessuali fisiologiche, l’anima sensitiva o psiche anima l’appetito sessuale, che sorge dalla percezione sessuale, la quale suscitando il piacere, spinge il soggetto all’atto sessuale.

La condotta sessuale umana è in stretta connessone con la volontà, per cui i disturbi psichici sessuali devono essere curati dallo psicoterapeuta, che può essere uno psicanalista, con concorso della buona volontà del paziente. La patologia qui comporta una fenomenologia alla quale la terapia fa fronte col condurre il paziente ad una funzionalità, sensibilità, emotività ed istintività normali.

Al vertice di questi gradi del sapere troviamo la sessuologia morale o etica sessuale, naturale o cristiana (teologia morale), la quale prende in considerazione l’anima spirituale, la quale, facendo uso dell’intelletto, della ragione, della coscienza e della volontà, modera l’appetito sessuale secondo le esigenze dei diversi stati di vita, coniugale, religioso e secolare.

L’etica sessuale è di per sé fondata sulla semplice ragion pratica. Il suo dettato, che dipende dalla considerazione della natura umana in astratto,  è sì necessario, ma non è ancora sufficiente, e per due motivi, che ci sono dati dalla rivelazione cristiana, e cioè, primo, che occorre tener presente che in questa vita mortale, essendo la ragione offuscata e la volontà indebolita a seguito del peccato originale, la verità razionale può essere raggiunta solo col soccorso della fede e della grazia e, secondo, che la rivelazione cristiana c’insegna che lo scopo finale della sessualità umana è quello di esprimere l’amore nella finale resurrezione gloriosa del corpo umano maschile e femminile.

La virtù morale che risulta dalla messa in pratica dell’etica sessuale è la temperanza sessuale o castità nelle sue tre forme, coniugale, religiosa (celibato per i preti) e laicale. La trasgressione delle norme dell’etica sessuale comporta il vizio della lussuria. Cura di questo vizio è compito della guida spirituale o del confessore.

Chiarimenti per la situazione odierna

Oggi ci troviamo di fronte a una dolorosa situazione culturale per la quale da una  parte riscontriamo una visione freudiana della sessualità di stampo ateo e materialista, per la quale l’uomo è ridotto ad essere niente più che un animale privo di libero arbitrio, la cui tensione vitale non è quindi affatto orientata a Dio, ma bensì al semplice soddisfacimento dell’istinto sessuale e dall’altra riscontriamo una concezione della sessualità, che non si è liberata ancora del tutto dalla prospettiva platonica della liberazione dell’anima dal corpo e quindi dal sesso, il quale, pertanto, non è visto come attuazione finale in linea di massima della perfezione umana nell’unione dell’uomo e della donna entrambi fruenti della visione beatifica[2], ma è visto solo come principio della generazione fisica e quindi della riproduzione della specie.

La domanda che però a questo punto potremmo porci è quale potrà essere la condizione di coloro che nella vita presente hanno praticato l’astinenza religiosa o il celibato sacerdotale. Ricordo a questo riguardo che San Tommaso[3] motiva il voto di verginità solo in relazione al presente stato di natura decaduta, per cui, dato che alla risurrezione la natura sarà del tutto risanata, verrà meno la ragion d’essere dei voti religiosi. Tuttavia è chiaro che quando parlo di una prospettiva di unione in linea di massima non intendo sostenere che questa esigenza sarà sentita da tutti, perché tanti potranno sentirsi perfettamente felici orientando i loro interessi in altre direzioni.

Altro quesito che può sorgere è quello relativo al significato altissimo della scelta verginale dei massimi Santi del cristianesimo e in primis allo stesso Nostro Signore Gesù Cristo, alla sua Santissima Madre, a San Giuseppe, a San Giovanni Battista, all’Evangelista e a San Paolo.

Di costoro non si può certo dire che la loro umanità manchi di qualcosa perché non hanno sperimentato l’unione fisica. Si tratta però di persone specialissime, soprattutto Gesù Cristo e la Beata Vergine Maria, le quali erano esenti dalle conseguenze del peccato originale e eccellentemente uniti, al di sopra di qualunque altro membro dell’umanità, a Dio purissimo Spirito, da cui l’assoluta convenienza del loro proprio stato di vita. Anche delle altre colonne del cristianesimo, benché incrinate dal peccato originale, si può fare un discorso simile.

Se in queste persone santissime, modelli supremi di virtù e perfezione morale, l’atto sessuale è assente, ciò non va assolutamente considerato segno di incompiutezza o imperfezione. Al contrario, in queste persone l’atto sessuale è assente non per carenza, ma per superamento, in quanto virtualmente ed eminentemente contenuto nell’esercizio della vita umana soprannaturale dovuta a una specialissima unione con Dio.

Se chi tra di noi figli di Adamo ha praticato l’astinenza quaggiù  per togliere gli ostacoli alla piena libertà dello spirito – cioè religiosi e sacerdoti – è libero di aspirare, libero dagli impacci della concupiscenza, a soddisfare in cielo la naturale espressione sessuale dell’amore spirituale. Quelle persone santissime in cielo conservano l’astinenza perché nel loro caso essa non è segno di imperfezione, ma al contrario è segno di superrealizzazione, così come l’anima separata nella visione beatifica fruisce di una beatitudine che esclude il piacere fisico non per carenza, ma per superamento, così come in una stanza illuminata dal sole il lume di una candela non appare, non perché sia annullato, ma semplicemente perché è superato dalla luce del sole.

Così possiamo dire senza scandalizzare nessuno che il piacere sessuale, che in sé è creato da Dio, è virtualmente contenuto nella infinita gioia che Dio prova di Se stesso, in quanto causa del nostro piacere sessuale, mentre sappiamo come il principio di causalità ci insegna che la causa, per spiegare sufficientemente l’effetto, deve precontenere in se stessa virtualmente ed eminentemente (virtualiter et eminenter) l’effetto: propter quid unumquodque et illud magis.

Osserviamo inoltre che l’anima umana, nell’autentica antropologia cristiana, non è uno spirito che si autotrascende storicizzandosi con l’emergere dalla materia senza sussistere allo stato puro, e senza quindi che appaia la distinzione fra materia e spirito, come vorrebbe l’antropologia rahneriana e teilhardiana.

Non è neppure una res cogitans come voleva Cartesio o uno spirito preesistente al corpo, spirito prigioniero della materia o uno spirito che governa un corpo a lui esterno come il nocchiero una nave, come pensava Platone; non è l’ente aperto all’essere del quale parla Heidegger, ma lo spirito umano è forma sostanziale intrinseca ed immortale di una materia corporea, unendosi alla quale forma un’unica sostanza spiritualcorporea, che è la persona umana, per cui la natura umana non è la sola anima, come soggetto a se stante,  ma l’anima unita al corpo a formare una sola essenza e una sola sostanza con un unico atto d’essere.

Cartesio sembrerebbe a tutta prima trovarsi sulla linea platonica, ma in realtà, a differenza di Platone, che considera il corpo come una sostanza realmente esterna allo spirito e da esso indipendente, per Cartesio il corpo, in quanto res extensa, è un’entità meramente matematica, quindi è un ente di ragione intramentale. Ora è chiaro che la riduzione della materia allo spirito ha come scotto la riduzione dello spirito alla materia.

Se Cartesio fosse stato veramente un platonico, avrebbe dovuto come lui concepire la beatitudine come liberazione dell’anima dal corpo; invece Cartesio accetta il dogma cristiano della resurrezione, ma intendendolo come riduzione del corpo allo spirito e dello spirito al corpo a causa della sua gnoseologia idealista che riduce il corpo all’idea matematica del corpo, con la conseguenza di avvilire il pensiero all’immaginazione e quindi di imprigionarlo proprio in quella materialità, dalla quale la res cogitans sembrerebbe prendere le distanze.

Quindi, per quanto ciò possa apparire paradossale, l’antropologia materialista deriva proprio dallo spiritualismo cartesiano, oltre al fatto che Cartesio è all’origine anche dell’antropologia idealista. In tal modo, dato che Cartesio riduce il pensare al sentire e quindi la volontà alla passione, viene a togliere al voto di castità la sua ragion d’essere, giacchè, se l’istinto sessuale è già spirituale, in nome di che cosa si dovrebbe rinunciare a soddisfarlo?

L’unione uomo-donna non generativa della risurrezione non ha nulla a che vedere, anzi è in radicale opposizione con le unioni di questo mondo, che non procreano perché colpevolmente in vari modi e con vari mezzi si impediscono la procreazione e quindi si oppongono fra di loro come il santo col peccaminoso.

L’unione escatologica sgorga dall’unione spirituale in Dio nella comune visione beatifica e irradia attorno a sé amore e benedizione. Invece l’unione fisica, che trascura questa finalità ed è cercata solo per il piacere è frutto di odiosa ed egoistica ricerca e sfruttamento del partner per il proprio piacere e diffonde attorno a sé i miasmi del peccato e l’aggressione psicologica dello scandalo.

L’unione escatologica potrebbe semmai essere prefigurata in qualche modo, per uno speciale dono dello Spirito Santo, come «primizia» (Rm 8,23) e «caparra dello Spirito» (II Cor 5,5), come pregustazione della resurrezione,  da una coppia di coniugi anziani, che avesse esaurito la sua funzione procreativa, fosse da lungo tempo esercitata nella castità coniugale sessuale, così da essere pienamente padrona dell’istinto, e fosse unita da una profonda affinità, intesa e comunione  spirituale, unità di ideali ed intenti spirituali, così da essere in grado, in una reciproca collaborazione, di produrre copiosi frutti di opere buone per la salvezza delle anime, per il bene della Chiesa e dell’umanità.

Coppie di questo genere, se Dio ce le concede, potrebbero costituire una luce fulgidissima atta a illuminare non solo in base al loro sapere ma anche alla loro stessa esperienza, la prospettiva che si apre oggi per l’etica sessuale, dopo gli insegnamenti di San Giovanni Paolo II[4] sullo stato edenico della coppia originaria dell’uomo e della donna nella resurrezione. Tali insegnamenti sono stati parzialmente precorsi da San Tommaso[5].

Gli sviluppi moderni e le possibilità per l’oggi

La questione sessuale ha aumentato la sua importanza ed accentuato il suo interesse nell’età moderna e soprattutto a partire dal sec. XIX in seguito al progresso delle scienze umane, dell’antropologia, della storia, della sociologia, dell’etnologia, delle religioni, delle civiltà, delle culture, dell’anatomia, della fisiologia umana, della psicologia, della frenologia, della neurologia, della sessuologia.

La scienza e la filosofia hanno compreso meglio l’incidenza del corpo, della vita fisica e quindi della sessualità, e quindi la differenza della sessualità maschile da quella femminile, nella vita psicologica, personale, sociale, economica, politica, morale, culturale, spirituale e religiosa degli uomini, delle razze e dei popoli, ciò naturalmente in parallelo con una migliore conoscenza della vita dello spirito, alla quale sono sensibili le religioni, soprattutto il cristianesimo. 

Abbiamo assistito, certo, nel sec. XIX, ad un exploit del sensismo, dell’empirismo, dell’evoluzionismo, del positivismo, dello scientismo, del materialismo e dell’ateismo; ma la Chiesa cattolica non è certo stata a dormire, con la fioritura della sua cultura, della sua spiritualità, dei suoi filosofi, dei suoi teologi, degli istituti religiosi, dei suoi santi e del magistero pontificio, i quali pure hanno dato un contributo ad una migliore conoscenza ed affermazione della sessualità umana e quindi della mascolinità e femminilità umane nelle loro espressioni della famiglia, della vita religiosa e delle opere sociali ed assistenziali.

Viviamo oggi in una Chiesa che tra molti ostacoli e difficoltà sta operando per l’attuazione delle direttive pastorali del Concilio Vaticano II e per la recezione delle sue dottrine. Tra i problemi affrontati e risolti c’è quello dell’etica sessuale, che ha abbandonato un’impostazione troppo rigida e pessimista nei confronti del sesso, precedente al Concilio, per spostare l’orientamento dall’impostazione vicina a Platone ad una impostazione più vicina ad Aristotele e San Tommaso, la visione del sesso è più rispettosa della sua dignità, senza con ciò abbandonare la considerazione delle deficienze conseguenti al peccato originale e quindi ribadendo l’aspetto ascetico dell’etica sessuale e confermando quindi il valore della castità consacrata.

L’orientamento precedente al Concilio sentiva in modo troppo pesante l’esortazione paolina: «mortificate quelle vostre membra[6] (ta mele), che appartengono alla terra: fornicazione, immondizia, libidine[7], desideri cattivi ed quell’avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5). Dovrebbe comunque esser chiaro che Paolo non suggerisce alcuna mutilazione o repressione psichica, ma la soppressione di quanto può esservi di peccaminoso nell’uso delle nostre forze psicofisiche e psicoemotive. Oggi non si parla più di «mortificazione», termine molto usato prima del Concilio, e si può comprendere il motivo.

Altre espressioni di Paolo sembrano avere una risonanza platonica, che darà spazio ad Origene, come quando esorta a far «morire le opere del corpo» (Rm 8,13), o auspica di essere sciolto dal corpo (cf Fil 1,23) o considera un esilio il vivere nel corpo (II Cor 5, 6.8) o esprime il desiderio di essere liberato dal corpo (Rm 7,24). Certo, esse sono controbilanciate da altre che mostrano stima e rispetto per il corpo. Dopotutto Paolo è grande dottore della risurrezione. Tuttavia le espressioni pessimistiche, che sanno di disprezzo per il sesso lasciavano una traccia nella visione preconciliare.

Lo stesso piacere sessuale era considerato lecito solo se funzionale alla procreazione. Viceversa San Paolo VI nella tanto bistrattata enciclica Humanae Vitae[8] per la prima volta nella storia dell’etica cattolica enuncia il principio, che sarà poi ripreso da San Giovanni Paolo II, secondo il quale l’unione sessuale, sia pur nel matrimonio, possiede anche un valore unitivo, per cui il piacere sessuale, anche a prescindere dalla procreazione, può essere espressione dell’amore.

Certo, forse qualcuno obietterà, ma questo i poeti lo hanno sempre saputo! Sì, ma non nello stesso senso, perché nessun poeta, esclusi forse i poeti del dolce stil novo trecentesco, hanno mai pensato, come invece sottintende Paolo VI, che questa unione sia fondata in Dio ed espressione della comune unione degli sposi con Dio.

Fine Quarta Parte (4/5)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 21 aprile 2023

 

San Paolo VI nella tanto bistrattata enciclica Humanae Vitae per la prima volta nella storia dell’etica cattolica enuncia il principio, che sarà poi ripreso da San Giovanni Paolo II, secondo il quale l’unione sessuale, sia pur nel matrimonio, possiede anche un valore unitivo, per cui il piacere sessuale, anche a prescindere dalla procreazione, può essere espressione dell’amore. 

 

 

Certo, forse qualcuno obietterà, ma questo i poeti lo hanno sempre saputo!

Sì, ma non nello stesso senso, perché nessun poeta, esclusi forse i poeti del dolce stil novo trecentesco, hanno mai pensato, come invece sottintende Paolo VI, che questa unione sia fondata in Dio ed espressione della comune unione degli sposi con Dio.

Immagini da Internet:
- Sposalizio della Vergine, Raffaello
-Anna e Gioacchino, iotto


[1] Cf X. Von Hornstein – A.Faller, Compendio di sessuologia, Marietti, Torino 1964.

[2] Ricordiamoci che la prospettiva di felicità umana che Dio presenta alla coppia umana è quella di essere «una sola carne» (Gen 2,24).

[3] Sum. Theol., II-II, q.152.

[4] IL CORPO UMANO “IN PRINCIPIO”, Sacra Doctrina, 3-4, 1984, pp.302-324; LA RESURREZIONE DEL CORPO, Sacra Doctrina, 1, 1985, pp.81-103.

[5] LA CONDIZIONE DELLA SESSUALITA’ UMANA NELLA RESURREZIONE SECONDO SAN TOMMASO, Sacra Doctrina, 92, 1980,pp.21-146; LA RESURREZIONE DELLA SESSUALITA’ SECONDO S.TOMMASO, in Atti dell’VII Congresso Tomistico Internazionale a cura della Pontificia Accademia di San Tommaso, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1982, pp. 207-219

[6] La Bibbia della CEI traduce: «quella parte di voi stessi».

[7] La CEI traduce “passioni”. Ma la passione, psicologicamente, non è cosa cattiva, tutt’altro; è moto e funzione propria dell’appetito sensitivo e quindi proprietà naturale degli istinti animali. In questo senso la passione o istinto sessuale è in sé sempre buono, salvo che si tratti di disfunzioni fisiologiche come l’impotenza o la frigidità o perversioni come quella dell’omosessualità o della pedofilia. Ora qui Paolo sta parlando di vizi, per cui San Girolamo traduce bene epithymìa con libido, che è appunto brama, desiderio sfrenato, dissolutezza. E quindi è l’italiano libidine.

[8] È da notare peraltro che Paolo VI ha un ricco insegnamento sulla donna, che prepara quello di Giovanni Paolo II. Vedi la raccolta curata da Giovanni Andreatta, SJ La donna nel magistero di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana 1980. Il Papa si ferma a descrivere i caratteri psicologici e spirituali differenziali dell’uomo e della donna, secondo i dai sicuri della moderna psicologia dei sessi.

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