Il software del computer e del cervello umano

Il software del computer e del cervello umano

Ho il piacere di pubblicare questa conversazione con Giovanni Castelli, che ha inviato in Facebook un commento al mio articolo sull’IA. 

 

Giovanni Castelli - febbraio 2023

 

Dal punto di vista tecnico-scientifico il termine intelligenza artificiale, per ora, non ha alcun senso (si veda il test di Turing).

Gli attuali computer sono quasi completamente deterministici, non perché non si possa realizzare macchine non deterministiche, ma perché, per gli usi che ne facciamo, debbono garantire un perfetto comportamento.

 

Caro Giovanni Castelli, rispondo al suo interessante intervento seguendo i punti che lei svolge.

Le faccio presente che le leggi fisiche sono per loro natura deterministiche. Questa caratteristica è quella che ci consente di utilizzare le forze della natura. Infatti la natura, seguendo queste leggi, agisce sempre allo stesso modo, in modo tale che noi, utilizzando queste leggi, siamo in grado di ottenere dalla natura ciò che desideriamo, perché siamo in grado di prevedere che cosa succederà, almeno date certe condizioni. Questo fatto è ciò che indusse Galileo a dire che noi possiamo comandare alla natura, a patto che le obbediamo.

Se invece le sue leggi non fossero certe e fossero mutabili, rimarremmo disorientati, la scienza fisica sarebbe impossibile e di conseguenza sarebbe impossibile il dominio tecnologico della natura.

Come ho già spiegato in precedenza, l’indeterminatezza dei fenomeni fisici non è un dato oggettivo del fenomeno, ma corrisponde alla nostra incapacità conoscitiva di determinare con precisione e certezza quanto accade.

 

Il materialismo ottocentesco deve comunque adeguarsi perché i computer trattano l'informazione, così come avviene nelle cellule del mondo vivente e nel nostro cervello, e l'informazione non è materia anche se ha un substrato materiale, come tutto nel mondo.

È vero che oggi conosciamo molto meglio i processi neurologici cerebrali di quanto fossero conosciuti nell’‘800. Quello che oggi sappiamo e che allora non era noto è che le attività cerebrali, regolate da processi elettromagnetici, fanno riferimento a tracce fisiche presenti nei neuroni, tracce che costituiscono il corrispettivo materiale di funzioni intenzionali, per cui con l’uso della volontà noi possiamo ricavare di nuovo da queste tracce neuronali l’intenzione della quale esse sono la traccia.

Queste tracce costituiscono il patrimonio neurologico della memoria. Il ricordare è un atto intenzionale, dipendente dalla volontà. Tuttavia, affinché l’intenzione della volontà sia soddisfatta, bisogna che essa, nel sistema neuronale, rintracci il segno neuronale richiesto, in modo tale da ricavare di nuovo da esso l’intenzione che esso significa.

Queste tracce però hanno una durata limitata. Dopo un certo tempo si esauriscono, per cui, se la volontà va a cercarle, non le trova più oppure possono essere nascoste e riemergere. In questo caso la volontà, dopo il primo fallimento, riesce a ricordare quello che voleva.

Qualcosa di simile avviene nel computer, quando esso si mette alla ricerca di un dato circa il quale lo interroghiamo. Dietro a un nostro comando scatta un meccanismo selettivo automatico, il quale, a somiglianza dello sforzo del ricordare, che richiede un certo tempo, anch’esso impiega un certo tempo, fino a che raggiunge il dato richiesto.

In questo fenomeno cerebrale noi abbiamo un esempio di come in noi avviene il contatto dello spirito col corpo. Noi, con la nostra volontà, imprimiamo nel cervello un insieme di modificazioni neuronali, le quali conservano le tracce di ciò che vogliamo ricordare.

Queste tracce sono i segni di dati intenzionali, i quali, per loro essenza sono immateriali; solo che il nostro intelletto, mediante la volontà, rivisitando questi dati neuronali, ritrova in essi la traccia fisica che corrisponde al concetto memorizzato. In questo modo l’intelletto può ricordare il concetto ossia può ricostruire quel concetto, la cui traccia neuronale è stata conservata dal cervello.

Bisogna tenere presente che l’intenzionalità è una attività propria del vivente sensitivo o intellettuale e non della macchina. Infatti l’intenzionalità suppone un potere superiore a quello della materia, ossia la capacità di astrarre un contenuto immateriale (immagine o concetto) dal dato sensibile, cioè il neurone. Si tratta di una azione immanente al soggetto, un’azione che la macchina non conosce e neppure è esercitata dalla attività fisiologica del cervello.

La macchina quindi, compreso il computer, dà informazioni non come fa il cervello, che contiene delle intenzioni che vengono astratte e conosciute dall’intelletto, ma nel senso che contiene delle parti materiali che costituiscono la registrazione di segni rappresentativi dei concetti, in modo tale che, quando l’uomo interroga il computer, il computer gli risponde non esprimendo delle intenzioni, conoscibili solo dall’intelletto, ma mettendo in evidenza mediante segnali visibili o acustici, i segnali fisici che ci servono per capire che cosa il computer intende dirci e ricordarci.

 

 

Se per i filosofi platonici esistono le idee nel loro mondo iperuranico (cosa di per sé impossibile da dimostrare), per gli ingegneri dei computer esistono le idee nel software (appunto soft per evidenziare la sua non materialità).

La teoria platonica delle idee ha un fondamento nella nostra stessa esperienza interiore, che ci fa capire che esistono modelli universali, immutabili ed assoluti, non sensibili, dei valori morali, valori percepibili soltanto dall’intelletto, come per esempio l’idea della virtù, della giustizia, della bontà, della bellezza.

La visione di questi valori ci consente di dare una valutazione dei diversi modi concreti con cui questi valori sono realizzati nella nostra vita quotidiana. Come facciamo a giudicare se un uomo è onesto? In base all’ideale di onestà che abbiamo intuito con la nostra mente, considerando quello che è il fine e il bene della natura umana.

Vorrei osservare che indubbiamente l’hardware è un sistema di elementi, la cui materialità cade sotto i nostri sensi. Esso è direttamente responsabile delle prestazioni visive ed auditive del computer, nonché delle informazioni scritte.

Per quanto invece riguarda il software non si può dire che sia un sistema immateriale. In realtà si tratta sempre di energia fisica di carattere elettromagnetico ondulatorio, la quale, per opera della tecnica umana, viene trasformata in quella forma di materialità che cade sotto i nostri sensi nel computer.

A tal riguardo potremmo utilizzare le famose categorie aristoteliche di materia e forma, inquantoché la tecnica dell’uomo oggi trasforma l’energia elettromagnetica, che è una materia sotto la forma elettromagnetica, in energia sonora e luminosa, che è capace di raggiungere i nostri sensi (udito e vista) in modo tale che questa energia, che utilizza un sistema simbolico di segni, riesce a comunicarci dei messaggi sonori intellegibili e delle immagini dotate di senso.

Dunque, la stessa materia che prima era sotto la forma elettromagnetica, nel computer assume la forma del sonoro e del visivo. Questa materia, di cui parlo, non è la materia che costituisce l’hardware. Questo tipo di materia Aristotele l’avrebbe chiamata “materia formata”. Invece quella materia di cui ho parlato io, che è soggetto prima della forma elettromagnetica e poi della forma visivo-auditiva, Aristotele la chiama “materia prima”.

Quelle che lei chiama “le idee nel computer” chiaramente non sono le idee nel senso platonico. Tuttavia è interessante che lei usi il termine “idea”. Infatti i segni simbolici del linguaggio del computer, registrati nei programmi software, sono segni fisici convenzionali stabiliti dal costruttore e programmatore, a ciascuno dei quali corrisponde un termine del linguaggio e, come è noto, i termini del linguaggio sono segni delle idee o dei concetti.

In questo senso possiamo effettivamente dire che nel computer si trovano delle “idee”.

 

Perciò si può credere o non credere alla esistenza dell'anima, sia in senso aristotelico sia in modo idealistico, se per anima si intende il software del nostro cervello.

Che cos’è il software del nostro cervello? Effettivamente è un sistema energetico deterministico, che assomiglia al meccanismo di un computer. Infatti, come è noto, anche il cervello utilizza le onde elettromagnetiche per realizzare, sotto il comando della volontà, le attività del cervello finalizzate alla formulazione del pensiero e delle intenzioni della volontà. La differenza tra il software del cervello e quello del computer è data dal fatto che, mentre il computer entra in azione meccanica solo dietro il comando della volontà umana, eseguendo ciò che l’uomo desidera da lui, il software del cervello umano funziona deterministicamente secondo le leggi fisiologiche del cervello.

Tuttavia la volontà ha la possibilità di utilizzare questi determinismi per ricavare da essi l’attività del pensiero, attività che non appartiene al cervello, ma dipende dall’intelletto e dalla stessa volontà, in modo tale che i comandi cerebrali sono comandati dalla volontà.

I neurologi hanno sperimentalmente constatato che i centri cerebrali agiscono dietro una mozione non sperimentalmente verificabile. Il che è il segno che essi sono comandati da una forza superiore alla materia, che il filosofo individua nella libera attività del volere, mosso dall’intelletto, due facoltà che hanno la sua sede nell’anima spirituale.

C’è da aggiungere che la filosofia è giunta a dimostrare l’esistenza e il potere dell’anima spirituale appunto per dare sufficiente spiegazione alle manifestazioni fisiche del cervello, che si traducono nel fenomeno del linguaggio e dell’agire intelligente, due attività sensibili, le quali, essendo segni di contenuti intelligibili (concetti ed azioni morali), non possono essere causate dal cervello, ma da un potere immateriale superiore, che è appunto il potere dell’anima.

Il cervello non è la causa del pensiero, ma è la condizione che lo rende possibile, così come la lettura di un libro non è l’effetto della luce che consente di vederlo, ma è effetto della vista del lettore.

Una macchina non può essere intelligente, e tuttavia essa, grazie al suo sistema informatico a funzionamento meccanico, alimentata dall’energia elettrica, svolge un lavoro di informazione capace di istruire l’intelletto della persona umana.

 

Quanto alla possibilità che un software sia in qualche modo paragonabile ad una persona pensante bisognerà attendere gli sviluppi dell'informatica. Nell'evoluzione del nostro mondo vivente sappiamo che dai primi organismi dotati di cervello all'Homo sapiens sapiens sono passate diverse centinaia di milioni di anni, ora è vero che lo sviluppo tecnologico corre sempre più veloce, ma il salto da fare è veramente notevole, e per quel che se ne sa non è impossibile.

La distinzione tra l’attività del pensiero e l’attività della macchina è tale per cui una macchina, per quanto evoluta nell’imitazione della evoluzione del pensiero, resta sempre nelle sue prestazioni al di sotto della potenza del pensiero. E questo per il fatto che, mentre nell’attività del pensiero agisce lo spirito, la macchina è mossa soltanto dalle forze della materia.

D’altra parte le forze della materia sono infinitamente inferiori a quelle dello spirito e quindi non possono causare nulla nel mondo dello spirito.

Faccio un esempio. Un uomo legge un libro alla luce di una lampada. L’effetto di questa lettura è l’apprendimento dei concetti espressi in questo libro da parte dell’intelletto del lettore. Chiediamoci da che cosa è causata la lettura del libro. Evidentemente è causata dalla attività astrattiva dell’intelletto del lettore. La presenza della luce è un fatto fisico, che sta al di sotto dell’atto astrattivo operato dall’intelletto. Infatti, l’operazione astrattiva consente il concepimento di un universale, che è immateriale e quindi spirituale, universale al di sotto del quale stanno infiniti particolari materiali.

Per questo motivo non è assolutamente pensabile che in futuro possa essere costruita una macchina pensante.

 

Ovviamente per chi crede che in ogni persona ci sia un'anima creata direttamente da Dio ciò pone non poche difficoltà soprattutto teologiche, ma vorrei evidenziare che nel mondo palestinese di Gesù, l'anima era un concetto molto vago e addirittura inaccettabile per i Sadducei, comunque inviterei i teologi a pensarci un po' su perché se veramente succedesse che un software si comportasse come una persona con l'anima spirituale, molta parte delle attuali concezioni teologiche sarebbero da rivedere profondamente.

La dottrina dell’immortalità dell’anima si può ricavare dalla Sacra Scrittura già dall’Antico Testamento. Io ho insegnato antropologia teologica presso la Facoltà Teologica di Bologna e le mie dispense sono tuttora a disposizione del pubblico:

-       http://www.arpato.org/testi/studi/Cavalcoli_Antropologia_teologica_2010.pdf

-       http://www.arpato.org/testi/studi/Cavalcoli_Antropologia_filosofica_2009.pdf

In queste dispense è possibile trovare tutti i riferimenti biblici.

La dottrina biblica circa l’immortalità dell’anima corrisponde alla dottrina filosofica stabilita da Platone e Aristotele.

Per quanto riguarda il Magistero della Chiesa esistono tre dogmi circa la spiritualità e l’immortalità dell’anima. C’è il dogma del Concilio Lateranense IV del 1215 (Denz. 800), quello del Concilio Viennense del 1312 (Denz. 902) e quello del Concilio Lateranense V del 1513 (Denz. 1440).

Tutto ciò significa che queste verità, assolutamente certe sia in base alla ragione che in base alla fede, non potranno mai venire smentite da qualunque progresso possa essere compiuto dalla scienza in campo tecnologico, con particolare riferimento alla produzione di macchine o sistemi meccanici.

Per quanto riguarda i Sadducei, erano chiaramente dei materialisti, i quali, come tali, non possono assolutamente essere considerati come fonti della Rivelazione biblica. Viceversa, come ho detto, esistono nella Scrittura fonti autorevoli, tra i quali gli stessi Farisei, che corrispondono come ho detto alla verità filosofica, e che sono fonti dalle quali la Chiesa ha tratto i dogmi concernenti la natura dell’anima umana.

Un’ipotesi che potremmo fare è che in futuro, come prevede la Sacra Scrittura (Mc 13,22 e Ap 13,13), dato che le potenze sataniche sono in grado di conoscere le leggi della natura molto meglio dell’uomo, possono istruire l’uomo su queste leggi in modo tale che l’uomo, applicando queste leggi, può costruire dei congegni meccanici capaci di fornire prestazioni stupefacenti, che possono assomigliare a manifestazioni dello spirito.

Dobbiamo altresì ricordare che questa maniera di procedere dell’uomo costituisce ciò che l’etica biblica chiama operazione magica, che può esprimersi anche per mezzo di strumentazioni meccaniche; e peraltro, essendo un’operazione ispirata dal demonio, il prodotto non è soltanto sorprendente, ma è anche finalizzato a danno dell’uomo e del mondo.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 12 Febbraio 2023

 La distinzione tra l’attività del pensiero e l’attività della macchina è tale per cui una macchina, per quanto evoluta nell’imitazione della evoluzione del pensiero, resta sempre nelle sue prestazioni al di sotto della potenza del pensiero. E questo per il fatto che, mentre nell’attività del pensiero agisce lo spirito, la macchina è mossa soltanto dalle forze della materia.


D’altra parte le forze della materia sono infinitamente inferiori a quelle dello spirito e quindi non possono causare nulla nel mondo dello spirito.

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