Qual è il
compito del Cardinale?
Che dire del
comportamento dei Cardinali nella Chiesa di oggi?
Oggi le
questioni riguardanti la situazione e i problemi della Chiesa sono
dibattutissime. Ognuno, soprattutto nel laicato, si sente in grado o
autorizzato, spesso senza competenza teologica, di esprimere il proprio parere positivo
o negativo su preti, religiosi, teologi, moralisti, Vescovi, Cardinali e Papa, spesso
in modo avventato, disinformato, arrogante, categorico ed inappellabile, con
estrema sicurezza, facendosi portavoce, come fossero Parola di Dio, o di improbabili
messaggi di veggenti o della Madonna, diagnosticando con accenti apocalittici l’apostasia
finale o il sorgere di una «neochiesa», scismatica ed eretica, effetto di
quella sventura antitradizionalista, che è stato il Concilio Vaticano II, oppure,
all’opposto, echeggiando senza discernimento critico correnti secolariste o
moderniste o di sinistra, magnificando in modo sperticato l’era del dialogo, della
libertà, della «diversità», della pace e del riscatto dei poveri, nonchè
l’evento di una supposta «svolta epocale», «nuovo paradigma» o trasformazione
del mondo.
Particolarmente
vivace è il dibattito attorno al pontificato di Papa Francesco, sentito dagli
uni come il plasmatore di un nuovo mondo e profeta di un nuovo paradigma, dagli
altri come l’anticristo e l’eretico, falso Papa distruttore della Chiesa «di
sempre», strumento della massoneria e del comunismo.
In questa
situazione agitata e tumultuosa, segnata dallo scontro di opposti estremismi,
nella quale emergono le voci più discordanti e contrastanti, non passa giorno
che non scoppi qualche bomba, i cui esiti vengono poi dimenticati il giorno
dopo, una domanda che penso possa venirci in mente è la seguente: i Cardinali
come affrontano questa situazione? Poco sappiamo di loro, all’infuori di pochi
spesso sulla ribalta, esponenti di posizioni ora illuminanti ed incoraggianti,
ora purtroppo problematiche, per non dire scandalose e sconfortanti.
Dall’assemblea
di 120 Cardinali, per lo più silenziosa e che sembra o impaurita o assente, salvo interventi di circostanza o
portavoce degli atti del Papa, come quelli del Segretario di Stato o del
Card.Bassetti, emergono solo alcune poche voci nette, energiche, decise e tonanti
in contrasto fra di loro, evidenti espressioni di due partiti avversi; e si comprende
facilmente da che parte sta il Papa. Ormai tutti conosciamo questi Cardinali: da
una parte il Cardd.Müller e Burke. Con questi possiamo mettere gli ormai famosi
quattro inascoltati Cardinali dei «dubia». Dall’altra parte gli ormai famosi Kasper,
Marx, Madariaga e Ravasi.
Ma la
stragrande maggioranza non appare al pubblico, sembra vivere nell’ombra, sembra
non partecipare ai preoccupanti eventi che stiamo vivendo, non sembra che
abbiano una parola per le moltitudini di fedeli che vedono spesso la loro fede
messa alla prova, che si dibattono nel dubbio, che sono tentati alla disperazione,
che sono turbati dagli scandali, alle prese con i nemici della Chiesa, che
hanno voglia di abbandonare la Chiesa o di cambiare religione o addirittura
sull’orlo dell’incredulità o che sono sedotti dal mondo.
Anche
attorno al Papa, salvo i rappresentanti ufficiali e salvo gesti di ossequio
formale, i Cardinali, salvo pochissime eccezioni, non appaiono pubblicamente per
illustrare, appoggiare e difendere il suo pontificato. E semmai qualcuno di
essi sembra avere forti riserve. Come si spiega questa riservatezza? La cosa
non mi pare normale. Devo dire francamente che ho l’impressione che nel Collegio
cardinalizio vi sia del disagio, vi siano delle divisioni, vi siano dei timori,
che bloccano la lingua nell’idea che ciò possa servire alla pace e ad evitare
guai maggiori.
Ma chi è e
come è nato il Cardinale?
Tutti sanno
che il Collegio cardinalizio non appartiene all’epoca apostolica, ma si è
gradualmente formato e precisato nel corso dei secoli con una lenta evoluzione.
Certamente Gesù stesso pensò di contornare Pietro del collegio degli Apostoli.
Siccome la Chiesa ha un aspetto umano di comunità o ente associativo, non
occorre molto buon senso a rendersi conto che una comunità ha un capo
possibilmente eletto dalla comunità, bisognoso
dei membri capaci della comunità per farsi aiutare nel suo ufficio e
perchè, alla sua morte o comunque allo scadere dell’ufficio, la comunità scelga
un successore, se non è lui a designarlo.
Qualcosa del
genere è avvenuto sin dagli inizi per la Chiesa, con due precisazioni: la prima,
che l’autorità del capo non viene dalla comunità, ma da Cristo; e la seconda,
che non è il Papa che sceglie il suo successore, ma è scelto dai suoi più
stretti collaboratori dopo la sua morte, che a partire dal sec.XI, saranno i
Cardinali.
All’epoca di
Pietro i suoi stretti collaboratori non superarono il numero degli Apostoli. Ma
col diffondersi già nei primi secoli in Europa dell’episcopato, e considerando
i mezzi di comunicazione e di spostamento di allora, era impensabile ed
inopportuno che i Pontefici radunassero a Roma i vescovi per trattare degli
affari della Chiesa. Esisteva bensì già dal primo secolo a Gerusalemme, come ci
dà notizia lo stesso Nuovo Testamento, l’istituto del Concilio, esso pure di
diritto ecclesiastico e non divino.
I primi Successori
di Pietro furono eletti dal clero romano e mano a mano che venivano formandosi
le diocesi suburbicarie, anche i loro vescovi partecipavano all’elezione del
nuovo Papa e questi poteva essere scelto tra di loro. A partire dal sec.VIII
questi vescovi cominciano ad essere chiamati «Cardinali»; ma il loro compito si
limitava ai servizi liturgici ed alle opere assistenziali.
Chiaramente,
l’istituto del cardinalato non è di diritto divino. Si tratta di un ritrovato
umano, di un istituto ecclesiastico ideato dai Papi, non essenziale alla
costituzione divina della Chiesa; e tuttavia molto utile e saggio e in piena
armonia e conformità con essa, anche se in linea di principio un giorno
potrebbe essere abolito senza con ciò intaccare l’essenziale integrità della
Chiesa così come l’ha voluta Cristo.
Il vero
proprio istituto del Cardinalato come elettore del Papa e suo aiuto nel governo
della Chiesa è stato formalizzato solo nel sec.XI nell’ambito della riforma
della Chiesa promossa da Papa S.Leone IX, proseguìta poi da Gregorio VII. Essa
pose fine ad un lungo periodo, iniziato dalla metà del sec.IX, durante il quale
venne abbandonato l’antico uso che il Papa fosse eletto dal clero romano e dai
vescovi suburbicari, e si intromisero nell’elezione del Papa delle potenti
famiglie romane in lotta fra di loro, come i Crescenzi e i Conti di Tuscolo,
con la conseguenza di provocare una
grave decadenza del papato del sec.X.
La provvida riforma
dell’elezione papale attuata da S.Leone IX, che la permetteva ai soli
Cardinali, potè entrare in funzione con l’elezione di Nicolò II nel 1059,
mentre il Collegio cardinalizio ebbe lo scopo, tuttora rimasto, di consentire
al Papa di disporre di un nutrito gruppo di collaboratori e consiglieri ufficiali
fedeli, fidati, stabili e qualificati – oggi 120 -, a lui legati da uno
speciale vincolo di obbedienza, scelti da tutta la Chiesa, per trattare dei più
importanti affari della Chiesa, i quali collaboratori, poi, alla morte del Papa
erano incaricati di eleggere il successore.
E così
nacque anche l’istituto del conclave, organo del Collegio cardinalizio, avente
lo scopo di preparare possibilmente con celerità l’elezione del nuovo Papa,
evitando per quanto possibile, le lungaggini che andavano verificandosi,
provocate dalla lotta o competizione fra fazioni o correnti cardinalizie
avverse, segno di una malsana ricerca del potere.
La Curia
Romana opera sotto la presidenza di un collegio di Cardinali
Lo sviluppo
del Collegio cardinalizio è avvenuto parallelamente allo sviluppo della Curia
Romana. Tanto il primo che la seconda si sono formati partendo da un ristretto
gruppo di collaboratori inizialmente chierici, poi vescovi e laici nei primi
secoli, ed ampliandosi e differenziandosi gradatamente, con l’aumento degli
uffici, delle mansioni e dei servizi nel corso dei secoli fino ad oggi. La
struttura attuale della Curia in Congregazioni risale alla Costituzione Immensa aeterni Dei di Sisto V del 1588.
Il Collegio
cardinalizio è il senato dei saggi, l’assemblea dei pastori più ragguardevoli
ed eminenti[1],
dei più zelanti successori degli Apostoli, che condividono col Papa il governo
della Chiesa, portando con lui il peso della sua responsabilità, soffrendo con
lui nelle prove e nelle persecuzioni e godendo insieme con lui per i trionfi
della Chiesa, per la sua espansione nel mondo e per la vittoria sui suoi
nemici.
Alcuni
Cardinali sono a capo di diocesi importanti o per dimensioni o per valore
storico; altri Cardinali lavorano alla Curia Romana. Alcune diocesi sono tradizionalmente
sedi cardinalizie. Tuttavia Papa Francesco ha rotto alcune di queste tradizioni,
come Bologna, Milano e Venezia, elevando a sedi cardinalizie città che non lo erano
mai state, come per esempio Agrigento.
La Curia, invece,
è soggetta all’autorità dei Cardinali di Curia; essa è l’insieme degli organismi
e degli uffici deputati a render possibile e funzionale, nelle mani del Papa,
il governo della Chiesa. È il complesso
di organi e autorità che costituiscono l'apparato amministrativo della Santa
Sede, che coordina e fornisce l'organizzazione necessaria per il corretto
funzionamento della Chiesa cattolica e il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Viene generalmente considerata "il governo della Chiesa". Per quanto
riguarda i Cardinali vescovi diocesani, essi dipendono dalla Curia solo in
quanto essa rappresenta il magistero e il volere del Papa.
Il Collegio
cardinalizio di Curia è la parte direttiva della Curia Romana, che è il ristretto
personale scelto, fedele, fidato e specializzato a servizio del Papa per aiutarlo
nello svolgimento del suo ufficio magisteriale e pastorale e nella redazione dei suoi atti personali quotidiani o
intervallati a diverso raggio d’azione e a vari livelli di autorità, dalle encicliche alla corrispondenza
ordinaria e per i suoi regolari rapporti con i vescovi, con le rappresentanze
pontificie nel mondo e con gli Stati, si
avvale di una speciale segreteria, detta Segreteria di Stato.
La Segreteria
di Stato non ha nessun compito magisteriale, dirigenziale o pastorale, ma
semplicemente sotto la presidenza del Cardinale Segretario di Stato, è quello
di redigere diligentemente gli atti del Papa,
trasmetterli ai destinatari e a sbrigare a nome del Papa la sua
corrispondenza. E se il Segretario di Stato ha le qualità sufficienti, può
svolgere a nome e in collaborazione col Papa alti incarichi diplomatici, tali
da aumentare il prestigio della Chiesa nel mondo e la sua autorevolezza presso
la Comunità internazionale. Tale è stata l’opera del Card.Agostino Casaroli,
Segretario di Stato di S.Giovanni Paolo II, in collaborazione col quale ha
ottenuto lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la sostituzione dei regimi
comunisti degli Stati membri con regimi democratici.
Sin dagli
inizi i Papi hanno affrontato le grandi questioni dottrinali e pastorali che
interessano tutta la Chiesa anche nei sinodi e nei concili o locali o
ecumenici. Qui il Papa può ascoltare il parere dell’episcopato, per cui si
verifica la possibilità del governo collegiale della Chiesa, popolo di Dio e
pastori, cosa che evidentemente non è possibile con la Curia e col Collegio
cardinalizio.
Il Papa
dispone dunque oggi di uno strumentario di governo specializzato estremamente
complesso, del quale neppur lui ha modo o possibilità o intenzione di conoscere
tutti gli ingranaggi e i meandri, accontentandosi di pochi uomini fidati e
sperimentati di sua scelta, in conformità al suo programma di pontificato, che
può escludere in partenza il ricorso a certi aiuti, che esulano dai precisi
propositi concepiti dal Pontefice o da particolari obbiettivi, che si è
proposto. A parte che le circostanze storiche possono obbligarlo a concentrare
l’attenzione solo su certe risorse piuttosto che su altre.
Davanti a
tanta copia di risorse, ammesso che possa o sappia farne uso, il rischio del
Pontefice è quello di disperdersi in scelte inutili o di lasciarsi influenzare
da forti o astute personalità che gli stanno attorno o di mancare di quella
fermezza, che lo rendono capace di rinunziare a iniziative allettanti, ma tutto
sommato pericolose o quanto meno rischiose.
Inoltre, la
possibilità di disporre di tante fonti d’informazione e tanti mezzi di
comunicazione non impedisce che un Papa non sappia avvalersene, si fidi di chi
non lo merita, ignori cose che dovrebbe sapere, operi delle scelte sbagliate,
confonda le competenze, lasci inutilizzati ottimi strumenti, voglia far da solo
laddove farebbe bene a chiedere aiuto, deleghi ad altri quello che potrebbe
fare lui, non ascolti chi potrebbe aiutarlo, manovri strumenti inadeguati.
Avventure e
disavventure nella storia
Il Cardinalato
è un servizio sacerdotale di primo piano alla Chiesa e al Papa, ma con ciò
stesso è un ufficio molto delicato, che richiede un’apposita preparazione
teologica e culturale, entratura sociale, capacità di relazioni umane,
attitudini amministrative, sensibilità politica e per i più gravi bisogni
dell’uomo e del proprio tempo, specie dei poveri, grande equilibrio dottrinale,
morale e psicologico, nonché grande saggezza pastorale e diplomatica. Per questo
esiste a Roma un apposita scuola di formazione sacerdotale ed ecclesiastica, il
Collegio Capranica, che si propone di formare il personale ecclesiastico più
adatto a collaborare col Papa nel governo della Chiesa.
Dove sono le
maggiori chances – non dico di
santità: per questo è meglio non essere Cardinali -, ma di prestigio ecclesiale
– ci vuole anche quello -, lì si nascondono le maggiori tentazioni. Il che
ovviamente non significa che non esistano tanti Cardinali Santi, anche tra i
Dottori della Chiesa.
Ad ogni
modo, un Cardinale può andar soggetto ad una duplice tentazione: o quella di prendersi
troppo potere o troppa autonomia nei confronti del Papa, sottovalutando la sua
autorità e le sue virtù, ed approfittando di sue debolezze, ambizioni o ingenuità;
o quella della timidezza, dell’eccessiva sottomissione, dell’adulazione e della
piaggeria.
Per
converso, anche il Papa può andar soggetto a una duplice tentazione: o quella
dell’abuso di potere assoggettando troppo a sé il Collegio, senza accettare
osservazioni o critiche che da esso possano provenire ed imponendo la sua
visione politica; oppure la timidezza e mancanza di coraggio nei confronti del
Collegio, temere o tralasciare di correggere o di richiamare, lasciarsi trascinare
o condizionare dalla fazione prevalente, esser cedevole o troppo indulgente o
tollerante nei confronti di deviazioni dottrinali o morali presenti nel
Collegio.
Le vicende storiche
del rapporto del Papa col Collegio cardinalizio stanno a testimoniare dell’alternarsi
di questi rischi e pericoli sia per i Cardinali che per i Papi. Così, per esempio
proprio nel sec.XI avvenne il doloroso scisma d’Oriente, prima grave
testimonianza di una reciproca incomprensione fra il Cardinalato latino e il
Patriarcato orientale, e quindi di quanto sia cosa difficile e delicata per il
Pontefice mantenere e promuovere la funzione e la dignità del Collegio
Cardinalizio e il suo influsso positivo su tutta la Chiesa, influsso che
purtroppo allora era limitato alla Chiesa latina, e questo fatto certamente non
contribuì all’intesa con Costantinopoli.
Nel sec.XIV
abbiamo invece una incresciosa divisione fra Papato e Cardinalato con lo scisma
d’Occidente. Il Collegio cardinalizio, sotto l’influsso del nazionalismo
francese, si erge contro il Papa e gli contrappone un antipapa. Grave
tradimento dell’ufficio cardinalizio. Il termine «Cardinale», di per sè,
sarebbe assai significativo. Viene dal latino cardo, cardine, che è il perno sul quale gira la porta, quel ferro
saldamente inserito nel muro, sul quale gira la porta nell’aprirsi e nel
chiudersi. Esso evoca quindi l’immagine della porta e questa a sua volta
rimanda dal portinaio. Ecco allora il simbolo di Pietro, che dispone delle
chiavi per aprire e chiudere la porta del regno dei cieli. Senza il cardine, la
porta non funziona.
Questa
immagine del cardine è estremamente efficace nel simboleggiare e manifestare la
dignità e l’utilità, per non dire l’indispensabilità del cardinale, benché il
suo ufficio non sia di diritto divino, ma di istituzione ecclesiastica.
S.Caterina da Siena elabora una vera e propria spiritualità, per non dire una
mistica, dell’ufficio cardinalizio, che ella non esita a considerare un dono
dello Spirito Santo, un servizio d’amore per il Papa, per la Chiesa e per le
anime, che dev’essere disponibile ad arrivare, se necessario, fino al martirio.
«Quel rosso della vostra veste – ella avverte – rappresenta il rosso del vostro
sangue, che dovete esser pronti a versare per amore di Cristo e della Chiesa».
Queste
parole infuocate di Caterina giungono provvidenziali in quel periodo drammatico
di storia della Chiesa, che fu lo scisma d’Occidente, provocato dalla
ribellione di un gruppo di Cardinali a Papa Urbano VI. E per quanto Caterina è
rispettosa del carisma cardinalizio, altrettanto usa parole terribili contro i
Cardinali ribelli chiamandoli «demòni incarnati».
I Cardinali
nel sec.XV riscattarono il loro tradimento perpetrato contro Urbano VI nel 1378,
svolgendo al Concilio di Costanza del 1415 una funzione provvidenziale, che
estinse quello scisma che essi stessi avevano provocato nel 1378.
Al fine di
riportare la Chiesa sotto l’obbedienza di un solo pastore, il Card.Pietro
d’Ailly promosse al Concilio di Costanza del 1415 la pubblicazione di un decreto,
che dichiarava il Concilio superiore al Papa non in campo dottrinale, perché
non di ciò si trattava, ma in campo pastorale e disciplinare in casi di estrema
gravità per preservare l’unità della Chiesa. E di ciò appunto si trattava. E
l’iniziativa del Card.d’Ailly ebbe successo, fu approvata dai Padri e fu
veramente provvidenziale, perché sbloccò la situazione, sicchè la Chiesa tornò
ad avere «un solo pastore con un solo gregge» (cf Gv 10,16) con Papa Martino V.
Il d’Ailly ottenne
così il consenso dei Cardinali del Concilio, secondo il tradizionale conclave, all’elezione
del nuovo Papa, che fu Papa Martino V, tra l’esultanza di tutta la Chiesa, con
la connessa rimozione o rinuncia dei tre Papi precedenti, tra i quali vi era il
Papa legittimo Gregorio XII. Nel contempo Martino V fu deciso nel condannare nel
1415 l’ecclesiologia di John Wycliff e di Jan Hus, i quali negavano il primato pontificio
sul Concilio e la visibilità della Chiesa, eresia che sarà ripresa da Lutero.
Inoltre il Papa annullò il decreto conciliarista emanato dal Concilio, perché
poteva mettere in dubbio il primato del Papa sul Collegio cardinalizio.
Altra segnalata
circostanza storica, che dimostra quanto danno può fare un Collegio
cardinalizio, che perde di vista la sua missione evangelica, per lasciarsi sedurre
dal mondo, è la drammatica vicenda di Lutero. Ma questa volta i Cardinali non
furono all’altezza della situazione come a Costanza. Il Rinascimento aveva
fatto loro venire le vertigini del potere, degli onori, della ricchezze e dei
piaceri. Lo stesso Papato si era mondanizzato.
Colpisce infatti
dolorosamente e scandalizza il fatto che nessun Cardinale tedesco si sia
interposto come paciere tra il monaco ribelle e il Papa e che i Cardinali del
Sacro Collegio in gran parte italiani, tranne l’encomiabile Card.Gaetano, se ne
siano restati a fare la bella vita, defilati a fruire tranquillamente delle
loro rendite provenienti dalla Germania. Quasi tutto il peso della durissima lotta è gravato sulle spalle
dei Domenicani, memori dell’Inno a S.Domenico: «aquam sapientiae propinasti
gratis».
Lutero pensò
così di abolire il Cardinalato. Certo, un provvedimento troppo drastico e
pretestuoso. Con ciò, tuttavia, egli non compromise l’essenza immutabile della
Chiesa. Fu comunque un grave errore, perché il Collegio cardinalizio,
nonostante alcuni inconvenienti e pericoli che ho segnalato, si è rivelato e
tuttora si rivela uno strumento prezioso nelle mani del Papa, per dar prestigio
alla Chiesa e perché egli possa adempiere convenientemente il suo ufficio
petrino e diffondere la Chiesa nel mondo. Semmai può aver bisogno di periodiche
riforme, come è inevitabilmente necessario per tutte le istituzioni umane,
anche se in questo caso certamente approvate e benedette da Dio.
La Riforma
Tridentina mostra invece che cosa è capace di fare per il bene della Chiesa un
Collegio cardinalizio volenteroso e in piena comunione e sintonia con le
direttive e desideri del Papa per il bene e l’espansione della Chiesa nel mondo
e la vittoria sui suoi nemici. Eminente figura cardinalizia diocesana della riforma tridentina fu, come si sa,
S.Carlo Borromeo.
Splendida
figura di Cardinale Segretario di Stato di S.Pio X fu Rafael Merry del Val
(1865-1930), uomo di santa vita, oltre che diplomatico consumatissimo e
fedelissimo servitore del santo Pontefice, in stretta collaborazione col quale
combattè e vinse la lotta contro il modernismo.
Pensando
invece all’oggi, possiamo notare che certe correnti pauperistiche, che sempre si riaffacciano alla storia, affettando
disprezzo per la pompa cardinalizia, si presentano falsamente come evangeliche,
ma dimenticano che senza il soccorso ai poveri provenienti dal Collegio
cardinalizio la Chiesa si perderebbe gran parte delle risorse che le permettono
di compiere quest’opera di carità e di giustizia.
Stando a
questo tema, dobbiamo dire che noi ravennati ricordiamo con profonda
gratitudine la grandezza del Card.Giulio Alberoni (1644-1752), il quale, assurto
da umilissime origini, grazie alle sue straordinarie qualità, alla sua
fede e al suo tenacissimo carattere, al
massimo fastigio del potere cardinalizio, non tenne per sé la potenza
acquisita, ma profuse ricchezze ed ingegno per cospicue opere pubbliche per il
bene della cittadinanza ravennate, oltre ad aver fondato il prestigioso
Collegio Alberoni, tuttora funzionante, per la formazione di scelti sacerdoti
per la diocesi di Piacenza.
Non è un discorso forzato, inoltre, individuare
un parziale rapporto di responsabilità dei Cardinali francesi nei confronti
della Rivoluzione francese, stante la decadenza di un Cardinalato ancora
nazionalista sin dall’epoca del Richelieu, per il suo attaccamento alle
cosiddette «libertà gallicane», a causa delle quali la Chiesa francese si era
separata dalla tutela papale, cosa che la rese esposta agli dardi ed delle
insidie dell’illuminismo, cosicchè nel momento della prova i Cardinali francesi
latitanti non seppero impedire né il disastro della Francia, né quello della
Chiesa francese, né seppero difendere l’onore del Papato.
Testimonianza
di grande unità del Collegio cardinalizio attorno al Papa è invece il
pontificato del Beato Pio IX, nonostante i tempi procellosi e gli attacchi
tremendi sferrati contro la Chiesa dai suoi nemici. Momenti culminanti di
questa perfetta, quasi entusiastica, comunione di menti, di cuori e di volontà
sono stati i tre eventi ecclesiali e dottrinali di somma importanza e di
immortale memoria, quali la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione,
il Concilio Vaticano I e la proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia.
La vicenda
del Concilio Vaticano II
Molto
travagliata per non dire tormentata è stata invece l’elaborazione dei documenti
del Concilio Vaticano II, ognuno dei quali, certo, alla fine è stato approvato
a grandissima maggioranza. Ma quanta fatica e quanti contrasti! Non si può negare
che una traccia di quei contrasti traspaia in qualche modo anche nei testi
definitivi, che non hanno la limpidezza e precisione didattica dei testi del
Vaticano I. E pertanto hanno bisogno di essere interpretati benevolmente, come
del resto hanno fatto i Pontefici postconciliari fino al presente.
Dalla
narrazione che il Padre Congar fa dei lavori del Concilio[2]
si nota chiaramente lo scontro tra due tendenze presenti nel Collegio
cardinalizio: una, rappresentata dai Cardinali del Centro-Europa, che intende
il Concilio come un’impresa riformatrice che attendevano da tempo, e che assume
decisamente la conduzione dei lavori del Concilio. Tuttavia, dietro una spinta
ecumenica, progressista e rinnovatrice trapelano a volte lievi tracce di modernismo
e di luteranesimo.
Quanto
all’altra, essa appare rappresentata soprattutto dai Cardinali italiani e dalla
Curia Romana, che partecipa al Concilio, che le arriva inaspettato e non
desiderato, per cui si muove più per obbedienza che per esigenza. È quella di
coloro che non attendevano affatto un Concilio, per cui sono rimasti sorpresi
al suo annuncio. Si nota qui la fatica di recepire le nuove istanze suggerite
da Papa Giovanni. Si tratta dell’ambiente, soprattutto italiano, che ruota attorno
al Sant’Ufficio diretto dal Card.Ottaviani con Segretario Mons.Pietro Parente,
che diverrà poi Cardinale nel 1967.
Meraviglia
che il S.Ufficio, che avrebbe dovuto rispecchiare eminentemente la volontà e
l’indirizzo del Papa, in questo caso non pare fosse in piena sintonia col
programma assegnato al Concilio da Papa Giovanni. Dal racconto di Padre Congar,
sembra che il Papa fosse portatore di un’impostazione o messaggio o ispirazione
ignoti al Sant’Uffizio, cosa che
sorprende alquanto, se pensiamo che il Sant’Uffizio era di diritto il
collaboratore più stretto e qualificato del Papa nella determinazione e nella custodia
della dottrina della fede. In linea di principio è vero che il S.Ufficio avrebbe
avuto il compito di sorvegliare i lavori del Concilio dal punto di vista
dottrinale.
Senonchè, però,
pare che la mens di Papa Giovanni
fosse meglio rappresentata e compresa dalla corrente progressista
centroeuropea, nella quale, però, a fattori di autentici progresso e riforma, mescolavano,
in alcuni periti come Rahner e Schillebeeckx, col pretesto dell’ecumenismo e
dell’aggiornamento, sotto le tendenze moderniste e criptoluterane, quelli che Ottaviani
chiamava serpentes errores. E aveva ragione.
Questi errori ovviamente, non poterono essere approvati dal Concilio. Ma,
finito il Concilio, essi vennero in piena luce
e cominciarono a diffondersi, spacciati come dottrine del Concilio.
Il Card.Ottaviani,
in qualità di Pro-Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
inviò subito dopo il Concilio nel 1966 ai Vescovi in forma riservata una Lettera che faceva un elenco di questi serpentes errores[3].
Questa lettera, che purtroppo non fu presa in considerazione per il clima di
ingenua euforia di quegli anni, era un saggio avvertimento, un vero messaggio
profetico, che preannunciò il risorgere del modernismo, che si sarebbe
verificato negli anni seguenti fino ad oggi.
Anche il
Maritain in quello stesso anno, ne Le
paysan de la Garonne, esprimeva la medesima preoccupazione. Di lì a poco
Ottaviani fu sostituito col Card.Seper, figura conciliante ma scialba, priva
del vigore speculativo di Ottaviani, il quale effettivamente, bisogna
dirlo, faticò a capire il rinnovamento conciliare;
però fu un uomo onesto, che, incurante dei dileggi, restò fedele alla sana
dottrina e resta una sentinella inascoltata dell’imminente «tempesta» - parola di Paolo VI -, che il
Santo Papa fu obbligato a riconoscere dieci anni dopo, egli che pure aveva
avversato Ottaviani per la sua tendenza conservatrice.
Competenze
del Cardinale
Secondo il
Diritto Canonico, «i Cardinali di Santa Romana Chiesa assistono il Romano
Pontefice sia agendo collegialmente, quando sono convocati insieme per trattare
questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici
ricoperti, prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della
Chiesa universale» (Can.349).
Chi può diventare Cardinale? Risponde il CIC: «Ad
essere promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice
uomini che siano costituiti almeno nell’ordine del presbiterato, in modo
eminente distinti per dottrina, costumi,
pietà e prudenza nel disbrigo degli affari» (Can.351 §1).
Certamente
qui il Papa dispone di una speciale grazia di discernimento per mettere l’uomo giusto
al posto giusto; tuttavia in ciò il Papa non è infallibile, per cui non si può
escludere una scelta imprudente o sbagliata. Non è impossibile che il Papa
abbia la vista corta o sia ingannato o circonvenuto e non agisca con purezza
d’intenzione, preso da preoccupazioni o interessi
terreni, senza avere a cuore il bene della Chiesa. Oppure è possibile che egli
sia mal consigliato o addirittura minacciato e che la sua scelta non sia
pienamente libera, ma sia condizionata da pressioni di potenti fazioni interne alla
Chiesa o delle potenze politiche.
Il Diritto
prevede la facoltà del Papa di indire riunioni di Cardinali per trattare
questioni riguardanti il bene della Chiesa. Questa riunione si chiama
«concistoro». È previsto un concistoro «ordinario» per trattare «questioni
gravi» (Can.353 §2) e un concistoro «straordinario» per trattare «questioni
particolarmente gravi» (§3). Non si ha mai notizia della convocazione di questi
tipi di concistoro. Forse che nella Chiesa non esistono gravi questioni? Non pare
il caso.
Come mai
allora il Papa convoca così poco i Cardinali o lo fa solo in riunioni ristrette
o di Curia? Si suppone che siano i suoi collaboratori più qualificati, più
saggi, più fedeli, più zelanti, più capaci, più prudenti. Si ha l’impressione che
i rapporti del Papa col Sacro Collegio non siano dei migliori. Si direbbe che egli
abbia una certa disistima per il Cardinale come tale, che egli tende a vedere come
uomo di potere, nella luce del fastoso Cardinale rinascimentale. Da qui la sua
preferenza per i Sinodi, per le Conferenze episcopali nazionali, e per i
singoli Vescovi. Salvo l’amicizia con alcuni Cardinali, il Papa preferisce
avvalersi, a quanto sembra, soprattutto di collaboratori non ufficiali, anche di
basso rango o laici, con i quali ha legami di amicizia, facilmente dell’America
Latina.
Francesco ha
creato comunque parecchi Cardinali. Ma non pare che compaiano sulla scena.
Sembra che si limitino ad essere suoi collaboratori silenziosi. Avrà forse
qualche difficoltà con i Cardinali creati da Benedetto XVI? Si è visto il
trattamento scortese fatto al Card.Müller, il quale ha probabilmente con sé altri
confratelli Cardinali scontenti di Papa Francesco, ma che non osano parlare.
Il Sinodo
mondiale dei Vescovi e il Collegio cardinalizio
Esiste da
dopo il Concilio Vaticano II, un’ecclesiologia sessantottina, la quale, nell’intento
di recuperare la sobornost delle Chiese
ortodosse, esagera l’importanza della collegialità episcopale e cardinalizia, fino
quasi a prospettare non certo il vecchio conciliarismo condannato dal Concilio
di Costanza, ma comunque una direzione collegiale della Chiesa, sia pur sempre sotto
il Papa, che però è cosa utopistica ed impraticabile, e che dà luogo pertanto a
retoriche ed interminabili lungaggini, con la produzione di un immenso ed
inutile materiale cartaceo, mancanza di buon senso, che non corrisponde alla costituzione
essenziale della Chiesa voluta da Cristo, che è Chiesa guidata non senza
ragione da un limitato ceto di persone competenti, i Successori degli apostoli,
dal quale ceto trae origine e fondamento il Collegio cardinalizio, quindi una direzione
gerarchica e non assembleare, come è stato ribadito dal Concilio (LG 4).
Se infatti una
direzione collegiale fu concepibile nella Chiesa di Gerusalemme del secolo
primo, ampliatasi enormemente nei secoli successivi la compagine ecclesiale, come
si può immaginare, oggi come oggi, sia pur sempre sotto la presidenza del Papa,
il lavoro collegiale di un Sinodo che raccoglie centinaia di Vescovi
provenienti da tutto il mondo?
In pratica –
e lo si può immaginare - avviene purtroppo a volte che la linea del Sinodo è
precostituita una minoranza manovriera – magari per accelerare i lavori, ma
invadente -, non necessariamente diretta o voluta dal Papa o anche a sua
insaputa, la quale – come alcuni Vescovi hanno lamentato - , se non è leale, può
forzare la mano ai Padri sinodali, mettendoli davanti al fatto compiuto di decisioni
«sinodali» già prese in precedenza e creando maggioranze fittizie o
interpretative.
Per questo, nell’ambito di questa ecclesiologia,
il Sinodo mondiale dei Vescovi, che di per sé può svolgere, quando è ben fatto,
un’utile funzione consultiva,
diagnostica e propositiva, radunantesi ogni quattro anni, pare esser
diventato un meccanismo mastodontico eccessivamente pesante, pletorico,
rutiniero, noioso, dispersivo, dispendioso, logorroico e privo di praticità.
Che poi, quale grande problema della Chiesa il Sinodo ha mai potuto risolvere o
quale mai grande impulso alla Chiesa ha mai dato un Sinodo dei Vescovi da
cinquant’anni a questa parte?
Corrono
previsioni mirabolanti sul Sinodo sull’Amazzonia, come se stessimo andando
verso una palingenesi della Chiesa o, al contrario, si odono terrori apocalittici,
come se la Chiesa dovesse subire una mutazione genetica. Appariranno certamente
idee interessanti e buoni suggerimenti. Ma poi nell’insieme, avremo, come al solito,
un’immensa carrellata di opinioni e proposte magari contrastanti e al limite
dell’ortodossia, ed un’immensa e forse
anche bella coreografia, un immenso spettacolo variegato, dove l’ultima scena
spetterà, come è giusto, al Papa.
Io mi sto chiedendo
se, stando così le cose, il Papa non farebbe bene a diradare i Sinodi dei Vescovi,
e a recuperare il tradizionale Concistoro dei Cardinali, previsto dal Diritto
Canonico (Can.353 §§2-3). Mi sembrerebbe un organismo consultivo più agile, più
prudente, più comodo, meno dispendioso, più efficiente, più fidato, più riservato.
Se un Cardinale non avesse più titoli e meriti di un Vescovo, a che pro creare dei
Cardinali? Perché uno dovrebbe esser fatto Cardinale e l’altro no? Se il
Cardinale non avesse niente di più di un Vescovo, perché secondo il Diritto
Canonico il Papa è eletto fra i Cardinali e non fra i Vescovi?
Il Collegio
episcopale rappresenta meglio la Chiesa del Collegio cardinalizio? È più vicino
al popolo? È vero che il primo piano di un edificio è più vicino al pianterreno
che il secondo piano. Ma il calore del sole, che è così distante, è più forte del
calore una candela a 10 cm. di distanza. L’effetto di un causa non dipende
dalla vicinanza, ma dalla potenza della causa. Il Cardinale – si suppone – per
la sua virtù è più vicino al popolo del Vescovo, perché il Cardinale capisce i
bisogni del popolo meglio del Vescovo e sa guidarlo meglio. Altrimenti, è
inutile farlo Cardinale. Chi sente più vicino a sé il Vescovo del Cardinale,
non sa chi è il Cardinale.
Riprendendo
il tema dell’inizio, vorrei dire che non credo di sbagliarmi se mi par di notare
da molti segni o indizi l’esistenza di un profondo disagio all’interno del
Collegio cardinalizio. Si ha la sensazione che esso sia profondamente diviso.
Trapela il malumore, lo sconcerto, lo scontento, l’amarezza, la paura, la
preoccupazione, la sofferenza, lo sdegno, la viltà, il rifugio nel quieto
vivere, la rivalità, l’incomprensione reciproca, l’adulazione, la piaggeria, il
servilismo.
Secondo me,
bisognerebbe che Papa Francesco, con un gesto coraggioso, radunasse il Concistoro,
invitando i confratelli Cardinali ad aprire francamente il loro animo e a mettere,
come si suol dire, «le carte in tavola», senza paura, con fiducia e carità. A me pare che questo silenzio
non serva a nulla, non risolve i problemi. È meglio parlarsi, anche a costo di
scontrarsi.
Ho altresì la
netta impressione che vi siano dei Cardinali, i quali, volendo da una parte
apparire neutrali e non avere noie, ma dall’altra far conoscere il loro pensiero,
mandino avanti i laici e loro restino nell’ombra. Questo non va bene. Bisogna
avere il coraggio delle proprie idee. Questo non è dignitoso per un Cardinale,
ma neanche per un cristiano comune. Se c’è veramente in gioco il bene della
Chiesa, deve esporsi; altrimenti Cristo gli chiederà conto della sua viltà.
Ma temo che sia
anche Papa Francesco a dividere il Collegio cardinalizio con la sua tendenza a ridurre
la sua pastorale ad una sola data linea politica ben nota. Perché inimicarsi gli
Americani per incontrare i Cinesi? Il Papa deve esser fratello e padre e degli
Americani e dei Cinesi. Egli dev’essere il padre e pastore di tutti e non di una
sola parte politica. È comprensibile che ciò abbia effetti negativi tra i Cardinali,
per cui egli rischia di legarsi solo ad alcuni, mentre dovrebbe essere padre e fratello
di tutti.
L’idea di internazionalizzare
il Collegio cardinalizio è buona. Tuttavia a poco vale l’universalità geografica,
se poi manca una mens universale, che
caratterizza sommamente il cattolicesimo. I Papi del passato sono sempre stati
italiani ed anche il Collegio cardinalizio era formato da una maggioranza italiana.
Eppure, quale distacco da una particolare nazione o cultura o corrente
politica, per essere padri di tutte le nazioni e di tutti i popoli! Servus servorum Dei!
Il Collegio cardinalizio è chiamato oggi ad una
grande responsabilità nello stimolare e nell’aiutare il Papa a dar forza
spirituale alla Chiesa ed a liberarla dalle divisioni interne e dalle forze di
corruzione che la stanno rovinando e disgregando dall’interno. L’unità, la
concordia e la pace della Chiesa dipendono dall’unità, dalla concordia e dalla
pace interne del Collegio cardinalizio in unione col Successore di Pietro.
P.Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
8 luglio 2019
[1] Il titolo di «Eminenza» fissato da Urbano VIII per i Cardinali non è una semplice
formalità, ma vuol designare una realtà.
[2] Vedi Diario del Concilio,Edizioni San Paolo, 2005, due voll.
[3] AAS LVIII 659-661. Pubblicata in Documenta inde a Secundo Concilio Vaticano
expleto edita 1966-1985, a cura della Congregazione per la Dottrina della
Fede.
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