Il prossimo 1° gennaio ricorrerà il 33° anniversario della morte del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, ben noto ai Lettori. Padre Tomas è una di quelle luci, delle quali la Chiesa si avvale per avanzare, tra le tenebre della vita presente, verso la pienezza della luce, che è Cristo luce del mondo.
La breve vita di Padre Tomas, morto a 39 anni, intensissima di attività intellettuale e pratica, è l’esempio di quanto intelligentemente e fruttuosamente si può spendere quel breve tempo che Dio mette a nostra disposizione, utilizzando ogni attimo per crescere nella carità e nella ricerca della santità, utilizzando al massimo le proprie risorse, e Padre Tomas ne aveva parecchie, e servendosi di quei metodi ascetici, che ci sono insegnati dal Vangelo e dai maestri spirituali.
Molti di noi, soprattutto in gioventù, prima di trovare la propria strada, ammesso che la si trovi, patiscono periodi o momenti di dubbio, di incertezza, di ripensamento, se non di sbandamento o tergiversazione. Alcuni smarriscono addirittura la strada per inseguire le vanità di questo mondo. Non così è stato Tomas, il quale, valendosi fin da bambino di un’ottima educazione cristiana, pur vivendo sotto un regime comunista dell’allora Cecoslovacchia, intuì prestissimo lo scopo della sua vita – servire il Dio Verità – e si lanciò con tutte le forze in perfetta coerenza nel perseguimento della meta, «senza piegare nè a destra né a sinistra» (Gs 23,6), con dolcezza verso le forze amiche e con spirito battagliero verso quelle avverse. E con tali disposizioni dove poteva arrivare, appena a 18 anni di età, se non all’Ordine Domenicano, la cui missione è l’insegnamento e la difesa della Verità?
La Provvidenza ci ha donato questo dotto Domenicano, fedelissimo a San Tommaso, mente aperta a tutte le verità di fede, sensibile in modo speciale a quelle che, a causa di un’interpretazione modernista del Concilio Vaticano II, sono spesso oggi accantonate, con grave danno per una visuale completa di tutta la dottrina cattolica.
Mi riferisco a quei dogmi che utilizzano concetti metafisici come quelli della sostanza, della forma, della natura, della persona, della partecipazione. In particolare, per quanto riguarda la nozione di sostanza, dobbiamo ricordare che esso è legato alla natura divina: il Concilio Vaticano I parla di Dio come «substantia spiritualis», la persona è chiaramente una sostanza spirituale, nell’Eucaristia troviamo, come è noto, il termine «transustanziazione», il Credo ci dice che il Figlio è «consustanziale al Padre», la liturgia parla di sostanza dei sacramenti.
Nel campo dell’insegnamento teologico, che è quello nel quale Tomas si sentì chiamato e fu indirizzato dai Superiori all’interno dell’Ordine Domenicano, manifestò una straordinaria acutezza e profondità d’intelligenza, abilità di argomentazione logica, perfetta onestà intellettuale, sicurezza e chiarezza di idee, serietà di convincimenti e modestia nelle opinioni, con semplicità e schiettezza, senza rispetti umani, senza raggiri, opportunismi, esibizionismi, protagonismi e narcisismi oggi purtroppo frequenti tra chi, come il teologo, dovrebbe dar l’esempio di umiltà e di spirito di servizio.
Così Padre Tyn dedicò un libro di quasi 1000 pagine alla trattazione metafisica della sostanza[1] in collegamento con altre nozioni metafisiche di somma utilità in teologia, come quella della partecipazione per la dottrina della grazia e dell’analogia per la formazione del concetto di Dio in teologia naturale.
Nell’orizzonte di questo programma di recupero di quel pensiero cattolico che oggi rischia di essere dimenticato a seguito di un malinteso rinnovamento della teologia e di un malinteso ecumenismo dei decenni seguenti al Concilio Vaticano II, Padre Tomas dedicò una speciale attenzione a Lutero sia nella sua tesi di licenza in teologia presso lo Studio domenicano di Bologna, sia nella sua tesi di dottorato in teologia all’Angelicum di Roma.
Non c’è che da rallegrarsi della «Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione» tra cattolici e luterani nel 1999 sotto l’egida del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, ma ciò non toglie il valore dell’opera complementare portata avanti da Padre Tyn, il quale si sarebbe certamente rallegrato dei passi compiuti. Ma non avrebbe mancato di evidenziare i nodi ancora da sciogliere rappresentati dalla persistente tendenza luterana a mantenere certi errori e certe lacune, come l’ignoranza della dottrina del merito, la confusione fra concupiscenza e peccato, la corruzione radicale della natura, il rifiuto della teologia naturale e di quasi tutti i sacramenti.
Inoltre Padre Tyn, per quanto riguarda la concezione luterana della giustificazione, mantiene con la tradizionale polemica cattolica l’espressione «giustificazione forense», che per la verità è un eufemismo, perché in realtà non si tratta di questo, giacchè questo tipo di giustificazione ha una sua plausibilità, mentre la giustificazione luterana fa giocare al Padre la miserevole parte di chi copre il peccato e fa finta di non vedere, il che dovrebbe esser chiamato col suo vero nome: simulazione, per quanto ciò possa apparire blasfemo, se attribuito a Dio Padre. Il Concilio di Trento precisò che non siamo perdonati per finta, ma sul serio.
Nella teologia di Padre Tyn troviamo ampia trattazione del tema della grazia, oggi troppo spesso falsato da due errori contrari, denunciati da Papa Francesco sotto due termini ben noti agli storici delle eresie: da una parte un abbassamento pelagiano della grazia in senso naturalistico o secolaristico; dall’altra, una sopravvalutazione gnostica, che sconfina col panteismo.
Padre Tomas insegnò teologia morale allo Studio domenicano di Bologna, per cui sono altamente raccomandabili i suoi corsi sulle virtù e vizi, virtù naturali e virtù soprannaturali, criteri di giudizio che egli poi usava nella pratica assidua del confessionale e della direzione spirituale, per la quale era assai ricercato, dotato com’era di straordinaria dolcezza ed affabilità, capacità di dialogo e di persuasione, per quanto era chiaro, fermo e saldo nell’affermazione dei princìpi, della cui importanza, per la serietà e anche il calore con cui ne parlava, sapeva rendere consapevoli i penitenti, attirare anime alla ricerca della perfezione e comunque sapeva scuotere anche le coscienze degli increduli e dei renitenti, non di rado portandoli alla conversione. Uomo affabilissimo, capace di grande calore umano e di amicizia, socievolezza, pietà e misericordia, all’occasione, per la verità molto rara, si ergeva con tono profetico contro gli ipocriti e i superbi.
Padre Tomas tratta della grazia in stretto rapporto col libero arbitrio, oggetto di sottili quanto utili analisi, in linea con una illustre tradizione domenicana, che prosegue la famosa disputa De auxiliis con i Gesuiti della fine del ‘500.
Alquanto importante è la trattazione dei misteri principali del cristianesimo: la SS.Trinità, l’Incarnazione e la Redenzione. Ricca di sapienza è la trattazione della teologia naturale: prove dell’esistenza di Dio, attributi divini, rapporti di Dio con l’uomo e col mondo. Importanti anche gli scritti sulla natura della teologia. Abbiamo anche un bella raccolta di omelìe su diversi Santi e sulla Madonna.
Le sue omelìe erano di fuoco e ricche di sicura e luminosa dottrina. Il volume della voce era talmente alto, che si udiva anche da fuori della chiesa. Esemplare e diligentissimo nella celebrazione della Messa, su richiesta dell’allora Arcivescovo di Bologna, Card. Biffi, oltre al ministero parrocchiale svolto nella parrocchia di San Giacomo fuori le Mura, celebrava ogni sabato nel vetus ordo per un gruppo di persone pressa la bellissima Arca di San Domenico. Padre Tomas amava anche i ragazzi, è stato un grande educatore, e fu anche per alcuni anni assistente dei boy-scouts.
Ma la testimonianza suprema di Padre Tomas, quella più persuasiva, più caratteristica della santità, quella propria di Gesù Cristo, non è stata tanto la testimonianza della verità, ma quella della carità. Sentendo tutta la limitatezza delle sue forze di persuasione come teologo e, proprio come teologo, comprendendo più di altri il male che arreca alle anime l’ateismo tradotto in potere politico, fortemente attaccato alla sua patria, dalla quale, nonostante il regime dittatoriale che la opprimeva, in fin dei conti, per il tramite dei suoi educatori, gli aveva ricevuto una formazione cristiana, ebbe da Dio l’ispirazione e la forza di compiere un atto eroico che non può trattenere l’intervento onnipotente della divina misericordia: l’offerta della propria vita. E come avviene sempre in questi casi, Dio lo esaudì chiamandolo a Sé dopo pochi anni mediante una breve ma dolorosissima malattia.
Così avvenne che la data della sua morte, il 1° gennaio 1990, coincise con il passaggio della Cecoslovacchia dal comunismo alla democrazia senza colpo ferire, cosa che ha del miracoloso, se ricordiamo come tutte le rivoluzioni nella storia avvengono con ampio spargimento di sangue.
Tutto ciò fa di Padre Tomas una luce ed un fattore di conciliazione e di pace per la Chiesa di oggi, lo rende una fonte straordinaria di verità, di libertà e di carità per tutta la Chiesa travagliata e divisa da una riforma conciliare deformata dai modernisti ed incompresa dai passatisti o, come li chiama il Papa, «indietristi».
Nella sua testimonianza di incondizionato amore per l’unità e l’universalità della Chiesa, nel suo sapiente evidenziare i valori comuni ed evitare gli opposti estremismi, nel saper conciliare tradizione e progresso troviamo la via e il modo per operare efficacemente per la conciliazione e la pace.
Oggi la Chiesa soffre per la mancanza di un dialogo interno tra fratelli, i quali, pur soffrendo di parzialità, pretendono di riservare alla loro parte la qualifica di «cattolici», magari contro il Papa o al di sopra del Papa. Succede allora, comprensibilmente, che i nemici della Chiesa si fanno beffe di noi col dirci: volete insegnare a noi la concordia e la pace, quando siete voi per primi a distruggervi a vicenda? Oggi la Chiesa soffre degli stessi conflitti del mondo perché scarseggia quella luce che li risolve. Se la Chiesa oggi è gradita al mondo, è perché si é mondanizzata. Padre Tomas contribuisce ad aumentare la luce che illumina il mondo.
Non c’è dubbio che Padre Tomas aveva operato una scelta. Tra l’impegno di affermare le novità del Concilio e la necessità di recuperare alcuni valori tradizionali che rischiavano di venir dimenticati, egli scelse questa seconda strada, tenendosi però ben lontano da coloro che accusavano il Concilio di modernismo, avendo invece per il Concilio una profonda venerazione, come si conviene a un fedele cattolico, soprattutto se Domenicano.
Abbiamo bisogno dell’esempio di teologi santi. Oggi è diffuso l’orientamento a canonizzare benefattori dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati. Benissimo. Ma dove trovano questi Santi le ragioni e la forza del loro impegno di carità? Nella verità. L’amore del prossimo non è fine a se stesso né motivato su se stesso. Amare il prossimo non vuol dire far del prossimo un idolo, ma mettere in pratica la volontà di Dio sul prossimo. Occorre quindi conoscere la verità su Dio.
Ecco la funzione del teologo. Senza questo riferimento alla verità, l’amore per il prossimo o diventa affermazione sugli altri o asservimento o idolatria o faziosità o perde la sua motivazione e subentra l‘egoismo e la strumentalizzazione degli altri per i nostri interessi.
Invece di soccorrere gli immigrati si diventa trafficanti di uomini. Invece di correggere i sodomiti si favorisce la sodomia. Invece di insorgere contro i potenti, se ne tessono le lodi. Invece di operare per il bene comune, si cercano le poltrone. Invece di soffrire per gli altri, si fanno soffrire gli altri per causa nostra. Per questo, se la Chiesa non provvederà a promuovere Cause di canonizzazione di teologi, come è nella sua tradizione, diminuiranno quelle degli avvocati dei poveri.
Sono convinto, pertanto, che se Padre Tyn fosse posto dalla Chiesa sul candelabro, ciò sarebbe a tutto vantaggio della Chiesa stessa e a scorno dei suoi nemici, responsabili degli ostacoli, e della sordità frapposti all’avanzamento della Causa di Beatificazione.
Per individuare i nemici della Chiesa basta vedere contro chi Padre Tomas se la prende. Egli li chiama i «moderni», il che può ingenerare il sospetto che Tomas ce l’abbia con tutta la filosofia moderna, anche quella sana, come fanno i lefevriani. Il che però non è assolutamente, perché Tomas, da buon tomista, è aperto a qualunque verità, non importa se antica o moderna.
Egli sa benissimo che il sapere filosofico aumenta e progredisce nella storia. La sua simpatia per gli «Antichi» è solo un omaggio al loro realismo gnoseologico – egli pensa a Platone e ad Aristotele -. Detta simpatia non gli impedisce di apprezzare le novità moderne, in quanto però deducibili dalla philosophia perennis dell’Aquinate, come per esempio la filosofa di Maritain o di Fabro o di Padre Alberto Boccanegra ed altri.
Prendendo la parola «moderno» in un senso positivo i filosofi moderni sono per Padre Tomas i tomisti moderni, come si ritiene egli se stesso, che vive nel sec.XX e non nel XIII. Non confonde quindi il moderno col modernista, il moderno fedele a Tommaso col moderno che mescola Tommaso con Cartesio, Kant, Hegel o Heidegger.
Se guardiamo invece con attenzione a cosa intende per «moderni», quando li critica, ci accorgeremo che Tomas si riferisce ai cartesiani e agli idealisti da essi derivati, i quali, con abile mossa propagandistica, sono riusciti ad imporsi nella storiografia con l’etichetta prestigiosa di fondatori della «modernità», quando in realtà i loro errori risalgono a prima di Aristotele e da lui furono decisivamente confutati. Nessun impostore regge allo sguardo critico di Padre Tomas.
Chiediamo dunque a Dio Padre che Si degni di volgere uno sguardo benevolo su questa santa impresa e alla Beata Vergine Maria del Rosario, della quale il Servo di Dio era devotissimo, chiediamo un’efficace intercessione affinchè quella luce che Padre Tomas ci dona, sull’esempio di San Domenico Lumen Ecclesiae, possa vieppiù diffondersi per il bene della Chiesa, la salvezza delle anime e la gloria di Dio.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 26 dicembre 2022
Buon anno Padre. Adesso abbiamo due teologi di calibro che commemoreremo alla fine e all'inizio di ogni anno, il 31 dicembre ed il primo gennaio: Papa Benedetto XVI e Padre Tyn.
RispondiEliminaImpressionante ascoltare la vita di Padre Tyn a cui chiederò aiuto più spesso per restare fermo nella fede e difenderla come posso se occorre. La vicenda sul passaggio alla democrazia della Cecoslovacchia, oltre che stupefacente, é poi rivelatrice di come Nostro Signore agisca potentemente nell'ombra ma in totale controllo se glielo chiediamo nel modo giusto come fece Padre Tyn con straordinario coraggio e abnegazione. Sì, Padre Tyn é davvero un santo.
Caro Alessandro,
Eliminaqueste tue parole mi fanno molto piacere. Vedo che hai compreso in pieno la santità di Padre Tomas. Insisto nel sostenere che la sua beatificazione apporterebbe un bene immenso alla Chiesa di oggi, con particolare riferimento alla coerenza coraggiosa di una vita esemplare di domenicano tutta spesa a servizio della verità, con immensa carità e senza nessun cedimento a qualunque forma di attenuazione o parzialità o confusione.