Pluralismo
religioso e idolatria
Concepirono un’idea falsa di Dio
rivolgendosi agli idoli
Sap 14,30
Un
fedele esasperato
Il recente episodio
delle statuette di Pachamama gettate nel Tevere da un ignoto fedele in segno di
protesta testimonia di un disagio tra quei fedeli, che temono che il Sinodo, sotto pretesto del
dialogo interreligioso e dell’inculturazione possa favorire il sincretismo e l’idolatria.
Naturalmente questo non avverrà; tuttavia non possiamo trascurare di tener conto
delle gravi preoccupazioni espresse da eminenti e dotti prelati e teologi, come
il Cardinali Müller e Brandmüller, nonché Mons.Schneider ed altri illustri studiosi di chiara fede cattolica.
Tali preoccupazioni sono causate dal forte
sospetto per non dire convinzione che certe frasi dell’Instrumentum Laboris sottendano un’acquiescenza nei confronti di una
visione panteistica della natura o della «Madre Terra», sotto il nome di
Pachamama, il che è come dire un favoreggiamento dell’idolatria, giacchè questa
non è altro che la traduzione in termini popolari di quello che teoreticamente
è il panteismo, come ad esempio quello degli Stoici, dell’India, di Giordano
Bruno, di Spinoza, di Haeckel, di Schopenhauer, di Schelling e di Hegel.
Infatti l’idolatria è il culto di un falso
dio, precisamente della creatura al posto del creatore. Questa creatura può
essere tante cose: possono essere gli astri, gli angeli, le anime dei defunti,
il mondo, l’universo, la natura, cibi o bevande, i laghi, i fiumi, i boschi, i
monti, gli artefatti, le piante, gli animali, l’uomo stesso, lo Stato, la
ragione, la coscienza, la libertà, il mio io, ecc.
In Amazzonia è presente lo sciamanismo, che è
il culto magico degli animali, considerati detentori di poteri divini, che lo
sciamano ha il compito di evocare e governare a scopi terapeutici. Gli animali
sono la manifestazione di Pachamama, la Natura divina. Non appare affatto
l’idea di un Dio unico, trascendente e creatore.
Ora, quando si dice «panteismo» da pan-theòs=tutto è Dio, si intende dire
che ogni cosa o qualunque cosa è o può essere Dio. Come dice Severino: «Questa
lampada è Dio». In tal modo ognuno si sceglie il proprio Dio e, se vuole, può
adorare anche una lampada. Invece di adorare il SS.mo, si può adorare la
lampada che sta davanti al SS.mo.
È questo il pluralismo delle religioni? No. È
il pluralismo delle superstizioni. Il dio del panteismo, per quanto possa apparire
sublime e grandioso, è in realtà un idolo inventato dalla mente umana, perfettamente
equivalente o interscambiabile con l’ateismo, in quanto questo nega Dio solo
perchè divinizza l’uomo. E cosa fa il panteismo se non identificare l’uomo con
Dio?
Se quindi l’idolatria e il panteismo si capovolgono
nell’ateismo, così come le statuette di Pachamama hanno avuto accesso nella chiesa
parrocchiale di S.Maria alla Traspontina, si potrebbe proporre al Card.Ravasi
di concedere che nelle chiese vengano esposti i ritratti di Marx, di Engels, di
Comte, di Nietzsche e di Freud.
Senonchè occorre osservare che un supposto
dio, per aver diritto di essere chiamato «Dio» ed adorato od oggetto di culto,
deve possedere un minimo di qualità o attributi essenziali convenienti a Dio: dev’essere un unico Dio, infinito, trascendente,
provvidente e creatore; se il concetto di Dio sta al di sotto di quella soglia
minima di decenza, non è più Dio, ma diventa un idolo, che non merita più di
essere oggetto di un culto religioso, ma è solo un idolo della superstizione.
Con la
superstizione non si dialoga
Ora, gli atti di superstizione sono gravemente
illeciti e peccaminosi, perché danneggiano e degradano l’uomo e sottendono un culto
a Satana. L’acquiescenza alla superstizione, ossia all’idolatria, al politeismo,
alla magia, allo spiritismo e cose del genere, non ha nulla a che vedere col dialogo
interreligioso, ma è un atto di empietà che offende Dio, urta ed arreca scandalo
a tutti gli uomini religiosi, quale che sia la religione alla quale appartengono.
Non bisogna quindi assolutamente confondere religione e superstizione.
Tutt’al più si può prendere in considerazione
il panteismo per la sua tradizione dotta e per il suo rapporto con la mistica
cristiana, benchè ne sia una falsificazione. Ma anche col panteismo bisogna
essere severi e mostrarne l’impostura.
Occorre comunque tener presente che, a
differenza della superstizione, che, come ho detto, è un errore e un peccato da
combattere, le religioni sono dignitose pratiche collettive tradizionali, che
si occupano del culto di Dio, certo non senza difetti o lacune, esclusa la
religione cattolica, che, unica fra tutte le altre, contiene la pienezza della
verità. E tuttavia, come dice il Concilio[1],
esse contengono elementi di verità utili alla salvezza. Per questo è
giustificato il dialogo con esse.
Bisogna però fare attenzione che circa il dialogo
interreligioso, il Concilio non estende tale dialogo al di là delle tre religioni monoteistiche. E se
accenna al buddismo, lo cita solo perché in esso il fedele si attende «un aiuto
dall’alto»[2],
il che fa pensare evidentemente alla trascendenza divina. Le religioni
idolatriche o politeiste, invece, sono fenomeni patologici semplicemente da
eliminare per la stretta parentela col demonismo. La tendenza panteista
dev’essere tenuta rigorosamente sotto controllo, perchè anch’essa sfocia nel
satanismo. La si può riscontrare nei riti della massoneria esoterica.
Una cosiddetta «religione», che promuova o permetta
i sacrifici umani o il cannibalismo o gli infanticidi o gli aborti o i suicidi rituali,
come pare avvenga in Amazzonia, non è religione, ma un’abominevole e folle pratica
superstiziosa ed idolatrica, nemica di Dio, dell’uomo e della sana convivenza
civile. Qui non ci sono scuse che contino, non si può invocare né la libertà
religiosa, né il principio dell’inculturazione, né il rispetto degli usi
locali, né è possibile il dialogo interreligioso, ma occorre solo il rigore
della legge o l’intervento della magistratura o della forza pubblica per la
protezione degli stessi adepti.
Credere, come fanno alcuni, che l’immagine o la realtà – peraltro fittizia
- della dea Pachamama potrebbe essere utilizzata o valorizzata nel processo di
inculturazione del messaggio evangelico nella cultura e nella religione amazzonica,
vuol dire fraintendere gravemente l’essenza dell’inculturazione e confonderla col
sincretismo religioso. Aggiungere a Dio
altre divinità non è inculturazione, ma idolatria. E non tiene
assolutamente il paragone che alcuni fanno con la famosa operazione culturale
con la quale S.Tommaso ha utilizzato il pagano Aristotele per interpretare il
Dio biblico.
La vera
inculturazione
Spieghiamo questi punti. L’inculturazione è
l’utilizzo di categorie legittime estranee
al Vangelo ed appartenenti alla cultura dell’evangelizzando, al fine di esprimere
il contenuto evangelico in modo accessibile alla comprensione e al linguaggio
dell’evangelizzando, appunto con l’uso di categorie a lui familiari, ma che
mediano un contenuto evangelico con categorie equivalenti seppur diverse da
quelle del Vangelo. Però
l’evangelizzatore deve avere molto discernimento nel fare questa operazione.
Non può trasportare di peso alla cieca un’intera dottrina estranea all’interno del
messaggio evangelico senza le dovute distinzioni da farsi alla luce dello stesso Vangelo.
Per esempio non può servire all’inculturazione
il rito dello sciamano che getta il suo seme per terra per significare l’inseminazione
di Pachamama, ma bisogna avere la franchezza di dire che questo non è altro che
un misero atto di masturbazione con l’idea di fecondare una dea, cosa assurda e
blasfema.
Per portare invece un esempio di autentica
inculturazione, ricordiamo come S.Tommaso abbia trovato nel Dio di Aristotele alcuni attributi compatibili col Vangelo, come
la «causa prima», il «motore immobile» o il «pensiero del pensiero», mentre ha giustamente
respinto l’idea aristotelica che Dio non s’interessa dell’uomo o dell’individuale
, ma solo delle cose divine ed universali perché ciò nega l’attributo della misericordia
divina.
Se invece quest’opera di separazione non vien
fatta correttamente o non vien fatta del tutto, la religione perde la sua
purezza, il Vangelo resta inquinato dalle impurità del mondo e si ha il
cosiddetto «sincretismo», che mescola il vero col falso, il benefico col nocivo.
Se per esempio Pachamama è una dea, non la si può mettere accanto al Dio biblico sotto pretesto
dell’inculturazione, perché il Dio biblico, come è ben noto, non tollera alcun altro
dio accanto a sè o insieme con sè.
E questo vale per tutti, anche per gli amazzonici.
Se Pachamama si limita ad essere un simbolo o un’immagine dell’utilità e della maternità
della natura creata da Dio o dell’esigenza della comunione dell’uomo con la natura,
va bene. Anche in Marx troviamo la prospettiva di una «umanizzazione della natura»
e di una «naturalizzazione dell’uomo». È vero che in Marx natura e uomo non
sono creature di Dio, ma effetti della potenza dell’uomo. Tuttavia non possiamo
negare il valore di quell’istanza in se stessa, che peraltro può essere
soddisfatta solo dal Vangelo.
Aut-Aut per
Pachamama
Ma se Pachamama dev’essere concepita come la
divinizzazione della natura o una dea accanto a Dio e alla pari di Dio, non ci
siamo assolutamente e si cade nel politeismo o nell’idolatria. Il Papa deve assolutamente chiarire al più presto
questa questione gravissima che tocca la sostanza della religione e del cristianesimo.
Il non aver ancora chiarito spiega e giustifica
il gesto dell’ignoto purificatore del tempio. Occorre opporsi non solo a ciò
che è certamente male, ma anche a ciò che si sospetta veementemente esser male.
Pertanto suggerirei che nella chiesa di S.Maria in Traspontina si indicesse una
paraliturgia di penitenza e di riparazione per l’avvenuta presenza dell’idolo
in chiesa.
Il dramma, anzi la tragedia della Chiesa di
oggi è dato dal fatto che nella formazione del clero manca l’educazione alla sapienza metafisica, necessaria propedeutica
ad una sana teologia, per cui abbiamo preti, religiosi, teologi e vescovi del
tutto sprovveduti – bene che vada - in campo filosofico, che non sanno dimostrare
né l’esistenza di Dio né l’immortalità dell’anima, vagolano nella nebbia di una
mistica torbida e sentimentale, pasticciano indecorosamente con gli attributi
divini, confondono l’essere col divenire, la realtà con l’apparenza, il
concetto con l’immagine, i sensi con l’intelletto, le passioni con la volontà, il cielo con la
terra, lo spirito con la carne, il sacro col profano, l’irrazionale con la
fede, il naturale col soprannaturale, l’umano col divino.
Non sanno distinguere il teismo dal panteismo,
la religione dalla superstizione, il monoteismo dal politeismo, il culto divino
dall’idolatria, la liturgia dalla magia, la religione cristiana dalle altre religioni.
Il livello dell’intelligenza metafisica, come
quello di un fiume in secca, si è abbassato ad un livello di guardia, ad un minimo
storico, non solo al di sotto dei metafisici medioevali, ma al di sotto della
metafisica pagana precristiana di Platone ed Aristotele. Rischiamo di restare
senz’acqua e che le cellule cerebrali non siano sufficientemente alimentate.
Non c’è quindi da stupirsi che si sia
celebrato un rito idolatrico alla presenza del Papa – cosa inaudita - o che la statua di Pachamama
sia stata solennemente e devotamente portata in processione in San Pietro da
due zelanti prelati, come se fosse stata
l’immagine della Madonna, con scandalo dei fedeli, ma senza che siano state generalmente
sollevate obiezioni o si siano fatte osservazioni da parte dell’ambiente teologico,
episcopale o cardinalizio, come se si fosse trattato di una normalissima
cerimonia religiosa.
Manca il
giudizio critico in fatto di religione
Questo è il segno conturbante che si sta corrompendo la capacità di giudizio in
fatto di religione proprio in coloro che dovrebbero essere in questa materia i
nostri maestri e le nostre guide. Se
no, che cosa dovrebbero insegnarci teologi, vescovi e cardinali? Come giocare a
calcio o come cucinare il pesce? Ma questo vuol dire diventar «ciechi, guide di
ciechi» (Mt 15,14) e degli zimbelli delle illusioni e degli inganni del demonio, che non desidera di meglio.
Accusare dunque colui che ha gettato le statuette
nel Tevere di essere contrario al «dialogo interreligioso» è una stolta accusa,
del tutto fuori luogo. Semmai c’è da dire che il purificatore del tempio ha
compiuto un atto di religione e di disinfestazione di un luogo sacro profanato
e contaminato dalla obbrobriosa presenza di idoli, che suonavano come un
insulto alla sacrosanta presenza del SS.mo Sacramento custodito nel Tabernacolo.
Qualcuno forse potrebbe chiedersi: come mai quel
tale non ha chiesto il permesso al parroco? La risposta potrebbe essere: occorreva
un tale permesso per un’azione così evidentemente pia e lodevole e come
liberazione e purificazione del luogo sacro da una presenza sacrilega? Se un fedele
trova degli escrementi sul pavimento della Chiesa, deve chiedere il permesso al
parroco per far pulizia? Ora, la presenza di un idolo, che come tale è legato al
demonio, è ben più sconveniente e ripugnante in un luogo sacro. Chi non prova
schifo per ciò che offende Dio, vuol dire che non ama Dio.
Alcuni hanno avanzato per l’azione del
distruttore delle statuette l’ipotesi di furto. Ma l’ipotesi non regge. Semmai
è il parroco che dovrebbe essere incriminato per detenzione di materiale
proibito, dato che il culto di Pachamama comporta, come abbiamo visto
sopra, l’istigazione a delinquere, per cui non può essere protetto dal diritto
di libertà religiosa, giusta l’art.8 della nostra Costituzione: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla
legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti, in
quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano».
L’Avvenire
di qualche giorno fa, nel disapprovare il suddetto gesto con evidente rammarico
e malcelato sdegno, ha fatto una commossa commemorazione delle povere statuette
così maltrattate, presentandole con sfrontatezza come semplici innocenti prodotti
dell’artigianato locale ed «immagini della maternità», quando tutti sanno che sono
state oggetto di culto in Vaticano. Per questo io mi domando a chi vuol darla
da bere, se è vero che esse nei giardini vaticani sono state adorate da un gruppo di persone prostrate fino a terra come fanno i musulmani davanti ad Allàh.
Ci si comporta così davanti a semplici
oggetti profani? A una Madonna di Raffaello? O
anche davanti a una statua della Madonna in chiesa? Al massimo ci si mette in
ginocchio. Ma ogni fedele sa che con quel gesto non si adora la Madonna, ma la si supplica perchè interceda presso Dio
per noi. E Pachamama per chi intercede? O concede lei stessa le grazie?
E l’Avvenire concludeva con solenne e defintiva
sentenza: «il fatto si commenta da solo». Si commenta da solo, sì, ma in base a
quale criterio di giudizio? L’articolista lascia intendere che secondo lui è
talmente evidente la schifezza del fatto, che non abbiamo bisogno noi di
dimostrarla. Ma da dove ricava tale evidenza? Dalle idee di Voltaire, di
Nietzsche o di Freud? Ha mai letto la Bibbia? Oppure l’ha letta con gli
occhiali dei modernisti?
Si
deve dire invece che qui notiamo due cose. Prima, la crassa ed empia ignoranza
dell’articolista circa il dovere di ogni fedele del rispetto e della difesa del
luogo sacro, insieme col dovere assoluto di render culto a Dio solo e di
rifiutare l’idolatria. Seconda, che l’articolista ci prende per citrulli che
credono alla sincerità ed all’autorevolezza delle sue spiegazioni.
Conclusione.
È
ora che ci decidiamo a mettere giudizio. Il rischio che da un momento all’altro
piombi su di noi il furore dell’ira divina, come ha ricordato di recente anche il
saggio Aldo Maria Valli, non è espressione di un allarmismo esagitato di menti ignoranti,
deboli o plagiate, ristrette ed impressionabili, di tendenze ultraconservatrici,
impregnate di fondamentalismo apocalittico, suggestianate da esaltati o falsi
veggenti, ossessionate e spaventate dalle novità del postconcilio, ma è parola seria, credibile, profetica, tonificante,
saggia e salutare, con ottimo fondamento
biblico ed evangelico, in perfetta linea e consonanza col tradizionale Magistero
della Chiesa, con l’insegnamento dei Padri, dei Dottori, dei teologi, dei santi,
dei veri veggenti e delle più accreditate apparizioni mariane, e che trova
ampli ed innumerevoli riscontri e precedenti in tutta la storia della Chiesa. Che
cosa aspettiamo, dunque?
Ascoltare
questa parola ed ed agire di conseguenza nella penitenza, nel ravvedimento e
nella conversione è solo a nostro vantaggio. Respingerla o deriderla o far
l’orecchio da mercante, perseverando nell’orgoglio e nella protervia è
dannazione eterna.
P.Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
24 ottobre 2019
Vien da piangere leggendo le sciagurate parole del Papa sulla vicenda ...
RispondiEliminahttps://www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-10/papa-francesco-sinodo-amazzonia-statuette-indigeni-roma.html
Signore Dio, abbi pietà per tutti noi peccatori.
E pensare che questo culto della Pachamama è stato fatto in presenza e con l'avallo del Papa. O come dovrebbe essere interpretata la loro pacifica partecipazione a questi atti, padre Cavalcoli?
RispondiEliminaCaro Remo,
Eliminala mia opinione è che il Papa sia stato messo davanti al fatto compiuto. L’idea di alcuni che il Papa abbia compiuto un atto di idolatria, è un pensiero gravemente offensivo nei confronti del Santo Padre.
Possiamo ricordare che egli, a proposito della collocazione della statuetta in chiesa, ebbe a precisare che non si trattava di idolatria.
Quello che, secondo me, avrebbe potuto precisare è la distinzione tra la statuetta come immagine di Dio Creatore della natura e la statuetta intesa come immagine della natura in quanto divinità.
Nel primo caso è evidente che un culto della statuetta non è assolutamente idolatrico. Invece l’atto idolatrico appare evidente nel secondo caso.
È incredibile lo sforzo argomentativo che viene fatto per giustificare l'ingiustificabile. Secondo il criterio esposto, l'unica cosa che esprime il magistero da parte del Papa sono i documenti che scrive. Sei consapevole che un documento non fa altro che esprimere la volontà e il "pensiero" di chi lo scrive? Quella stessa volontà e quel pensiero possono manifestarsi in altri modi, come oralmente o anche attraverso certi atteggiamenti. Secondo l'argomento addotto, il Papa può partecipare a un atto di idolatria e questo è solo una parte della "sfera pastorale". Il Papa evidentemente ha avallato tutto ciò che è accaduto in sua presenza, quando in realtà almeno avrebbe dovuto partire e non assistere pacificamente a simili bestemmie.
EliminaMa il povero Papa è sempre vittima di tutto ciò che accade intorno a lui.
Caro Anonimo,
Eliminaio ho lavorato otto anni come collaboratore di San Giovanni Paolo II e so che cosa può capitare, anche con un Papa santo. È un essere umano come noi, che può subire dei torti imprevisti e brutte sorprese, può essere oggetto di strumentalizzazione, può essere umiliato con interventi inopportuni. Come siamo comprensivi con qualunque nostro simile, così dobbiamo essere comprensivi anche nei confronti di un Papa, e non prendere a pretesto un suo sbaglio o imprudenza accidentali per attaccarlo nella sua autorità di Sommo Pontefice.
Occorre pertanto tener presente che un Papa, nel manifestare il suo pensiero o nella sua condotta pastorale, compie questo ufficio secondo diversi livelli di autorità. Il che vuol dire che per riconoscere i suoi interventi vincolanti occorre fare riferimento ai suoi documenti ufficiali. E questo è un accorgimento di buon senso, che occorre adottare con qualunque personaggio in vista, che è tuttavia un essere fallibile come tutti noi.
La mia esperienza con Giovanni Paolo II mi dice pertanto che l’increscioso episodio di Pachamama non è affatto detto che fosse stato preparato in anticipo d’accordo col Papa, perché io potrei citarle molti altri fatti che ci mostrano come un Papa possa benissimo essere manipolato o ingannato dai suoi stessi collaboratori.
Per questi motivi io credo che dobbiamo cessare una buona volta da questo tornare continuamente su di un fatto, certamente spiacevole, che purtroppo ha suscitato scandalo, rasserenando il nostro animo con le suddette considerazioni.
Caro Anonimo, dica la verità, lei torna a quell’episodio per amore della verità o perché ce l’ha con Papa Francesco? Papa Francesco invita tutti alla misericordia. E noi, non dobbiamo avere misericordia verso di lui? Secondo lei, Papa Francesco è un idolatra?
Quell'ambiguità così caratteristica di papa Francesco e del Vaticano II è una diretta conseguenza del modernismo che essi proclamano.
RispondiEliminaCaro Giuseppe,
Eliminaaccusare il Papa e il Concilio di modernismo è una grave calunnia, come io ho dimostrato più volte nelle mie pubblicazioni.
Quanto all’ambiguità di certe frasi o di certi gesti, la si può anche ammettere, ma essa non ha incidenza nella sostanza del suo insegnamento e della sua pastorale.
Caro Padre Cavalcoli,
RispondiEliminascusi, ma non mi sembra che nella Pachamama si possa o si possa vedere un'immagine di Dio creatore. È idolatria, senza più o più. Proprio come il vitello d'oro.
Né mi sembra inconsistente dire che ci sono immagini della Trinità che rappresentano il Padre come un vecchio.
Caro Anonimo,
Eliminaè vero che di fatto il culto della Pachamama è un culto idolatrico.
Tuttavia la storia della teologia cristiana ci insegna che da sempre i teologi hanno adattato alla dottrina cristiana elementi ricavati dal paganesimo, naturalmente dovutamente purificati.
Volendo fare un esempio illustre si può citare San Tommaso d’Aquino, il quale utilizzò un pagano, come Aristotele, per la costruzione della sua teologia.
Tornando a Pachamama, si può fare qualcosa del genere: se Pachamama rappresenta la natura, si tratta solo di vedere come è intesa questa natura, perché, se la natura è vista come creata da Dio, Pachamama non fa problema. Invece, se la natura è divina, allora sì che cadiamo nell’idolatria.
Certamente noi europei siamo abituati a immagini elaborate dalla cultura occidentale, mentre l’immagine di Pachamama esprime una cultura diversa.
1) Non torno a quell'episodio. Ho semplicemente letto la sua nota di due anni fa e li ho appena detto cosa ne penso. 2) Capisco che la misericordia dovrebbe essere mostrata a coloro che mostrano un certo pentimento, o almeno una predisposizione. Francisco non ha mostrato alcun tipo di pentimento per quanto accaduto, quindi non sono nati atti di misericordia al riguardo. 3) Papa Francesco secondo me non è formalmente un idolatra, ma ha favorito l'idolatria con le sue azioni.
EliminaColgo l'occasione per farli anche una domanda: quando Giovanni Paolo II baciò il Corano o quando permise che un Buddha fosse posto sul tabernacolo di Assisi, era anche lui una povera vittima che non sapeva quello che stava facendo?
Caro Anonimo,
Eliminaa mio modo di vedere il Papa non aveva bisogno di pentirsi, come se avesse commesso un peccato. Come le ho già detto, molto probabilmente, prima che avvenisse l’accaduto, non è stato avvertito in maniera esatta e con tutti i particolari di quello che sarebbe successo.
Io credo che se di azione sleale si può parlare sia stata quella degli organizzatori della scena, che hanno messo il Papa davanti a un fatto che non si aspettava e che non hanno dato sufficienti chiarificazioni per interpretare l’accaduto.
Per quanto riguarda il bacio del Corano, si è trattato di un gesto di omaggio ad una religione monoteistica, conformemente a quanto il Concilio insegna circa il dialogo con i musulmani.
EliminaPer quanto riguarda invece della presenza della statuetta del Budda ad un incontro di preghiera ad Assisi, si può fare un discorso simile, e cioè si può dire che, essendo stato un incontro anche con buddisti, non c’è da meravigliarsi se era presente una statua di Budda.