Castità e
omosessualità
La Chiesa
sotto attacco
Nella storia
della Chiesa non pare che mai, neppure nei periodi di maggior corruzione, essa
sia stata provata nei suoi figli tanto quanto lo è oggi nel campo dei temi
concernenti l’etica sessuale e la castità. Mai finora il mondo aveva sferrato
contro la Chiesa un attacco così violento, sistematico e subdolo ad un tempo,
perché abilmente mascherato da speciosi pretesti e dal fascino della bellezza,
così da ottenere numerosi seguaci e sostenitori all’interno della Chiesa
stessa, tra moralisti, pastori ed educatori e formatori di laici e di
sacerdoti. Questo attacco fa leva su di un impulso o interesse, al quale nessuno
di noi, se non è un pezzo di ghiaccio, è insensibile o si può sottrarre, perchè
è l’istinto stesso dell’amore e della
vita: l’istinto sessuale.
Non si tratta più della vecchia tesi luterana,
per la quale la concupiscenza è invincibile, per cui è inutile ed anzi dannoso
per la salute psichica lottare contro le tentazioni e tentare di resistere alle
seduzioni della carne. Come sappiamo, la tesi luterana è che è meglio cedervi
tranquillamente, sapendo che comunque Dio nella sua misericordia è comprensivo
e perdona tutto.
A maggior
ragione, secondo Lutero, il voto di castità è impossibile da attuarsi, crea
solo degli ipocriti e dei presuntuosi, che vogliono apparire agli altri quello
che non sono, oltre al fatto che secondo Lutero propagare la specie è un sacro dovere
di tutti comandato da Dio. Egli però fa riferimento solo al c.1 del Genesi («siate
fecondi e moltiplicatevi», 1,28) e non considera il c.2, che non parla di
procreazione, ma solo dell’amore («saranno una sola carne», 2,24).
La novità allarmante
di oggi, invece, è una vera e propria colossale campagna mediatica, con
applicazioni politiche e sommi guadagni economici, di esaltazione e giustificazione
del piacere sessuale fine a se stesso,
campagna condotta, quando non prevale la suggestione emotivistica, con
argomenti pseudoscientifici o pseudofilosofici, in nome di una falsa libertà,
che pretende di assegnare allo spirito umano una creatività sul sesso, che non gli compete, di cambiare le regole e differenze
sessuali naturali in nome di un falso concetto della diversità sessuale e per
conseguenza di favorire una falsa libertà di scelta del proprio orientamento
sessuale, con tutta una serie di capziosi e dannosi sofismi, che hanno un unico
scopo e conducono ad un unico risultato: quello di esaltare e sfogare una
libertà e felicità sessuali - significativo è il termine gay –, che per la morale
tradizionale non è altro che il vizio della lussuria,
ossia precisamente la frustrazione della vera libertà e felicità sessuali e
cioè l’esatto contrario della castità, intesa
come vera e feconda comunione fra uomo e donna, mediante la moderazione ragionevole
dell’istinto sessuale naturale, vera fautrice della felicità sessuale e
realizzazione della dignità umana.
Una cosa da
tener presente per capire il senso e la causa del moderno assalto
dell’idolatria del sesso alla Chiesa e alla stessa convivenza civile, è che il
piacere sessuale può essere scisso dall’esercizio fisiologicamente normale
della sessualità, ossia la normale e naturale unione fra l’uomo e la donna, e
può essere ricavato da atti aberranti, anormali o innaturali, come la
masturbazione, la sodomia, l’incesto, la pedofilia o l’unione con cadaveri
(necrofilia) o con animali (bestialità). Ma anche ammesso che non si tratti di
atti innaturali o contro natura, ma del normale coito, il piacere può esser
tratto da atti fisiologicamente naturali ma moralmente illeciti, come
l’adulterio, la prostituzione, la fornicazione, i rapporti prematrimoniali.
Ora dobbiamo
dire con assoluta certezza seguendo una sana antropologia, che lo spirito deve
effettivamente padroneggiare e dominare sull’appetito sessuale e non accontentarlo
nelle sue tendenze irrazionali, devianti o patologiche, distinguendo le
funzioni sessuali dalle disfunzioni, ma senza la pretesa di determinare forme e
comportamenti sessuali diversi da quelli naturali, quasi da aggiungerli ad essi,
come se questi non bastassero o che l’uomo, come una specie di demiurgo o di
mago, avesse facoltà e possibilità di farlo.
Esiste
effettivamente nell’etica sessuale il momento della scelta, scelta del partner,
scelta del modo concreto di vivere la propria unione, scelte nel corso della convivenza,
scelte educative, scelte economiche, lavorative, politiche, amicali, culturali,
sociali, ecclesiali e così via.
Ma la scelta,
se vuole essere felice e gradita a Dio, non può esser fatta ignorando od oltrepassando
l’arco delle possibilità prestabilite,
previste o prefissate dalla natura umana, espressione della volontà di
Colui che ha creato l’uomo e la donna a Sua somiglianza ed ha voluto che
fossero una sola carne.
Uscire deliberatamente ed ostinatamente
dall’orizzonte o dai confini della sessualità normale con ignoranza, sicumera, tracotanza,
spavalderia (l’«orgoglio gay») e presunzione, laddove ci si dovrebbe vergognare
e ci si dovrebbe fermare con orrore, insultando la virtù della castità e chi la
pratica, attratti da un illusorio piacere e da un amore egoistico, che non
corrispondono a ciò che il cuore umano naturalmente ed intimamente desidera e
per cui è fatto, ossia essere maschio e
femmina una sola carne in Dio, non è, come credono i sodomiti, vanto da superuomini
o di progressisti, ma vuol dire essere vergognosamente cacciati dal paradiso
terrestre, ingannati dal serpente, vuol dire mancare del lume della ragione ed
esser sedotti ed oppressi dalla concupiscenza, schiavi della carne e delle
tristi conseguenze del peccato originale, ciechi e insensibili alle cose dello
spirito e di Dio, miseramente impigliati nei lacci della sensualità e della
libidine. Altro che libertà! Altro che felicità! Altro che amore! Stoltezza, superbia,
squallore, durezza di cuore, amarezza, confusione di coscienza, disperazione e
dannazione finale.
Meglio
Lutero che certi moralisti «cattolici»
Lutero avrà
disperato del fatto che nella vita presente possiamo vincere la concupiscenza e
per questo ha respinto il voto di castità; sarà stato troppo indulgente nello
scusare i peccati carnali suoi e altrui; sarà stato ipocrita nel credere che si
possa essere ad un tempo in grazia e in stato di peccato mortale; ma, fedele
alla Sacra Scrittura, non si è mai sognato, non dico di giustificare, ma neanche
di tollerare il peccato della sodomia, e non ha mai fatto della lussuria una virtù,
giungendo a lodare la stessa Verginità
della Madonna.
Sempre
basandosi sul racconto biblico della creazione, Lutero percepisce con totale chiarezza
e convinzione che Dio ha creato due sessi
e solo due sessi, con ben precise e fisse caratteristiche e finalità: il maschio
e la femmina, per cui, per quanto egli fosse indipendente nell’interpretazione della
Scrittura, tanto è chiaro il testo biblico, rispondente del resto all’esperienza
umana più elementare, che non gli passa neppure per l’anticamera del cervello di
ipotizzare, come fa il Padre James Martin, che Dio potesse autorizzare la scelta
di altri «orientamenti sessuali», come legittime alternative alla coppia maschio-femmina,
origine del matrimonio, al quale Lutero credeva fermamente con grande rispetto,
come fondamento della famiglia e cellula della società e della Chiesa, benché
non lo accettasse come sacramento, ma ciò solo a causa di un’inadeguata idea di
sacramento, nel quale non vedeva il segno produttore della grazia da esso
significata, ma solo il segno manifestativo della grazia già ricevuta[1].
Lo stesso
Lutero, come è noto, visse una vita coniugale morigerata, normale, felice,
operosa e feconda, da buon padre e da buon marito, anche se ovviamente è da
riprovarsi severamente il sacrilegio compiuto. Egli e sua moglie, la fedele
Caterina, erano convinti di obbedire alla volontà di Dio: «crescete e
moltiplicatevi».
La
confusione del diverso con l’illecito
La scelta
morale di fondo in campo sessuale è fra la castità e la lussuria. La prima è la
scelta buona e virtuosa, meritevole del premio eterno; la seconda è quella
cattiva e viziosa, meritevole della dannazione eterna.
Occorre
tener presente, al riguardo, che la natura umana, maschio e femmina, ha una sua
propria struttura fissa, determinata ed immutabile, voluta dal Creatore. Essa
precede ed orienta l’esercizio della
nostra volontà, la quale, quindi, non ha
facoltà di plasmarla o mutarla, ma ha il potere e il dovere di realizzarne in
infiniti modi diversi le potenzialità e le tendenze.
Esiste certo
una legittima diversità di scelte sessuali, che però non deve supporre la confusione
del diverso col patologico, con l’abnorme o con l’illecito, ma che è legittima
in quanto resta nell’orizzonte e nei limiti della normalità ed è osservanza
della castità.
Un rapporto
sessuale cercato egoisticamente solo per il proprio piacere, con eventuale
fecondità fisica ottenuta artificialmente, un rapporto che non esprima la naturale complementarità reciproca fisica e
spirituale fra uomo e donna, un rapporto che non esprima una comunione
almeno spirituale, vissuta in omaggio a Dio, è falsamente chiamato «amore»,
perché il vero amore tra uomo e donna è incontro volontario ed unione spirituale
tra soggetti affini e tra di loro proporzionati e corrispondenti, tali che da
essi esca un’opera o un impegno comune per tutta la vita, in tal caso la
generazione e l’educazione della prole.
Certo, in
quanto si tratta di due persone umane, l’amore e la fedeltà nelle unioni
omosessuali non sono impossibili; ma sono complicate ed ostacolate dalla
mancanza di quella reciprocità, fisica e psicologica, che dovrebbe costituirne
il fondamento e la normale attuazione.
Le ragioni
dell’astinenza sessuale
Nelle
religioni, tanto l’astinenza sessuale quanto l’unione sessuale – la cosiddetta
«prostituzione sacra» - possono essere segni o condizioni dell’unione con Dio
o, come nel primo caso, per significare che Dio è Spirito, indipendente dalla carne
- un’eco di ciò nel cristianesimo è la castità consacrata -; oppure per significare,
come nel secondo, che l’unione sessuale è creata da Dio e quindi può essere un’espressione
del culto divino - un’eco di ciò nel cristianesimo è il concetto paolino del matrimonio
come segno dell’unione di Cristo con la Chiesa -.
L’astinenza
sessuale, a volte, come nello gnosticismo e in Platone, può sottendere l’idea
di un’opposizione irreconciliabile fra spirito e corpo, come tra buono e
cattivo, per cui, essendo Dio Spirito, non è visto come creatore, ma come nemico
del sesso, visto come origine e principio del male e del peccato, indipendente
da Dio o creato, come nel manicheismo, da un dio cattivo.
Per questo, in
quelle concezioni dualistiche, che purtroppo hanno influito sul cristianesimo, inteso
l’uomo non come composto di spirito e corpo, ma come puro spirito, risulta che
tutto il problema morale si concentra su come vincere le tentazioni della carne
e addirittura fare in modo che il desiderio sessuale si estingua del tutto con
la morte, per la quale l’anima, finalmente libera dal sesso, perché libera dal
corpo, può, senza di esso, godere liberamente e per sempre della visione di
Dio.
È evidente che
in questa concezione la prospettiva della resurrezione del corpo è totalmente ignorata
e, se viene conosciuta, viene sdegnosamente respinta come la stoltezza di chi
aspira a riavere quel corpo, dal quale vengono tutte le tentazioni e che blocca
il cammino dell’anima verso Dio.
Ma questo
spiritualismo non è così autentico, come a tutta prima potrebbe sembrare. In
realtà, questa concezione morale, considerando non lo spirito e la volontà, ma
la materia come principio del male e del peccato, finisce per nascondere una
sottile e comoda mentalità materialista, che abdica alla responsabilità della
volontà, la quale, invece, per la verità,
è la molla prima del peccato, peccato
che quindi non è innanzitutto quello carnale o sessuale, non è la lussuria, ma
è il peccato spirituale di superbia e disobbedienza
nei confronti della legge e della volontà divina.
D’altra
parte, se lo gnosticismo crede a un Dio sì spirituale e immutabile, ma astratto
e glaciale, che disprezza il sesso, la concezione etica opposta, ossia
l’epicureismo, che rivive oggi nell’edonismo, nel freudismo, nel genderismo e
nell’erotismo, adora un Dio affamato di sesso, che non può fare a meno del
sesso, un Dio immerso nella materia, nel
mondo e nella storia, un Dio che di spirituale non ha altro che il calcolo dei
piaceri.
È chiaro che
qui l’astinenza sessuale, quando c’è, non ha nessun fondamento spirituale e non
ha nulla a che vedere con la ricerca di Dio, ma è una semplice convenzione
sociale, espediente che assicura buona fama ed onorabilità esteriore, una norma
di convenienza o una semplice regola di civile buona educazione, che impedisce
di aggredire una bella donna che passa per la strada, ma che poi di nascosto
può permettere ogni sfogo della concupiscenza. Anche Freud consiglia ed anzi
raccomanda cose del genere, pur lasciando piena libertà di soddisfare alla
libido, del resto indomabile, e di godere di nascosto. Si tratta evidentemente
di farisaismo allo stato puro.
È chiaro che
l’epicureismo, per quanto si picchi di apprezzare un certo piacere spirituale
soggettivo, è tutto racchiuso nei piaceri della vita presente, dato che non
crede in una vita dell’anima nell’oltretomba, e quindi tanto meno crede nella futura
visione celeste di Dio, e dato che non crede neppure nell’immortalità
dell’anima. Quindi, nell’epicureismo, se c’è da frenare il desiderio sessuale,
ciò non è assolutamente motivato per uno scopo religioso, ma solo da
convenzioni sociali o per il piacere che si prova nel frenare la passione.
Se un Rahner,
molto vicino in ciò ad Epicuro, parla di «resurrezione», non intende
assolutamente riferirsi a un fatto del futuro dopo la morte, perché per lui non
c’è un «dopo la morte», ma tutto il rapporto con Dio si risolve nella vita presente,
in quanto con la morte tutto l’uomo, anima e corpo, muore e tutto risorge, ma «nella
morte», idea piuttosto oscura, che sembra dar valore alla morte in se stessa.
C’è da
chiedersi allora: se siamo già risorti adesso, che ne è del presente stato di
natura decaduta conseguente al peccato originale? Non c’è più bisogno
dell’ascesi e dell’astinenza sessuale per consentire allo spirito di vincere la
carne e di elevarsi a Dio?
E difatti
Rahner, troppo preoccupato di sottolineare l’unità di anima e corpo
nell’individuo umano, fino quasi a confonderli, anche quando parla della vita
religiosa, come per esempio della vocazione ignaziana, non fa mai luce sul voto
di castità. La sua antropologia monista e la sua morale liberale, così
apparentemente spirituali per non dire mistiche, non danno in realtà un chiaro
fondamento e una chiara ragione del voto di castità, perché non possono darlo.
La concezione
tradizionale della castità e la nuova prospettiva
La
concezione tradizionale della castità batte sulla necessità di reprimere i moti
della carne al fine di assicurare la libertà dello spirito, supponendo una permanente
insuperabile situazione di conflittualità tra carne e spirito, tra volontà e
passione, e tra uomo e donna, perché si resta chiusi nell’orizzonte della
natura decaduta.
Sembra che
tutto il problema della felicità sia quello di una graduale ed inesorabile estinzione
del desiderio e del piacere sessuali, come se il destino ultimo e la felicità
finale dell’uomo fossero racchiusi nel puro spirito, ossia nella condizione dell’anima
separata, sia pur fruente della visione beatifica.
S.Tommaso fa
notare che la visione beatifica dell’essenza divina in cielo soddisfa
pienamente l’anima; ma manca la felicità corporea[2],
perché fino a che non avverrà la resurrezione del corpo, l’anima è priva del
suo corpo. Quindi l’uomo in queste condizioni non è completamente felice: «la
beatitudine dell’anima dopo la riassunzione del corpo sarà più perfetta di
prima», perché «l’operazione dell’anima
congiunta al suo corpo è più perfetta dell’operazione dell’anima separata»[3].
Questo
significa che l’atto del senso conferisce alla perfezione dell’atto dello spirito
e gli dà la piena perfezione e felicità. E per converso, l’atto dello spirito
si completa nell’atto del senso. Ora, Tommaso sostiene che alla resurrezione tutti
i sensi corporei saranno in atto[4],
compresa, quindi, come se ne deve dedurre, la sensibilità sessuale, che è la più
nobile e perfetta, non certo in quanto funzionale
alla procreazione, ma in quanto espressione dell’amore («una sola carne»).
L’anima godrà del sesso e il sesso godrà dell’anima ed entrambi godranno in
Dio. Tra piacere sensibile e piacere spirituale ci sarà perfetta armonia, perché
l’uno e l’altro sono creati da Dio. Questa
è la castità escatologica.
Sappiamo
che, come ha insegnato S.Giovanni Paolo II[5]
riprendendo un insegnamento di S.Tommaso[6],
in cielo vi sarà la differenza fra maschio e femmina, ma non siamo in grado su
questa terra di immaginare come sarà la loro unione, perchè quaggiù conosciamo solo
due sessi generativi e corruttibili, mentre lassù avranno terminato l’opera
della generazione e saranno incorruttibili, similmente a come adesso non
possiamo immaginare com’è in cielo il corpo di Cristo risorto e il corpo di
Maria Assunta.
Inoltre, la detta
concezione tradizionale risolve il problema della castità in un problema esclusivamente
personale di controllo o repressione dell’istinto, come potrebbe essere, per
esempio, il problema dell’alimentazione o del riposo. Certo è essenziale il
riferimento all’altro sesso, ma solo al fine del dominio dell’istinto.
L’esercizio della castità non è concepito come esperienza di comunione con l’altro
sesso, come condivisione di valori o come l’attuazione di una reciproca complementarità
su di un piede di pari dignità di natura e di persona.
La prima cosa
che interessa questo tipo di castità non è la condivisione, comunione o
comunicazione con l’altro sesso, ma la protezione o difesa dalla tentazione, la
vigilanza sui pericoli, la fuga dalle occasioni, la salvaguardia della propria
incolumità emotiva, un atteggiamento che privilegia la diffidenza alla
confidenza, la riservatezza all’apertura d’animo, la freddezza all’affettuosità.
È oggi
sempre più evidente che una castità motivata e sostenuta da questi princìpi, è
sempre meno in grado di far fronte e di resistere vittoriosamente alla
pressione ed alla seduzione dell’edonismo imperante, si tratti della semplice
prospettiva dell’anima separata, che, estinti i desideri carnali, contempla Dio
in paradiso o si tratti di salvare le apparenze alla maniera di Freud, per
lasciare poi al soggetto la licenza di condursi accondiscendendo all’istinto,
giacchè il libero arbitrio è negato. Abbiamo bisogno dell’incoraggiamento che
ci viene da uomini e donne risorti, coniugi e religiosi, che ci diano la
testimonianza di un amore fervente, equilibrato, sereno, casto, ricco di opere
e genuinamente fondato in Dio ed orientato a Dio.
La castità
tradizionale sopra descritta non è più in grado di reggere o resistere alla
pressione, all’aggressione ed alla seduzione mai verificatesi nella storia
della Chiesa, di poderose ed astute forze massmediatiche e pubblicitarie
anticristiane ed antiumane, che tentano di imporre il piacere sessuale come valore assoluto della vita, quindi praticamente
imporre la lussuria al posto della castità come
attrattiva e scopo della sessualità.
Occorre
mostrare un ideale di castità, nel quale da una parte l’unione sessuale appaia
esempio e testimonianza di santità, e questa è la castità dei coniugi, prefigurazione
della loro unione non generativa nella resurrezione; e dall’altra, la comunione
dell’uomo con la donna nella vita religiosa, nella quale l’astinenza sessuale per
il regno dei cieli è quell’esser «eunuchi» (Mt 19,12), che procura il centuplo «sin
da questa vita, insieme a persecuzioni e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,30).
Da ciò
risulta che la nuova prospettiva della castità offre motivazioni e ragioni più persuasive,
più decisive, di carattere biblico, confortata dal Magistero di S.Giovanni
Paolo II, rispetto alla concezione tradizionale. Essa è più efficace nello
spingere, soprattutto i giovani, ad affrontare i sacrifici e le rinunce
necessarie per conseguirla e quindi è la risposta veramente risolutiva
all’assalto ed alle insidie dei seduttori.
La promozione
della rinnovata pratica della castità è stimolata dagli esempi di coloro, coppie
di coniugi e di religiosi[7],
che già la vivono e ne danno testimonianza col saper confutare gli errori in
materia e con la fecondità delle opere, che sono frutto di questa nuova pratica.
In campo religioso sono al riguardo da segnalare le coppie
direttore-fondatrice, che sono all’origine di moltissimi istituti religiosi
femminili. Nulla invece di tale fenomeno nel protestantesimo, dove la
collaborazione uomo-donna, salvo lodevoli eccezioni, è bloccata dal problema della
concupiscenza, a meno che non le si voglia dare uno sbocco nel matrimonio.
Già nella visione
tradizionale cattolica solo pochi sono chiamati
alla pratica del consiglio evangelico della castità. Ma ancora più pochi,
almeno per adesso, sono chiamati alla pratica della nuova visione della
castità. Ma non importa. L’importante è guardare al loro esempio, e trarre da esso
forza e fiducia per la custodia e la conquista della castità, seguire i loro
insegnamenti, avvisi e consigli. È questo il modo per il comune fedele di difendersi
dalle insidie e dagli inganni dei seduttori.
Una falsa
libertà
Gli
apologeti della lussuria fanno l’apoteosi del piacere sessuale ottenuto in un
modo o con un mezzo qualunque, non importa se naturale o innaturale, moralmente
lecito o illecito. Questa ricerca del piacere viene poi legata ad un concetto
della libertà, e questa, a sua volta, è intesa come libertà di scelta tra vari
indirizzi o possibilità o, come dicono, tra «diversi orientamenti».
Questo
ragionamento viene applicato soprattutto ad una supposta libertà di scelta fra
l’orientamento eterosessuale e quello omosessuale. Ora, bisogna tener presente
che la libertà di scelta è moralmente legittima quando gli oggetti della scelta
sono entrambi moralmente buoni. Certamente esiste la libertà di scelta tra il
bene e il male; ma è chiaro che, se uno vuole essere moralmente buono,
sceglie il bene.
Ora, oggi è
diffusa l’opinione che anche l’unione tra omosessuali è di per sé buona. Da qui
la tesi, secondo la quale anche la scelta omosessuale sarebbe buona, per cui
chi la fa non pecca, ma fa cosa buona e lodevole. È libero di farla non solo in
senso psicologico; il che è indiscutibile, ma anche in senso morale; il che
invece va negato categoricamente.
La libertà
di scelta, nel campo sessuale, come in tutti i campi dell’agire umano, per essere moralmente buona, onesta e lodevole,
dev’essere esercitata nell’arco o nell’ambito di quelle possibilità od opportunità,
che sono comprese ed offerte all’interno delle leggi e delle finalità naturali
della sessualità umana, così come risultano dall’antropologia e dalla
rivelazione cristiana.
Per comportarci
da uomini ragionevoli, obbedienti alle leggi della nostra natura ed orientati ai
suoi fini; per non essere uomini spregevoli ed esser graditi a Dio, non dobbiamo
scegliere istintivamente ciò che piace di più al senso, ma ciò che, al lume della
ragione e della fede corrisponde alle esigenze ed alle finalità dell’unione dell’uomo
con la donna secondo la volontà originaria di Dio creatore, natura, decaduta quaggiù
dopo il peccato originale, ma redenta da Cristo ed aperta alla speranza della ricostituzione
di questa unione nella futura resurrezione.
Tolleranza e
libertà
Non bisogna
confondere la tolleranza con la libertà. Certi comportamenti sessuali vanno
tollerati con misericordia e comprensione. Su altri invece occorre intervenire
con chiarezza e fermezza, con istruzioni, esortazioni, avvertimenti, ammonimenti,
rimproveri e, se occorre e può servire e
si è costituiti in autorità, anche con minacce e castighi. Questo è
l’insegnamento di Cristo e dei Santi.
La
tolleranza dev’essere contemperata con la responsabilizzazione del soggetto da
correggere. L’educatore deve saper discernere, caso per caso, quando e fino a
che punto deve tollerare per non chiedere troppo al corrigendo, e quando
invece, conoscendo le sue risorse, deve far appello ad esse, richiamando, ammonendo,
rimproverando o correggendo.
È chiaro –
per restare nel campo del problema della castità - che chi pecca perché
sopraffatto dalla passione o dalla concupiscenza, possiede delle attenuanti,
anche se la materia del peccato è grave. In tal senso si possono ammettere
attenuanti nel peccato di sodomia in certi soggetti particolarmente pressati
dal vizio.
Similmente
Papa Francesco nell’Amoris laetitia ammette
la possibilità di attenuanti nel peccato di adulterio in certi casi di unioni
tra divorziati risposati. Anche i peccati commessi da una prostituta che non
può uscire dal suo stato possono ricevere delle attenuanti. Anche il divorzio
nell’Antico Testamento, per ammissione stessa di Gesù, era tollerato.
Concedendo
il più largo spazio alla tolleranza, è chiaro comunque che tutti sono tenuti
alla pratica della castità, anche gli omosessuali, proporzionatamente alle loro
forze. Hanno altresì un dovere di fedeltà reciproca, ovviamente non nel
peccato, ma in tutti quei campi nei quali essa è virtù.
L’unione
omosessuale, tuttavia, per quanto possa essere stabile, non ha i caratteri
dell’indissolubilità, che è legata solo all’unione uomo-donna, dove esiste una
reciprocità naturale, che non esiste nel legame omosessuale. Non è quindi il
caso di parlare di matrimonio. Si potrà parlare, come del resto già si fa, di
«unione civile». Del matrimonio hanno solo l’aspetto della convivenza di
coppia; ma mancano gli altri aspetti essenziali del matrimonio, che sono
l’unione di un uomo e di una donna in vista della generazione.
Può essere
benedetta dal prete un coppia del genere? Il prete può benedire le persone, ma
non l’unione come tale, che di per sè è peccaminosa e, come è noto, sotto il
nome di sodomia. Dio quindi non la può approvare e non la può benedire.
Tuttavia la può tollerare, in modo che i due possano salvarsi. Se possono
abbandonare la convivenza, è meglio, perché tutto sommato, essa è una continua occasione
di peccato, mentre essi, se possono lasciarsi, hanno in tal modo la possibilità di continuare
la loro amicizia, con maggiori probabilità di convertirsi e di ottenere la
grazia di Dio, mettendo a frutto le loro buone qualità nella società e nella
Chiesa.
La vera
libertà sessuale è la fruizione della sessualità maschile e femminile, secondo la legge naturale in armonia con la
libertà spirituale dei «figli di Dio, guidati dallo Spirito» (Rm 8, 15). Una
libertà sessuale che non provenga dall’obbedienza alla legge morale, ossia, che
non sia pratica della castità, non è libertà, ma schiavitù della passione e del
peccato
Cristo
riprende ciò che era al principio per condurci a ciò che sarà alla fine
Cristo è
venuto per far tornare l’umanità, come Egli dice, «al principio», ossia per restaurare
o ripristinare quella perfezione umana e quindi quella comunione fra uomo e donna,
che è stata spezzata dal peccato e che corrisponde alla volontà originaria del
Creatore: «saranno una sola carne».
È stata
ripristinata con quali mezzi? Con l’opera della Redenzione. Se allora col
peccato è sorta una ribellione della carne allo spirito (lassismo) e un’eccessiva
severità dello spirito nei confronti della carne (rigorismo), per cui da una
parte abbiamo Epicuro, e dall’altra Platone, ecco che l’opera della Redenzione
da una parte con l’ascetismo mortifica i desideri della carne ed eleva lo
spirito, mentre dall’altra, con la prospettiva della resurrezione, dà all’uomo
e alla donna la speranza di poter tornare ad essere nella vita eterna una sola
carne, come era in principio, ma senza l’opera generativa, che appartiene solo
alla vita presente, mentre l’amore è immortale.
Cristo, con
la sua Croce e la sua Resurrezione, ha riconciliato lo spirito col sesso e
l’uomo con la donna. Lo spirito torna ad esprimersi nel sesso e il sesso si eleva
all’altezza dello spirito. Uomo e donna non sono più un pericolo l’uno per
l’altra, ma reciproco aiuto nell’opera della
santificazione.
Già i Padri avevano capito che con Cristo, ad
Eva tentatrice si sostituisce Maria come via del cielo. Il nuovo concetto di
castità non è che un proseguire su questa linea. Maria Assunta in cielo anima e
corpo non è il modello dell’anima separata, ma dell’essere umano composto di
spirito e sesso.
All’uomo che
domina sulla donna perchè la teme e la disprezza, si sostituisce l’uomo che collabora
con la donna perché la stima. Il dialogo sostituisce la diffidenza. I muri sono
sostituiti con i ponti. Alla separazione si sostituisce l’unione.
E se la separazione
quaggiù è ancora necessaria a causa dell’opposizione tra spirito e carne,
lassù, nella ritrovata unità fra spirito e carne, la comunione, che inizia quaggiù
nella Chiesa, sarà completa per noi, per adesso, in un modo incomprensibile, dato
che conosciamo solo il sesso della corruzione. Si è finalmente compreso il significato
profondo, ultimo, biblico della femminilità, che, come ha indicato S.Giovanni
Paolo, II ancor più che dar figli al maschio –compito sempre nobilissimo ma solo
terreno - , è quello di dar senso alla
vita dell’uomo e questo vale per l’eternità. In tal senso Getrude von Le
Fort scrisse il suo famoso libro La Femme
éternelle.
Ma da
un’attenta riflessione su questo piano della salvezza, ricaviamo un nuovo concetto
di castità, che risulta dalla dottrina della «teologia del corpo» di S.Giovanni
Paolo II. Finora il referente escatologico supremo della castità è stato il
voto di castità. Col nuovo concetto il referente è la comunione escatologica
uomo-donna «una sola carne». Tale comunione escatologica non va intesa come
culmine finale della pratica del voto di castità, ma come pienezza finale della
comunione uomo-donna, alla quale la pratica del voto su questa terra conduce. Il
che vuol dire che il riferimento non è più all’anima separata, ma la comunione
uomo e donna anima e corpo nella resurrezione.
Naturalmente
il voto di castità conserva tutto il suo valore. Ma esso appare come non mai un
provvedimento di emergenza, certamente fondato sul Vangelo, ma funzionale alla vita
presente. Nell’eden e nella resurrezione non esiste il voto di castità, perché,
data l’armonia tra spirito e carne e tra uomo e donna, non è necessario. Esso infatti
serve quaggiù a ricostituire questa armonia. Ma una volta raggiunto lo scopo, in
cielo perderà la sua funzione e la sua ragion d’essere.
In questo
momento, nel quale le forze dell’inferno attaccano come non mai la Chiesa sul
tema della castità, occorre opporre ad esse questa più avanzata concezione
della castità, che mostra come nel
cristianesimo essa trovi la sua più alta espressione in tutta l’umanità.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato,
7 maggio 2019
[1] Lutero non riconosce che il
ministro del sacramento è causa strumentale della grazia, la cui causa principale
e prima è Dio, che si serve del ministro. Secondo lui, riconoscere al ministro
questo potere, vorrebbe dire rendere il sacramento un’opera di magia. Ma ciò è
falso, perché nella magia il mago si arroga un potere divino che non ha, mentre
nel cristianesimo il ministro ha bensì un potere divino, ma conferitogli da
Cristo.
[2] Sum.Theol., Suppl., q.93, a.1.
[3] Ibid.
[4] Suppl., q.82, a.4.
[6] Sum.Theol.,
Suppl.,q.81, a.2; LA RESURREZIONE DELLA SESSUALITA’ SECONDO
S.TOMMASO, in Atti dell’VII Congresso
Tomistico Internazionale a cura della Pontificia Accademia di San Tommaso,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1982, pp. 207-219.
[7] Cf il mio libro La coppia consacrata, Edizioni Vivere
In, Monopoli (BA), 2008.
Molto interessante richiamare questi valori, che nel mondo odierno sembra che siano scomparsi. Mi piace e condivido quanto espresso perché del resto è conforme all'educazione cattolica che io ho ricevuto fin dalla fanciullezza. Pertanto ringrazio di cuore Padre Cavalcoli per averci rinverdito queste nozioni riguardanti la Sacra Dottrina.
RispondiEliminaNon sono per niente d'accordo con quanto scritto. Nessun atto sessuale (inclusa la masturbazione) è innaturale. La sessualità ha diverse forme e variazioni. L'eccezione viene fatta per la pedofilia, la zoofilia e la necrofilia, che sono atti gravissimi e aberranti. Il sesso è peccato solo quando allontana dalla devozione e dalla fede. Negli altri casi non c'è peccato grave; pertanto smettiamola di fare questo terrorismo psicologico. La castità (se protratta nel tempo) non è salutare né per l'organismo né per la psiche. Questo non lo dico io, bensì diversi studi che hanno condotto andrologi e medici competenti. Tali ricerche hanno dimostrato come l'esercizio della sessualità faccia bene all'organismo, indipendentemente se il piacere viene raggiunto da soli (perciò con la masturbazione) o tramite atti sessuali veri e propri.
RispondiEliminaLa castità è senza dubbio una delle belle virtù, ma non demonizziamo il piacere sessuale. Un conto è provare piacere per certi atti, un altro è idolatrare il sesso.
Caro anonimo,
Eliminal'atto sessuale può essere naturale o innaturale. E' naturale, quando è biologicamente sano, compiuto nell'unione con l'altro sesso e pertanto aperto alla procreazione sia che essa avvenga, sia che non avvenga. E' innaturale o contro natura, quando non si realizza in unione con l'altro sesso, ma si attua da solo (autoerotismo o masturbazione) o è incompleto (onanismo) o con lo stesso sesso (omoerotismo) o con minori (pedofilia) o con animali (zoofilia) o con cadaveri (necrofilia).
Ma per evitare il peccato e perchè l'atto sia onesto, e può essere anche santo, non basta che l'unione sia naturale. Occorre che sia conforme alle esigenze e alle finalità della procreazione umana e dell'amore fra uomo e donna. Perchè ciò avvenga, occorre che l'unione avvenga nel matrimonio monogamico ed indissolubile, perchè solo in questa unione è rispettata la dignità immortale della persona dell'uomo e della donna e si può attuare convenientemente l'educazione della prole.
Se invece l'unione avviene prima o fuori del matrimonio, le suddette condizioni non si verificano, per cui si hanno le varie forme di unioni biologicamente normali, ma peccaminose: tra non-sposati (prostituzione, concubinaggio o fornicazione); tra uno sposato e l'altro che è coniuge di un altro (adulterio); tra familiari (incesto); unione violentata (stupro).
Il piacere sessuale è di per sé buono e creato da Dio. Se è espressione della comunione spirituale fra uomo e donna, come per esempio nel matrimonio, è moralmente lodevole, è atto della virtù della temperanza sessuale, è espressione dell'amore. Se invece il piacere è cercato per se stesso, indipendentemente che si tratti di unione naturale o di atto contro natura, il piacere è moralmente illecito e peccaminoso ed è effetto del vizio della lussuria.
La materia del peccato sessuale in genere è grave perchè offende la dignità della persona o la vita umana che nascerà o che può nascere dall'unione, realtà sacre create ad immagine di Dio.
Ad ogni modo la colpa da mortale scende a veniale quando manca un consenso pienamente deliberato e una piena avvertenza, quindi si pecca non per malizia, ma per fragilità.
Possono esistere vari modi individuali di attuare la sessualità, ma non esistono varie forme di sessualità, perchè la sessualità ha una sua propria e precisa forma unica ed essenziale e stabilita dalla natura creata da Dio: l'unione dell'uomo con la donna per esprimere l'amore e per la procreazione. Una forma diversa da questa non è normale, ma viziosa.