Luigino vuol convertire Dio


Luigino vuol convertire Dio

Convertitevi a me ed io mi convertirò a voi
Zc 1,3

Luigino Bruni su Avvenire del 3 maggio scorso è tornato sul tema del come affrontare cristianamente l’attuale pandemia ed ha trattato in particolare di come bisogna pregare soprattutto in riferimento all’esempio di preghiera che ci danno i Salmi. Ottima idea, se non fosse che Luigino fraintende completamente il senso di questa preghiera, che egli intende non come basata sul riconoscimento e pentimento del proprio peccato - «contro te solo ho peccato» (Sal 51,3) – e per conseguenza del giusto giudizio divino (v.6), ma richiesta pressante e quasi comando fatto a Dio, di «cambiare direzione, di tornare, di convertirsi» nel senso evidente di smetterla di affliggerlo e di fare il buono.

Luigino non si sogna nemmeno di implorare da Dio con animo pentito e disposto alla conversione, la sua misericordia e il suo perdono per i suoi peccati, dei quali sta sperimentando le conseguenze. È invece stufo di sentirsi maltrattato da un «Dio nella gabbia, nella quale lo rinchiudono la teologia e le religioni» e vuole «liberarlo». Quale sarebbe questa gabbia? Lo spiega nel corso del suo articolo.

Innanzitutto non gli va bene quella che egli chiama la «visione economico-retributiva della fede», corrispondente all’«immagine del giudice e del linguaggio forense». Luigino non si rende conto che la soppressione di queste forme simboliche o metaforiche analogiche per esprimere il nostro rapporto con Dio, usate da Cristo Parola di Dio e consacrate nel dogma ecclesiale, non purifica per nulla la concezione il nostro rapporto morale e salvifico con Dio, ma lo fa svaporare o nelle nebbie dello gnosticismo o nella grossolana immagine della più rozza mitologia, della quale qui Luigino ci dà un colorito esempio.

Poi a Luigino innanzitutto non va bene «una fede che svolge la funzione di giustificare la divinità, che grazie a questo espediente religioso cade sempre in piedi, esce sempre innocente dalle nostre sventure. E così le religioni sono spesso diventate dei meccanismi morali, che salvano la giustizia di Dio sacrificando l’innocenza degli uomini».

No, no, no, ci dice Luigino, così non ci siamo. Bisogna che abbiamo il coraggio di fare un richiamo a Dio, di dirGli che non si può andare avanti così, che non va bene che, ogni volta che ci capita un guaio che non ci siamo procurati noi, Egli tenti di tenersi fuori; non deve dirci per mezzo di suoi teologi leccapiedi rimasti fermi al Concilio di Trento che Lui non c’entra, o magari dirci che la natura si vendica, perchè l’abbiamo offesa; non deve dichiararsi innocente col pretesto che non possiamo penetrare i suoi arcani decreti. Noi siamo disposti a credere alla sua bontà, ma non può più pretendere che possiamo digerire tutto senza batter ciglio credendo ad occhi chiusi che comunque Lui è «buono». No. Questa storia deve finire. Se Dio vuole darci prova di essere veramente buono, deve cambiare, si deve correggere, si deve convertire. Deve lasciarci in pace godere la vita senza starci alle costole con pretese pedagogiche, minacce e punizioni.

La preghiera dei Salmi, dunque, – ci assicura Luigino – c’insegna come si fa a «cambiare», a «convertire» e a «liberare» Dio. Luigino infatti si sente perfettamente innocente e gli vien voglia, piuttosto seccato com’è, di chiedere perentoriamente a Dio «fino a quando» deve andare avanti questa storia. In tal caso, osserva Luigino, «la preghiera biblica diventa il primo esercizio di libertà, un uomo liberato che riesce a liberare il suo Dio» dai vecchi schemi del Dio precristiano punitore e giustiziere.

Un Dio che educa con i castighi non è fatto per Luigino. È un Dio vecchio e superato, preevangelico e preconciliare, un «dio degli antichi», come lo chiama Luigino, ossia un dio pagano. Un Dio che non ha ancora recepito la rivoluzione pedagogica del ’68. Non si è aggiornato. Allora ci pensa Luigino ricorrendo ai Salmi biblici; peccato che li intenda alla rovescia.

Luigino si dice ispirato dalla Bibbia, ma in realtà non è così. Egli è caduto vittima dell’utopismo pacifista buonista russoiano-massonico, negatore del peccato originale, delle sue conseguenze penali, e a minimizzare la fragilità della natura umana ferita dal peccato ed incline a peccare. Questa condizione terrena della nostra natura, decaduta dallo stato d’innocenza dell’Eden, comporta invece il fatto che l’opera educativa, per riuscire efficace, non può essere portata avanti solo mediante il dialogo e mezzi pacifici,  ma in certi casi, quando l’educando non ascolta ragioni ed è ribelle, bisogna ricorrere a una moderata severità, che richiede coercizione e castighi, dato che, nell’ipotesi, l’educando non si corregge ed obbedisce perché persuaso da motivi ragionevoli, ma per timore della pena.

La rinuncia all’aspetto repressivo e coercitivo dell’opera educativa, in nome di una falsa misericordia e di un falso rispetto della diversità e della libertà altrui, finisce per favorire fenomeni sociali dove la misericordia è oltraggiata, perché i prepotenti, certi di restare impuniti, se ne approfittano per opprimere i deboli, in barba alla misericordia.

 Occorre pertanto far presente a chi non conosce la storia, e forse anche a Luigino, che tutti i grandi educatori, che hanno posto le basi ed edificato le più antiche e durature civiltà ed istituzioni religiose dell’umanità e in particolare i santi pastori, che hanno costruito la Chiesa in 2000 anni di cristianesimo sulla base dell’Antico e Nuovo Testamento, hanno sempre saputo  e praticato queste cose, e cioè che per formare i minori alla virtù dell’adulto l’educatore deve saper dosare, con saggezza e discernimento, mitezza e severità e che la giusta punizione ed una moderata coercizione, quando non vi sono altri mezzi persuasivi, nei confronti di soggetti indocili, li corregge dalle cattive inclinazioni e li stimola alla virtù.

Certo non bisogna eccedere nella severità, perché ciò crea soggetti scrupolosi, neurotici ed ipocriti. Ma un’educazione lassista e permissiva, come oggi è frequente, priva di disciplina ascetica, con l’assenza di correzioni energiche finché il soggetto è plasmabile, genera degli insicuri e delle canne sbattute dal vento permettendo alle cattive inclinazioni di prender piede e di rafforzarsi, in modo che, una volta che il soggetto ha contratto un vizio, non c’è più speranza di estirparlo.

Inoltre, altro aspetto della «preghiera biblica», secondo Luigino, sarebbe quello di «chiedere a Dio di diventare ciò che non è ancora, di tornare per noi, per me. E così continuiamo a liberare Dio. Siamo liberatori di Dio. Quale dignità infinita!».

Diciamo subito che «chiedere a Dio di diventare ciò che non è ancora» è una cosa assurda, perchè Dio è immutabile. Quello che possiamo chiederGli quando abbiamo peccato, per tornare in pace con lui è di spegnere, per i meriti di Cristo, la sua ira nei nostri confronti, come si esprime la Bibbia[1] . Tuttavia non è tanto Dio che deve tornare a noi, ma siamo noi che dobbiamo tornare a Lui.

A questo punto dobbiamo parlare con totale chiarezza dicendo che qui non siamo affatto davanti a una corretta interpretazione della preghiera salmica, ma abbiamo i chiari segni di una concezione magica di origine kabbalistica[2]. L’errore fondamentale di Luigino Bruni, tipico della magia, consiste nell’invertire il rapporto uomo-Dio.

Chi comanda, per Luigino, non è Dio, ma l’uomo: Dio deve obbedire, altrimenti che se ne vada per fatti suoi, perché l’uomo può ben arrangiarsi da sé e di un Dio rompiscatole e millantatore, non sa che farsene. Vediamo come va questa volta: se si converte, bene; altrimenti lo salutiamo.

Per Luigino infatti non è Dio che opera sull’uomo, ma è l’uomo che opera su Dio; non l’uomo che deve fare la volontà di Dio, ma Dio che deve fare la volontà dell’uomo; non l’uomo finalizzato a Dio, ma Dio finalizzato all’uomo. Per conseguenza: non l’uomo che pecca contro Dio, ma Dio che pecca contro l’uomo; non l’uomo che deve giustificarsi davanti a Dio, ma Dio che deve giustificarsi davanti all’uomo; non l’uomo che deve convertirsi a Dio, ma Dio che deve convertirsi all’uomo; non Dio che corregge l’uomo, ma l’uomo che corregge Dio; non Dio che libera l’uomo, ma l’uomo che libera Dio.

Se dovessi dare un giudizio rigorosamente teologico sull’articolo di Luigino, dovrei dire che, a parte qualche osservazione sensata, è un cumulo di fantasiose bestemmie. Ma, volendo essere buono, dirò che è una pagliacciata.

Credo che se Luigino dovesse essere psicanalizzato, il medico scoprirebbe nell’articolo di Luigino il travestimento consolatorio e rassicurante di irrisolti ricordi traumatici dell’infanzia, sepolti nel subconscio, ricordi che lo hanno lasciato in uno stato psichico di immaturità, dal quale però potrebbe uscire con profitto e soddisfazione leggendo, sugli argomenti trattati, le opere di San Tommaso d’Aquino.

Apologo finale
Luigino e il nonno

Luigino era un bambino furbetto e birichino, che viveva col fratellino minore Paoletto e col nonno. Luigino spesso si divertiva a prendere in giro e a fare scherzi pesanti, quasi dispetti a Paoletto, fino a farlo piangere. Il nonno spesso rimproverava Luigino e qualche volta lo punì. Ma Luigino non si correggeva affatto ed anzi avena preso in uggia il nonno, tanto che un giorno pensò di cambiarlo e di convertirlo a lui, affinché si rabbonisse e smettesse con i rimproveri e con i castighi. 

Gli disse:
-         Caro nonno, devi cambiare. Così non si può andare avanti!
-       Come sarebbe a dire? Come ti permetti? Con tuo nonno che ti vuole tanto bene?
-         Eppure, caro, nonno, sto parlando io per il tuo bene. Ti voglio liberare!
-         Liberare da che cosa!?
-      Da vecchi schemi, sei ingabbiato in vecchie idee, che non usano più. Me lo ha detto zio Roberto, che studia in Seminario.
-         E sarebbero?
-    Appunto il castigare. Mi ha detto che Dio è buono e non castiga. Non vuoi assomigliare a Dio?
-   Certo, ma chi l’ha detto che un buon nonno non castiga? Dio non manda all’inferno i cattivi? Eppure è bontà infinita. Io da piccolo fui castigato da papà e mamma e ciò mi fece bene.
-         Ma nonno l’inferno non esiste!
-         Ma chi te l’ha detto??
-         Lo zio Roberto, che pure vuol farsi prete!
-         Ma che cosa si studia in Seminario!? Mio Dio! Che preti avremo domani?
-     Nonno, non metterla così sul tragico. A me va molto bene che l’inferno non esista.
-         Per forza ti va bene! Sei un discolo disobbediente!
-         Ma non faccio niente di male!
-         Far piangere Paoletto non è male?
-         Ma è lui che è un permaloso che non sa stare allo scherzo,
-         Basta, facciamola finita. Se non la smetti di importunare Paoletto, non ti mando più al parco giochi!
-         Va bene, nonno, farò come dici.  Però ti devi aggiornare.

P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 5 maggio 2020


[1] cf II Mac 7,37; II Sam 24,25;  Sir 48,10; II Cr 33,12; Dn 9,16; I Re 13,6; II Re 13,4.
[2] Julio Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, a cura di Ennio Innocenti, Edizioni della Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988; cf le opere di Gershom Scholem sulla Kabbala.

6 commenti:

  1. Padre Giovanni, buona giornata.

    Il tema del post mi pare dimostri che dopo 2000 anni, purtroppo, non v’è consenso neppure tra cattolici autorevoli come lei, padre, e come il Bruni (nella propria cerchia), su chi sia Dio, né cosa voglia da noi.

    E pure la verità scritturale di Gesù non aiuta, proprio quando servirebbe, invece, massima coerenza logica.

    Per spiegarmi la metto sul personale.
    A mia moglie, 55 anni, dopo circa un mese dalla morte di entrambi i genitori per (sospetto) SARS-CoV-2, è stato diagnosticato un cancro al pancreas con metastasi al fegato…

    Questo evento, di suo piuttosto improbabile, capita a mia moglie che, credente effettiva, ben formata, attiva nella fede e partecipe di tutti i sacramenti, confessione compresa, non ha certo bisogno d’essere corretta da nessun pedagogico castigo divino. Neppure avrebbe senso correggere una persona con la morte.

    Se Dio intendesse invece punire me e i nostri tre figli per la marginalità a cui noi lo abbiamo relegato, allora c’è già riuscito ampiamente a suscitare la nostra resipiscenza: in famiglia ci siamo messi a recitare il rosario con mia moglie, cosa mai fatta prima. Tuttavia questo non basta a chiarire dove Dio ci voglia portare, o cosa voglia correggere in noi. Stia certo, padre, che se ne avessimo contezza, lo faremmo all’istante, onde evitare l’exitus.

    Credo di capire il sentimento di cui il Bruni abbia inteso farsi portavoce. È che Bruni e i suoi fans hanno mangiato la mela: credono di sapere ciò che è bene e ciò che è male, non solo per sé stessi (come me, lo ammetto), ma addirittura per tutti: essi credono di averne il monopolio! E così il Bruni, con piglio sindacale, arriva all’esito comico di richiamare Dio ai suoi obblighi contrattuali, ovviamente quelli congetturati da loro. È da un po’ che questi pensano seriamente che Dio, o è buono come loro, o non merita di esistere.

    In quanto alla sua tesi, padre, secondo la quale Dio infligge pene a fini pedagogici, mi consenta di contestarne l’efficacia: il premio indirizza e consolida nella virtù più della punizione, come dimostra anche l’arco di vita di Giobbe di Uz. Del resto, nell’uomo, la virtù indotta dalla paura, difficilmente si fa abitudine, più spesso dura fino a che dura la coercizione.

    Succede che il premio sia, per un educatore, più costoso da porre in essere della punizione; e per questo dei premi si fa molta economia e nelle punizioni si largheggia. Tutto qua.

    Non credo però che Dio sia un pedagogo pigro, tirchio, sadico, o povero… ci deve essere dell’altro che non capisco, sia perché sono limitato, sia perché Dio non ama farsi capire da me.

    Che Dio sia un padre amorevole e sollecito (come lo è mia moglie), lo afferma Gesù (Matteo 7-11), ma per crederlo è richiesta fede/speranza nella veridicità di una sequenza di affermazioni che tuttavia conduce a una contraddizione logica proprio riguardo la misericordia di Dio:

    1) che Gesù non sia stato un mitomane di successo;

    2) che Dio esista e che agisca nella realtà umana per mezzo del caso e anche contro la necessità (nel senso di J. Monod);

    3) che Dio ci ami singolarmente, ossia che voglia il bene di ognuno di noi (non il bene della specie per cui i singoli sono sacrificabili) e che sulla base di questo movente ad personam, agisca con iniziative necessarie e infallibili di cui al punto 2);

    4) che Dio, attraverso la preghiera (Matteo 7-11), possa essere indotto a rinunciare alla sua amorevole e necessaria, ancorché dolorosa, cura di noi, per assecondare invece le nostre richieste di cessazione del dolore indotto dalla terapia, comportandosi così come il medico pietoso che consente alla piaga d’infettarsi.

    Dal fondo del pozzo in cui sono finito, la saluto cordialmente.

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    1. Caro Carlo,
      il motivo per il quale non c'è accordo tra me Bruni è molto semplice: che io seguo il Magistero della Chiesa.
      Per sapere chi sia Dio, basta leggere il Catechismo della Chiesa cattolica e quello che Dio vuole è l'obbedienza ai 10 comandamenti.
      Gli insegnamenti di Cristo sono in perfetta armonia con la sana ragione.
      Per quanto riguarda sua moglie, alla quale assicuro la mia costante preghiera, bisogna dire che per quanto possiamo essere buoni e santi, tutti abbiamo peccati da scontare e difetti da correggere, e se non ci sono gravi colpe da scontare, possiamo in Cristo e con Cristo scontare per gli altri. Così queste anime svolgono un prezioso ministero ed salvezza del prossimo. Cristo poi consola e conforta in modo ineffabile e dolcissimo coloro che si offrono con questa generosità e sceglie per questa missione delle anme eccelse, come sua moglie.
      Ottima idea quella della recita quotidiana del Rosario in famiglia. Siete già nella volontà di Dio, che è con voi e vi conforta.
      Mi saluti sua moglie e i vostri tre figli. Benedico tutti.
      Il giudizio che Lei dà su Bruni, benchè severo, è giustissimo. Non si capisce come mai Avvenire, che adesso più che mai dovrebbe illuminare e confortare, pubblichi degli articoli così stolti.
      I castighi divini non vanno intesi come atti coercitivi che spingono alla virtù per mezzo del timore del castigo. Non ho mai detto questo. I castighi divini sono correttivi, in quanto facendoci sperimentare le conseguenze dolorose dei nostri peccati, ci stimolano ad evitarli.
      Non c'è dubbio peraltro che l'incentivo più forte ed efficace al bene non è tanto il danno che sperimentiamo peccando, quanto piuttosto l'attrattiva dello stesso bene.
      Dio nella sua opera educativa assomiglia ad un educatore umano. In entrambi i casi l'educatore ottiene di più e meglio proponendo nella sua bellezza l'ideale da ragguurere ad un educando docile ed intelligente. Se invece l'educando è tardo e ribelle, funziona di più il metodo coercitivo.
      Dove e quale sarebbe la "contraddizione logica proprio riguardo la misericordia di Dio"?
      Dio non agisce per mezzo del caso, perchè il caso è negazione della causalità intenzionale, mentre Dio, che è Ragione sussistente, agisce in base al principio del rapporto causa-effetto. Dio non agisce contro la necessità, perchè ciò sarebbe mancanza di razionalità. Tuttavia fonda anche la contingenza e la libertà.
      Dio non sempre esaudisce le nostre preghiere con le quali Gli chiediamo di liberarci dalla sofferenza, perchè vuole che ci uniamo alla croce salvifica d Suo Figlio. Tuttavia Egli, quando crede, e quando ci è utile per la nostra salvezza, è nel contempo un medico pietoso che guarisce la piaga.
      Un caro saluto con la mia benedizione
      P.Giovanni

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  2. Mi sembra di essere tornata nel medioevo!! Il magistero, il catechismo....il potere, soprattutto

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    1. Cara Laros, il Catechismo e il Magistero sono due strutture essenziali della Chiesa, che dureranno fino alla fine del mondo. Quanto al potere, bisogna vedere che cosa lei intende con qusta "parola", perchè, se per "potere" intende il clericalismo o l'autoritarismo, allora questo è un difetto da eliminare. Ma, se lei invece si riferisce al potere sacerdotale, allora questo è un servizio ordinato alla salvezza delle anime, e anche questo è un elemento strutturale della Chiesa che durerà fino alla fine del mondo.

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  3. Mi sembra di essere tornata nel medioevo!catechismo, magistero, ....potere, sopratutto

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    1. Cara Laros, il Catechismo e il Magistero sono due strutture essenziali della Chiesa, che dureranno fino alla fine del mondo. Quanto al potere, bisogna vedere che cosa lei intende con qusta "parola", perchè, se per "potere" intende il clericalismo o l'autoritarismo, allora questo è un difetto da eliminare. Ma, se lei invece si riferisce al potere sacerdotale, allora questo è un servizio ordinato alla salvezza delle anime, e anche questo è un elemento strutturale della Chiesa che durerà fino alla fine del mondo.

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