Due proposte di miglioramento della missione domenicana - Terza Parte (3/3)

 Due proposte di miglioramento della missione domenicana

Terza Parte (3/3)

Le carenze comuni alle due proposte

Esse[1] si propongono come miglioramento della predicazione domenicana, adatto al mondo moderno, sulla base delle indicazioni provenienti dal Concilio Vaticano II. Ma in realtà fraintendono tali indicazioni, quasi fossero di ispirazione modernista, e propongono una predicazione, la quale, scendendo a patti alla maniera modernistica con la modernità, non ha la forza di confutarne gli errori, per cui ne rimane succube senza riuscire a valorizzarne i pregi, perché invece di rifarsi a un superiore criterio di giudizio e di discernimento, quale quello fornito da San Tommaso, pretende di giudicare la modernità in base alla modernità, il che sarebbe come chiedere a un malato di guarire se stesso senza l’aiuto del medico.

Le carenze sono pertanto le seguenti:

1. Il capovolgimento del rapporto fra conoscenza e coscienza. Il punto di partenza del sapere per entrambi non è la conoscenza concettuale della realtà esterna, alla quale faccia seguito il sapere di sapere, ossia la coscienza del proprio pensare e del proprio essere. Ma il punto di partenza è il cogito cartesiano, che non segue ma precede la conoscenza del reale. In Schillebeeckx questo cogito si traduce nell’«esperienza atematica»; in Barzaghi è il pensiero dell’essere come essere pensato.

2. La fede confusa con l’esperienza. Abbiamo qui lo «sguardo di Dio» in Barzaghi e l’«esperienza atematica di Dio» in Schillebeeckx: Dio si rivela originariamente ed atematicamente nella coscienza prima del contatto con le cose e col mondo. In questa rivelazione la ragione si unisce alla fede. 

3. L’incapacità di vincere il male. Sia in Schillebeeckx che in Barzaghi  troviamo una sottovalutazione del danno procurato dal peccato, il quale non è concepito come un atto umano, per riparare al quale occorra la potenza di una Persona divina - il Figlio di Dio -  che, assumendo una natura umana, utilizza la sofferenza per finalità espiativa e soddisfattoria nei confronti di Dio Padre, ma è un atto per rimediare al quale è sufficiente convertire la volontà da cattiva a buona.

La sofferenza, quindi, non può avere una funzione salvifica, ma va sempre e comunque combattuta. Schillebeeckx crede alla possibilità nella vita eterna di togliere la sofferenza. Invece per Barzaghi Dio è per essenza «presso la sofferenza». Quanto alla possibilità di togliere il peccato, mentre per Schillebeeckx è sufficiente l’uomo in grazia di Dio, per Barzaghi, per il quale «tutto è eterno», il male è eterno come il bene.

4. Lo scalzamento delle basi della scienza morale. Per Barzaghi la concettualizzazione è una decadenza, seppur necessaria e inevitabile, dall’esperienza o coscienza originaria dell’essere come essere pensato; per Schillebeeckx è una decadenza dall’originaria esperienza atematica preconcettuale di Dio. Dunque in entrambi i casi il concetto non dà la realtà, ma solo un’apparenza.

Ora però la scienza morale è fondata sul presupposto che il concetto del bene dell’uomo, concetto-base della morale, colga la realtà dell’uomo. Ma se la morale non coglie la realtà dell’uomo, su cosa si fonda il bene dell’uomo? Non resta che retrocedere per entrambi a ciò che fonda la conoscenza della realtà: l’esperienza atematica (Schillebeeckx) o l’autocoscienza (Barzaghi) derivata dal cogito cartesiano.

Ora Dio è bensì il contenuto del cogito, dal quale però Cartesio non trae alcuna morale, perché la norma morale si può conoscere solo conoscendo natura, agire e fine dell’uomo. Ma siamo daccapo: se anche qui i concetti  non colgono il reale, da dove si ricava la norma dell’agire? Cartesio si rese conto della difficoltà ed escogitò la famosa «morale provvisoria» in attesa di istituire quella definitiva, che però Cartesio non produsse, perché è impossibile trarre il categoriale dal puro essere pensato. Ora Barzaghi e Schillebeeckx si trovano davanti alla medesima difficoltà, per cui alla fine o accettano la morale oggettiva oppure le sfuggono col pretesto della libertà dell’esperienza interiore.

La proposta di Maritain[2]

Dopo aver visto l’insufficienza per non dire la fuorvianza di queste proposte provenienti da teologi domenicani, che vantano seguaci e ammiratori all’interno e fuori dell’Ordine, mi si potrebbe chiedere qual è l’alternativa, qual è il rimedio a queste cattive proposte e suppongo che il lettore si aspetti che io faccia il nome di qualche buon teologo o predicatore domenicano.

Ebbene, certo, ne potrei fare, solo che pensassi agli amici e ai maestri, il cui grato ricordo è in benedizione, che mi hanno guidato alla consecuzione dei miei titoli accademici ed uffici occupati nella Chiesa e a servizio della Chiesa. Al riguardo rimando anche a un libro che ho curato per perorare la causa di beatificazione di alcuni di essi[3].

Tra di loro c’è il Padre Tomas Tyn, del quale ho curato la Causa di beatificazione per cinque anni. È uno splendido esempio di teologo e di predicatore, che visse per 18 anni nel medesimo convento bolognese, che conserva le reliquie del Santo Patriarca e fu mio collega d’insegnamento nello Studio bolognese. Auspico pertanto che la sua Causa possa essere presto ripresa, affinché il tesoro di sapienza, che ha accumulato nella sua breve vita con gli scritti e con gli esempi possa essere utilizzato largamente dai fedeli e da tutti gli uomini di buona volontà alla ricerca di Dio e della salvezza.

Inoltre, tra le altre Cause in corso degne di menzione, non posso non ricordare quella del Servo di Dio Marie-Joseph Lagrange[4], esimio modello di studioso e predicatore domenicano, illustre biblista e devoto a San Tommaso.

Tuttavia ritengo che la Provvidenza, nei suoi misteriosi disegni, abbia voluto e voglia, a quanto pare, in base ai suddetti motivi e senza escludere altri modelli, proporre in modo speciale, per un nuovo slancio dell’Ordine in linea col Concilio Vaticano II e i Pontefici seguenti fino all’attuale, l’esempio di un laico, neppur Terziario domenicano, eppure domenicano fino al midollo se non nella lettera, certo nello spirito: Jacques Maritain.

Jacques Maritain non ha appartenuto giuridicamente alla Famiglia domenicana. Tuttavia era profondamente imbevuto della spiritualità domenicana sia per la sua esemplare fedeltà a San Tommaso, che per la sua stessa vita. Per suo stesso riconoscimento ricevette, insieme con Raïssa, un’ottima formazione all’ideale domenicano tomista da alcuni grandi teologi domenicani del tempo, come il Garrigou-Lagrange, il Dehau e il Clérissac.

 In tal modo, benché egli non abbia ufficialmente e pubblicamente fatto professione dei consigli evangelici nella Famiglia Domenicana, egli comunque li visse nella singolare convivenza-comunità che egli stesso costituì con sua moglie Raïssa e sua cognata Vera, nella quale a turno uno dei tre faceva da Superiore[5]. Tutti i beni erano in comune. In casa avevano una cappella per la celebrazione della Messa. Numerosissimi i contatti con persone di ogni tipo, che il trio, con parola di sapienza, sapeva avviare alla ricerca di Dio.

L’attività della piccola comunità, in tutto simile ad una comunità domenicana, era proiettata in due direzioni: innanzitutto la liturgia, l’orazione, la contemplazione, la lettura e la meditazione della Parola di Dio; e secondariamente ma essenzialmente, la predicazione del Vangelo, con speciale attenzione ai bisogni degli intellettuali, e il soccorso ai poveri.

La figura del Maritain ricorda molto da vicino quella di San Domenico, immortalata nell’Inno O Lumen, che i frati sin dalle origini dell’Ordine cantano tutte le sere a Compieta. O lumen Ecclesiae: Maritain è stato una luce della Chiesa. Doctor veritatis: Maritain è stato un maestro eccellente di verità. Rosa patientiae: Maritain ha patito moltissimo per la verità. Ebur castitatis: la sua convivenza con Raïssa e Vera è stata una riproduzione dello stato d’innocenza edenica. Aquam sapientiae propinasti gratis: proverbiale è stato lo spirito di povertà di Maritain, la cui unica ricchezza era la sapienza, che distribuiva a tutti a piene mani. Praedicator gratiae: intensissima è stata la predicazione evangelica di Maritain. Nos junge beatis! Ora l’uomo di Dio Maritain intercede per noi, per l’Ordine e per i tomisti affinchè camminiamo sul sentiero della Verità portando, sul suo esempio, abbondanti frutti di opere buone.

Naturalmente il trio Maritain, grazie alla sua splendida e lunga testimonianza di spiritualità domenicana e tomista, ha avuto un’enorme risonanza all’interno dell’Ordine, della Chiesa e del mondo d’oggi. Ma purtroppo sempre all’interno dell’Ordine, per non parlare dell’esterno, è stata anche oggetto di incomprensioni, invidie, sospetti maligni, ingiusti attacchi, delazioni e calunnie, come sempre accade a coloro che vogliono seguire integralmente Cristo.

Con tutto ciò e proprio per questo, il Maritain, pertanto, insieme con Raïssa, può essere proposto come modello di predicatore domenicano per il nostro tempo. Egli infatti nella sua lunga vita esercitò instancabilmente, in piena comunione con la Chiesa, la predicazione evangelica con la parola e gli scritti impreziositi da una immensa cultura cattolica, che spaziava in tutti i campi del sapere sacro e profano ed una esemplare condotta di vita, che non esiterei a chiamare santa.

Così Maritain nel 1934 descrive profeticamente il compito del tomista e quindi del predicatore domenicano per il mondo d’oggi:

«ce qui nous est demandé, c’est, tout en rejetant absolument les principes et l’esprit de la philosophie moderne, - parce qu’ils vont à égaler à Dieu la créature humaine, - tout en nous attachant aux principes de saint Thomas avec une fidélité qui ne sera jamais assez pure, sans admettre aucune diminution et aucun mélange, car l’assimilation n’est possible que si l’organisme est intègre, - c’est de faire passer la lumière de saint Thomas dans la vie intellectuelle du siècle, de penser notre temps à cette lumière, de nous appliquer à informer, animer, ordonner par elle tout les matériaux palpitants de vie, et riches parfois d’une précieuse qualité humaine, que le monde et son art, sa philosophie, sa science, sa culture, ont préparés, et gaspillés, hélas, depuis quatre siècles, - c’est d’essayer de sauver tout ce qui il y a encore de viable dans le monde moderne, et de ressaisir, pour les amener à l’ordre parfait de la sagesse, ces constellations en mouvement, les vois lactées spirituelles, qui, par le poids du péché, descendent vers la dissolution et vers la mort»[6].

Maritain ebbe a soffrire attacchi feroci nel 1938 per la sua testimonianza cristiana a favore degli Ebrei proprio nel corso della persecuzione nazista, tanto da dover riparare negli Stati Uniti per 18 anni, temendo della sua stessa vita. Altri numerosi attacchi, da lui sopportati pazientemente, gli vennero da quei cattolici chiusi e conservatori e da quei tomisti rigidi e saccenti, che non sapevano apprezzare il suo tomismo aperto e progressista, che non temerei di definire profetico, precorritore degli insegnamenti del Concilio Vaticano II.

Se Maritain non fu perito del Concilio, ciò è dovuto solo all’invidia e agli intrighi degli avversari criptomodernisti e rahneriani, i quali sapevano bene che avrebbero avuto in Maritain un pericoloso scopritore delle loro trame e probabilmente anche all’immensa modestia dello stesso Maritain.

Egli però ebbe la grande soddisfazione di ricevere al termine del Concilio, dalle mani di San Paolo VI, che molto lo ammirava[7], il Messaggio agli Intellettuali, il quale che cos’è se non un programma di predicazione domenicana? Se si può parlare di un teologo che ha ispirato il Concilio, questo non è certamente Rahner, che ne è piuttosto un falsificatore, ma è proprio il Maritain.

San Paolo VI parlò di Maritain anche nell’Angelus del 29 aprile 1973, dove, annunciando la morte del filosofo e teologo, ebbe a pronunciare queste parole:

«Davvero un grande pensatore dei nostri giorni, maestro nell’arte del pensare, di vivere e di pregare. Muore solo e povero, associato ai Petits Frères di Padre de Foucauld. La sua voce, la sua figura resteranno nella tradizione del pensiero filosofico e della meditazione cattolica».

Un grande omaggio a Maritain lo ha fatto anche S.Giovanni Paolo II con una sua lettera autografa di quattro pagine indirizzata a Giuseppe Lazzati, Rettore dell’Università Cattolica di Milano in occasione di un convegno su Maritain il 15 agosto 1982. In essa il Papa loda il pensatore con queste parole:

«un uomo che, nonostante il passare del tempo, rimane sempre più un testimone eminente della fede ed uno degli araldi più significativi della ragione».

E più avanti:

«Per lui non si trattò di ripetere delle formule, ma, alla luce di un pensiero tanto elevato da sfuggire alle vicende e all’usura del tempo, di fare da pioniere e, con tutta lealtà, opera innovatrice, portando un contributo veramente originale nella riflessione filosofica e anche teologica in molti campi, quali la metafisica, l’antropologia, la morale, la filosofia dell’arte, l’epistemologia, la filosofia della natura, la filosofia politica e della storia,  la pedagogia, la liturgia e la contemplazione. Lo fece, nonostante le circostanze spesso difficili e alcuni discutibili aspetti del suo pensiero, con il coraggio e le spirito di giusta autonomia della ragione che in lui convivevano con l’amore per la Chiesa e la docilità al suo Magistero».

Inoltre San Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Fides et Ratio, parlando del «fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio che si manifesta anche nella coraggiosa condotta di pensatori più recenti» (n.72), cita anche il Maritain.

Il fatto che egli non sia stato ricordato da Benedetto XVI e dall’attuale Papa non vuol dire evidentemente che essi vogliano farci dimenticare il grande Maestro, ma che giudicano sufficienti le raccomandazioni fatte dai Papi precedenti.

Per tutti questi motivi mi stupisco di constatare che, per quanto mi risulta, sembra che troppo pochi oggi stiano seguendo le orme del Maestro, quando invece il maritainismo, col suo acume critico quanto mai utile a farci capire qual è stato il vero messaggio del Concilio[8], e col suo straordinario equilibrio ecclesiale servirebbe a metter pace in questa Chiesa lacerata dalle discordie e disturbata ed umiliata da gente che vuol comandare, quando essa per prima avrebbe bisogno di governare se stessa.

 Mi stupisco di non aver mai sentito parlare di un’eventuale promozione di una causa di beatificazione di Maritain, considerata la traccia incancellabile lasciata e il progresso che ha fatto fare alla filosofia ed alla teologia cattoliche e considerato il bene immenso che ha fatto e il suo preziosissimo servizio alla Chiesa e alle anime.

L’Ordine domenicano ritroverà il suo scorrere fluente e benefico, nonchè lo slancio e il fervore delle origini originario non nelle acque fangose di Schillebeeckx o di Barzaghi, ma nelle acque limpide di Maritain, come un torrente di montagna, il quale, impedito nel suo corso da un accumulo di detriti, torna a scorrere libero a valle per dissetare, fecondare ed irrigare la vita che risorge.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 5 gennaio 2021

  

... suppongo che il lettore si aspetti che io faccia il nome di qualche buon teologo o predicatore domenicano

Tra di loro c’è il Padre Tomas Tyn, del quale ho curato la Causa di beatificazione per cinque anni. 

È uno splendido esempio di teologo e di predicatore, che visse per 18 anni nel medesimo convento bolognese, che conserva le reliquie del Santo Patriarca e fu mio collega d’insegnamento nello Studio bolognese. 

Auspico pertanto che la sua Causa possa essere presto ripresa, affinché il tesoro di sapienza, che ha accumulato nella sua breve vita con gli scritti e con gli esempi possa essere utilizzato largamente dai fedeli e da tutti gli uomini di buona volontà alla ricerca di Dio e della salvezza.

Inoltre, tra le altre Cause in corso degne di menzione, non posso non ricordare quella del Servo di Dio Marie-Joseph Lagrange, esimio modello di studioso e predicatore domenicano, illustre biblista e devoto a San Tommaso. 

 Immagini da internet

 



[1] Le proposte di Barzaghi e Schillebeeckx

[2] Ho fatto un confronto fra Maritain e Schillebeeckx nel mio libro Teologi in bianco e nero. Il contributo della scuola domenicana alla storia della teologia, Piemme 2000 cap. XVII.

[3] Vedi Siate Santi! Domenicani alla ricerca di Dio, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2008.

[4] Cf Bernard Montagnes, Marie-Joseph Lagrange. Un biblista al servizio della Chiesa, Edizioni ESD, Bologna 2007.

[5] Nora Possenti Ghiglia, I tre Maritain. La presenza di Vera nel mondo di Jacques e Raïssa, Ancora, Milano 2000.

[6] Le Docteur Angélique, Desclée de Brouwer et C.ie Paris 1930, p.112. Altri significativi interventi di Maritain su S.Tommaso: Alcune condizioni della rinascita tomista in Antimoderno. Rinascita del tomismo e libertà intellettuale, Edizioni Logos, Roma 1979, pp.107-148; Le Paysan de la Garonne, cap.VI.

[7] Come è noto, il giovane Don Montini tradusse l’opera importantissima di Maritain tre Riformatori. Lutero, Cartesio, Rousseau, edita dalla Morcelliana di Brescia nel 1928 e nel 1964. Inoltre affidò a lui il compito delicatissimo di preparare il progetto del famoso ed utilissimo Credo del Popolo di Dio.

[8] Come egli capì immediatamente già nel 1966 ne Le Paysan de la Garonne, mettendoci in guardia contro le falsificazioni moderniste, che non avrebbero tardato a farsi vive ingannando tanta gente e suscitando le esagerate reazioni lefevriane.

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