Che cosa voleva essere il fascismo? - Seconda Parte (2/3)

 

Che cosa voleva essere il fascismo?

Seconda Parte (2/3)

Il fascismo e la religione

Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero.

Da queste parole si vede come Mussolini ha un concetto molto vago di «concezione religiosa». È troppo poco, infatti, parlare di «immanente rapporto dell’uomo con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale», se non si precisa che questa legge superiore è la legge divina e che la società spirituale è la Chiesa.  

Viceversa Mussolini lascia astutamente intendere, dopo aver sostenuto il dovere dell’obbedienza assoluta dell’individuo al Duce, che la volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale, non è la volontà divina, ma è la volontà del Duce.

Tuttavia non possiamo fare a meno di citare queste parole di Mussolini, dove vediamo chiaramente delle parole rispettose nei confronti di Dio e della stessa religione cattolica, per cui abbiamo qui una luce per comprendere il famoso concprdato di Mussolini con Pio XI per la soluzione nel 1929 della cosiddetta «Questione romana»:

La concezione fascista dello Stato

Lo stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo stato fascista non crea un suo "Dio" così come volle fare a un certo momento nei delirî estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio così com'è visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo.

La nazione come stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. È perciò organizzazione ed espansione, almeno virtuale. Così può adeguarsi alla natura dell'umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità.

Lo stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista come dello scienziato: anima dell'anima.

«Lo stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo». È chiara qui la concezione totalitaria dello Stato: esso esige per sé l’impiego di tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. «Forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista, come dello scienziato: anima dell'anima». È evidente che uno Stato così concepito chiede l’impegno e la dedizione di tutte le forze umane, fino a presentarsi come «anima dell'anima». È chiaro che prende il posto della Chiesa e al di là della Chiesa, di Dio stesso.

Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. Il liberalismo negava lo stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo stato come la realtà vera dell'individuo.

Un individuo che coincide con lo Stato, come pensa Mussolini, non può essere come dev’essere persona soggetta al bene comune e ad un tempo destinataria del bene comune[1], ma è solo un ingranaggio dello Stato e nel contempo la situazione si capovolge: se l’individuo è assorbito dallo Stato, lo Stato s’identificherà con l’individuo: o col singolo cittadino (liberalismo) o col capo (fascismo). E allora ecco tornare da una parte l’individualismo ed ecco apparire la dittatura del capo.

Mussolini non tiene conto del fatto che uno Stato ben organizzato accoglie in sé non solo l’elemento popolare, ma anche quello aristocratico. Chi è più capace ha diritto e dovere di contribuire di più al bene comune. Se poi una nazione, come era l’Italia, è governata da una monarchia ereditaria, spetta ad essa la sovranità e il principato.

Invece Mussolini ragiona senza tener conto di tutto questo e quando parla del «Duce» si vede chiaramente che pensa a se stesso come capo del Partito fascista. Questa impostazione condurrà il fascismo a disprezzare e a indebolire l’autorità del Re, il quale dal canto suo si mostrerà troppo accondiscendente e tollerante, fino a meritare, come di fatto è accaduto, che l’Italia, risorta a regime democratico dopo la guerra, respingesse la monarchia sabauda per costituirsi a repubblica.

Mussolini, nella sua ambizione di trasformare il Partito Fascista in un regime dittatoriale, trascurò il fatto che in fin dei conti egli non era che un semplice ministro del Re. Per questo, quando questi, dopo il voto del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, gli ritirò l’incarico, egli non volle saperne di obbedire adducendo a pretesto che egli era il capo del Partito fascista e, con l’appoggio di Hitler, giunse al punto da costituire illegalmente, contro la volontà del Re, avendo ancora molti seguaci, la Repubblica Sociale Italiana, e nel famoso processo di Verona, nel 1944, fece condannare a morte il genero Galeazzo Ciano e altri gerarchi, che nella seduta del Gran Consiglio avevano esortato Mussolini a dimettersi.

Accecato dall’orgoglio, Mussolini accusò Ciano e i suoi seguaci, rappresentante di quella parte dell’Italia stanca della guerra, di «alto tradimento», come se avessero mancato al giuramento di fedeltà alla Patria, quando in realtà, con lo sfiduciare Mussolini nella seduta del Gran Consiglio, aveva compiuto un gesto del tutto legittimo ed anzi saggio, chiedendo al Re di sostituire Mussolini, rivelatosi del tutto incapace di salvare la Patria dall’imminente rovina. E difatti il Re fece arrestare Mussolini sostituendolo con Badoglio come primo ministro.

Il comportamento di Mussolini testimoniò il fatto che egli aveva completamente perso di vista che il fascismo era un semplice partito politico, né poteva assolutamente avere la pretesa di essere un organo costituzionale dello Stato e addirittura una concezione dell’uomo e del suo destino. Il termine «partito» vuol dire parte. Ora la parte non può mettersi al posto del tutto sociale. Il tutto è il bene comune al quale i partiti debbono servire. Anche lo Stato stesso non è che una parte di cittadini specializzati nel servizio istituzionale del bene comune.

Né individui fuori dello stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l'unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell'orbita dello stato ordinatore, le reali esigenze da cui trassero origine il movimento socialista e il sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degl'interessi conciliati nell'unità dello stato. Gl'individui sono classi secondo le categorie degl'interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate ma sono prima di tutto e soprattutto stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo.

«Nell'orbita dello stato ordinatore, le reali esigenze da cui trassero origine il movimento socialista e il sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degl'interessi conciliati nell'unità dello stato». Mussolini giustamente respinge la concezione marxiana della lotta di classe. Ma per respingere questa effettiva piaga della vita sociale, egli cade nell’eccesso opposto di un utopismo idilliaco ed illusorio degli «interessi conciliati nell’unità dello Stato», come se già fin da adesso potessimo vivere nella Gerusalemme celeste e non rimanessero nell’uomo le conseguenze del peccato originale, che hanno per effetto, tra l’altro, un’inestinguibile conflittualità sociale, che lo Stato intelligente non può risolvere con la perentoria proibizione ai lavoratori di protestare o far sciopero e l’ingenua fiducia che tutti i padroni in fondo non vogliono altro che il bene dei lavoratori.

Lo Stato saggio ha il compito di mitigare questa conflittualità, sistemandola nell’alveo della legalità, concedendo capacità difensiva o rivendicativa ai lavoratori nei confronti degli abusi dei padroni, ma sarebbe illusorio credere ad una fraterna e pacifica collaborazione permanente fra gli uni e gli altri, anche se bisogna ammettere che il fascismo nei sui primi anni riuscì a realizzare questo fatto sorprendente e questo fu uno dei motivi che attirarono al fascismo grandi masse di lavoratori e le stesse classi imprenditoriali.

Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è stato. Lo stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto. Non è la nazione a generare lo stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli stati nazionali nel sec. XIX. Anzi la nazione è creata dallo stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza.

Dopo tanta esagerata esaltazione dello Stato non c’è da stupirsi se lo Stato è «creatore del diritto». Anche qui lo Stato prende il posto di Dio. La volontà dello Stato è volontà  creatrice divina. Che ne è allora del vero diritto divino? Del diritto naturale? Sono sostituiti dalla volontà del Duce, dell’Uno. Oltre a ciò, per Mussolini, anche la nazione «è creata dallo Stato». Ora, nazione viene da nascita, quindi terra dove sono nato. Un termpo si diceva «di nazione italiana» o , «di nazione tedesca» …

Dunque, una realtà naturale, creata da Dio, non effetto della volontà umana. Per questo la nazione, ben lungi dall’essere creata dallo Stato, è presupposta allo Stato, che è semplicemente costruzione umana. È quindi lo Stato ad avere il dovere di riconoscere e rispettare i caratteri, le esigenze, i valori, gli usi, i costumi, la storia e le qualità di una nazione e non viceversa.

Il fascismo e la Chiesa cattolica

Importanti per conoscere il punto di vista di Mussolini sul cattolicesimo, sono anche queste sue parole, anch’esse interpretabili alla luce dei Patti Lateranensi:

 Noi vediamo nel cattolicesimo la tradizione di Roma; nell'autorità sedente in Vaticano, l'unica idea universale che è al mondo. Se il Vaticano rinuncia a Roma, noi gli daremo i mezzi per le sue chiese e per la sua attività benefica. Noi vediamo nelle fortune del cattolicesimo le fortune di Roma. Parole, queste, in cui si trova per la prima volta quell'esaltazione fascista di Roma antica e dei valori spirituali da essa rappresentati, che poi diventa uno dei motivi centrali del fascismo e che segna il suo pieno distacco dal fascismo degl'iniziatori, quasi sospeso fra cielo e terra e senza terreno storico sotto i piedi. Ma vi si trova anche l'omaggio al cattolicesimo: cioè un passo non verso il partito popolare, ma verso i cattolici italiani o l'Italia cattolica.

Ecco il commento di Mussolini ai Patti Lateranensi:

L'11 febbraio 1929, si giungeva al trattato del Laterano: patto duplice, in quanto conciliazione, scioglimento della questione romana da una parte, e Concordato dall'altra; patto uno, in quanto conciliazione e concordato si condizionavano praticamente a vicenda. Col trattato del Laterano si compieva dal governo fascista un notevole sforzo per portare maggior somma di valori religiosi nella vita civile della nazione, per sanare quel che rimaneva del vecchio dissidio tutto italiano fra il cittadino e il credente, per togliere una causa non disprezzabile d'inferiorità internazionale dell'Italia. Un pensiero politico, certo, presiedé a questo patto, da parte del governo italiano: ma non volgare machiavellismo. È che, oltre quel nuovo atteggiamento spirituale di cui sopra, i nuovi italiani non annettevano più grande importanza a certi "principî" che erano stati quasi la vita delle due o tre generazioni precedenti. Non vedevano nessuna offesa della coscienza civile e dell'onore nazionale, in piccole transazioni territoriali (lo Stato Vaticano). La nazione, ora, non era più quasi solo nel territorio. Essa viveva, essenzialmente, negli spiriti. E l'Italia si sentiva abbastanza salda e grande per fare nella sua capitale, al capo della cristianità, un posto maggiore che non gli avesse fatto dopo il '70. La nazione ormai faceva in Roma energico atto di presenza. Vi lasciava segni di sé sempre più numerosi, impronta di sé sempre più visibile.

Fascismo e democrazia

Il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev'essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, né regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità.

Il fascismo ignora che cosa è la democrazia[2]. Essa comporta solo secondariamente benché essenzialmente il principio della maggioranza, il pluripartitismo e il sistema parlamentare ed elettorale. Nella sua sostanza la democrazia è il governo del popolo, dal popolo, per il popolo, come diceva Lincoln. È chiaro che il principio di ogni autorità è Dio; ma il governante in democrazia, benchè designato dal popolo e benchè il popolo lo possa deporre, gode di vera autorità[3] sul popolo ed ha diritto ad essere obbedito.

Il fascismo è la «forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera»? Non è, questa, un’enfasi eccessiva data all’idea di popolo? Il concetto di democrazia non richiede una smile idea idolatrica di popolo. Certo, il popolo ha il diritto all’autogoverno nelle cose temporali; ma l’idea più potente, più morale, più coerente, più vera, quale idea potrà mai essere se non l’idea di Dio? E allora siamo sempre daccapo: la divinizzazione del popolo, come abbiamo visto la divinizzazione dello Stato.

Il governante, come diceva San Tommaso, è vicem gerens multitudinis, il vicario della moltitudine. Viceversa, il popolo, per il fascismo, non è comunità di persone come soggetto di autorità, seppur derivata da Dio, avente diritto all’autogoverno, ma è machiavellisticamente[4] massa di manovra del Duce e materia dello Stato.

Mussolini confonde l’esser capo politico con l’esser capo religioso. Il capo politico è a servizio del popolo; il capo religioso è la guida del popolo. Nella storia biblica del popolo ebraico appare rare volte la sua attività di autogoverno, oggi normale nei paesi democratici, perché in esso, come in tutti i popoli antichi, il capo – per esempio Mosè o Giosuè – è capo politico e religioso ad un tempo. Si aggiunga poi la convinzione di Israele di essere guidato da Dio stesso in tutti gli affari, sia quelli politici che quelli religiosi.

Mussolini, invece, spinto da una specie di autoesaltazione, svendo assorbito con la sua mente fervida ed intuitiva, alcune idee del socialismo utopistico, dello statalismo hegeliano, dell’azionismo dannunziano, del prassismo di Fichte, e del superomismo di Nietzsche, concepì in una maniera spropositata e abnorme l’incarico affidatogli dal Re, incarico di per sé revocabile in qualunque momento, ristretto ovviamente al disbrigo degli affari temporali dello Stato, per quanto importanti fossero in quel frangente storico, quasi si trattasse di rifondare la concezione dello Stato e della cosa pubblica e addirittura una nuova concezione dell’uomo e della vita, per cui si cominciò a parlare di «rivoluzione fascista» e di risurrezione dell’antico Impero Romano, dando ordine che si iniziasse una nuova era, appunto l’«era fascista». Dire che Mussolini si era montato la testa è dir poco. Ma la cosa stupefacente è il gran sèguito che presto avrebbe conseguìto presso il popolo italiano, benchè ottenuto con la violenza e l’intimidazione.

Mussolini, dicendo che il popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti, viene a dire senza troppi sottintesi che la volontà del duce è la volontà del popolo e viceversa. Non occorrono quindi decisioni prese a maggioranza, basta obbedire al Duce, che interpreta la volontà del popolo.

Per il fascismo il popolo è una persona e la persona del Duce è l’incarnazione del popolo. La persona individuale ha la sua ragion d’essere, la sua sussistenza e la sua sostanza nello Stato e nella persona del Duce, il quale è l’idea che unifica la moltitudine. Non occorre una pluralità di partiti, anzi è dannosa, perché sorgente di incertezza, tergiversazioni, discordia e di disordine. Il Duce invece dà certezza nelle sue decisioni e manifesta ciò che è giusto. Occorre fede in lui, obbedire e combattere i nemici dello Stato, perchè niente dev’essere contro lo Stato e tutto dev’essere nello Stato.  Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d'istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuol rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio littorio, simbolo dell'unità, della forza e della giustizia.

Osserviamo che la forma più alta e potente della personalità non è Dio, ma lo Stato. Mussolini vuol possedere le anime, dominare le anime. E possiamo dire che per un ventennio ci è riuscito in molti Italiani. È stato, questo, un fenomeno sbalorditivo, che ha dell’incredibile. Eppure le testimonianze storiche sono lì a raccontarcelo.

Salvo poi a provare la terribile delusione e scoperta di essersi ingannati. E allora l’entusiasmo si è trasformato in amarezza, il fanatismo si è trasformato in odio. La volontà di ricordare è diventata volontà di dimenticare, la fierezza è diventata vergogna, l’imprudenza è diventata pentimento. Mai più! Ma siamo sicuri che oggi non siano ancora in circolazione quelle idee che hanno prodotto Mussolini e il fascismo?

Fine Seconda Parte (2/3)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 7 settembre 2023

È evidente che uno Stato così concepito chiede l’impegno e la dedizione di tutte le forze umane, fino a presentarsi come «anima dell'anima». È chiaro che prende il posto della Chiesa e al di là della Chiesa, di Dio stesso.

Un individuo che coincide con lo Stato, come pensa Mussolini, non può essere come dev’essere persona soggetta al bene comune e ad un tempo destinataria del bene comune[1], ma è solo un ingranaggio dello Stato e nel contempo la situazione si capovolge: se l’individuo è assorbito dallo Stato, lo Stato s’identificherà con l’individuo: o col singolo cittadino (liberalismo) o col capo (fascismo). E allora ecco tornare da una parte l’individualismo ed ecco apparire la dittatura del capo.

Immagine da Internet

[1] Sembrerebbe una contraddizione, ma non è così. Infatti le ideologie che non riescono ad operare la conciliazione, come il socialismo e il liberalismo, scelgono un termine dell’alternativa e rifiutano l’altro: il socialismo sceglie il bene comune contro l’individuo; il liberalismo sceglie l’individuo contro il bene comune. Il fascismo è qui nella linea del socialismo, per quanto se ne professi nemico. Solo la dottrina sociale della Chiesa, bene illustrata dal Maritain, sa operare la conciliazione. Vedi J. Maritain, La persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1963; cf Pensiero sociale della Chiesa oggi, a cura di Igino Giordani, Città Nuova Editrice, Roma 1974.


[1] Sembrerebbe una contraddizione, ma non è così. Infatti le ideologie che non riescono ad operare la conciliazione, come il socialismo e il liberalismo, scelgono un termine dell’alternativa e rifiutano l’altro: il socialismo sceglie il bene comune contro l’individuo; il liberalismo sceglie l’individuo contro il bene comune. Il fascismo è qui nella linea del socialismo, per quanto se ne professi nemico. Solo la dottrina sociale della Chiesa, bene illustrata dal Maritain, sa operare la conciliazione. Vedi J. Maritain, La persona e il bene comune, Morcelliana, Brescia 1963; cf Pensiero sociale della Chiesa oggi, a cura di Igino Giordani, Città Nuova Editrice, Roma 1974.

[2] Per un sano concetto di democrazia, che ne mostra il suo fondamento nella legge naturale, nella natura sociale dell’uomo e nel Vangelo, vedi J.Maritain, Chrstianisme et démocratie, Hartmann Editeur, Paris 1943; cf anche H.Bars, La politique selon Jacques Maritain, Les Editions ouvrières, Paris 1961.

[3] Vedi di Maritain Democrazia e autorità in Per una politica più umana, Morcelliana, Brescia 1969, pp.29-62.

[4] Vedi di Maritain in Per una politica più umana, La fine del machiavellismo, pp.117-155.

4 commenti:

  1. Ritengo probabile l'animosità di certi ambienti filosofici contro Jacques Maritain, in particolare nelle correnti di pensiero nate negli anni 1930-1940, la diffusione che il pensiero fascista e l'ammirazione per il fascismo fossero penetrati nella mente di molti pensatori cattolici in quegli anni.

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    1. Caro Dino,
      a metà degli anni ’30 Maritain cominciò a simpatizzare per quello che in Francia era il Front Populaire, che fu una coalizione di cattolici e di comunisti. Successivamente divenne amico di Emmanuel Mounier negli ’50. Costui avviò un dialogo con i comunisti. È stato negli ’30 che Maritain assunse posizioni di sinistra, pur restando cattolico.
      Nel ’36 ci fu la tragedia della guerra di Spagna e Maritain si rifiutò di appoggiare Franco, pur condannando l’azione dei comunisti. Franco era stato appoggiato da una lettera collettiva dei vescovi spagnoli. L’atteggiamento di Maritain provocò una certa ostilità nei suoi confronti negli ambienti della Santa Sede.
      Questo fatto doloroso portò anche Padre Garrigou-Lagrange, che allora stava a Roma, ad assumere un atteggiamento ostile nei confronti di Maritain. Maritain soffrì moltissimo per questo mutamento da parte di questo grande teologo domenicano, col quale da trent’anni aveva stretto una grande amicizia e che considerava un vero padre spirituale.

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    2. Li ringrazio, padre, per la sua informazione. Le mie domande riguardavano l'influenza del fascismo in America Latina (Uruguay, Argentina, Brasile, ecc...). Ciò che lei mi dici del conflitto di Maritain con Garrigou Lagrange potrebbe anche spiegare l'animosità dei pensatori sudamericani contro Maritain, alcuni filosofi (Nimio de Anquin, Julio Meinvielle, ecc.) che avevano chiare simpatie verso Franco e il falangismo. In effetti, considero il falangismo un ramo del tronco del fascismo.

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    3. Caro Dino,
      sapevo già dell’ostilità nei confronti di Maritain in America Latina e lei a sua volta illumina me su questo punto informandomi del fatto che in America Latina esistevano simpatie per il falangismo e il fascismo.
      Tuttavia, per quanto ne so, almeno oggi in America Latina esistono anche ammiratori di Maritain.

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