I gradi di
autorità dei documenti pontifici
Comanda che io venga a te sulle
acque!
Mt 14,23
Autorità
dottrinale e autorità pastorale
Molti, oggi, come sempre, che vogliono essere
in comunione col Papa, trovandosi in una situazione di disagio per la
difficoltà di interpretare la condotta del Papa, si domandano come discernere
nei suoi insegnamenti quelli che sono vincolanti in quanto dottrina di fede e
via alla salvezza e quali, invece, per la loro opinabilità o fallibilità,
concedono spazio e legittimità alla critica o al dissenso o ad opinioni
diverse, senza che ciò comprometta una sincera obbedienza e devozione al
Vicario di Cristo. Non vogliono correre il rischio né di svilire il suo Magistero
di Successore di Pietro, né quello di assolutizzare sue discutibili opinioni.
Infatti, nella densissima e multiforme predicazione
di Papa Francesco, è difficile discernere quali sono i temi veramente
importanti o essenziali, e quali sono,
invece, certi punti secondari,
che possono passare in second’ordine o addirittura essere accantonati senza
pericolo per la fede o per la morale.
Il che è come dire che occorre conoscere i gradi
di autorità dei suoi insegnamenti e sapere, di volta in volta, il grado d’importanza
dei suoi discorsi, per sapere quanto e se tenerne conto. Di ogni parola che
esce dalla bocca di Dio bisogna sempre fare il massimo conto. Ma, sebbene il
Papa sia l’interprete più autorizzato della Parola di Dio, questo carisma egli lo
esprime in mezzo ad un insieme di labili parole umane, delle quali egli solo è
il responsabile.
Mentre infatti a volte sentiamo con chiarezza
in lui la voce di Pietro, altre volte facciamo fatica a riconoscerla per vari
motivi, soprattutto legati ad un linguaggio che non sembra esser sempre appropriato,
limpido e coerente. A volte sopravvalutiamo la sua voce, a volte la
sottovalutiamo. Ho pensato allora di fornire al Lettore uno schema approssimativo
dei vari gradi di autorità degli insegnamenti del Papa, così da poter offrire
di un criterio di valutazione. Infatti, in queste cose delicatissime del mondo dello
spirito non possiamo pretendere di possedere un’unità di misura così precisa
come potremmo misurare la temperatura atmosferica, ma Dio si accontenta della
nostra buona volontà ed Egli aggiunge il resto che manca per la nostra perfetta
adesione ai suoi santissimi voleri.
Diciamo allora anzitutto che gli insegnamenti
pontifici hanno sostanzialmente lo scopo di farci conoscere i contenuti della
fede e le loro falsificazioni («confirma fratres tuos», Lc 22,32), che sono le
eresie, un po’ come un esperto di funghi ci informa su quelli che sono
commestibili e quelli che sono velenosi; oppure come il foglietto annesso a un
farmaco ci fa sapere qual è il suo buon uso e qual è quello cattivo.
Ma istituzionalmente un Papa ha da Cristo
anche il mandato di mostrare alla Chiesa il modo di mettere in pratica il
messaggio del Vangelo e la dottrina della fede da un punto di vista di
principio e nel proprio tempo. Sono, questi, gli insegnamenti pratici («pasce
oves meas», Gv 21,17), che comprendono innanzitutto le norme della condotta
morale, che enunciano i doveri sempre validi per tutti (legge divina e legge
naturale); in secondo luogo, gli insegnamenti pastorali (leggi positive), che
hanno per contenuto la loro applicazione nella situazione storica, nella quale
la Chiesa vive o relativamente ad alcune categorie di persone o riguardo ad
alcune questioni di morale o in rapporto alle relazioni della Chiesa con le
comunità non-cattoliche o con la società civile e l’intera umanità, chiamata da
Cristo alla salvezza.
Inoltre, tra gli insegnamenti pratici del Papa
si danno quelli che legiferano in campo canonico circa il governo e il buon
andamento della Chiesa e quelli che disciplinano l’amministrazione dei
sacramenti. Essi riguardano rispettivamente il potere giurisdizionale, che
regola nella Chiesa la pratica esterna della carità e della giustizia nel
rispetto dei diritti di ciascuno, e quello della santificazione delle anime, il
cosiddetto «potere delle chiavi» (Mt 16, 19; Gv 20, 23), per il quale il Papa, Successore
del Principe degli Apostoli, è il supremo annunciatore del Vangelo, mentre come
Vicario di Cristo sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, è il supremo promotore
e moderatore dell’attività liturgica e del culto divino, nonché della retta e
conveniente amministrazione dei sacramenti a seconda della necessità dei tempi
e dei luoghi e come Vescovo di Roma, Vicario del Buon Pastore, è il pastore
universale della Chiesa, affinchè il Popolo di Dio, abbondantemente nutrito della
Parola di Dio e della grazia santificante, proceda sicuro, forte e sereno,
nella potenza dello Spirito Santo, sulla via della salvezza, nella lotta contro
Satana e nell’edificazione del regno di Dio, che è la Chiesa.
Nei secoli passati i documenti pontifici
ricevettero diverse denominazioni, oggi non più in uso. La denominazione che ha
avuto maggior successo negli ultimi secoli, soprattutto come designazione di
insegnamenti dottrinali attinenti alla fede, è quella di Lettera enciclica.
D’altra parte la proclamazione pontificia più
solenne ed esplicita di un nuovo dogma definito, cosa che avviene assai
raramente, o la promulgazione di un decreto o di un complesso di decreti legislativi
della massima importanza sono affidate alla Costituzione
apostolica. Un tempo fu chiamata anche «bolla», benché le bolle potessero
avere anche meno importanza.
La parola «con-stituere» implica l’idea dello
stabilire, render saldo e stabile, ben fondato, fermo e fisso, inamovibile,
quindi definitivo, immutabile e perenne. La parola status viene da qui. Da qui lo status
giuridico o canonico. Da qui il verbo «stare», ossia il rimanere fermo e
stabile. Da qui lo Stato, come organizzazione giuridica della società. Frutto
della constitutio è l’institutio, da cui il termine
«istituto», «istituzione». La regola di un istituto si chiama «statuto»:
«ciò-che-è-stato-stabilito».
Alcuni esempi di questi documenti sono la Bolla Ineffabilis Deus del Beato Pio IX del 1854 sull’Immacolata
Concezione di Maria e la Costituzione
apostolica Munificentissimus Deus di Pio XII del 1950 sull’Assunzione di
Maria in cielo.
Infatti il dogma è una proposizione
inerrabile, tradizionalmente detta «infallibile», benché con termine poco
appropriato, comunque assolutamente e perennemente vera ed irreformabile, che
viene solennemente definita e proclamata in modo definitivo dal Sommo Pontefice
a tutta la Chiesa nella sua qualità di Successore di Pietro, ex cathedra Petri, come interpretazione
o chiarificazione o spiegazione o esplicitazione di una verità di fede
contenuta nella Scrittura o nella Tradizione. L’errore contrario è l’eresia.
Gli stessi decreti dei Concili, dogmatici o
pastorali o giuridici o disciplinari, anche se elaborati e preparati e votati
collegialmente dal corpo episcopale, sono in ultima analisi da ricondursi per
la loro stessa validità ed operatività canonica alla suprema autorità
dottrinale pontificia, la quale li conferma e li promulga e senza la quale il
loro detto valore sarebbe nullo.
Al di sotto di questi documenti, quelli che sin
dai primi secoli hanno la maggiore importanza sono le Lettere encicliche, che hanno
cominciato ad essere chiamate così con Papa Benedetto XIV. Prima erano chiamate
semplicemente «lettere». Sono dette
«encicliche» dal gr. en-kyklo, in cerchio: potremmo dire «lettere
circolari», perché devono esser fatte «girare» per tutta la Chiesa, dal momento
che trattano di valori e doveri di interesse comune. In particolare trattano
delle più importanti dottrine di fede e di morale, con annessa la condanna
degli errori contrari e le disposizioni pastorali per la loro osservanza ed
applicazione. Si distinguono dalle lettere particolari, indirizzate o a singoli
pastori o a gruppi particolari. Esse possono peraltro contenere insegnamenti
estensibili o illuminanti per tutta la Chiesa.
Le encicliche sono indubbiamente di solito i
documenti di maggior peso dottrinale. Ma anche qui, come in quasi tutti i
documenti pubblici di un Papa indirizzati alla Chiesa o a fedeli
cattolici, occorre fare un attento
vaglio per stabilire i gradi di autorità, che, lasciando il primo grado alle
rarissime definizioni dogmatiche solenni, riguardano sempre il secondo e il
terzo. Infatti, anche in un’enciclica possono esservi benissimo dati, contenuti
o tesi discutibili o storicamente superati.
Immediatamente al di sotto delle encicliche,
abbiamo le Esortazioni Apostoliche.
Esse contengono certamente dati di fede e a volte anche dogmi già definiti. Ma,
come dice la parola stessa «esortazione», esortano o consigliano soprattutto
sul piano della morale o della spiritualità o della disciplina ecclesiastica,
canonica o liturgica e non danno ordini o comandi tassativi o sanzionati; non
legiferano se non sul piano positivo e contingente della pastorale e della
concreta vita ecclesiale, storicamente contestualizzata. Il che non vuol dire
che non contengano anche norme morali
assolute ed universali. Ma sta al prudente esegeta distinguere l’assoluto dal
relativo, il vincolante dal discutibile, il doveroso dal facoltativo.
La Querida Amazonia di Papa Francesco
Esempio oggi in grande discussione di Esortazione apostolica è l’Esortazione postsinodale Querida Amazonia di
Papa Francesco. In questo documento, accanto al richiamo a valori di fede, come
per esempio la trattazione dell’essenza del sacerdozio o del sacramento
dell’Eucaristia, con l’annessa nota che soggetto del sacramento dell’Ordine è
esclusivamente l’uomo maschio, il Papa ricorda alcuni insegnamenti magisteriali
di secondo livello, secondo la graduatoria della Lettera apostolica di
S.Giovanni Paolo II Ad tuendam fidem[1],
come la dottrina delle qualità proprie della donna o il metodo
dell’inculturazione o il dovere dell’evangelizzazione o la funzione dei laici
nella Chiesa o il dovere del rispetto della natura o il diritto dei popoli
all’autodeterminazione, con riferimento alle popolazioni indigene.
Nell’Esortazione
vi sono anche verità pratiche del terzo livello, proposte dal Magistero
autentico, non necessariamente definitive e quindi riformabili, che possono
contenere direttive pastorali, da accogliere, sempre secondo l’Ad tuendam fidem, con religioso ossequio
dell’intelligenza. Tra queste, degna di nota è l’esortazione fatta ai Vescovi
di inviare sacerdoti missionari in Amazzonia.
Pastoralmente dannosa ci pare invece
l’assenza di una seria analisi dei culti idolatrici e sciamanistici tradizionalmente
praticati dagli indigeni, con la necessaria indicazione delle vie più opportune
da seguire per rimediare a questa superstizione e per educare gli indigeni non
solo il monoteismo, ma al culto del Dio cristiano. Troppo sbrigativo e
insufficiente è pertanto l’accenno all’idolatria col limitarsi a rilevare,
peraltro giustamente, il fatto che non vanno necessariamente considerate
idolatriche immagini che invece possono esprimere, dovutamente adattate, il monoteismo.
Altre opinioni o valutazioni del Papa,
invece, non sembrano attendibili o paiono quanto meno criticabili. Tra queste,
i giudizi severamente negativi circa la politica forestale dei governi dei
paesi amazzonici, accompagnata da un sistematico sostegno delle opposizioni al
governo relativamente alla condotta da tenere nei confronti delle popolazioni
indigene e della gestione della
questione ecologica, tesi che sembrano dettate da un partito preso, privo di
quella indipendenza ed equanimità di giudizio, che dovrebbe caratterizzare
l’imparzialità del Padre comune. Oltre al fatto che la questione di valutare le
cause del disordine del clima divide gli studiosi, per cui non pare prudente
che un Papa, di per sé incompetente in queste complesse materie, prenda
posizione per una parte contro l’altra col rischio di sbagliare.
Inoltre sembra esageratamente ottimista il ritratto
delle popolazioni indigene fatto dal Papa, le quali sembrano esenti dalle conseguenze
del peccato originale e vivere una vita felice e virtuosa, simile a quella dei
nostri progenitori nel paradiso terrestre.
I tre gradi
di autorità delle dottrine pontificie
Per valutare il grado di autorità dei
documenti pontifici, occorre verificare qual è il grado di autorità del Magistero
in essi contenuto. A prescindere dal grado massimo della definizione dogmatica,
al quale ho già accennato, i gradi di autorità inferiore, secondo la citata Nota della CDF, sono due: il secondo tocca
dottrine di fede o prossima alla fede o connesse con la fede o per motivi
storici o per motivi razionali: dottrine non dogmaticamente definite e tuttavia
definitive, irreformabili e dogmaticamente definibili. L’errore contrario è
l’errore prossimo all’eresia o l’errore nella dottrina cattolica.
Il Magistero pontificio di secondo livello
tocca verità, che se non sono esplicitamente definite, sono tuttavia o
implicite nella verità di fede definita o nel dato rivelato e valori umani
connessi con esse, tanto che in futuro la Chiesa potrebbe elevarle a dogmi. È il campo del Magistero ordinario, ossia
quotidiano, proprio del Papa e dei Vescovi sparsi nel mondo. Riguarda commenti
alla Scrittura, dogmi già definiti, dottrine tradizionali o patristiche o di Santi
o teologicamente certe, come per esempio quella di S.Tommaso.
Può contenere anche discutibili opinioni
personali del Papa. Qui il Papa non intende definire o proclamare qualche dogma,
e tuttavia non si può ritenere che possa sbagliare nella dottrina della fede e
che quindi possa ingannarci, anche se il linguaggio a volte può essere
imperfetto, improprio, equivoco o ambiguo. Occorre allora interpretare in bonam partem.
Secondo l’Ad
tuendam fidem, mentre le verità definite ex cathedra del primo livello devono essere credute con fede
divina, quelle del secondo livello devono essere credute con fede
ecclesiastica, ossia con fede nell’assistenza dello Spirito Santo al Magistero.
Il Magistero del terzo livello, detto dall’Ad tuendam fidem «Magistero autentico»,
può toccare sia materie di fede che di morale, diritto o pastorale. Qui la Chiesa ci insegna sempre la verità della Parola di Dio, ma non
specifica se o dove o quando si tratta o non si tratta di verità di fede o di
un dato virtualmente rivelato o connesso con la fede. Dobbiamo scoprirlo noi con
un’attenta esegesi dei testi, separando
ciò che è indiscutibile da ciò che può essere discusso, criticato o confutato,
il che non tocca evidentemente la dottrina, ma la prassi o la pastorale. Gli
errori contrari a questo livello sono denominati con vari appellativi: errore, proposizione
scandalosa, temeraria, pericolosa, da non insegnarsi, malesonante, offensiva
delle pie orecchie.
La
condotta morale di un Papa non condiziona la dottrina,
ma
condiziona la sua pastorale
Esiste
inoltre un rapporto fra il Magistero di un Papa e la condotta morale del Papa
stesso. Mentre il Papa, nel suo ufficio di maestro della fede, fruisce indefettibilmente e a tutti i livelli di
autorità della luce di verità che Cristo ha promesso a Pietro per confermare i
fratelli nella verità, per la rettitudine della
sua condotta morale con particolare riferimento al suo compito di
governare la Chiesa («pasce oves meas»), il Papa dispone bensì di un soccorso
speciale dello Spirito Santo, ma, a differenza del carisma dottrinale petrino
sempre efficace, stante il suo stato di figlio d’Adamo peccatore come tutti noi, esclusa
la Madonna, perchè concepita senza peccato originale, ha sempre la possibilità di sottrarsi a questo divino impulso e di
cedere o accondiscendere alla propria fragilità umana.
Succede
allora o può succedere che, mentre i documenti dottrinali, la cui verità è
garantita dallo Spirito Santo, ci illustrano a tutti i livelli infallibilmente,
fosse anche un tweet, la Parola del Signore, ci indicano con sicurezza
la meta celeste da raggiungere e ci guidano, in linea di principio, con
certezza sulla via da percorrere per salvarci, i documenti pastorali, anche a
massimo livello, come applicazione particolare, contingente, dettagliata,
contestualizzata e concreta dei dogmi morali, non sempre sono improntati ad
autentica giustizia, prudenza e saggezza, in quanto possono risentire
negativamente dei difetti morali del loro Autore.
Per cui, se un Papa è autoritario, hanno un
tono autoritario, se è troppo indulgente, indulgono a una falsa misericordia, se
propende per un partito ecclesiale piuttosto che per un altro, risentiranno di
questa parzialità, se il Papa è
negligente nella vigilanza, lascerà correre eresie perniciose; se è poco leale
nel parlare, lascerà sussistere ambiguità, doppiezze, sotterfugi, malintesi,
fraintendimenti e strumentalizzazioni.
Se poco si cura della santificazione delle
anime, la sua predicazione, per timore dell’«astrattezza», resterà raso terra,
anziché stimolare gli animi al desiderio delle «cose di lassù» (Col 3,1). Se
calca troppo sul concreto, sulla diversità e sul pluralismo, e trascura i
valori universali e perenni, col considerarli delle «rigide astrazioni», finisce
per favorire il relativismo, le contraddizioni sociali e i conflitti
intraecclesiali.
La tastiera
di Papa Francesco
Il Magistero di Papa Francesco si è
esercitato finora in una molteplicità di gradi di autorità, che vanno dal grado
della costituzione apostolica e dell’enciclica, scendendo per molti gradini,
fino agli originali, brevissimi e modestissimi ma efficaci messaggi online, detti tweet, che significa «cinguettio», una specie di ripresa dello
stile dei cosiddetti «apoftegmi», ossia i
detti dei Padri del deserto.
Oltre ai gradi già citati, notiamo i
seguenti.
Omelie e Udienze Generali. Qui il Papa commenta
la Parola di Dio, per cui occorre prestare molta attenzione. Troviamo sempre un
nutrimento spirituale, anche se ogni tanto qualche frase ambigua può lasciare perplessi.
Motu proprio. Sono
disposizioni o direttive pratiche o giuridiche contingenti del Papa, prese,
come dice l’espressione, per iniziativa e decisione puramente personale, circa
aspetti particolari e limitati dell’organizzazione giuridica o liturgica della
Chiesa. Possono mancare di prudenza, efficacia, avvedutezza, competenza ed
opportunità.
Discorsi. Sono
esortazioni pastorali dirette ad organismi della S.Sede, famiglie religiose,
associazioni, gruppi di vario genere, convegnisti, rappresentanze della Chiesa
o della società civile, visitatori, in occasione di ricorrenze, anniversari,
celebrazioni, congressi, commemorazioni. Possono mancare di prudenza pastorale,
senso delle circostanze, adeguata informazione, sufficiente attenzione e
sensibilità alle situazioni e ai bisogni.
Incontri
ecumenici. La ruota dell’ecumenismo si è inceppata e gira a vuoto come quella
dell’auto senza le catene sul ghiaccio. Bisogna al più presto porre freno al salasso
di cattolici che restano tali solo di nome, ma che in realtà diventano protestanti
e protestanti che non vogliono saperne di farsi cattolici.
Occorre perciò che, come auspica lo stesso
Concilio[2],
il Papa, dovutamente aiutato da buoni collaboratori, con spirito d’iniziativa e
di sacrificio, senza rispetti umani e lasciandosi illuminare dallo Spirito Santo,
trovi il modo o le vie per stimolare ed aiutare i fratelli separati a fare qualche passo verso la piena comunione
con la Chiesa Romana.
Accordi e Dichiarazioni congiunte. Per esempio
quella di Abu Dhabi. Forse troppo ottimista. Quanto c’è da fidarsi? Ma la Cina si
apre al cristianesimo o vuol dominare la Chiesa?
Messaggi. Troppo
umani? Poca impronta cristiana? Umanesimo ambiguo?
Interviste. Che dire
delle lodi a Lutero? E le buggerate prese da Scalfari?
Conclusione
Il segreto per avere l’atteggiamento giusto nei
confronti del Papa e saper valutare il suo operato sta nel saper mettere assieme
con saggezza la sua fragile umanità con l’infallibilità del carisma petrino
riconoscendo obbiettivamente l’una e l’altra senza temere l’apparente
contraddizione, ma anzi comprendendo il valore
salvifico della loro paradossale congiunzione.
In certo modo il carisma petrino appare di
più nella sua soprannaturalità in un Papa manchevole che in un Papa santo,
perché davanti a quella santità, potremmo esser portati a pensare che quel
carisma sia effetto della sua santità. Invece, quando vediamo un Papa
umanamente meno adatto illuminarci con la Parola di Dio, è evidente che
quell’insegnamento non è farina del suo sacco, ma proviene da Qualcosa o
Qualcuno che sta più in alto.
Così
si evitano i due estremismi, che consistono o nel prendere a pretesto la debolezza
dell’uomo per negare il carisma, come ha fatto Lutero e come fanno gli
ultraconservatori; oppure riducendo il carisma, peraltro frainteso, alle
qualità umane vere o presunte, come fanno i modernisti, sedicenti «amici del
Papa», con la tesi ridicola del «Papa rivoluzionario» stile ‘68. Insomma: vedere
solo l’uomo, forte o debole che sia, dimenticando il carisma; oppure vedere
solo il carisma, dimenticando l’uomo. In ogni caso si fraintende sia il carisma
che l’uomo.
Ogni Papa può dire di se stesso: «abbiamo
questo tesoro in vasi di creta» (I Cor 4,7). È proprio la debolezza dell’umano
che ci fa capire che, se Pietro è infallibile, tale infallibilità non gli può
certo venire dalla sua povera umanità, ma gli viene da Dio. E se l’umano ci scandalizza,
ricordiamoci del divino, così come Cristo ci comanda: «Beato chi non si
scandalizzerà di me» (Mt 11,6).
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 22 febbraio 2020
Grazie padre. Preghiamo per il Papa.
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