Severino e Barzaghi sulla questione dell’essere di Dio - Terza Parte (3/3)

 Severino e Barzaghi sulla questione dell’essere di Dio

Terza Parte (3/3)

Barzaghi fra San Tommaso e Severino

Il parmenidismo di Severino lo porta ad una forte polemica contro l’Occidente a sostegno dell’Oriente, perché mentre vede in Parmenide un riflesso del monismo panteista indiano del Sat, l’ipsum Esse, la patria dell’Essere uno, infinito, assoluto, immutabile ed eterno, vede nell’Occidente la patria di quella visione dell’essere come divenire, per la quale esso può essere prodotto e annullato, e quindi di quella visione dell’essere-che-non-è, insomma la patria del nichilismo.

E nell’orizzonte del nichilismo Severino pone anche il cristianesimo con la dottrina della creazione come productio totius entis ex nihilo. Padre Barzaghi, come cattolico, ovviamente non segue Severino in questo rifiuto del cristianesimo, anche se tenta di salvare il dogma della creazione, ma lo fa in un modo sbagliato tentando di accontentare Severino e concependo cioè la creazione non come produzione dal nulla, ma come dipendenza da Dio.

Sulla base di queste considerazioni si comprende perché il Padre Cornelio Fabro, nel fare una confutazione da par suo degli errori della filosofia di Severino, abbia intitolato il suo libro L’alienazione dell’occidente[1]. Fabro fu uno dei periti consultati dalla CDF durante la vicenda che condusse il prof. Giuseppe Lazzati[2], Rettore dell’Università Cattolica di Milano, a esonerare dall’insegnamento Severino a seguito della censura della CDF relativa alla sua filosofia.

Fabro all’inizio del libro pubblica una lettera autografa di Severino a lui dal tono molto garbato, riflesso della benevolenza con la quale Fabro lo aveva trattato. Tuttavia Fabro è chiarissimo nella confutazione degli errori di Severino in base alla dottrina di San Tommaso.

Per quanto riguarda il Padre Barzaghi, invece, egli ha voluto tentare un accostamento di Severino a Tommaso sulla base della dottrina metafisica dell’essere. Come ho detto all’inizio di questo articolo, Barzaghi è stato acuto nell’individuare il punto di contatto nell’ipsum esse. Ma purtroppo è evidente che il tomismo di Barzaghi è infetto dall’idealismo severiniano, per cui Barzaghi dà la preferenza all’idealismo rispetto al realismo, ponendo, per esprimerci nei termini di Papa Francesco, l’idea al di sopra della realtà, anziché la realtà al di sopra dell’idea.

Dispiace che Barzaghi, che pur conosce bene San Tommaso, non abbia capito la validità della critica di Fabro a Severino e si stenta a capire come, con questa sua propensione per Severino, riesca ancora e seguire l’Aquinate ed insegnare la dottrina tomista, come docente dello Studio Filosofico Domenicano di Bologna ed essendo stato anche alcuni anni direttore dell’antica e prestigiosa rivista Divus Thomas ed ora nominato Preside del medesimo Studio.

Ma, come egli stesso ha dichiarato, egli ritiene il pensiero di Severino come fondato sull’«originario», mentre il pensiero di Tommaso sarebbe solo «derivato». Barzaghi stesso afferma che l’eternalismo di Severino «conferma fondamentalmente il cristianesimo»[3]. Sostiene che la filosofia di Severino non è atea, ma «è il teismo più rigoroso»[4].

Sono tutte affermazioni assolutamente insostenibili ed indimostrabili, che fanno sorgere seri dubbi sull’autenticità del teismo di Barzaghi. Infatti, si può dimostrare il contrario, come ha fatto Fabro e come risulta da formali dichiarazioni dello stesso Severino. E la condanna della CDF del 1970 conferma l’analisi fatta da Fabro.

Barzaghi afferma invece giustamente che dal punto di vista di Dio tutto è uno, necessario ed eterno in quanto è in Dio, identico alla sua essenza eterna. Ma dimentica che il mondo non è solo in Dio, ma anche in se stesso, nella sua propria realtà, fuori di Dio, creato da Dio, e non è affatto eterno, ma temporale, mutevole, molteplice, contingente.

Il punto di vista di Dio è la sua stessa scienza, della quale partecipiamo nella fede. Il sapere umano non è semplice «apparenza»[5], ma è vero come è vero il sapere divino.  Ed è innalzato a una superiore verità, quando accede al sapere di fede. Barzaghi riconosce che la sua «filosofia è una specie di idealismo: è la realtà che dipende da me e non io dalla realtà»[6].

Succede allora che il porsi dal punto di vista di Dio, che egli propone, diventa la pretesa di possedere la stessa scienza divina ideatrice del reale, per la quale non è l’idea che dipende dalla realtà, come in noi, ma è la realtà che dipende dall’idea divina. Infatti Dio crea le cose secondo le sue idee.

Ma questo è solo proprio di Dio e non vale il pretesto che noi nella fede partecipiamo del suo divino sapere, perché, anche col possesso della verità rivelata, noi ricaviamo le nostre idee dalla realtà e non facciamo dipendere la realtà dalle nostre idee. Così Barzaghi finisce in quell’idealismo e in quello gnosticismo, che più volte Papa Francesco ha condannato.

Quindi il tomismo di Barzaghi non è sincero. È un tomismo di convenienza, per avere una posizione di prestigio nella Chiesa. Ma i veri tomisti sono ben lontani dal farsi abbindolare da Barzaghi. L’idealismo infatti è incompatibile con il realismo: o l’idea dipende dalla realtà o la realtà dipende dall’idea. Tertium non datur.

Non è onesto fingere di essere realista, ma nell’intimo essere idealista. Non è onesto recitare la parte del tomista ed essere severiniano nel cuore. Oppure fare ora il tomista ora il severiniano a seconda delle convenienze o del pubblico che si ha davanti, come Vittorio Gassman che recitava ora la parte di Amleto ora quella di Re Lear ora i versetti della Divina Commedia.

Per fugare le mie preoccupazioni un mio Confratello ha cercato di convincermi che questo doppio atteggiamento del Padre Barzaghi sarebbe un «suonare a due registri». Purtroppo non è così. Conosco il Padre Barzaghi dal 1990 per aver vissuto con lui nel medesimo convento di Bologna e ho letto tutti i suoi scritti. Purtroppo non si tratta di suonare a due registri, ma di servire a due padroni: al teismo e al panteismo, l’io e Dio. E questo non va bene. Non è degno di un teologo domenicano; ma, che dico, di una persona onesta.

L’assumere lo sguardo di Dio superando il punto di vista umano, come ci esorta Barzaghi, di per sé è un dovere di tutti, è certamente segno di elevatezza d’animo, è il marchio non solo del filosofo, ma dello stesso cristiano e addirittura della dignità umana di chi non vuol vivere come gli animali,  purché però questo sbalzo di piano, questa salita al cielo non nasconda l’ambizione di servire contemporaneamente Dio e se stessi, per cui non si capisce se la scalata  sia veramente un salire verso Dio o un volo di Icaro, se si vuol render gloria a Dio o a stessi, se si tratta di un transcende teipsum di agostiniana memoria o della Selbstranszendenz di Rahner.

Desiderare di salire al cielo è segno di grandezza d’animo. Ma occorre salirvi con Cristo e grazie a Cristo e non tentare l’impresa assolutizzando il proprio io, perché non ci capiti la disavventura di Lucifero narrata da Isaia:

«Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi: salirò in cielo, sulle stelle di Dio, innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso!» (Is 14, 13-15).

L’assunzione dello sguardo di fede al di là della limitata vista della ragione, l’innalzarci dall’umano al divino, l’abbandonare l’apparenza per cogliere la realtà, il superare l’ingenuità per assumere uno sguardo critico sono cose ottime e doverose, purché questo «possedere il pensiero di Cristo» (I Cor 2,16) non nasconda la pretesa di «innalzarci sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio additando se stesso come Dio» (II Ts 2,4), perchè «chi si innalza sarà abbassato; chi si umilia sarà innalzato» (Mt 23,12).

Fine Terza Parte

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 10 maggio 2021

 

Padre Barzaghi ha voluto tentare un accostamento di Severino a Tommaso sulla base della dottrina metafisica dell’essere. 

Come ho detto all’inizio di questo articolo, Barzaghi è stato acuto nell’individuare il punto di contatto nell’ipsum esse.

Ma purtroppo è evidente che il tomismo di Barzaghi è infetto dall’idealismo severiniano, per cui Barzaghi dà la preferenza all’idealismo rispetto al realismo, ponendo, per esprimerci nei termini di Papa Francesco, l’idea al di sopra della realtà, anziché la realtà al di sopra dell’idea.

Immagini da internet





[1] Edizioni Quadrivium, Genova 1981.

[2] Proclamato da Papa Francesco Venerabile, essendo in corso il processo della sua Beatificazione.

[3] Lo sguardo di Dio, Cantagalli, Siena 2003, p.306.

[4] Ibid., p.307.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

 

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