27 novembre, 2025

Che cosa è il nichilismo? - Terza Parte (3/5)

 

Che cosa è il nichilismo?

Terza Parte (3/5)

 

L’antinichilismo di Severino cela l’ombra del nichilismo

Nel panorama filosofico odierno, ancora impelagato nella nebbia del vecchio e o miope storicismo hegeliano e crociano, che si attarda nella grossolanità dello evoluzionismo materialista, che confonde la vita con la macchina, prigioniero della sensualità freudiana, immerso nella mistica del nulla, erede del soggettivismo luterano, infiacchito dal pensiero debole,  Severino oggi appare a molti come il faro che splende nelle tenebre, come la roccia sulla quale costruire la casa, come colui che rivela l’infinità dell’uomo,  come una quercia tra le canne sbattute dai venti, come la speranza contro  la minaccia del nichilismo.

Severino ha fatto della sua lotta contro il nichilismo per la verità dell’essere il punto cardine della sua impresa filosofica, ma avendo assunto una nozione di essere come quella parmenidea, spregiatrice del divenire e del molteplice, senza riuscire a evitare il concetto hegeliano del divenire, ed avendo frainteso la metafisica cristiana che egli accusa di nichilismo, è caduto in pieno nel nichilismo hegeliano. 

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Severino si presenta e si proclama pertanto nel contempo e logicamente come implacabile nemico e denunciatore del nichilismo. … Ma dobbiamo segnalare con dispiacere la sua ben nota dottrina, che accusa il cristianesimo di nichilismo, giungendo a parlare di «follìa», riguardo alla dottrina della creazione, dottrina che, come è ben noto, comporta la produzione da parte di Dio delle cose dal nulla.

Infatti secondo lui il concetto di produzione dell’ente dal nulla sarebbe contradditorio perchè affermerebbe o implicherebbe l’affermazione che il non-essere è l’essere. Ma ciò non è affatto vero. 

Severino apprezza Parmenide come il primo e migliore enunciatore del principio di non-contraddizione: «l’essere è; il non-essere non è». Non gli va bene invece l’enunciato aristotelico che inserisce il riferimento al tempo. Invece tale riferimento è essenziale, per riconoscere la realtà del tempo, giacchè essere e non essere possono stare assieme se sono distanziati nel tempo e d’altra parte anche il diveniente ha una sua necessità, perché nel momento in cui è, non può non essere. Se una cosa prima non è e poi è - è il caso della creazione - non c’è alcuna contraddizione e non c’è alcun motivo per togliere o ignorare il prima e il poi perché si cadrebbe nel falso.

Notiamo che il riferimento metafisico fondamentale di Barzaghi, come quello di Severino e di Bontadini, non è l’ente analogico, uno e molteplice di Aristotele e della Scrittura, ma è l’essere parmenideo, l’unotutto. L’essere è l’essere divino e assoluto.

La distinzione tra essere necessario ed essere contingente è respinta come «dualismo» perché nega l’unotutto, concetto di origine parmenidea che era stato già sviluppato da Vladimir Soloviev, concetto che egli designa col termine russo vseedinstvo. In questa visuale si confonde la totalità dell’essere col Tutto divino. Così succede che tutte le cose sono Dio. E tutto è in tutto. Il mondo è Dio e Dio è il mondo. Non si distingue la natura umana dalla natura divina, per cui da qui sorge una cristologia eretica.

Immagine da Internet: Vladimir Soloviev

26 novembre, 2025

Che cosa è il nichilismo? - Seconda Parte (2/5)

 

Che cosa è il nichilismo?

Seconda Parte (2/5)

 

Tra l’essere e il non-essere

Quando consideriamo il significato e l’orientamento della nostra vita e il fine della nostra esistenza, quando pensiamo a che cos’è che massimamente desideriamo e vogliamo e di cui abbiamo bisogno per essere felici, a tutti noi s’impone una scelta: o ci volgiamo verso noi stessi, cioè puntiamo al nostro io, ci appoggiamo su noi stessi assolutizzando noi stessi, ritenendo che il nostro io sia il centro di tutto, credendo di non dipendere da nessuno e che nessuno curi i nostri interessi meglio di quanto noi stessi possiamo fare.

Oppure ci volgiamo a un tu, che ci sta davanti, esistente prima e indipendentemente da noi, al di sopra di noi e a fondamento della nostra esistenza, un tu che scopriamo essere la causa e il principio di ogni essere, perché è lo stesso essere sussistente, infinitamente sapiente, potente, amorevole e provvidente, desideriamo  questo tu, vederlo ed entrare in comunione con lui,  ascoltiamo e obbediamo a questo tu, ci fidiamo di lui, confidiamo in lui, gli chiediamo perdono invocando misericordia, perché sappiamo di essere stati creati da questo tu, per cui è questo tu ad essere il nostro sommo bene e la nostra felicità. Questo tu è Dio.

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Il nichilismo si può nascondere anche sotto la falsa mistica, nella quale si esagera fino all’assurdo l’oscurità del mistero divino, mescolando l’affermazione di Dio con la sua negazione, … Il vero mistico ha il gusto della luce e accetta umilmente i suoi limiti e le tenebre del mistero divino.

È vero che parlando di Dio la Scrittura dice che «nubi e tenebre lo avvolgono» (Sal 97,2). È chiaro che l’infinità dell’essenza divina oltrepassa infinitamente la capacità finita della nostra ragione anche nella visione beatifica del cielo. Per usare un efficace paragone di Sant’Agostino, la pretesa dello gnostico e del razionalista è quella di contenere l’acqua dell’oceano in un secchiello o in un bicchiere. 

Eppure Dio è Luce che illumina le menti. Nella sua luce vediamo la luce. La luce della coscienza, la luce dell’intelletto agente provengono da Dio.

La filosofia di Hegel è la forma più radicale e sistematica di nichilismo mai esistita, celata sotto le apparenze della idealità, della razionalità, dell’affermazione dell’essere assoluto. … Chi poi oggi ci descrive con maggiore chiarezza questa visione nichilistica della realtà e questa concezione del nichilismo è Emanuele Severino.

Indubbiamente il nichilismo più serio, preoccupante e più odioso, vera «follìa», come dice Severino, è questo. Severino pertanto ha perfettamente ragione nell’insorgere contro questo nichilismo in nome del principio di non-contraddizione: l’essere non può essere il non-essere. L’essere non è il non-essere.

Infatti se astraiamo del tutto dagli inferiori dell’essere, per forza alla fine non rimane niente, ma ciò non perchè l’essere è niente, ma perché ci siamo sbagliati noi nell’astrarre, lasciando fuori le differenze come se l’essere fosse un genere e invece è un trascendentale, che include implicitamente tutti i generi. Finito e infinito, necessario e contingente, assoluto e relativo, mutevole e immutabile, eterno e temporale, creato e increato, materiale e spirituale, reale e ideale, uno e molteplice, benchè sotto l’essere, sono ancora essere.

 
Immagine da Internet: Sant'Agostino, Rubens


25 novembre, 2025

Che cosa è il nichilismo? - Prima Parte (1/5)

 

Che cosa è il nichilismo?

Prima Parte (1/5)

Prima che nascessero i monti e la terra

e il mondo fossero generati,

da sempre e per sempre Tu Sei, Dio

Sal 90,2

 

Bisogna che ne parliamo

Il Santo Padre, nell’omelia della Messa celebrata il 1° novembre scorso per la proclamazione di San John Henry Newman a Dottore della Chiesa, ha segnalato la necessità di «liberare l’umanità dall’oscurità del nichilismo, che è forse la malattia più pericolosa della cultura contemporanea, perché minaccia di cancellare la speranza». Il Papa ha ripetuto quasi alla lettera quanto disse già Papa Francesco il 21 novembre dell’anno scorso in un discorso all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Disse infatti che «il nichilismo è forse la piaga più pericolosa della cultura odierna perché è quella che pretende di cancellare la speranza».

È la prima volta che compare nel Magistero della Chiesa la segnalazione del male del nichilismo. Chi conosce la storia delle idee, sa che nel passato fu chiamata «nichilista» una corrente di pensatori russi del sec. XIX, i quali si designavano nichilisti volendo significare con questo termine un rifiuto dell’esistente, che abbisogna di essere totalmente rinnovato, la necessità di un’azione rivoluzionaria che annientasse le basi del presente sistema politico, sulla base della convinzione che la volontà umana è tanto potente, da poter distruggere e annientare l’essere e ricostruirlo e ricrearlo, così da operare nella società e nell’umanità un rinnovamento talmente radicale, da assicurare a tutti una tale libertà ed onnipotenza sull’essere e sul nulla, così da rinnovare radicalmente la realtà, la società e l’umanità, così da renderla capace di operare sull’essere e sul nulla, e da  assicurare a tutti una libertà assoluta sull’essere e sulla realtà, di annullare o creare a proprio piacimento tanto l’essere che il nulla. 

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Non esiste nella Scrittura un termine corrispondente alla parola «nichilismo». Tuttavia nessun testo religioso dell’umanità ci fa capire meglio che cosa è il nichilismo, qual è il male del nichilismo e come evitare e vincere il nichilismo. Innanzitutto nessuna sapienza come quella biblica mostra di avere il senso dell’essere, di sapere che cosa è l’essere e di avere tanta stima e tanto rispetto per l’essere, in qualunque sua forma, modalità e grado.

Il Bibbia ha comunque chiarissimo il concetto del nulla e ne parla più volte con molta profondità ed esattezza metafisica, in opposizione all’essere o all’esistere. Parlando della creazione fa riferimento al fatto che Dio crea dal nulla o dal non-essere.

La Bibbia insegna inoltre che il principio, la causa, la ragion d’essere, il perchè primo, il fondamento e l’origine di tutte le cose, di tutti gli enti esistenti e possibili, … è un Essere primo, unico, spirituale, personale, il «Signore» (Elohìm) … ossia Dio.

La Bibbia ha anche la chiara percezione dell’analogia dell’essere, cioè del fatto che insieme con Dio, al di sotto di Lui e in dipendenza da Lui, creati, ordinati e mossi da Lui, esistono molti e diversi enti, esistenti analogicamente, similmente o diversamente, benchè inferiormente, a come esiste Lui, enti che non sono l’essere, ma hanno un essere per partecipazione, essere creato, finito, permanente o corruttibile.

 
Immagine da Internet: Bibbia, V. Van Gogh

21 novembre, 2025

Che cosa intendeva dire Rosmini? Un santo non può essere un panteista - Terza Parte (3/3)

 

Che cosa intendeva dire Rosmini?

Un santo non può essere un panteista

Terza Parte (3/3)

 

Alcuni punti da chiarire

Volendo passare in rassegna alcuni punti che ci aiutano a comprendere il senso della Nota della CDF, possiamo cominciare col dire che il «divino» del quale parla Rosmini, citato nelle proposizioni condannate, come chiarisce bene Giannini, non è Dio, ma è l’essere, scoprendone l’ampiezza e la sublimità del quale la mente giunge a scoprire l’essere divino. È «appartenenza divina» non perché sia un attributo divino, o una proprietà di Dio, ma perché, benchè, partecipe anch’esso dell’essere, legato al creato, è un predicato, un nome, un pensiero, che Dio ha scelto per designare il suo stesso essere sussistente.

Rosmini sembra confondere l’essere reale con l’essere ideale come se non fossimo noi a ricavare l’idea dell’essere dall’essere a noi già dato e a noi presupposto come oggetto del conoscere, ma fossimo noi a porre l’essere con la nostra idea dell’essere. Ora questo certamente sarebbe idealismo. Ma non è questo il vero intento e il vero pensiero di Rosmini. 

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Per Rosmini la «forma» non appartiene all’essenza dell’intelletto, anche se giace kantianamente nell’intelletto, ma è data all’intelletto; non costituisce, come per Kant, il modo del conoscere, ma l’oggetto suo primo, corrispondente all’ente come primo oggetto dell’intelletto, come nella gnoseologia tomista. L’intelletto, per Rosmini, come per Tommaso, è una facoltà dell’anima; non è come in Kant, l’io penso (Ich denke) di cartesiana memoria.

E lo stesso Tommaso chiama «forma» l’essere. Ma in Rosmini come in Tommaso, a differenza di Kant, per il quale la forma dà forma all’oggetto, l’essere come forma dell’intelletto è luce dell’intelletto e corrisponde all’essere stesso dell’oggetto del conoscere. Ossia per Tommaso e per Rosmini la cosa o la realtà ha già per conto proprio, fuori della mente e in sé stessa, la sua forma che è il suo stesso atto d’essere. Per cui l’intelletto non dà né forma né essere alle cose come fosse un semidio o un demiurgo, ma, grazie all’idea dell’essere, riconosce la forma e l’essere delle cose, che non dipendono dall’intelletto, ma da Dio creatore.

Immagine da Internet: Papa Gregorio XVI, ritratto

19 novembre, 2025

Che cosa intendeva dire Rosmini? Un santo non può essere un panteista - Seconda Parte (2/3)

 

Che cosa intendeva dire Rosmini?

Un santo non può essere un panteista

Seconda Parte (2/3)

 

L’essere ideale o idea dell’essere.

È la nozione-base della filosofia rosminiana, così come per San Tommaso è il concetto dell’ente come ciò che è in atto d’essere. Questa nozione universalissima e intuitiva illumina e abbraccia tutto il sistema di Rosmini così come quella dell’ente comune illumina tutto il sistema di Tommaso.

Naturalmente anche per Rosmini oggetto dell’intelletto è l’ente, ma nella luce dell’idea. Per questo Rosmini sembra un idealista, ma se poi guardiamo con quanta cura egli distingue l’ideale dal reale, l’ente intramentale dall’ente extramentale, il pensiero dall’essere, e con quale forza combatte contro l’idealismo, ci accorgiamo che, al di là del linguaggio idealista, in realtà Rosmini è un realista.

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Dunque bisogna dire che Rosmini, al di là dell’apparente idealismo del suo essere ideale, come ci avverte la Nota della CDF, è stato in realtà un realista che andando oltre l’idea, ha raggiunto lo stesso essere divino, sia pur sempre nell’idea o meglio nel concetto.

Inteso in questo senso, come rappresentazione mentale ed immagine dell’essere divino, l’essere ideale rosminiano gioca legittimamente da stella polare e centro propulsore, alla base di tutto il suo sistema e lo pervade tutto. È un sole e una meta ultima e suprema che lo accompagna ovunque e lo guida a Dio nell’esercizio della carità verso Dio e verso il prossimo.

Immagine da Internet: Papa Pio IX

18 novembre, 2025

Che cosa intendeva dire Rosmini? Un santo non può essere un panteista - Prima Parte (1/3)

 

Che cosa intendeva dire Rosmini?

Un santo non può essere un panteista

Prima Parte (1/3)


La Chiesa ci illumina sulla vicenda

 di un grande maestro controverso

Il Sommo Pontefice Leone XIV in un suo recente discorso ci ha presentato come guida alla sapienza il Beato Antonio Rosmini. Anche San Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et Ratio, tra i maestri ai quali oggi possiamo rivolgerci per acquistare la sapienza ci ha indicato il Beato Rosmini.

Il mio pensiero va a quell’intervento del Sant’Uffizio del 1887 sotto il pontificato di Leone XIII col quale venivano condannate 40 proposizioni estratte dalle opere del Roveretano. Uno si potrebbe domandare: come la Chiesa è arrivata a beatificare un teologo del quale ha censurato ben 40 proposizioni?

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Per dimostrare che Rosmini è un realista e non un idealista, basterebbe citare i passi nei quali egli nega che l’essere sia prodotto dal pensiero - salvo che si tratti del pensiero divino -, dà l’essere come presupposto al pensiero, trascendente il pensiero, esterno al pensiero e indipendente dal pensiero, tutte cose delle quali l’idealista ha orrore.

Immagine da Internet: Antonio Rosmini

14 novembre, 2025

Adamo ed Eva sono veramente esistiti?

 

Adamo ed Eva sono veramente esistiti?

Come è potuto aversi memoria di un fatto così antico?

Conosciamo tutti una tesi oggi diffusa secondo la quale Adamo ed Eva non sono veramente esistiti, ma sono la raffigurazione simbolica dell’umanità primitiva rappresentata con i colori più belli, creata da Dio santa ed innocente in un luogo di delizie, signora di tutta la terra, e poi tragicamente decaduta col peccato della ribellione a Dio, peccato, del quale oggi l’umanità soffre le penose conseguenze. 

Per certi esegeti il racconto della creazione del mondo e dell’uomo, benché affronti il delicato problema dell’essere e del divenire, non avrebbe alcun valore filosofico, ma sarebbe una costruzione immaginosa, popolare, poetica e metaforica tratta dall’esempio dell’artigiano che costruisce un manufatto o dell’agricoltore, che mette ordine tra gli animali e le piante. 

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Secondo al racconto biblico, Dio pone dei «cherubini» all’ingresso del giardino per impedire alla coppia di tornarvi e attingere all’«albero della vita» (Gen 3,24), albero che riapparirà nella terra dei risorti (Ap 22, 2 e 14). 

Nell’intervallo di tempo tra la cacciata dal paradiso terrestre e il suo ritorno da parte dei risorti nel nuovo giardino dell’Apocalisse nella terra dei risorti, dove si ritrova l’albero della vita, dove si trova il paradiso terrestre? Certo non più quaggiù, perché quello che era il paradiso terrestre, ora è celeste, ossia in cielo, laddove Gesù e Maria ci attendono. 

È da notare inoltre che Dio comanda alla coppia di «riempire la terra e soggiogarla» (Gen 1,28), il che vuol dire che questo «giardino» non è da intendersi come l’area all’interno della quale dovrà racchiudersi l’azione dell’umanità, ma solo la base di partenza per la conquista e la sottomissione dell’intero universo.

Adamo ed Eva furono posti nel medesimo universo nel quale ora viviamo, ma esso, a causa delle conseguenze del peccato originale, si presenta adesso come ostile ed inospitale, lontanissimo dal poter essere percorso e dominato dall’uomo, il quale viceversa si trova adesso ad essere come un granello di polvere in un universo sconfinato, che conserva  tracce di stupenda maestosità e bellezza, ma nel contempo minaccia e spaventa l’uomo con l’azione spesso improvvisa e imprevedibile di forze terribili e devastanti.

Immagine da Internet: Albero della vita, Abbazia di Pomposa

12 novembre, 2025

Omelia del Servo di Dio Padre Tomas Tyn. Festa di Maria Regina Nostra Fiducia. Anno Mariano - Bologna, 1987-88

 

Omelia del Servo di Dio Padre Tomas Tyn. Festa di Maria Regina Nostra Fiducia. Anno Mariano - Bologna, 1987-88

 Omelia del Servo di Dio Padre Tomas Tyn

Festa di Maria Regina Nostra Fiducia

Anno Mariano - Bologna, 1987-88

 

Audio:

-        S.Messa (Parte Prima) https://youtu.be/gkSIyYbjHG8

-        S.Messa (Parte Seconda) https://youtu.be/53LljJlDxwM

-        Omelia (Maria Regina Nostra Fiducia) https://youtu.be/Q9P-qK3mv1g

Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone

Omelia

         Fratelli miei carissimi, tutti oggi ci rallegriamo della solennità della Beata e Gloriosa Vergine Maria, Madre di Dio, Madre della Chiesa e Madre nostra, Regina nostra e anche Avvocata nostra, la Fiducia nostra. E’ sotto questo titolo che la parrocchia la celebra in modo particolare.

         Ma tutto il mondo è in festa per Maria, nostra Madre e Regina, proprio perché celebriamo, come voi ben sapete, l’Anno Mariano, un segno davvero provvidenziale per il bene della Chiesa intera, per il bene delle anime immortali riscattate dal sangue prezioso di Gesù, santificate per opera dello Spirito Santo, per il bene delle anime, perché alle anime in Maria rifulge un esempio sicuro di santità.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/omelia-del-servo-di-dio-padre-tomas-tyn.html

 






Servo di Dio

Padre Tomas Tyn, OP 






08 novembre, 2025

Redenzione e corredenzione - Seconda Parte

 

Redenzione e corredenzione

Seconda Parte

 

Spunti di discussione

Riguardo a questo argomento della Corredentrice, pubblico due lettere che ho ricevuto e che considero interessanti.

Al riguardo avrei delle obiezioni da fare, ma me ne astengo per lasciare spazio ai Lettori per eventuali loro interventi.

1)

Il giornalista Americo Mascarucci ...

2)

Il Dott. Bruno V. ...

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Immagine da

https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/10/26/giubileo-equipe-sinodali.html 

07 novembre, 2025

Redenzione e corredenzione - Prima Parte

 

Redenzione e corredenzione

Prima Parte

Cristo ci rende partecipi della sua opera redentrice

Come sappiamo, l’opera che Cristo ha compiuto sacrificandosi per noi sulla croce è chiamata dalla Scrittura con un nome metaforico preso dalle transazioni commerciali o di compra-vendita. Da qui l’immagine del sangue di Cristo come prezzo del nostro riscatto. Da qui l’idea che Cristo ci ha comprati a caro prezzo. Da qui l’immagine di Cristo che ha pagato per noi debitori insolventi. Da qui l’immagine del peccato come debito del quale chiediamo al Padre la remissione. 

Infatti il termine redenzione vuol dire comprare di nuovo (re-d-emptio). Cristo ci ha comprati o acquistati due volte pagando di persona. Ma a chi ha consegnato il denaro? A chi ci ha restituiti? Cristo, in quanto Dio creatore ci ha comprati una prima volta rendendoci proprietà del Padre con l’averci creati. Quindi il Padre è il nostro legittimo proprietario. Noi siamo proprietà del Padre perché siamo opera sua, sue creature. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/redenzione-e-corredenzione-prima-parte.html

La Madonna raggiunge la massima e inarrivabile perfezione ed universalità di un’opera alla quale tutti siamo chiamati e che ogni cristiano in quanto tale deve svolgere secondo la misura delle sue forze e le capacità soprannaturali ricevute da Dio. La Madonna, quindi, non è l’unica corredentrice, ma tra tutte le creature umane in grazia è quella che, essendo Madre di Dio, Immacolata, piena di grazia e Madre della Chiesa, è Madre della grazia e distributrice di tutte le grazie.

Maria non conferisce la grazia santificante e non è neppure sacerdote, però il suo raggio d’azione è universale e copre tutto il corso della storia; ella provvede e si prende cura come una madre di ciascuno di noi affinchè sia fornito delle grazie che gli occorrono per essere un buon cristiano secondo la sua particolare vocazione e i suoi bisogni spirituali.

04 novembre, 2025

Dalla ragione alla fede e dalla fede alla ragione. In margine ad alcuni Discorsi del Papa - Seconda Parte (2/2)

 

Dalla ragione alla fede e dalla fede alla ragione

In margine ad alcuni Discorsi del Papa

 

Seconda Parte (2/2)

La via di San Tommaso

La sapienza dell’Aquinate è una manuductio ad fidem, è una scuola di apologetica. Tommaso ci propone di educare la nostra ragione per prepararla a all’ascolto della Parola di Dio e a ricevere la luce della fede, come San Giovanni Battista ha preparato le vie del Signore con la predicazione della giustizia e delle opere buone. La vita spirituale inizia con l’esercizio della ragione partendo dall’esperienza sensibile e quando la ragione s’imbatte nella testimonianza del cristiano, se essa è onesta e non chiude gli occhi alla verità. per grazia di Dio la ragione si apre alla luce della fede e trascende sé stessa cogliendo verità divine che da sola non avrebbe mai potuto raggiungere.

Tanto Agostino quanto Tommaso sanno che se vogliamo condurre gli uomini alla fede cristiana, dobbiamo prepararli con un’adeguata opera di persuasione accompagnata da convincenti segni di credibilità. Questo metodo è esplicitamente insegnato dal Beato Pio IX in un documento curiale del 1855: «l’uso della ragione precede la fede e ad essa conduce l’uomo per opera della rivelazione e della grazia» (Denz.2817). 

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Già Aristotele, 2500 anni fa ha battagliato con Protagora, Eraclito e Parmenide sulla questione della verità e tutta la storia del pensiero da allora ad oggi è divisa in due campi o, per usare il linguaggio agostiniano, in due città.

Con le parole di Aristotele potremmo dire: tra coloro per i quali la verità è ciò che è e coloro che invece dicono che la verità è ciò che sembra. Nel Vangelo da una parte abbiamo Cristo e dall’altra l’ipocrisia e la doppiezza dei farisei.

Oggi siamo ancora allo stesso punto. Che fare? Imitare i profeti nella loro lotta contro i falsi profeti, Cristo nel dialogo con i farisei, Aristotele nella sua confutazione di Protagora ed Eraclito, Agostino nella sua confutazione degli Accademici, Tommaso nella sua dottrina della verità, Maritain nel confronto con la modernità, i Papi nell’affrontare le sfide del pensiero moderno.

 

Immagine da: https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/11/3/messa-cardinali-defunti.html

03 novembre, 2025

Dalla ragione alla fede e dalla fede alla ragione. In margine ad alcuni Discorsi del Papa - Prima Parte (1/2)

 

Dalla ragione alla fede e dalla fede alla ragione

In margine ad alcuni Discorsi del Papa

 

Prima Parte (1/2)

 

La via di Sant’Agostino e la via di San Tommaso

Il Santo Padre dall’inizio del suo Pontificato ha già indirizzato tre Discorsi[1] a partecipanti a Convegni internazionali di filosofia o teologia trattando del   rapporto tra fede e ragione con particolare riferimento alla differenza fra la teologia di Sant’Agostino e quella di San Tommaso.

Ma chiediamoci anzitutto che cosa hanno essi in comune: l’ identica stima per la verità, la certezza, la ragione, la ricerca, la discussione, la scienza, la filosofia, il progresso del sapere, la libertà di pensiero, la sapienza; entrambi distinguono l’idea umana, rappresentazione della realtà dall’idea divina, modello della realtà; entrambi accolgono il realismo gnoseologico, l’identica  fede cattolica, l’identica soggezione al Magistero della Chiesa  cattolica,  l’ identico odio per lo scetticismo, l’agnosticismo,  la protervia,  il relativismo, il dubbio sistematico, la presunzione, lo spirito di contraddizione, la doppiezza, la finzione, la simulazione, la sofistica, l’ipocrisia, il fideismo, il razionalismo, lo gnosticismo, l’idealismo.

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/dalla-ragione-alla-fede-e-dalla-fede.html



Il Santo Padre ha ben delineato la differenza tra la sapienza agostiniana e quella tomista, mostrando la superiorità di quella su questa, in quanto dono dello Spirito, quindi sapienza mistica e sapienza pastorale, dono anch’essa dello Spirito, stante lo stato episcopale di Agostino, Doctor Gratiae.

Mentre nella sapienza speculativa è sufficiente la virtù dell’intelletto educato dalla filosofia, l’esercizio della sapienza mistico-pastorale, come ha sottolineato il Papa, è impossibile se essa non è effetto della carità. Invece Tommaso è Dottore Comune della Chiesa nel campo della sapienza speculativa, giacchè egli è stato un semplice maestro di teologia, per cui Tommaso primeggia in quella sapienza teologica che è la teologia scolastica, funzionale alla formazione del clero e dei dottori in teologia.

Per quanto riguarda l’esistenza cristiana, i due Dottori fanno un cammino inverso l’uno rispetto all’altro: l’uno parte da dove l’altro è arrivato e viceversa. 

Immagine da : https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2025/10/27/messa-univ-pontificie.html

01 novembre, 2025

Il morire cristiano

 

Il morire cristiano

                                                                                                 Requiem aeternam dona eis, Domine

         et lux perpetua luceat eis.

            Requiescant in pace.

 

Al momento della morte l’anima perde la coscienza sensibile e si esauriscono le forze fisiche, ma esercita la coscienza spirituale e forza dello spirito, che le consente in piena lucidità e padronanza di sé di abbandonare il corpo e di compiere la scelta definitiva o per Dio o contro Dio.

L’anima in grazia, dopo aver pregustato nella fede e nella carità in questa vita mediante le buone opere, favorita dalla grazia, le primizie della vita futura, dopo aver compiuto nella vita sufficiente penitenza dei propri peccati, consapevole della propria innocenza e felice del perdono ricevuto, si pone con fiducia nelle mani di Dio misericordioso. 

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L’ateo, come ciascuno di noi, sa benissimo che Dio esiste. L’ateismo non è la semplice affermazione «Dio non c’è». Questa proposizione potrebbe pronunciarla anche chi nega un concetto falso di Dio. In questo caso siamo davanti a un teista e un credente, che non sanno di esserlo. 

In cielo l’anima esercita la comunione con Dio e con i beati. Sino alla fine del mondo si occupa della salvezza di coloro che sono rimasti sulla terra, accoglie le loro suppliche e intercede per loro. Esercita un progresso continuo nella beatitudine. Attende di riprendere il proprio corpo alla Parusia. Alla risurrezione instaurerà un nuovo rapporto di dominio dei nuovi cieli e della nuova terra. Riprenderà l’esercizio dell’attività artistica insieme con gli angeli nel canto e nella lode di Dio.

Immagine da Internet: Affreschi nella chiesa del monastero benedettino di Lambach, Alta Austria

31 ottobre, 2025

La concezione idealistica della filosofia - Sesta Parte (6/6)

 

La concezione idealistica della filosofia

Sesta Parte (6/6)

Bontadini: il pensiero non ha bisogno di garanzie

Bontadini non accetta l’essere non pensato o pensabile extra animam, perché questo a suo dire sarebbe «dualismo».  Egli confonde l’esterno con l’estraneo. Non c’è nessuna estraneità e nessun dualismo fra essere e pensiero. Essi al contrario sono buoni amici. L’essere è estraneo solo quando il pensiero è nell’errore.

Il suo idealismo mostra di essere benintenzionato nel voler mirare all’essere, ma ahimè, questo essere è solo l’essere pensato. Ed inoltre Bontadini non comprende come il pensiero non è l’essere, ma è rappresentazione e intenzione di essere, subordinato all’essere, regolato dall’essere, con l’obbligo di adeguarsi all’essere. Il pensiero ha un essere spirituale. Ma esiste anche l’essere materiale.

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Bontadini propone un concetto di filosofia, che risente chiaramente del monismo parmenideo, e che egli chiama «unità dell’esperienza», tale da congiungere realismo ed idealismo, e la chiama appunto «ideal-realismo» quasi a volersi porre da un punto di vista superiore che in realtà non esiste.

Barzaghi fa un parallelo tra il pensare e il conoscere in senso idealistico da una parte e la ben nota distinzione aristotelico-tomistica fra intelletto agente e intelletto possibile dall’altra, un parallelo del tutto sconveniente ed incongruo, giacchè l’intelletto agente tomistico nulla ha a che vedere con la concezione barzaghiana, idealistica, del «pensiero puro». Inoltre Barzaghi dice che «l’intelletto agente intende l’essere». «La luce che caratterizza per metafora l’intelletto agente è lo stesso essere».

L’intelletto agente tomistico non è affatto il «pensiero puro» del quale parla Barzaghi, perché allora dovrebbe identificarsi col pensiero divino. E neppure si può dire che intende l’essere. L‘intelletto agente non intende niente. È lo intelletto possibile che intende l’essere e, intendendolo, ne forma il concetto. L’intelletto agente fa intendere. È luce non perchè sia l’essere, ma perchè fa luce: illumina i fantasmi affinchè l’intelletto possibile ne ricavi la loro intellegibilità astraendo dai dati del senso.

Cartesio come Lutero ha voluto superare e demolire San Tommaso, continuamente invece raccomandato dai Papi fino a Papa Francesco e a Papa Leone. Non si tratta di un discepolato tomista orientato all’esclusiva condanna degli errori moderni, ma è un tomismo conforme alle prescrizioni del Concilio Vaticano II, ottimamente riflesse nelle Costituzioni dell’Ordine Domenicano e confermate da documenti pontifici postconciliari come la lettera Lumen Ecclesiae di San Paolo VI del 1974.

Occorre chiamare a raccolta tutte le grandi voci della filosofia moderna, quasi a formare un’immersa orchestra. Occorre però affidare l’accordo delle musiche e degli strumenti, nonchè la guida dell’esecuzione musicale a colui che Pio XI chiamò Dottore comune della Chiesa, titolo ripetuto da Papa Francesco l’anno scorso, VIII centenario della sua morte: San Tommaso d’Aquino.

Immagine da Internet: Evangeliario di Godescalco, Cristo in maestà, tra il 781 e il 783 circa, Parigi