Comunicato relativo alla lettera di un gruppo di teologi ai Vescovi, con la quale accusano il Sommo Pontefice di eresia


 Comunicato
relativo alla lettera di un gruppo di teologi ai Vescovi,
con la quale accusano il Sommo Pontefice di eresia

La lettera rispecchia un comprensibile disagio diffuso nella Chiesa per il magistero, per il comportamento e per il governo della Chiesa di Papa Francesco.
Ma la lettera è sostanzialmente da disapprovare per i seguenti motivi:

1. Accusare un Papa di eresia è contrario al rispetto dovuto dal cattolico al Vicario di Cristo e non tiene conto che un Papa non può essere eretico, in quanto per mandato di Cristo ha precisamente il compito di confermare i fratelli nella fede grazie ad una speciale assistenza dello Spirito Santo.

Infatti, l’eresia è una proposizione falsa in materia di fede. Da qui l’impossibilità che un Papa cada nell’eresia, perché Cristo lo ha costituito proprio come sterminatore delle eresie. Nessuno, nella Chiesa, possiede come il Papa dallo Spirito Santo il dono di discernere queste astuzie del demonio e di sgominarle.

Bisogna dire invece che egli, quando insegna pubblicamente come maestro della fede, insegna sempre la verità, non si sbaglia, non s’inganna e non ci inganna, a partire dal livello massimo della sua autorità, allorchè definisce solennemente un nuovo dogma, che deve essere creduto con fede divina, fino al livello minimo ordinario e quotidiano della sua predicazione evangelica, quando insegna verità tradizionali o già definite, che devono essere ascoltate da tutti ed accolte con fiducia e religioso ossequio dell’intelligenza e della volontà.

Si può dire invece che capita che Papa Francesco usi un linguaggio improprio ed equivoco, che esca in frasi imprudenti o che sia reticente su certe verità. Si può dire che talvolta è negligente nella difesa della sana dottrina e nella condanna degli errori. Si può dire che talvolta non si cura abbastanza di risolvere i conflitti interni alla Chiesa, che pratica un dialogo ecumenico ed interreligioso ambiguo e cedevole, che tollera ed appoggia collaboratori moralmente indegni per non dire scandalosi, che è troppo indulgente verso la corruzione dei costumi soprattutto in campo sessuale. Ma non ci è consentito, come cattolici, pretendere di correggerlo nella dottrina della fede, mentre egli stesso, come Successore di Pietro, ha il compito eventualmente di correggere noi nei nostri errori.

2. A parte l’infondatezza e l’inammissibilità dell’accusa nel suo contenuto, la sua stessa forma, ossia accusare il Sommo Pontefice davanti al Corpo Episcopale, è atto  gravemente illecito e giuridicamente nullo, in base al Can.1404 del Codice di Diritto Canonico, che dichiara che il Sommo Pontefice in materia di fede non può essere giudicato da nessuno, perché, in base al carisma petrino, è lui il giudice di tutti.

Congiuntamente alla forma e al contenuto dell’accusa è degno di netta disapprovazione l’indirizzarsi al Corpo Episcopale, come se esso avesse una qualche competenza in materia. È noto, soprattutto dall’ecclesiologia conciliare, come l’Episcopato forma collegialmente, pur nella varietà dei singoli vescovi, un’unica ed unitaria mistica entità comunitaria e comunionale, riunita nello Spirito Santo, che, cum Petro e sub Petro costituisce il Magistero della Chiesa.

La richiesta infatti fatta ai Vescovi dalla lettera, se dovesse da loro essere accolta, li indurrebbe ad un grave attentato all’autorità del Papa. I vescovi, certamente, soprattutto quelli chiamati ad una più stretta collaborazione col Vicario di Cristo, possono ed anche devono, a loro prudente giudizio e nelle opportune o dovute circostanze, rivolgere singolarmente o collettivamente al Papa qualche critica od osservazione concernente il bene della Chiesa, in ciò rendendo un prezioso aiuto al ministero del Papa. Ma non sono affatto competenti o abilitati a correggere il Papa nella dottrina, per qualunque motivo. Semmai sarà compito del Papa correggere chi tra di loro dovesse scostarsi dal sentiero della verità.

Molto diverso è l’atteggiamento che occorre tenere nei confronti del Santo Padre nelle attuali difficili circostanze di smarrimento e sofferenza generalizzati. La prima cosa da fare è quella di rinunciare del tutto a fare, come dicono alcuni superficiali, i «fans» del Papa, come se egli fosse un divo del cinema o un grande capo politico o un agitatore di masse oppure prenderlo per un simpatico lassista, che permette ogni licenza sessuale o un modernista che annulla la tradizione per rivoluzionare la dottrina cattolica col pretesto del Concilio Vaticano II.

Se Papa Francesco ha ogni tanto qualche atteggiamento o qualche parola che sembrerebbero dar spazio a simili interpretazioni, teniamo ben presente che conosce ben meglio di noi il suo compito e la sua responsabilità di Vicario di Cristo, Successore di Pietro, Pastore e Guida delle nostre anime e della Chiesa verso la salvezza e il regno di Dio. Infatti, si deve dire che Francesco, per lo Spirito Santo, che lo assiste e lo illumina, conosce molto meglio di noi i suoi doveri, i suoi limiti, le sue competenze di Sommo Pontefice, nonostante le sue debolezze e i suoi peccati, dei quali è ben consapevole e per la remissione dei quali ci chiede sempre di pregare.

La seconda è che ci stringiamo tutti attorno a Francesco, nostra guida infallibile verso il Regno, guida oggi attaccata dalle forze di Satana come mai il Papato è stato attaccato nella storia. Ciò è attestato dai numerosi discorsi che il Papa in questi ultimissimi tempi, quasi con un crescendo, senza curarsi delle ironie degli increduli e dell’imbarazzo dato ai modernisti, ha fatto sulla pericolosità del demonio, sulla necessità di scoprire le sue insidie e su come affrontarlo e vincerlo.

Mai nella storia, a quanto pare,  un Papa ci ha dato tante istruzioni su questo delicato argomento e con tanta concretezza, come se Francesco parlasse per esperienza personale degli attacchi ricevuti e come farebbe un direttore spirituale, che dà istruzioni al discepolo, secondo la migliore tradizione ascetica ignaziana.

Un segno chiaro di quanto serio sia l’intento del Papa che la Chiesa riprenda con rinnovata energia la lotta contro il demonio, è l’ordine che egli ha dato di recitare la preghiera a S.Michele Arcangelo di Papa Leone XIII  «Sancte Michael Arcangele, defende nos in proelio».

La terza è che dobbiamo appoggiare il Papa negli aspetti validi della sua linea pastorale: lo zelo per l’annuncio del Vangelo, per il suo continuo commentare la Scrittura, soprattutto l’insistenza con la quale parla di Cristo e della misericordia del Padre, esempio della misericordia che dobbiamo verso i fratelli, anche se forse si desidererebbe un maggior accento sulla misericordia spirituale; la sensibilità per gli obblighi della giustizia sociale, la comprensione per la debolezza e fragilità di chi non riesce ad adempiere in pienezza le esigenze della legge morale; la cura del dialogo ecumenico ed interreligioso; l’attenzione ai più piccoli, ai più poveri, sofferenti, sfruttati, emarginati ed oppressi; la severa condanna della corruzione politica e di traffici illeciti; la cura e il rispetto dell’ambiente naturale; la difesa della vita e della famiglia; la formazione dei giovani; la condanna del conservatorismo e la lode per chi è aperto alle novità dello Spirito.

La quarta  è il giusto giudizio da dare all’Amoris laetitia, la quale non è affatto eretica, anche se in alcuni passi ha bisogno di un’interpretazione benevola. In particolare non è affatto negata l’indissolubilità del matrimonio, l’assolutezza della legge morale e la sacralità dell’Eucaristia.

In forza del potere delle chiavi (potestas clavium) il Sommo Pontefice ha facoltà, se crede, di concedere la Comunione ai divorziati risposati, come appare dalla nota 351, la quale non dà il permesso, ma è solo un’ipotesi di permesso. I due possono essere in grazia non perché siano sciolti dal precedente matrimonio, ma perchè, restando in vigore quel vincolo, si trovano per ipotesi in una situazione, dalla quale non possono tornare indietro. Essi, allora, possono e devono comunque sforzarsi di obbedire alla legge divina, anche in questa condizione di irregolarità giuridica. Se cadono nel peccato, possono rialzarsi con la grazia di Dio e tornare in grazia.

Se il documento ha un difetto, è l’enfasi eccessiva posta nel mostrare che possono essere in grazia e salvarsi, pur senza interrompere il loro rapporto, sempre nell’ipotesi che non sia possibile per valide ragioni o cause di forza maggiore.

La quinta, infine, è un lavoro di integrazione e di completamento, teso a trattare quegli argomenti e quei temi, ai quali il Papa non presta attenzione o non presta a nostro giudizio sufficiente attenzione, oppure passibili di fraintendimenti o false interpretazioni. Il Papa non si spiega? Non chiarisce? Lo facciamo noi teologi.

Questi sono gli atteggiamenti giusti e fruttuosi da tenere verso il Santo Padre non come stolti fans, ma come figli devoti e sinceri. La Madonna, vincitrice di Satana, ispiratore di tutte le eresie, dia al Vicario di Cristo e a tutti noi la forza e la saggezza in vista della sconfitta del dragone infernale.

P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 3 maggio 2019

4 commenti:

  1. Ammettere che una persona, per il semplice fatto di essere papa, sia assistito automaticamente dallo Spirito Santo e sia praticamente infallibile in tutti i suoi atti, perfino in quelli più ordinari, è la posizione degli infallibilisti estremi che non è stata fatta propria dal concilio Vaticano I. Tale concilio, infatti, esprime dei vincoli e degli ambiti precisi a prescindere dai quali il papa, come uomo, può anche sbagliarsi.
    Credere di onorare la figura del papa attribuendogli poteri che non ha (l'infallibilismo) rendendo i fedeli persone puramente passive, significa deformarne il ministero, distorcere il significato del concilio Vaticano I e illudere i fedeli stessi presentando l'assistenza dello Spirito Santo come una sorta di magia "ipso facto", quando, in realtà, lo Spirito chiede il consenso e la cooperazione dell'uomo divenuto papa. Se per cause a noi ignote (massoneria? obbedienza a poteri globalisti?) un papa non è disponibile a dare questo consenso e cooperazione, lo Spirito Santo non può accudirlo "per forza", per il fatto che è papa, perché violerebbe la libertà umana proibendogli di sbagliare e questo non è da Dio, almeno per quanto riguarda la Rivelazione cristiana. In questo caso, i fedeli hanno tutte le ragioni di farglielo notare poiché egli amministra, serve, non è padrone della fede e della Chiesa e, quindi, deve rendere conto a Dio e ai fedeli del suo operato. Se tutto ciò non è osservato, non solo si staccano i fedeli dai pastori rendendo i primi dei puri passivi ma si rendono i pastori (e il papa stesso) dei semidei, dei satrapi assoluti, se non proprio degli dei, in grado disporre a proprio piacimento di quel che vogliono.
    E' questo, mi sembra, il primo problema nel quale oggi alcuni nel Cattolicesimo sono caduto, coloro che, senza remore alcune, esaltano a più non posso l'attuale papa.
    Si potrà rifiutare quanto si vuole questo ragionamento ma la storia è qui ed è già stata valutata da chi ha avuto la libertà di vedere i fatti per quel che sono: la Chiesa non è del papa (infallibilismo) ma di Cristo. L'infallibilismo, infatti, apre le porte al superamento e, pure, al capovolgimento della Rivelazione cristiana sotto la patetica scusa di un suo "adattamento" ai tempi.

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  2. Quando nel sillogismo la premessa maggiore è errata, nn si può pretendere che le conclusioni siano veritiere:Bergoglio NOM È PAPA,a iniziare dalla sua elezione.
    Punto.
    Aggiungo che l'umiltà è proprio fare uso della COSCIENZA. E la mia,davanti a Dio, denuncia questo abuso. Grazie

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  3. https://www.facebook.com/giorgio.nicolini/posts/10219021642762826

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  4. Apprezzo molto il Suo commento. Ritengo che se il Santo Padre ci appare reticente su certi temi e prudente in certi giudizi, lo faccia per ragioni gravi di forzz maggiore. A fedeli veri si addice più umile rispetto e fiducia nel seguire il percorso indicato con tanti accorati appelli dalla loro massima e più autorevole guida. La superbia che da tutti i fronti sorge nel giudizio contro questo nostro campione della fede non è che un riflesso della tracotanza e dell'arroganza, incontenibili anche in chi vuol dirsi cristiano, caratteristiche di questi nostri tempi terribili.

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