Possiamo costruire una macchina pensante?

 

Possiamo costruire una macchina pensante?

Più intelligente dell’uomo

Su Avvenire del 16 febbraio scorso è apparso un articolo di Vincenzo Ambriola dal titolo Ma se è «generale» l’intelligenza artificiale pensa?[1] E riassume il discorso in questi termini:

«La nuova frontiera della tecnologia è sviluppare macchine capaci non solo di svolgere compiti definiti ma di applicare schemi di risoluzione a qualsiasi situazione. Come fa l’uomo».

Nel testo dell’articolo spiega che cosa intende con «intelligenza artificiale generale». Essa sarebbe

«l’estensione dell’intelligenza artificiale a livelli propri degli umani. Non si tratta di un’intelligenza “stretta”, capace per esempio di giocare a scacchi o di riconoscere immagini, ma in grado di applicare schemi di risoluzione di problemi a qualsiasi situazione».

Si tratterebbe insomma di costruire

«una macchina super-intelligente, in grado di “superare di gran lunga tutte le attività intellettuali di qualsiasi essere umano dotato di qualsiasi genere di intelligenza”».  

Al riguardo l’articolista segnala che già esiste un’«intelligenza artificiale generativa in grado di dialogare come un essere umano». «Si tratta – continua l’articolista - di una macchina che, a buon titolo, può essere considerata intellettualmente superiore agli umani». In conclusione si domanda:

«Dobbiamo credere che un giorno le macchine saranno in grado di pensare? Difficile rispondere, perché il progresso tecnologico punta sempre verso obbiettivi lontani e apparentemente irraggiungibili».

Dobbiamo dire che la risposta alla domanda di Ambriola in realtà non è difficile, se solo riflettiamo al fatto che il concetto stesso di «macchina pensante» è contradditorio. Infatti la conoscenza, con la conseguente coscienza, razionalità, volontà e il linguaggio della comunicazione umana sono attività per loro essenza immateriali, e quindi non possono essere l’effetto di una macchina costruita dall’uomo, la quale appartiene al mondo materiale, oggi studiato dalla fisica quantistica.

La conoscenza intellettuale, il pensiero, la coscienza, il ragionare, la volontà, il libero arbitrio e il linguaggio concettuale appartengono ad un piano della realtà, il piano dell’anima o dello spirito, immensamente superiore e più potente del piano materiale.

D’altra parte l’attività conoscitiva già nell’animale e ancor più nell’uomo non é un’attività transitiva, fisica, quantistica e materiale, che emana dall’agente verso l’esterno nello spazio e nel tempo, ma è un’attività immanente al soggetto, per la quale l’agente riflette ed agisce e torna su  se stesso,  - ecco la coscienza -, entra in se stesso, è trasparente a se stesso, cosa assolutamente impossibile ai corpi e alle sostanze chimiche o materiali, che non possono penetrare entro se stesse, per l’impenetrabilità della materia, ma solo proiettarsi al di fuori verso un oggetto o termine esterno.

Invece il conoscere raggiunge e contatta sì l’oggetto esterno, ma poi se ne appropria immaterialmente e intenzionalmente, lo interiorizza non nella sua materialità, cosa che semmai appartiene all’attività nutritiva, ma lo fa suo mediante una rappresentazione immateriale, un’immagine o un concetto. Per questo Aristotele diceva che non è la pietra che è nell’anima, ma l’immagine della pietra.

Ora tutto questo interiorismo è assolutamente estraneo all’attività fisica o fisiologica delle entità materiali anche viventi, fossero pure quelle neurologiche, subatomiche o elettromagnetiche del cervello umano.

Pertanto, l’idea che una macchina possa conoscere, aver coscienza e pensare nasce da una falsa idea della conoscenza e del linguaggio, che non  sono fatti di materia, neppure di materia sottile o subatomica, ma sono immateriali  e intenzionali e, nell’uomo, spirituali, atti che per la loro superiorità a quelli fisici considerarti dalla fisica quantistica, non possono assolutamente essere causati dal cervello, il quale è solo condizione materiale di possibilità degli atti cognitivi, questo già negli stessi animali, la cui anima è sì estesa e dipendente dalla materia, figuriamoci nell’uomo, la cui anima inestesa, seppur agente in tutto il corpo, è capace di sussistere da sé dopo la morte indipendentemente dal corpo, ossia è puramente spirituale.

La fisica quantistica è arrivata sconoscere, livelli ontologici infinitesimali e bassissimi della materia, una materia sottilissima (software) non immediatamente percepibili dai nostri sensi, che stanno alla base della fisica galileiana, che ha per oggetti i corpi e le energie che cadono immediatamente sotto i nostri sensi (hardware), la cosiddetta «fisica classica».

Che la fisica quantistica sia giunta a scoprire la somiglianza tra i determinismi neurologico-biologici infraatomici del cervello e i determinismi infraatomici della natura fisica è un fatto entusiasmante che testimonia la sapienza ordinatrice del Creatore che ha voluto questa meravigliosa corrispondenza, che deve condurci a comprendere meglio il piano divino sull’uomo signore del creato, che col suo genio, ad imitazione del divino Artista, è chiamato a perfezionare l’opera della natura con le produzioni della tecnica per arricchire la propria vita spirituale e incrementare la comunione fra gli uomini e non certo per montarsi la testa col credere di poter sostituirsi a Dio.

Ma immaginare di poter produrre una macchina alla quale delegare l’incarico di guidarci alla nostra felicità è la più assurda delle immaginazioni degne di una mente perversa in preda alla follìa.

È vero che la fisica quantistica che è riuscita a gettare lo sguardo sul mondo misterioso complicatissimo,  ed affascinante della micromateria, dalle energie spaventose ma anche immensamente promettenti, un mondo rarefatto, elettrizzato, impalpabile, imponderabile e sfuggente, dove la probabilità sostituisce il certo, il casuale sembra sostituire il causato, il disordine sembra sostituire l’ordine, il determinato sembra indeterminato, il contingente sembra sostituire il necessario, ebbene, questo mondo considerato dalla fisica quantistica può dar l’impressione di essere spirituale, mondo della coscienza e del pensiero.

Da qui è nata l’illusione di aver ormai varcato i confini della materia per essere entrati nel dominio sconfinato dello spirito assoluto e della coscienza assoluta. Da qui l’idea di poter progettare macchine funzionanti in modo simile a quello del cervello umano, dalle prestazioni potentissime, prodigiose e inimmaginabili.

Ma le cose non stanno affatto così. Siamo sempre nell’orizzonte del materiale, del fisico e del quantitativo. Dobbiamo stare attenti a non montarci la testa. Se i nostri sensi non raggiungono immediatamente l’oggetto fisico, lo raggiungono mediatamente e lo misurano mediatamente i nostri strumenti di indagine non abbiamo affatto raggiunto il mondo dello spirito, per quanto questo mondo per la sua sottigliezza possa assomigliarvi.

Il fatto incontrovertibile e razionalmente dimostrabile resta sempre il fatto che la conoscenza non può essere effetto dell’attività di un semplice corpo fisico o energia fisica o quantistica o di una macchina o di un congegno ideato e costruito dall’uomo, tutte cose appartenenti alla finitezza e contingenza dell’essere materiale.

L’attività  conoscitiva supera le forze e le possibilità di questi enti o forze materiali, i cui effetti non possono che essere materiali, dato che l’effetto non può essere superiore alla causa, effetti o cose il cui orizzonte è solo quello del divenire, del sensibile, del quantificabile, del misurabile, del finito, del contingente, del generabile e corruttibile  e non può assurgere al livello dell’intenzionalità propria del conoscere e del volere, che spaziano nell’orizzonte del puramente intellegibile, dell’essere, dello spirituale, del necessario, dell’universale, dell’eterno, del sovratemporale e sovra spaziale, dell’infinito e dell’assoluto.

Invece il conoscere, è un effetto di un ente vivente, che supera il non-vivente sensibile, materiale e quantistico; e non basta che sia vivente di vita vegetativa, come le piante, ma occorre che sia animato almeno da un’anima sensitiva, come lo animale e ancor meglio se è animato da un’anima spirituale e razionale come l’uomo. Egli può costruire la macchina, ma non può costruire il vivente: lo può solo generare mediante l’attività sessuale. Non può dare la forma sostanziale alla materia prima: questo spetta solo a Dio creatore.

L’attività tecnologica dell’uomo si limita a trasformare chimicamente o meccanicamente elementi, ad assemblare razionalmente sostanze parziali in un unico insieme o congegno o apparecchio, a dare orientamenti diversi a flussi o energie naturali, ad aggiungere artificialmente ordine o forme o modifiche accidentali a materiai o sostanze naturali.

L’uomo può generare l’uomo, ma non può costruirlo, perché egli con la tecnica può dare solo una forma o un ordine o una strutturazione accidentale a una sostanza naturale a lui presupposta, che non spetta a lui ma a Dio trarre in essere dal nulla, perché l’uomo può creare opere d’arte, ma non può creare enti della natura o del cosmo.

All’applicazione operativa e tecnica della fisica quantistica dobbiamo la l’invenzione e la costruzione di quelle meravigliose macchine che sono i computer e quella che impropriamente viene chiamata «intelligenza artificiale», espressione equivoca che tende a farci confondere lo spirituale col materiale, mentre sarebbe stato meglio conservare l’espressione precedente di «calcolatore elettronico”, questa era veramente appropriata.

La falsa impressione che la fisica quantistica possa dimostrare che la macchina possa essere dotata di coscienza, che la coscienza possa avere origine dalla macchina e addirittura, che la macchina possa pensare e porre atti di coscienza e di intelletto, come alcuni credono, la falsa idea che la fisica quantistica possa dimostrare l’immortalità dell’anima suppone certamente un’idea materialistica dell’anima.

Cerchiamo di capire con umiltà e senza presunzione che cosa è veramente l’anima, le sue potenze e le sue risorse, le sue aspirazioni e i suoi bisogni, la sua profondità e le sue altezze, il suo mondo, le sue virtù, le sue vette, le sue conquiste e le sue gioie, il suo cibo e il suo Signore e non ci perderemo nei vicoli ciechi che non portano da nessuna parte.

Meraviglia trovare un articolo di così sconfortante e di basso livello intellettuale nell’unico quotidiano nazionale cattolico avallato dalla Conferenza Episcopale Italiana,  articolo dedicato a temi così importanti come la dignità dell’intelletto, del pensiero, della coscienza, della volontà, della libertà umane e del linguaggio in relazione ai valori morali e alla finalità etica della produzione tecnologica, quando ci saremmo aspettati, in temi che toccano così da vicino il senso ultimo della vita umana, della comunicazione umana e dell’operare tecnico, di udire non dico l’apporto che ci viene dalla Rivelazione, ma almeno l’eco della dottrina psicologica e tecnologica aristotelico-tomista ormai consolidata dal Medioevo a seguito dei dogmi antropologici dei Concili medioevali.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 17 febbraio 2024


L’attività conoscitiva già nell’animale e ancor più nell’uomo non é un’attività transitiva, fisica, quantistica e materiale, che emana dall’agente verso l’esterno nello spazio e nel tempo, ma è un’attività immanente al soggetto, per la quale l’agente riflette ed agisce e torna su  se stesso,  - ecco la coscienza -, entra in se stesso, è trasparente a se stesso, cosa assolutamente impossibile ai corpi e alle sostanze chimiche o materiali, che non possono penetrare entro se stesse, per l’impenetrabilità della materia, ma solo proiettarsi al di fuori verso un oggetto o termine esterno.

Il conoscere raggiunge e contatta sì l’oggetto esterno, ma poi se ne appropria immaterialmente e intenzionalmente, lo interiorizza non nella sua materialità, cosa che semmai appartiene all’attività nutritiva, ma lo fa suo mediante una rappresentazione immateriale, un’immagine o un concetto. Per questo Aristotele diceva che non è la pietra che è nell’anima, ma l’immagine della pietra.

Immagine da Internet:
- bassorilievo greco

4 commenti:

  1. L'etica nell'intelligenza artificiale (IA) è un argomento di grande importanza e dibattito. Data la crescente ubiquità dell'IA nelle nostre vite, è fondamentale considerare le implicazioni etiche di come viene sviluppata, utilizzata e regolamentata.

    Ci sono diverse questioni etiche legate all'IA che richiedono attenzione. Uno dei principali è l'impatto sociale dell'IA sulle persone. L'IA può influenzare l'occupazione, creando la possibilità di sostituire o automatizzare determinati lavori umani. Ciò solleva questioni sull'equità e sulla giustizia sociale, poiché alcune persone potrebbero essere svantaggiate dall'avvento dell'IA. È importante considerare come mitigare tali impatti negativi e garantire che l'IA contribuisca a un benessere sociale più ampio.

    Un'altra questione etica riguarda la privacy e la sicurezza dei dati. L'IA richiede grandi quantità di dati per l'addestramento e il funzionamento ottimale. Tuttavia, la raccolta, l'archiviazione e l'elaborazione di tali dati possono sollevare preoccupazioni sulla privacy delle persone. È fondamentale garantire che i dati siano raccolti e utilizzati in modo etico, rispettando i diritti delle persone e proteggendo la loro privacy.

    Inoltre, l'IA può sollevare questioni di responsabilità e responsabilità. Chi è responsabile se un sistema basato sull'IA prende una decisione dannosa o discriminatoria? Come attribuiamo la responsabilità quando l'IA è coinvolta in incidenti o errori? È necessario stabilire linee guida e norme etiche chiare per determinare la responsabilità e garantire che l'IA sia sviluppata e utilizzata in modo responsabile.

    Altre questioni etiche includono la trasparenza dell'IA, l'imparzialità e la giustizia algoritmica, il potenziale per il bias e la discriminazione, la sicurezza della IA e la sua potenziale minaccia per l'umanità. Queste sono solo alcune delle questioni etiche complesse che emergono nell'ambito dell'IA.

    Per affrontare queste questioni, è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga esperti di etica, giuristi, scienziati informatici, responsabili politici e la società nel suo complesso. È importante che gli sviluppatori e gli utilizzatori di IA adottino principi etici nel processo di sviluppo e adozione dell'IA, promuovendo la trasparenza, la responsabilità e la giustizia sociale.

    Inoltre, le organizzazioni e le istituzioni devono lavorare insieme per stabilire norme e regolamenti che guidino l'uso etico dell'IA. Ciò potrebbe includere il coinvolgimento di organizzazioni internazionali, governi, industria e società civile nella definizione di linee guida e standard etici.

    L'etica nell'intelligenza artificiale è essenziale per garantire che l'IA sia sviluppata e utilizzata in modo responsabile, rispettando i diritti e il benessere delle persone. È un argomento complesso e in continua evoluzione che richiede una riflessione approfondita e un impegno collettivo per affrontare le sfide etiche correlate all'IA.

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    1. Caro Anonimo,
      nell’orizzonte di questa tematica sociale, sappiamo come ormai da tempo le industrie utilizzino sofisticate macchine (robot) che possono sostituire l’operaio nell’esecuzioni di lavori, che a volte possono essere rischiosi per l’operaio, mentre nel contempo si ottiene un risparmio di mano d’opera. Io credo che l’impiego della IA debba porsi su questa linea.
      È evidente come si aprano altre possibilità di lavoro a quelle categorie di lavoratori, che sono esentati dal fare quello che possono fare le macchine. Esistono infatti altre attività più importanti, che le macchine non sono in grado di eseguire e che quindi possono essere affidate alla responsabilità e all’attività più propria dell’uomo.

      Occorre che il sistema informatico di informazione raccolga dati che non riguardino contenuti riservati o coperti da legittima segretezza, come i segreti d’ufficio, i segreti militari, la riservatezza sanitaria, il sigillo della confessione, le dottrine religiose. Viceversa, la IA dev’essere usata per raccogliere informazioni laddove l’autorità sospetta l’esistenza di segreti pericolosi per la sicurezza dello Stato e il bene comune.

      È chiaro che la macchina non è soggetto di responsabilità essendo priva di libero arbitrio. La responsabilità per eventuali danni a terzi provocati dalla macchina dovrà essere attribuita al suo gestore.

      I poteri pubblici, governo, magistratura, istituzioni educative e sociali, hanno il diritto e il dovere di regolamentare in modo etico e giuridico l’uso della IA in modo da impedire qualunque forma di frode, di falsificazione o di uso dannoso alla buona reputazione delle persone o qualunque forma di danno al bene pubblico o privato.

      Sono pienamente d’accordo su queste considerazioni di carattere etico e giuridico. Aggiungo l’opportunità di una collaborazione dello Stato con la Chiesa, in quanto società che all’interno dello Stato contribuisce alla vita etica dei cittadini e alla promozione del bene comune dal punto di vista culturale e religioso.

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  2. Pontificia Università Lateranense, In Hoc Libro: "Intelligenza Umana, Intelligenza Ilemorfica, Intelligenza Artificiale". Intervista a Marta Bertolaso (Campus biomedico, Roma) e Alfredo Marcos (Università di Valladolid) autori del volume Umanesimo tecnologico: una riflessione filosofica sull'intelligenza artificiale, Carocci, Roma 2023. A cura di Giulia Ricci (Filosofia, PUL). https://www.youtube.com/watch?v=wMztHlKWPvc

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