Discorso
programmatico
Apro questo
blog perché voglio concentrarmi in questi ultimi anni che il Signore mi
concederà a perfezionare, come teologo Domenicano a servizio del Papa, della
Chiesa e delle anime, un lavoro, che sto portando avanti ormai da trent’anni,
da quando lavorai tra il 1982 e il 1990 in Segreteria di Stato come
collaboratore di S.Giovanni Paolo II.
Come sanno
coloro che mi conoscono, i miei interessi filosofici e teologici sono molti e
se ne ha prova consultando la mia bibliografia contenuta in arpato.org a partire dal mio primo
articolo scientifico del 1976 su Sacra
Doctrina, dedicato alla questione del sacerdozio della donna.
Ma
soprattutto con l’esperienza della Segreteria di Stato, ho capito sempre meglio
che il Signore mi chiamava a dedicarmi quasi a tempo pieno ad occuparmi di
quell’argomento che a mio giudizio appare il più serio, il più urgente, il più
interessante e il più utile per la teologia, per la pastorale, per la Chiesa e
per la società di oggi: la questione delicata ma fondamentale per un cattolico
e anche per un non-cattolico di valutare gli insegnamenti, la condotta morale e
il modo di governare la Chiesa del regnante Sommo Pontefice, al fine di aiutare
il Papa nel suo ufficio di dottore e pastore universale della Chiesa, prendendo
ad esempio ed ispirazione l’infiammata e sapiente parola di S.Caterina da
Siena, con l’occhio, naturalmente, alla situazione ed alle esigenze del nostro
tempo.
Mi spinge a
ciò la mia missione di Domenicano, istituzionalmente caratterizzata da un voto
di obbedienza fatto direttamente al Papa e quindi da una speciale comunione
dottrinale col Papa, nonchè dall’impegno formale a diffonderne, spiegarne,
interpretarne e difenderne con ogni mezzo, anche a rischio della vita, il
magistero ordinario o straordinario, semplice o solenne di Vescovo di Roma,
Vicario di Cristo, Successore di Pietro, Capo e guida della Chiesa e Maestro
della Fede. E mi spinge anche la mia responsabilità di Accademico pontificio
affidatami dal 1992.
L’esperienza
della Segreteria di Stato è certo stata per me splendida occasione di mettere
la mia competenza teologica di formazione tomista al servizio del Papa e della Chiesa, ma
soprattutto l’ho sentita e la sento come una vera e propria grazia, come un’occasione privilegiata, che Dio mi
ha dato, di comprendere meglio come il cattolico e in particolare il Domenicano
deve rapportarsi col Papa.
Sono
convinto che, se certi miei Confratelli teologi, penso per esempio a quelli
tentati di seguire Schillebeeckx, avessero umilmente accettato di lavorare in
Segreteria di Stato, vicino al Vicario di Cristo, che è Luce del mondo e
dissipa le tenebre dell’errore, si
sarebbero accorti di quanto il famoso teologo olandese è calunnioso nei confronti del magistero pontificio,
di quanto danno ha fatto alla Chiesa, di quanto insidiose sono le sue eresie e
di quanto questo impostore è indegno del nome domenicano.
Per questo, direi
ai miei amici e nemici teologi che farebbe bene a loro passare un periodo in Segreteria
di Stato. Varrebbe di più di tutti i congressi teologici, da dove spesso si
esce con le idee più confuse anzichè più chiare. Sarebbe per loro un’ottima occasione
per purificarsi da eventuali idee storte, ascoltando i battiti di quello che
S.Teresa di Gesù Bambino chiamava il «cuore» della Chiesa, la Caput mundi, ed attuando in modo
eccellente quella che oggi si chiama «formazione permanente». Dalla terza
loggia del palazzo apostolico si vede, in basso, tutto il mondo.
Mi propongo
allora in questo blog di chiarire come, con che metodo, con che spirito, a qual
fine e sulle basi di quali ragioni il buon cattolico deve rapportarsi col Papa,
perché su ciò esiste oggi un’enorme confusione ed una grande quantità di errori,
equivoci e malintesi e, per conseguenza, esistono interminabili, esasperanti ed
ostinati litigi e contrasti, che compromettono
la carità fraterna e sono causa di sconcerto, di scandalo e di apostasia dalla fede.
A tal fine,
occorre distinguere, nell’attività del Papa, quelle cose nelle quali è lecito criticarlo e quelle invece dove è proibito criticarlo, senza cadere
nello scisma o nell’eresia. Per riassumere
in una semplice formula questa complessa dottrina, posso dire subito che il Papa
è infallibile nella conoscenza di fede e di ciò che è annesso alla fede, ossia
è infallibile nel magistero, come maestro della fede; ma è peccabile nella sua condotta
morale e nel governo della Chiesa.
Mi riservo
di spiegare queste cose nei prossimi articoli. Esporrò quindi i princìpi biblici,
magisteriali, teologici, e giuridici, che devono far da guida e criterio di
giudizio per comprendere e valutare il pensiero e l’operato di un Sommo
Pontefice, con particolare attenzione alla situazione di Papa Francesco. Il lettore
troverà già alcune indicazioni su questo argomento nel mio libro Progresso nella Continuità. La questione del
Concilio Vaticano II e del post-concilio[1].
Per scendere
poi sul concreto, il problema intraecclesiale più serio che deve affrontare il
Papa, e che si trascina da cinquant’anni, è quello di ottenere il dialogo, la
conciliazione e la pace fra lefevriani
e modernisti, i quali, sotto opposto
titolo, aspirano alla leadership della Chiesa, al posto del Papa o in quanto cercano
di strumentalizzarlo, e questi sono i modernisti, o in quanto lo vogliono
sostituire, perché lo considerano traditore della Tradizione, e questi sono i
lefevriani.
Occorre
allora proporre al Santo Padre vie e suggerimenti efficaci per comporre questo gravissimo annoso dissidio,
che tormenta la Chiesa, e che, mettendo fratelli contro fratelli, sfianca,
scoraggia, esaurisce, divide e lacera quelle forze e quelle energie, che
viceversa, unite nella comune verità e concordi nella medesima carità, sotto un
solo Pastore, ossia il Papa, dovrebbero far crescere la santità della Chiesa e
diffondere il Vangelo nel mondo.
Non c’è
scusa di pluralismo o di libertà di pensiero che tenga, perché qui il conflitto
tocca i punti essenziali della dottrina,
ossia lo scontro fra il dogma e l’eresia.
Non è più accettabile che l’uno distrugga quello che fa l’altro, anzichè essere
tutti assieme uniti e concordi, sia pur in diverse maniere, sotto la guida del
Papa, nel combattere le forze demoniache, che vogliono abbattere la Chiesa e
nel lavorare per l’espansione del regno di Dio sulla terra.
Tale
problema è connesso con quello dell’interpretazione ed applicazione degli insegnamenti
dogmatici e pastorali del Concilio. Come infatti è noto, in essi tanto i
lefevriani quanto i modernisti hanno falsamente creduto di ravvisare influssi modernistici,
i primi per dolersene, mentre i secondi naturalmente per rallegrarsene.
Compito di
Papa Francesco, come hanno fatto i Papi precedenti, è a mio avviso quello di
appoggiare il favore dato al Concilio dai cattolici fedeli al Magistero della
Chiesa e di respingere la falsa interpretazione data dai modernisti,
soprattutto rahneriani. Anche di ciò
vedremo nel dettaglio.
Varazze, 12
febbraio 2019
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