Discussione sul libro di Padre Lanzetta

 Discussione sul libro di Padre Lanzetta

Mie risposte a Dorotea

Una lettrice, Dorotea Lancellotti, laica domenicana, mia conoscenza di vecchia data, mi ha inviato alcune osservazioni, nella mia pagina Facebook - https://www.facebook.com/giovanni.cavalcoli/ - sulla recensione del libro Super hanc petram del Padre Serafino Lanzetta, alle quali rispondo punto per punto.

 

Caro Padre Giovanni Cavalcoli, seppur ritrovo e mi ritrovo di ben ragionare con lei su alcuni spunti di base, debbo anche riconoscere, però, alcuni suoi errori di valutazione che mi permetto di sottolineare e sintetizzare così (perdoni la lunghezza): che ci sia una sorta di "continuità" tra il Magistero (intendo dottrina immutabile) della Chiesa di sempre, con il magistero del papa regnante, è palesemente falso. Possiamo discuterne all'infinito ma se prima non si dice onestamente di questa situazione, riconoscendo quanto sta accadendo, difficile uscire fuori da questa confusione.

Cara Dorotea,

negare la continuità dottrinale dei Papi precedenti con l’attuale significa considerarlo un traditore e questa è un’ingiuria intollerabile in una persona che vuol essere cattolica e ancor più domenicana come te. Ogni Papa è assistito da Cristo nella conservazione integra, fedele ed inalterata della dottrina di Cristo fino alla fine del mondo.

 

1.Un esempio è il pensiero annunciato (e neppure nascostamente) dal nuovo Prefetto per il Dicastero della Dottrina della Fede al quale, il Papa stesso con una lettera di accompagnamento ufficiale, ha rese chiare le sue intenzioni di non voler o dover correggere L'ERRORE... mentre auspica al nuovo prefetto di conciliare tutto e di NON comportarsi come i Prefetti passati i quali furono "IMMORALI" per la gestione della Fede...

Il nuovo Prefetto (lo ha detto esplicitamente) vuole annullare e superare il Concilio di Trento nelle sue definizioni dottrinali (che per lui sono state una "invadenza e una rovina per la Chiesa" parole sue) e vuole trovare nuove vie per approvare le benedizioni alle coppie dello stesso sesso...

Rispondo dicendo che ho letto la Lettera del Papa a Mons. Fernandez. A suo riguardo tu le rivolgi una serie di false accuse. Ma se si legge la lettera con animo spassionato e benevolo, ci si accorge che il Papa lo esorta a svolgere bene il suo incarico, i cui compiti sono ben noti, ad affrontare con saggezza le sfide del nostro tempo, accogliendo i valori e correggendo gli errori con equilibrio e prudenza, senza l’eccessiva severità di un tempo, dalla quale non fu esente neppure la pastorale del Concilio di Trento. Quindi stai tranquilla: il Prefetto del DDF partecipa dell’autorità dottrinale del Papa, che è assistito dal carisma di Pietro.

 

2. Sinodo sulla sinodalità.... una "Chiesa sinodale" anzi... la Chiesa sarebbe sinodale... e da quando? Proprio Paolo VI mise in guardia dallo stravolgere il senso del Sinodo da lui inaugurato!! Esso avrebbe dovuto difendere la dottrina della Chiesa dagli attacchi del modernismo e trovare nuovi modi per portarla nel mondo; oggi si pretende dalla sinodalità di trovare modi per cambiare alcune dottrine...

Rispondo dicendo che la sinodalità è un’esperienza di comunione e collaborazione fraterna sub Petro e cum Petro sotto l’assistenza dello Spirito Santo, esperienza che la Chiesa ha cominciato a fare sin dai primi Concili. Essa è il lavorare assieme col Papa e sotto il Papa.

Occorre distinguere il sinodo decisionale dal sinodo consultivo. Il primo è il Concilio Ecumenico, guidato dal Papa, che fissa la dottrina. Il secondo, istituito dal Concilio Vaticano II, è un organo collettivo episcopale consultivo periodico in aiuto al Papa. Questo tipo di sinodo non ha potere dottrinale, ma solo consultivo. Non deve decidere su che cosa credere, ma deve proporre al Papa che cosa fare. Sta poi al Papa decidere. Certo ci auguriamo tutti che l’attuale sinodo faccia qualcosa per rimediare al modernismo.

 

3. Di recente la Civiltà Cattolica ha pubblicato un breve articolo nel quale esprime il "pensiero di Papa Francesco" affermando che è auspicabile (dal sinodo) una RICONFIGURAZIONE (termine usato da loro) sia della Chiesa quanto della dottrina e del dogma sulla SSma Trinità... la CC ACCUSA la Chiesa del passato di aver sostenuto per troppo tempo una dottrina sulla Trinità troppo trionfalistica su Gesù, il Figlio e poco, anzi "penalizzando" la Terza Persona, lo Spirito Santo facendoci così ricadere nell'eresia dell'era dello Spirito Santo... Non aveva forse ragione Amerio quando denunciava la dislocazione della Divina Monotriade??

Rispondo dicendo che in passato la Chiesa non ha presentato così bene come oggi la connessione che esiste fra il mistero trinitario e la vita cristiana. La Chiesa latina ha accentuato troppo il rapporto con Cristo (“cristocentrismo”) lasciando in ombra il fatto che Cristo ci conduce al Padre nello Spirito Santo. La Chiesa greco-scismatica (gli ortodossi) ha accentuato troppo la funzione dello Spirito Santo trascurando il fatto che lo Spirito procede anche dal Figlio, del quale il Papa è il Vicario.

Il dogma trinitario è espresso e insegnato dalla Chiesa secondo nozioni immutabili, anche se oggi deve essere presentato con un linguaggio comprensibile agli uomini di oggi. Può, quindi, e deve essere riconfigurato il modo di parlare della Trinità, il modo di esprimere il Mistero, ma non il contenuto del dogma, che non ha bisogno di nessuna riconfigurazione, essendo già configurato in modo perfetto e inalterabile dalla dottrina della Chiesa.

 

4. Chiarito ciò e sottolineando che Padre Lanzetta non ha bisogno che io mi faccia sua paladina... va da se - invece - quanto il Padre stia facendo l'impossibile pur di aiutare i fedeli a NON allontanarsi dalla Chiesa, a non delegittimare i Pastori e il Pontefice nonostante la grande apostasia dalla sana dottrina a cui stiamo assistendo ed alla grande confusione che ci circonda...

Rispondo che il Padre Lanzetta fa un lavoro encomiabile per presentarci il dato della Tradizione ed ha una viva coscienza dell’immutabilità del dogma. Tuttavia, al seguito di Mons. Lefebvre, egli ritiene che le dottrine del Concilio contrastino con la Tradizione, quando invece i Papi del postconcilio hanno spiegato che esse, se rettamente interpretate, esplicitano e chiariscono il dato della Tradizione.

È impensabile che un Concilio tradisca la Tradizione, perché vorrebbe dire che un Concilio può insegnarci il falso, il che è contrario a quanto la Chiesa insegna sull’autorità dei Concili. Ogni Concilio è testimone infallibile della Tradizione. Un Concilio non può essere criticato alla luce della Tradizione, perché è lo stesso Concilio ad essere il maestro della Tradizione.

Così pure è impensabile che un Papa – come sostiene Padre Lanzetta – possa concepire una sua fede soggettiva contraria alla fede della Chiesa. Ed egli pensa a Papa Francesco. Ora bisogna dire che la fede del Papa è costitutivamente e indefettibilmente la stessa fede della Chiesa, perché è lui il maestro della fede della Chiesa. Non ha quindi senso, come vorrebbe fare Padre Serafino, criticare o confutare il Papa alla luce della dottrina della Chiesa.

Certamente è lodevole la volontà di Padre Serafino di aiutare i fedeli a non allontanarsi dalla Chiesa; ma purtroppo egli, col suo concetto errato dell’autorità del Papa, ottiene il contrario delle sue intenzioni, e si pone sul solco di Mons. Lefebvre e dei suoi seguaci, i quali, respingendo il modello di Chiesa offerto dal Concilio, credono di essere loro i veri cattolici e di costituire la vera Chiesa contro quella guidata dal Papa, Chiesa da loro sprezzantemente chiamata “nuova Chiesa”. In tal modo, invece di essere in comunione con la Chiesa, finiscono nello scisma. Non si può essere infatti in comunione con la Chiesa se non si è in comunione col Papa. Ubi Petrus, ibi Ecclesia.

Amerio sbaglia nel credere che il Concilio abbia cambiato l’essenza della Chiesa. Sarebbe questa una gravissima eresia, della quale non si può accusare assolutamente il Concilio, perché uno dei compiti dei Concili è proprio quello di mantenere intatta l’identità della Chiesa contro i processi corruttivi e le false riforme.

Al contrario, i Concili sanciscono e promuovono le vere riforme, delle quali la Chiesa ha sempre bisogno, perché sempre di nuovo in lei si fanno sentire le forze del male e sempre si avviano processi di decadenza. Così il Concilio di Trento respinse quanto c’era di inaccettabile nella riforma proposta da Lutero, mentre accettò il movimento di riforma che Caterina da Siena sin dal sec. XIV e in seguito il Savonarola nel sec. XV avevano proposto e invocato.

Così similmente anche il Vaticano II è stato un Concilio riformatore nel senso progressista, cioè ha spinto la Chiesa a progredire, ad avanzare verso posizioni migliori e verso tappe più vicine al regno di Dio. Esistono infatti due modelli di riforma: quello del ritorno alle origini e quello dello svecchiamento e della modernizzazione. Facciamo però attenzione che ammodernare non vuol dire necessariamente modernismo, così come rinnovare non è necessariamente sovvertire.

Ritorno alle origini vuol dire recupero delle fonti, ritorno alla sorgente, e non ritorno ad un passato che va dimenticato o che comunque non può e non deve più essere ricostruito, perché la Chiesa è maturata, è andata avanti. «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto al regno di Dio» (Lc 9,62). Chi desiste dal cammino intrapreso sotto pretesto di conservare ciò che non muta, non è un fedele alla tradizione, è un disertore, è un apostata.

Dobbiamo essere moderni, non modernisti. Nella modernità c’è del buono e c’è del cattivo. Alla luce del Vangelo e oggi del Concilio, dobbiamo scegliere il buono e rigettare il cattivo. Non dobbiamo essere schiavi del moderno, ma neanche rigettarlo in blocco. Il Concilio ci insegna una sana modernità, libera dal modernismo, che peraltro spesso si rivela per arcaismo. Cartesio, che passa per essere il fondatore della filosofia moderna, non fa che tornare alla sofistica di Protagora.

Certo c’è un antico da conservare o recuperare, in quanto o sempre valido o ancora valido. Ma chi vorrebbe viaggiare con un’auto del 1930 e non con una di oggi? Così nella vita dello spirito: c’è un progresso del sapere e dei costumi. Così nella teologia e nella vita della Chiesa. E chi ci guida? I nostri pastori, sollecitati, però, anche da santi e da profeti, uomini e donne, come San Pier Damiani, Caterina o Francesco o Domenico o Savonarola. Anche tu, dunque, Dorotea, hai la tua parte da fare, però, sull’esempio dei Santi e nella fedeltà al Magistero dei Papi.

Nel primo caso si recupera un passato ancora valido che si era perduto; nel secondo si progetta un futuro in base a ciò che va ancora bene o sempre bene. La riforma di Caterina e di Lutero – al di là degli aspetti contrastanti - era progettata sulla base del primo schema: recuperare! Quella del Vaticano II è progettata in base al secondo schema: progredire! Ma tutti e due gli schemi sono validi a seconda dei bisogni e delle prospettive del tempo.

 

5. Lei, invece, caro Padre Giovanni, continua le sue disamine, purtroppo, sempre da un chiodo fisso: I LEFEBVRIANI... e lo fa con un senso non semplicemente di critica (il chè sarebbe anche giusto), ma lo fa proprio con OSSESSIONE e negatività... Chi CRITICA IL PAPA è un "lefebvriano" nel senso più dispregiativo del termine... eppure ammette lei stesso e riconosce che la critica è lecita quando è ben esposta con tutti i caratteri della cattolicità!

Rispondo dicendo che non ho un chiodo fisso, non faccio girare il mio pensiero attorno ai lefevriani, che peraltro amo come fratelli, ma ho ben più larghe prospettive ed orizzonti; con San Paolo, “ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua” (Rm 9,2) al vedere tanti fratelli passatisti o modernisti di grande valore, intelligenza, cultura, sensibilità, fascino, religiosità, capacità pastorale, passione per la Chiesa e per le anime, irretiti nell’errore e nei lacci di Satana. Superbia? Voglia di essere originali? Presunzione? Cocciutaggine? Doppiezza? Ingannati? Ignoranza? Emotività? Fragilità? Buona fede? Disturbi psichici? Non sono in grado di giudicare, salvo forse per alcuni casi evidenti da me ben conosciuti.

Per Padre Serafino non so che cosa dire. Mi si stringe il cuore al vedere in internet il suo volto dolce, serio, buono e sofferente. So che cosa ha patito da parte del Papa per la dolorosissima e intricata vicenda dei Francescani dell’Immacolata, benché il Papa avesse anche lui le sue ragioni. Forse non è riuscito a superare la prova.

Povero e caro Padre Manelli! Cari frati coi quali avevo fatto amicizia! Mi pare però che in Padre Serafino sia sorta una punta di acredine, che in passato non aveva. Con tutto ciò grandi e luminosi restano il suo zelo, la sua fede e la sua ansia pastorale. Non so che dire, Lo affido a quel Cristo che tanto ama.

 

6. Caro Padre Giovanni.... ma non sarà che per lei - il Concilio - è un dogma?? Il fatto stesso che mi mette sullo stesso piano il pensiero di mons. Viganò con quello di Padre Lanzetta sul papato e sul Papa regnante... beh!! non è corretto e dimostra che forse lei il libro non lo ha letto e, se lo ha letto, lo ha fatto anteponendo la sua ossessione antilefebvriana ad una disamina veramente libera e costruttiva sugli eventi drammatici che stiamo vivendo i quali non sono certo causati da nemici esterni alla Chiesa, ma dall'interno... e il pericolo non sono i "lefebvriani", ma i Pastori regnanti con il Papa regnante.... che stanno gesuitizzando la Chiesa (legga Civiltà Cattolica).

Rispondo che il rifiuto delle dottrine del Concilio è lo stesso in Padre Serafino e in Viganò. Certamente in Viganò c’è una boria, una prosopopea, un accanimento, una spietata requisitoria e un fraintendimento sistematici del pensiero e nell’azione del Papa, accompagnati da false accuse e ingiurie, che sono del tutto assenti nella mitezza francescana di Padre Serafino.

Non accetto assolutamente il parlare di «gesuitizzare la Chiesa». Sarebbe, questo, sia disprezzo per i cari Gesuiti e, ancor più, un atteggiamento meschino che denoterebbe l’incapacità del Papa di comprendere l’universalità («cattolicità») della Chiesa, cosa che, daccapo, sarebbe un’eresia impensabile in un Papa, che è precisamente assistito da Cristo nel custodire e promuovere l’universalità della Chiesa.

Si può dire, semmai, e la cosa è comprensibile, che nella sua pastorale si nota qualcosa dello stile ignaziano. Che Francesco sia un po’ troppo indulgente verso il rahnerismo e le deviazioni esistenti nella Compagnia, lo posso ammettere anch’io. D’altra parte abbiamo visto la netta virata che ha imposto alla Compagnia raccomandando San Tommaso e non Rahner.

Per quanto riguarda l’autorità dottrinale del Concilio Vaticano II ho detto un’infinità di volte che essa non è al massimo livello, ossia della definizione solenne di un nuovo dogma. Si trova ad un livello basso di autorità; ma dire livello basso non vuol dire che dica cose che possono essere sbagliate. Al contrario, in quanto tratta anche di materia di fede e di morale, dice cose non falsificabili o, come si dice in linguaggio tecnico, è infallibile.

 

7. Se questa ossessione contro i lefebvriani si spostasse alla realtà del gesuitismo modernista regnante, forse comprenderebbe anche quanto è complesso e difficile per molti sacerdoti onesti (e non certamente lefebvriani nel senso che lei afferma) aiutare i Fedeli a rimanere saldi NELLA CHIESA, difendere il primato petrino e la stessa legittimità del Papa regnante da tutto ciò che lo sta corrompendo con l'aiuto di coloro che lei, direttamente o indirettamente (anche perchè non si capisce molto) inesorabilmente difende...

Rispondo dicendo che, per aiutare i fedeli a rimanere saldi nella Chiesa, difendere il primato petrino e la legittimità del presente Pontefice, il metodo giusto non è quello di Padre Serafino, insinuante l’idea se non proprio asserente esplicitamente che Francesco ha una fede per conto suo non coincidente con la fede della Chiesa, ma al contrario è quello di rispondere come faccio io a coloro che sostengono la possibilità del Papa eretico e risolvendo, come faccio da 10 anni, tutti quei problemi ermeneutici, che sorgono da certe frasi del Papa, precisando il loro valore o non valore di asserzioni autorevoli ed accettabili.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 15 agosto 2023

Dorotea - da immagine Facebook

3 commenti:

  1. Carissimo p. Giovanni, aprendo la sua discussione sul libro di padre Lanzetta e nel solco delle sue risposte alla sig.ra Dorotea Lancellotti, esposte nella prima parte, la quale nega la continuità dottrinale di Papa Francesco con i Papi precedenti e con il Concilio Vaticano II di cui immagino non ne accetti i contenuti dottrinali egli orientamenti pastorali, ho pensato di scriverle quanto segue.
    Mi sembra che l’insegnamento di Papa Francesco, la sua catechesi, i suoi discorsi ufficiali, i suoi documenti ufficiali, le Encicliche e le lettere Apostoliche si muovano nel solco della tradizione della Chiesa Cattolica.
    “È giunto ora il momento in cui questo ricco patrimonio di approfondimenti e di indirizzi, verificato e arricchito per così dire “sul campo” dal perseverante impegno di mediazione culturale e sociale del Vangelo messo in atto dal Popolo di Dio nei diversi ambiti continentali e in dialogo con le diverse culture, confluisca nell’imprimere agli studi ecclesiastici quel rinnovamento sapiente e coraggioso che è richiesto dalla trasformazione missionaria di una Chiesa “in uscita”.
    E ciò è d’imprescindibile valore per una Chiesa “in uscita”! Tanto più che oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca, segnalato da una complessiva «crisi antropologica» e «socio-ambientale» nella quale riscontriamo ogni giorno di più «sintomi di un punto di rottura, a causa della grande velocità dei cambiamenti e del degrado, che si manifestano tanto in catastrofi naturali regionali quanto in crisi sociali o anche finanziarie»” (Dalla Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium. Proemio).
    “Parlare della Chiesa è parlare della nostra madre, della nostra famiglia - La Chiesa infatti non è un’istituzione finalizzata a se stessa o un’associazione privata, una Ong, né tanto meno si deve restringere lo sguardo al clero o al Vaticano”. “Essere Chiesa è sentirsi nelle mani di Dio, che è padre e ci ama” e ha voluto “formare un popolo benedetto dal suo amore … che porti la sua benedizione a tutti i popoli della terra”. Far parte della Chiesa significa appartenere a questo popolo: “Non siamo isolati e non siamo cristiani a titolo individuale, ognuno per conto proprio …Nella Chiesa non esiste il ‘fai da te, non esistono battitori liberi".
    Sulla famiglia Francesco ribadisce le verità fondamentali del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e l’apertura alla vita che non sono negoziabili. Nello stesso tempo guarda con misericordia alle famiglie ferite. Sottolinea la libertà che deve caratterizzare i lavori sinodali, da compiersi “cum Petro et sub Petro”, cioè con la presenza del Papa, che è “garanzia dell’ortodossia”.
    Il ciclo più lungo di catechesi è stato dedicato all’Anno Santo della Misericordia. Il Papa afferma che “volgere lo sguardo a Dio, Padre misericordioso, e ai fratelli bisognosi di misericordia, significa puntare l’attenzione sul contenuto essenziale del Vangelo: Gesù, la Misericordia fatta carne, che rende visibile ai nostri occhi il grande mistero dell’Amore trinitario di Dio.
    Ho cercato di riportare alcuni passaggi importanti del pensiero e del ministero petrino di Papa Francesco, non mi sembrano “pensieri eretici” o che non si inseriscono, in continuità, con gli insegnamenti dei Pontefici precedenti e del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ci invita come cristiani alla missione per annunciare a tutti gli uomini la gioia e la luce del Vangelo in spirito di sinodalità e collegialità, in comunione con i propri pastori: Il Papa, i Vescovi e i sacerdoti.
    Camminare insieme – ci insegna Papa Francesco – è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito. Solo in questo orizzonte possiamo rinnovare davvero la nostra pastorale e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi; solo così possiamo affrontare la complessità di questo tempo.
    Don Vincenzo

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    1. Caro Don Vincenzo,
      la ringrazio per questo suo intervento e per la citazione di queste parole molto significative del Santo Padre, parole che testimoniano della continuità del suo magistero con quello precedente, con particolare riferimento all’ecclesiologia.

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  2. Caro padre Giovanni,
    ho appena letto il suo dialogo con il lettore.
    È ammirevole la sua generosità, meticolosità, pazienza, comprensione, insomma la sua opera di misericordia verso coloro che purtroppo si lasciano tentare dall'errore.
    Grazie. Imparo sempre molto leggendolo.

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