Dignità e
limiti del pensiero
Prima Parte (1/4)
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia
il mio sguardo
Sal 130,1
L’avanzata
dell’idealismo
Assistiamo oggi
in campo teologico ad un forte ritorno di idealismo, che, sotto pretesto del
progresso della teologia promosso dal Concilio Vaticano II, riprende l’equivoco
progetto modernistico già a suo tempo condannato nella Pascendi di San Pio X.
Che cosa è
esattamente l’idealismo? Lo dice la parola stessa: è l’anteporre l’idea alla
realtà, il credere che il reale non ci sia dato prima e indipendentemente dalle
nostre idee, ma che esse siano e debbano essere il principio del reale. Quindi
il sapere non è dato dall’adeguare le nostre idee a una realtà esterna a noi, ma
consiste nella presa di coscienza che siano noi, come Io assoluto o Idea
assoluta o Pensiero assoluto (gnosi), a porre sia il reale che le nostre idee
ad esso conformi. L’idealismo fu condannato da San Pio X nell’enciclica Pascendi sotto il nome di «immanentismo»
e da Pio XII nell’enciclica Humani
Generis del 1950.
L’idealismo sostiene
fondamentalmente l’identità dell’essere col pensare o, come diceva Schelling,
dell’ideale col reale o, come diceva Hegel, del razionale col reale; sicchè,
sempre secondo Hegel, la cosa s’identifica col concetto della cosa, la
metafisica s’identifica con la logica, per giungere oggi a Rahner, per il quale
la gnoseologia s’identifica con la metafisica con l’antropologia con la
cristologia e con la teologia.
Tutto è uno perchè tutto è Dio. E abbiamo il panteismo.
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Papa
Francesco ha più volte denunciato l’avanzata dell’idealismo, consistente, come
egli dice, nella negazione del primato della realtà sull’idea.
Papa
Francesco, oltre a riprendere la tradizionale condanna dell’idealismo, ha avuto
la felicissima ed opportunissima idea pastorale di condannare anche lo
gnosticismo, cosa finora mai fatta dal Magistero pontificio.
Quello
che affascina i moderni nel pensiero idealista è l’apparenza di essere un
pensiero critico, che supererebbe l’ingenuità del realismo medioevale. Sarebbe
la cosiddetta «filosofia moderna» nata da Cartesio, la quale tutti noi oggi, a
sentire gli idealisti, oggi i modernisti, dovremmo accogliere per essere
«moderni», così come oggi usiamo il trattore e non più l’aratro, l’automobile e
non più il calesse, l’aereo e non più la nave a vela, i capelli naturali e non
più la parrucca.
L’idea
per Cartesio non è più ricavata dalla realtà esterna, come per Tommaso, ma è la
realtà che è affermata in base all’idea, che quindi diventa l’oggetto primo
dell’intelletto al posto dell’ente esterno. Da qui il termine «idealismo». E
ciò vale per conseguenza anche per la questione dell’esistenza di Dio.
La
dottrina della creazione suppone l’accettazione del principio di causalità
efficiente e motrice, e quindi la distinzione dell’ente in potenza ed atto,
nonché materia e forma. Invece l’idealismo pretende di spiegare il divenire e
la storia con semplici schemi gnoseologico-logici, per esempio
l’essere-apparire in Severino, la dialettica in Hegel. La creazione, per loro,
non è altro che l’essere che appare come empiria o l’essere dialettico che si
fa storia.
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