Corpus Domini - Omelia di P. Tomas Tyn, OP - Domenica, 1 giugno 1986

Corpus Domini

Omelia di P. Tomas Tyn, OP

Domenica, 1 giugno 1986

Omelia presso la Parrocchia San Giacomo fuori le Mura - Bologna

Audio: https://youtu.be/7qnSBBJArBc

Cft:  http://www.arpato.org/ - http://www.arpato.org/lezioni.htm - http://www.arpato.org/omelie/omelie_sangiacomo.htm

Abbiamo già cantato l’inno composto dal grande San Tommaso d’Aquino in onore di Cristo presente in mezzo al suo popolo, di Cristo che si nasconde nelle specie eucaristiche, di Cristo che è la lode suprema che si leva da questa valle di lacrime verso Dio Onnipotente, di Cristo che è il nostro cibo, il nostro nutrimento, di Cristo che è la nostra via alla gioia del paradiso. E davvero, cari fratelli, è proprio una laus tema speciale, un tema speciale della nostra lode, del nostro canto di ringraziamento, del nostro eucharistein, del nostro ringraziare il Signore, perché Egli ci diede in dono il bene supremo, il Cristo Signore, vero Dio e vero uomo.

Cari fratelli, della festa di oggi si dovrebbe parlare senza finire mai, il nostro tempo, come al solito, è limitato, cerchiamo di dire in maniera breve e compendiosa almeno alcune cose essenziali.

Cari fratelli, in primo luogo, scusate sempre le mie insistenze, ma voi mi capite, voi siete dei buoni cristiani e quindi sapete come è importante non solo avere la fede, ma saperla anche difendere, nella forza di Colui che è il Dominus vivificans, il Signore e Datore di vita, lo Spirito Santo che ci fu dato in dono.

Ecco, cari fratelli, allora cerchiamo di pensare le cose di Dio non già alla luce umana, alla luce della nostra profana meschinità. Cerchiamo, cari fratelli, di pensare alle cose di Dio così come Iddio vuole che la nostra mente pensi a Lui e cioè alla luce di Dio stesso, illumina nos, Domine, et videbimus lumem, alla tua luce, o Signore, vedremo la luce.

Cari fratelli, vedete, senza polemica, questo pericolo non è così lontano da noi come potrebbe sembrare. Pensate, proprio quando volevo preparare questa omelia, nella presentazione della festa di oggi, (?...) si dice: “la festa odierna deve indurci a riflettere soprattutto sul significato dell’Eucaristia per la nostra vita di impegno verso gli altri”. E qui mi cascano le braccia, cari fratelli.

Oh, non che ci sia qualcosa di sbagliato, no. Certo, l’Eucaristia ci sprona anche, anche, non c’è dubbio, a pensare agli altri. L’Eucaristia è sacramento per eccellenza della carità, della condivisione di tutti i beni, dell’attenzione nell’amore, perché l’amore è sempre attento, quell’attenzione e quella necessità per tutti. L’Eucaristia è la capacità di avere certo il Cristo tra noi. Ma, cari fratelli, non capovolgiamo l’ordine dei valori, non diventiamo soggettivisti, non diventiamo (?...) luterani, capite miei cari, vedete, perché l’eresia è sempre in agguato.

Scusatemi, sono figlio di San Domenico, un sospetto di eresia mi è venuto, ma penso non senza ragione. Vedete, alle cose di Dio non bisogna pensare con la mentalità triste del mondo moderno che pensa solo alle cose utili, quindi, quando pensa all’Eucaristia, non pensa a quello che è, quel grande augusto sacramento, la presenza del Dio vivente, la sua dimora, la sua tenda in mezzo a noi. Ma si chiede: che cosa è l’Eucaristia per me? Per me! Oh no, cari fratelli! Proprio qui noi ci sbarriamo la strada per la vera comprensione dei misteri divini!

Dinanzi a Dio la via buona è proprio quella, proprio quella che non si chiede che cosa significa “per me”, ma la via buona è quella che si chiede che cosa è in se stessa. Ma pensate un po’, cari fratelli, i Santi in cielo, che vedono il Corpo del Signore, ma pensate che cosa si chiedono. Che cosa significa per me? No. Loro si inabissano nella visione del Dio Onnipotente, del Dio Eterno, del Dio vivente. E così dobbiamo fare anche noi.

Vedete, la via verso Iddio conduce tranquillamente attraverso l’oblazione, la dimenticanza, persino all’annientamento di noi stessi. Non c’è altra via. Vedete cari, allora che cosa possiamo fare? Chiediamoci, veramente, non che cosa significa l’Eucaristia per noi o per gli altri: questo è da protestante. Il Signore, con la sua sovrana e divina generosità, ci dice: cercate prima il regno dei cieli e la sua giustizia e tutto il resto, tutto il resto, anche la giustizia sociale vi sarà data in sovrappiù, ma prima di tutto cercate il regno dei Cieli. Vedete, miei cari, allora bisogna veramente pensare anzitutto alle cose divine. (?...). Allora dimentichiamo noi stessi, pensiamo a quel grande sacramento, all’Eucaristia.

Ecco, cari fratelli, voi parlate di una triplice chiave, gli aspetti sono immensi, non potremmo mai esaurire un tema così grande, ma ci soffermiamo su di un triplice aspetto. Anzitutto l’Eucaristia è la presenza reale del Christus Totus. Manet autem Christus totus, come dice San Tommaso in questo bellissimo cantico, rifacendosi alla teologia di Sant’Agostino. Manet Christus totus. È il sacramento anzitutto della reale, sottolineo, reale presenza di Cristo. È grande la presenza del Signore già nella nostra preghiera, soprattutto là dove due o tre sono radunati nel nome del Signore. È grande la presenza del Signore nella Chiesa tutta intera, animata dallo Spirito Santo di Dio. È grande la presenza del Signore nella Parola di Dio, che è come il riflesso del Logos.

Ma è immensamente, incommensurabilmente, capite, miei cari fratelli, (?..), è incommensurabilmente più grande la presenza eucaristica del Salvatore. Vedete, in tutte le altre presenze Gesù ci assiste con la sua grazia, la grazia che è certo qualcosa di reale, ma qualcosa che ci raggiunge - scusate la mia teologia, San Tommaso avrebbe detto che è ex parte, ex parte subiecti, dalla parte del soggetto -, Dio in noi, Dio che agisce in noi, mentre nella divina Eucaristia, in questo Pane che la Scrittura chiama il Pane soprasostanziale, ebbene è presente il vero Dio e il vero uomo, ma è presente obbiettivamente.

Vedete miei cari, l’insegnamento del Concilio di Trento. Eh, lo so, al giorno di oggi si dice: il Concilio di Trento! Ormai è cosa da museo. No, cari fratelli, no proprio. Un buon cristiano non può pensare mai così. Perché, sapete, c’è certamente un’evoluzione del dogma, ma già San Paolo ci insegna come il dogma si evolve semper eodem sensu eademque sententia. Sempre nel senso della divina tradizione, sempre nello stesso senso, nella stessa sentenza. Quindi se il Concilio di Trento, che è ispirato dallo Spirito Santo del Signore, dice una cosa, non è la coscienza vantata dell’uomo del XX secolo che possa contraddire questo, a meno che non vogliamo dire che lo Spirito Santo stesso si contraddica, ma questo è una bestemmia contro lo Spirito Santo e sappiamo bene che questo è il genere di peccati che non saranno mai perdonati. Ecco, cari.

Allora cerchiamo di pensare a questo: il Concilio di Trento, cioè la voce dello Spirito che parla alla Chiesa, ci dice che nel sacramento dell’Eucaristia Gesù è realmente presente, cioè obbiettivamente presente. Non perché noi siamo qui in una bella assemblea radunati, cari fratelli, che concetto allucinante, scusate se mi metto ai lati del (?...) del parroco, che concetto allucinante quello di dire: “La Messa è una assemblea del popolo dei fedeli”. No, no, non è così. Certo è un’assemblea, ma non semplicemente del popolo che, così, a caso si trova insieme. No. E’ un radunarsi attorno al Cristo, attorno al Cristo, presente realmente in mezzo a noi.

Vedete, cari fratelli, di nuovo spostiamo la nostra ottica, non badiamo a noi, badiamo a ciò che ci unisce, a ciò che ci dà vita, alla linfa che scorre in quella vite piantata dal Signore che è la sua Chiesa, alla vita di Gesù che si rende presente in mezzo a noi. Quindi presenza obbiettiva, presenza viva e soprattutto, miei cari, scusate, bisogna pure che faccia un po’ di teologia, non si può fare diversamente, abbiate pazienza. Vedete, anch’io, tutti quanti che si dedicano a questa ardua disciplina dovevano averne tanta. Dico subito una cosa, che, mentre in altre discipline bisogna capire tutto per procedere a conoscere altre verità, in filosofia e in teologia, che sono discipline sapienziali, bisogna rinunciare a capire tutto.

Lo so, è un po’ umiliante, ma è una umiliazione che purifica l’anima e la eleva a Dio. Tanto è vero che San Tommaso, da gran teologo che era, dice che la beatitudine dei teologi è la beatitudine di coloro che piangono perché saranno consolati. Ve lo assicuro, è veramente così. La teologia è una disciplina ardua, si vorrebbe tanto conoscere quel grande mistero nella nostra mente e spesso non ce la fa. Proviamo però a pensarci un po’, a quello che la Chiesa stessa ci propone riguardo a questo cambiamento. Presenza sostanziale.

Il Papa, cari fratelli, il Papa di venerata memoria, Paolo VI, ha ribadito quello che tutti i Papi, tutti i successori di San Pietro hanno detto riguardo alla divina Eucaristia. Ha detto ciò che dice anche il Concilio di Trento, e cioè che il nome più appropriato di quella presenza non è né transfinalizzazione, né transignificazione, ma bensì transustanziazione.

Una parola un po’ difficile, transustanziazione, cioè cambiamento, transustanziazione, trans significa una transizione, cambiamento. Transustanziazione significa un cambiamento, miei cari, che solo Dio può operare, perché nella natura delle cose avvengono delle generazioni, delle nascite e delle evoluzioni, ma mai delle transustanziazioni, cioè un passaggio da sostanza a sostanza. Che cosa vuol dire questo?

Vuol dire che noi, quando pronunciamo le parole sacramentali, il sacerdote, quando parla non a nome suo, ma a nome di Cristo, Eterno Sacerdote, nella potenza divina del Verbo, muta non già le proprietà del pane e del vino, ma muta la sostanza del pane e del vino. Vedete, le proprietà rimangono tali: il pane è bianco, il pane ha certe dimensioni, ha un certo gusto. Tutto questo rimane anche dopo. Il gusto non cambia, il colore non cambia, le dimensioni non cambiano. Tutto questo rimane. Ebbene, questi sono i cosiddetti accidentia, le realtà accidentialia. La realtà profonda, la substantia rerum, usia, come dice Aristotele, la vera dimensione del profondo dell’essere, ciò che sottostà alle proprietà, il soggetto delle proprietà, il subiectum, ciò che sostiene le proprietà, questo, ebbene, è cambiato. Vedete, cari fratelli, questo è cambiato.

Perciò io, dopo aver consacrato il pane, non posso più chiamarlo pane, ha tutte le proprietà del pane, ma nella sua sostanza non è più pane: è il Corpo del Signore. Così, una volta pronunciate le parole, in persona Christi, nella persona di Cristo, Sommo Sacerdote, il vino mantiene lo stesso gusto, lo stesso colore, le stesse proprietà, ma non è più vino quanto al suo essere: è il Sangue del Salvatore.

Oh, lo so, la dottrina della sostanza è tutt’altro che facile, (?...). Vedete, miei cari, una delle proprietà accidentali è la quantità delle cose e la quantità ha una duplice proprietà: c’è la quantità[1] che è proprietà dei corpi, la quantità che estende i corpi, li estende, dà l’estensione, la dimensione al corpo. E in secondo luogo c’è un’altra proprietà molto importante, cioè è per mezzo della quantità che il corpo si trova[2] collocato, cioè si trova[3] in un luogo. Vedete, gli Angeli che non hanno corpo, non hanno nemmeno quantità, quindi non hanno l’estensione e non sono nemmeno collocati[4].

San Tommaso dice angeli non sunt circumscripti per locum, cioè non sono contenuti nel luogo[5], si trovano nel luogo perché agiscono, pensano, vogliono in un luogo, ma non perché sono contenuti nel luogo.

Ora, vedete miei cari, là dove un corpo è presente secondo la sua quantità, è presente anche nel suo luogo[6] proprio. Invece il Corpo e il Sangue del Salvatore non sono presenti in virtù della quantità del pane e del vino, ma la sua quantità[7], non quella[8] della sua sostanza, Gesù è presente con la sua quantità celeste[9]. Gesù è presente con il suo luogo celeste[10].

Ciò che è collocato nello spazio nostro terreno[11] è certo Gesù, ma non per mezzo delle sue dimensioni proprie[12], bensì tramite le dimensioni del pane e del vino, che non sono sue. Capite, cari fratelli? Eh, sì. Vedete, questo è il punto. E’ per questo che Gesù c’è tutto, è una realtà quella di Gesù. Gesù non dice “questo è il segno del mio corpo”. No. Dice: “questo è il mio corpo”, quindi è presente Lui. Ora, uno potrebbe chiedersi giustamente: come è possibile che tutto il Corpo di Gesù stia in una ostia che misura appena due centimetri? Vedete, è possibile proprio perché Gesù è presente non secondo la sua quantità, ma è presente con la sua quantità[13], nel pane[14] e, secondo la quantità del pane, è presente nel luogo circostante.

Vedete, miei cari, questo fa sì che la presenza del Salvatore, per quanto sia reale, anzi soprareale, perché sostanziale, tuttavia la presenza del Salvatore, non essendo quantitativa ma sostanziale, si pone al di sopra dello spazio e del tempo. E’ per questo che è possibile che Cristo sia presente in tanti tabernacoli in tutto il mondo. E’ per questo che è possibile che Cristo sia presente nel tabernacolo sull’altare e contemporaneamente nel Cielo. Cari fratelli, vedete la grandezza del mistero. Nella divina Eucaristia è il Cielo che si affaccia sulla terra. E’ il Cielo che si rende presente nel nostro povero cuore.

Cari, (?...), è quasi oltrepassato il tempo. Due altri, due altri aspetti importantissimi sono: il sacrificio della Santa Messa e poi infine la Comunione. Il sacrificio. Che cosa vuol dire questo? Vedete, di nuovo si dice: la Santa Messa è un’assemblea presieduta dal sacerdote. No, cari. Il sacerdote non è un presidente dell’assemblea. È qualcosa di terreno. No. Il sacerdote non può essere profanato, abbassato a livello così basso, essere presidente. No. Il sacerdote è mediatore. Eh, media. È mediatore di Gesù Cristo, sommo ed eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, è rivestito del potere di Cristo, del sacro carattere per il bene del suo popolo, per portare i doni sacri: il Dio Vivente, il Dio Incarnato, per portare questo dono per eccellenza, il sacrum donum, portarlo al suo popolo.

Vedete, sacerdos significa portatore del dono sacro. Quindi egli è il mediatore per Gesù Cristo e per la nostra salvezza. Che cosa significa questo? Significa che Gesù quando morì per noi sulla Croce offrì al Padre il sacrificio di espiazione per tutti i nostri peccati, non c’è peccato che non possa essere perdonato in virtù di quel Sangue. Ora, vedete, la Croce era davvero un’azione sacrificale, perché era l’offerta di un dono, quel dono che è Cristo a Dio tramite il legittimo sacerdote, Cristo Signore, il Messia, l’Unto di Spirito Santo, e questa oblazione era sacrificale, perché avvenne tramite l’annientamento nella morte, la distruzione, la morte cruenta, l’effusione del Sangue sulla Croce.

Miei cari, è chiaro che nella divina Eucaristia della Santa Messa è ancora Gesù che, servendosi del sacerdote uomo, compie questo rito sacrificale. Non c’è dubbio che Lui è il vero Sacerdote, non c’è dubbio che Lui ancora è (?...) la sola ostia. Ma, cari fratelli, uno potrebbe chiedersi: come mai Gesù, che certo è realmente presente in mezzo a noi, è presente a modo di sacrificio, è presente in stato di vittima? Ebbene, miei cari, pensate a questo.

Dice il Catechismo: sacramenta novae legis efficiunt quod significant, i sacramenti della Nuova Legge producono realmente ciò che significano. Ora se Gesù dice: “questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”, Egli si rende presente sempre tutto, ma sotto due aspetti realmente visibili, realmente, sacramentalmente e realmente visibili. È presente sotto l’aspetto del Corpo e sotto l’aspetto del Sangue. Vedete la duplice consacrazione, la consacrazione del pane che diventa Corpo e del vino che diventa Sangue. Separazione del Corpo dal Sangue, Gesù è presente sul nostro altare in stato di vittima, è presente Gesù Crocifisso, Gesù che versa il suo Sangue per noi.

Cari fratelli, voi sapete bene quanto è falsa l’obiezione dei protestanti, i quali ci dicono: ma Cristo è morto una volta per sempre per noi, quindi il sacrificio è irripetibile. È falso. Non è che noi offriamo un altro sacrificio. No. È lo stesso sacrificio della Croce che noi offriamo ancora nella divina Eucaristia.

Cari, vedete, dopo aver detto quello che è la Santa Messa di per sé, voi avete già senz’altro tratto le conseguenze per noi. Vuol dire che bisogna stare in ginocchio, in adorazione dinanzi alla grandezza di ciò che si compie dinanzi a noi. E cioè noi, assistendo alla Santa Messa, siamo davanti alla realtà di Cristo Crocifisso. È questo il senso della Santa Messa.

E poi, (?...) perché abbiamo oltrepassato il tempo, non è solo sacrificio, ma è anche comunione, comunione perché è istituito questo sacramento per il nutrimento dell’anima, quel nutrimento in cui non è il nutrimento ad essere assimilato dall’uomo, ma al contrario, è l’uomo ad essere assimilato al nutrimento, come dice Gesù a Sant’Agostino.

Vedete miei cari, quindi nutriamoci di Gesù. Cerchiamo veramente di accedere a questo grande sacramento in cui Christum sumitur. Cristo stesso diventa nostro cibo. Proprio perché nutriti di Cristo possiamo giungere a quello che è il significato di questo grande simbolo, di questa grande realtà sacramentale, cioè il Pane vivo ed eterno del cielo, in cui Dio sarà tutto in tutti e in cui noi vedremo il Cristo Signore, non più come ora, sotto la specie umile del pane e del vino, ma lo vedremo così come Egli è, revelata facie, nella gloria del Padre.

E così sia.

Credo in un solo Dio …

Omelia di P. Tomas Tyn, OP, tenuta a Bologna, Parrocchia di San Giacomo fuori le Mura, nella Festa del Corpus Domini, 01 giugno 1986. 

Registrazione di Mario Giulio Stinchi - Trascrizione di Sr. Matilde Nicoletti, OP - Testo rivisto da P. Giovanni Cavalcoli, OP e da P. Roberto Coggi, OP - Bologna, 11 giugno 2012.

Santo Sepolcro

 

Il Papa di venerata memoria, Paolo VI, ha ribadito quello che tutti i Papi, tutti i successori di San Pietro hanno detto riguardo alla divina Eucaristia. Ha detto ciò che dice anche il Concilio di Trento, e cioè che il nome più appropriato di quella presenza non è né transfinalizzazione, né transignificazione, ma bensì transustanziazione.

Transustanziazione significa un cambiamento, che solo Dio può operare, perché nella natura delle cose avvengono delle generazioni, delle nascite e delle evoluzioni, ma mai delle transustanziazioni, cioè un passaggio da sostanza a sostanza. Che cosa vuol dire questo?

Vedete, le proprietà rimangono tali: il pane è bianco, il pane ha certe dimensioni, ha un certo gusto. Tutto questo rimane anche dopo. Il gusto non cambia, il colore non cambia, le dimensioni non cambiano. Tutto questo rimane. Ebbene, questi sono i cosiddetti accidentia, le realtà accidentialia.

La realtà profonda, la substantia rerum, usia, come dice Aristotele, la vera dimensione del profondo dell’essere, ciò che sottostà alle proprietà, il soggetto delle proprietà, il subiectum, ciò che sostiene le proprietà, questo, ebbene, è cambiato.

Perciò io, dopo aver consacrato il pane, non posso più chiamarlo pane, ha tutte le proprietà del pane, ma nella sua sostanza non è più pane: è il Corpo del Signore. Così, una volta pronunciate le parole, in persona Christi, nella persona di Cristo, Sommo Sacerdote, il vino mantiene lo stesso gusto, lo stesso colore, le stesse proprietà, ma non è più vino quanto al suo essere: è il Sangue del Salvatore. 

Immagini da Internet



[1] Dimensiva. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[2] Si può trovare. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[3] Può essere in un luogo. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[4] Possono essere contenuti in un luogo. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[5] Non sono circoscritti dal luogo. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[6] Il luogo è la superficie del corpo ambiente a immediato contatto. Un corpo si trova in un luogo perché è a contatto con quel luogo. La sostanza corporea entra a contatto col luogo non direttamente, ma grazie alla quantità o estensione. La sostanza del pane è presente nel luogo attraverso le dimensioni dell’ostia. Con la transustanziazione il Corpo di Cristo, che è in cielo, si rende presente anche sotto le dimensioni dell’ostia. Tutto Cristo è presente, sostanza ed accidenti, ma a modo di sostanza (ad modum substantiae), cioè è tutto in tutte le parti. Per questo, spezzando l’ostia, non si spezza il Corpo di Gesù.

Bisogna tener presente peraltro che se il luogo è la superficie del corpo ambiente a immediato contatto, quando un corpo si sposta, si sposta il corpo, non il luogo. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[7] Del Corpo di Cristo. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP.

[8] La quantità. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP.

[9] La quantità celeste è la quantità del Corpo celeste collocato nel luogo celeste. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP.

[10] Gesù resta nel luogo celeste con le sue dimensioni celesti, però si trova nell’Eucarestia a modo di sostanza e quindi si trova in un luogo terreno sotto le dimensioni del pane e del vino consacrati. Ciò vuol dire che Gesù con le sue dimensioni proprie resta in cielo, ma a modo di sostanza nell’Eucarestia lascia il cielo e scende sulla terra. Gesù è presente nell’Eucarestia veramente, oggettivamente, realmente e sostanzialmente. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP.

[11] Luogo terreno. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP

[12] Che sono in cielo. Nota di P. Giovanni Cavalcoli, OP

[13] È presente con la sua quantità celeste. Nota di P. Roberto Coggi, OP.

[14] Sotto le dimensioni del pane. Nota di P. Roberto Coggi, OP.


2 commenti:

  1. Giustissimo!
    Si figuri, dalle mie parti il Corpus Domini (senza processione) é stata l'occasione per parlare di politica locale durante l'omelia.

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    1. Carro Alessandro,
      purtroppo anche tra noi cattolici è calato l’interesse per il Mistero eucaristico, non nel senso che siano calate le Comunioni, anzi possiamo dire che sono aumentate. C’è spesso però la convinzione che non si può andare a Messa senza fare la Comunione, perché il far la Comunione viene paragonato a uno che andasse a un banchetto di nozze e non mangiasse.
      Ma tutto ciò che cosa vuol dire? È il segno di una vera devozione eucaristica o è una specie di scaramanzia, perché le cose vadano bene, così come in auto si conserva un corno portafortuna?
      La Comunione è considerata semplicemente come un farmaco da prendere periodicamente per la cura di una data malattia, oppure come uno spuntino o un break, come sosta durante il lavoro.
      Ora, questo atteggiamento è un atteggiamento superstizioso che nulla ha a che vedere con la vera devozione eucaristica.
      Ma qual è la causa dottrinale di queste aberrazioni? È semplicemente la perdita della fede nella vera realtà del Mistero Eucaristico, per cui si crede che il pane, dopo la consacrazione, non sia mutato nel Corpo di Nostro Signore, ma resti pane, nel quale Cristo è presente. Ma a questo punto non c’è bisogno della Messa per rendere presente Cristo, perché Egli, come Dio, è presente dappertutto.
      Per quanto riguarda la processione, purtroppo sappiamo come spesso ci sono motivi di ordine pubblico, che possono legittimamente impedirla. Purtroppo però anche qui c’è stato un calo di fede tra di noi. Tuttavia in alcuni luoghi, come per esempio nella mia parrocchia di Fontanellato, l’hanno fatta con un breve tragitto.

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