Trattato sugli Atti umani
P. Tomas Tyn
Lezione 2 (Parte 1/2)
P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 12 (A-B)
Bologna, 20 gennaio 1987 - Fine
Ultimo n. 12 (A-B)
http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm
Nella
questione VIII della I-II, Quaestio est
de voluntario, ossia si trattava appunto di vedere in che cosa consista il
volontario. Abbiamo detto che volontario è ciò cui il principio è interiore al
soggetto operante con una certa conoscenza del fine. Il volontario si dirà poi
perfetto, quando la conoscenza del fine è perfetta, ossia formale. La
conoscenza astratta contraddistingue i soggetti dotati di volontario perfetto,
ossia di responsabilità morale, perchè poi le due cose coincidono
assolutamente.
Quindi
libero è solo il soggetto che conosce il fine formalmente in astratto e quindi
è capace non solo di essere diretto e mosso al fine, ma anche di dirigere se
stesso al fine. Questa mozione da sé al fine, disporre se stesso al fine, è
qualche cosa di caratteristico, di proprio degli agenti dotati del volontario
perfetto.
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La questione sollevata da S.Tommaso è questa: se la volontà possa
subire violenza, se è possibile che la volontà subisca violenza. E la
distinzione che si impone è questa: anzitutto il volontario si distingue in due
grandi ambiti: c’è il volontario elicito e il volontario imperato.
Elicito è il volontario posto come atto dalla stessa volontà;
imperato è quell’atto che non è posto dalla volontà stessa, ma da una altra
facoltà mossa dalla volontà, cioè la volontà muove un’altra facoltà, che pone
quell’atto.
Per esempio, un atto di amore di Dio è un atto elicito dalla
volontà, la volontà stessa che ama il Signore. Invece l’atto di fare una
passeggiata è un atto imperato; la volontà comanda alle gambe di muoversi e di
fare una passeggiata. Ecco il volontario elicito e quello imperato.
Per quanto riguarda gli atti imperati, non c’è dubbio che essi
possono essere impediti con violenza. Se qualcuno mi lega, c’è poco da fare, io
posso imperare alle mie gambe di fare una piacevole passeggiata e non ci riuscirò.
Quindi ovviamente gli atti imperati sono impedibili, nell’effetto esterno, dalla
violenza.
Quanto agli atti eliciti, invece, è assolutamente impossibile che la
volontà subisca qualsivoglia violenza. Questo proprio perchè l’atto del
volontario elicito, cioè l’atto stesso della volontà, procede da un principio
interno e conoscente. Invece ciò che è estorto, coatto, costretto, necessitato,
procede non da qualche cosa di interno, ma da qualche cosa di esterno.
C’è un corollario, l’ad primum, che riguarda la mozione divina della
volontà. S.Tommaso insiste su questo fatto, che Dio muove la volontà con una
efficacia infinita ed infallibile, però nel contempo rispettando l’essenza del
moto volitivo.
Immagini da Internet:
- La passeggiata, Renoir
- Santa in preghiera, dipinto del XVII sec.