Le cause
delle guerre
Non ogni
guerra è ingiusta
Il Sommo
Pontefice, nel recente Messaggio per la Giornata della Pace del 1° gennaio scorso,
ha detto tra l’altro:
«La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con
l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di
possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e
dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in
un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione
delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura
dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo
alimenta tutto questo».
Il Papa ha
giustamente affermato che le guerre cominciano spesso in questo modo.
Ma non sempre. Ci sono guerre che sono motivate da cause
giuste. Il ricorso all’uso della forza contro un aggressore o per liberare un
popolo oppresso da una tirannia o per riconquistare un territorio patrio, dal
quale è stato cacciato o del quale è stato derubato o privato o per cacciare o
respingere un invasore non nasce necessariamente «dall’egoismo, dall’odio,
dalla superbia e dalla paura». Non è necessariamente violenza. Non è ingiustizia,
ma può nascere da un bisogno di giustizia e dall’attaccamento a grandi valori,
può essere un preciso dovere morale, anche davanti a Dio o addirittura voluto da
Dio, un dovere, che giustifica l’esistenza di virtù militari, che possono
arrivare fino all’eroismo e al sacrificio della propria vita per la difesa del
bene comune o della patria messi in pericolo dal nemico.
Il Papa ha ragione nel dire che certe
guerre nascono dall’odio per il diverso. Ma la confusione fra il diverso e il
male va nei due sensi: non c’è solo chi riduce il diverso al male, ma c’è anche
chi riduce il male al diverso, per cui l’eresia è solo diversa dall’ortodossia,
il peccato è semplicemente una scelta diversa, la sodomia è una scelta diversa
dalla castità, l’adulterio è un altro modo di amare, l’ateismo riflette un altro
modo di ragionare, il protestante è semplicemente diverso dal cattolico e così
via.
Ora
bisogna dire che la guerra giusta non è una guerra contro il diverso, ma contro
il male, contro chi ci opprime, chi ci invade, chi ci aggredisce, chi ci ha derubato
della nostra terra o chi ci ha cacciato da essa. Il diverso va rispettato nelle
sue scelte; ma l’azione del nemico o del malvagio non può essere ammessa e tollerata
senza che noi diventiamo complici del male che fa,
Ora, questi princìpi e valori, come tutti
sanno, appaiono chiaramente inculcati non
solo dalla storia della civiltà, ma dalla stessa Sacra Scrittura, per quanto riguarda in particolare il popolo d’Israele, presentato peraltro come
modello per gli altri popoli, benché certamente oggi vediamo in certi episodi della
storia veterotestamentaria d’Israele non propriamente la volontà di Dio, ma quella
che, seppur in buona fede, l’agiografo credeva
essere la volontà di Dio e come tale appare nel testo sacro, il quale, però, dev’essere
interpretato alla luce del Vangelo, che ci fa capire meglio e in maniera
decisiva qual è il vero rapporto della guerra con la volontà di Dio, problema difficile
e delicato, che nei secoli seguenti fino ad oggi sarebbe stato affrontato e
risolto dal magistero della Chiesa, dai moralisti
e dai canonisti, i quali ci hanno dato preziose indicazioni, alle quali mi
rifarò brevemente in questo articolo.
Molto delicata, innanzitutto, e
richiedente perspicacia di giudizio, attenta analisi della situazione storica, somma
circospezione e prudenza politica, calcolo delle forze disponibili, elevatezza di
ideali, è la questione concreta, di competenza
della pubblica autorità, responsabile del bene comune, nonché della
salute e della libertà del popolo o della nazione, di valutare e decidere, in
determinate gravi circostanze, se, quando, come, dove, con che mezzi, contro
chi e con quali speranze o prospettive muover guerra o ricorrere alle armi,
constatata con certezza l’inutilità e l’inefficacia dei mezzi pacifici.
Chiarimenti
Il dovere militare di sconfiggere il
nemico è apparso ad alcuni in contrasto con l’evangelico amore per il nemico.
Ora bisogna tener presente che una guerra giusta non comporta nessun odio per
il nemico, ma lo proibisce assolutamente, come risulta chiaramente dal codice
militare, che punisce rigorosamente ogni atto di guerra estraneo agli obblighi
morali del soldato. D’altra parte, l’amore evangelico del nemico non dice affatto
amore per l’azione ostile o delittuosa del nemico, ma al contrario la condanna
decisamente, esortando il nemico al pentimento.
Ora lo scopo della giusta guerra non è altro
che la neutralizzazione dell’azione nemica e non è di per sè volta a colpire il
nemico. L’uccisione del nemico si rende necessaria solo nel caso che non sia
possibile neutralizzare l’azione senza sopprimerne l’autore. Ma ogni
disobbedienza agli ordini supposti giusti, ogni mezzo sleale, crudele e
sproporzionato per vincere, ogni sevizia o maltrattamento o crudeltà o ingiustizia,
per non parlare dell’uccisione, perpetrate ai danni del prigioniero di guerra o
del nemico sconfitto vengono severamente punite dal codice militare.
È chiaro inoltre che il diritto e dovere dell’autorità
civile ed ecclesiale all’uso della coercizione non giustifica nello Stato alcun
tipo di militarismo e nelle autorità ecclesiastiche alcuna forma di
autoritarismo e prepotenza. Per quanto concerne la Chiesa, essa, come recita il
CJC, «ha il diritto nativo e proprio di costringere (coērcere) con sanzioni penali o censure i fedeli che hanno commesso
delitti» (can.1312, §1). Tale diritto appare evidente considerando il
comportamento degli apostoli narrato negli Atti
degli Apostoli.
D’altra parte, come è noto, il regno di
Cristo non è di questo mondo, per il quale occorre combattere con le armi, ma, essendo
un mondo celeste ultraterreno, per conquistarlo occorre una battaglia spirituale.
Per questo, saggia è l’esenzione dal servizio militare per i chierici contemplata
dal Concordato della S.Sede con l’Italia, mentre illiberale appare l’obbligo
fatto in Francia del servizio militare fatto ai chierici, effetto di una
evidente ostilità dello Stato contro la Chiesa.
La guerra escatologica
La
Bibbia ci offre un paradigma escatologico della giusta guerra. L’Apocalisse ci
dice che la storia di questo mondo si concluderà drammaticamente alla Parusia
di Cristo con una guerra degli empi guidata da Satana contro i giusti guidati
da Cristo (Ap 19,19 e 20,9) e la vittoria di Cristo e dei giusti contro gli
empi. È il cosiddetto «Giudizio universale». Quindi l’idea che l’umanità possa
progredire pacificamente, nelle condizioni di questo mondo, segnato dalle
conseguenze del peccato originale, fino alla totale estinzione delle guerre, è
un’idea sbagliata e illusoria, propria della massoneria e non del Vangelo.
Per questo non dobbiamo farci illusioni:
dobbiamo tenerci pronti al combattimento escatologico, al quale non potremo
sottrarci, ma nel quale risulteremo vincitori solo se staremo dalla parte di
Cristo. Il momento preciso di questo combattimento finale, peraltro, come
sappiamo bene, ci resta ignoto, anche se Cristo ci dà qualche segno della sua
Venuta. Possiamo pensare che in quel frangente supremo e decisivo per la storia
dell’umanità il Sommo Pontefice in carica in quel momento ci aiuterà, come
Vicario di Cristo, in quest’opera di difficile discernimento, affinché possiamo
orientarci nel senso giusto e trionfare con Cristo.
Cristo ci promette bensì e ci ottiene un’umanità
futura pacifica e concorde, ma essa è quella degli eletti e dei beati del
paradiso, non è l’umanità di questo mondo, nel quale, a causa delle conseguenze
del peccato originale, i conflitti sono inevitabili,
e allora tanto vale che ce ne facciamo una ragione e li affrontiamo
dignitosamente e convenientemente, usando sì la misericordia, ma all’occasione
opportuna, anche il rigore della giustizia.
Il che naturalmente non esclude affatto il dovere,
giustamente inculcato soprattutto dai Papi del postconcilio fino a Francesco, di
mettere ogni sforzo nella soluzione pacifica dei conflitti, promovendo la
giustizia, disapprovando ogni forma di violenza, interponendosi come mediatori
di pace, favorendo la tolleranza reciproca, suggerendo il disarmo atomico e chiedendo
il soccorso allo Spirito Santo, che è lo Spirito della Pace, dell’Unità e dell’Amore.
L’equivoco
del pacifismo buonista
D’altra parte il principio del pacifismo non
può essere spinto con ingenuo ed illusorio buonismo ed utopistico ottimismo
fino alle sue estreme conseguenze di un’abolizione totale di ogni forma di coercizione ed uso della
forza, senza andar contro la giustizia e il bene comune, i precetti del Vangelo e i princìpi del
diritto civile ed ecclesiastico, provocando effetti corruttivi disastrosi e controproducenti,
come è storicamente dimostrato dai tratti ben noti delle società liberali e
permissive, dove l’idea che tutti siano buoni e l’assenza di un saggio ed
oculato uso della forza da parte della competente autorità permette ai furbi e
ai malfattori di aumentare i delitti e dà libertà ai prepotenti, certi dell’impunità, di opprimere e sfruttare ancor più i deboli e
gli indifesi.
Non sempre è possibile per un popolo
liberarsi con la forza dai nemici o da una tirannia o da un oppressore o da un
invasore o tornare alla propria terra occupata da stranieri. Badiamo noi stessi
a non essere oppressori degli altri, rispettiamo la loro diversità ed opponiamoci
con franchezza alle loro malefatte. Non siamo
noi tutti oppressi da tante forze avverse in questa vita terrena? Facciamo il possibile
per la nostra ed altrui liberazione, sopportiamo ed attendiamo la liberazione che
ci viene da Dio.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 1 gennaio 2020.
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