28 febbraio, 2023

Sostanza e relazione nella filosofia della persona - Prima Parte (1/3)

 Sostanza e relazione nella filosofia della persona

Prima Parte (1/3)

Che cosa è la persona?

Il concetto di persona negli ultimi secoli è andato evolvendosi in due direzioni: una direzione introversa e una direzione estroversa. Sotto vari pretesti – o perché giudicato un inutile sostegno degli accidenti o perché visto come inadeguato a rappresentare l’autocoscienza o il divenire dello spirito - si è abbandonato il concetto di sostanza come categoria della persona e ci si è concentrati sull’agire della persona: l’agire della persona su se stessa e l’agire verso l’altra persona.

Da una parte nella linea agostiniano-cartesiana si è giunti a concepire la persona come autocoscienza. Dall’altra, nella corrente del realismo aristotelico-tomista, si è continuato a concepire la persona come sostanza approfondendo l’importanza della relazione sociale della persona. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/sostanza-e-relazione-nella-filosofia.html 

Solo in Dio l’essere s’identifica con l’agire. Nella persona umana la relazione si aggiunge alla persona e non la costituisce. Il fatto, per esempio, che Pietro sia padre di Paolo non definisce l’essenza della persona di Pietro, che è la sussistenza della singola sostanza di Pietro, ma presuppone la persona già esistente ed è una relazione che Pietro ha acquistato col generare Paolo.

Santissima Trinità, F. Galliari - F. Savanni

Pietro era Pietro anche prima che generasse Paolo. Invece la persona del Padre celeste non ha preceduto nel tempo, né è stata presupposta alla generazione del Figlio, ma il suo stesso essere Padre, il suo relazionarsi al Figlio costituisce ed esaurisce la sua essenza di persona e si identifica con la sostanza della natura divina. Il Padre è realmente distinto dal Figlio, ma il Padre è Dio e il Figlio è Dio: la loro sostanza non è distinta come nel caso di Pietro e Paolo, ma è la stessa del medesimo ed unico Dio.

La relazione di paternità in Dio è il Padre ed è la stessa essenza di Dio, a differenza di Pietro, nel quale il suo essere Pietro è realmente distinto dal suo essere padre. In noi ad ogni persona corrisponde una diversa singola natura umana e viceversa. Invece in Dio non è così, ma alla singola natura divina corrispondono tre persone, perché esse non sono tre sostanze, ma tre relazioni che possono coesistere in una sola sostanza.

Immagini da Internet

25 febbraio, 2023

La conoscenza intellettiva come movimento dell'anima - P. Tomas Tyn

La conoscenza intellettiva 

come movimento dell'anima

Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

Lezione conclusiva del corso di Medicina dell'anno accademico 1988/89, Cultura e Vita S.c.r.l., Modena 1989

Da: 

http://www.arpato.org/ - http://www.arpato.org/bibliografia.htm

 12.  La conoscenza intellettiva come movimento dell'anima. Lezione conclusiva del corso di Medicina dell’anno accademico 1988/89, Cultura e Vita S.c.r.l., Modena 1989 - (documento PDF - 2.25 MB)

http://www.arpato.org/testi/articoli/cerimonia7giugno89.pdf

 

 

 

Nessuno è obbligato ad essere scienziato, ma tutti, scienziati o no, sono tenuti ad essere sapienti o, perlomeno, ad amare la sapienza.

Occorre allora tornare a contemplare le stelle, a renderci conto che quel poco che con scarsa precisione sappiamo in metafisica ha un valore incommensurabilmente più grande di quel molto che ci insegnano con esattezza sbalorditiva tutte le altre discipline scientifiche messe insieme.

Immagini da Internet:
- Abramo predice ad Isacco una discendenza numerosa come le stelle, Giovanni Battista Pittoni (Venezia, 1687 - 1767) -

22 febbraio, 2023

Lo scrupolo - Terza Parte (3/3)

Lo scrupolo

Terza Parte (3/3) 

Rischi della spiritualità ignaziana

La cosa che colpì profondamente Ignazio fu lo spettacolo sconvolgente del diffondersi del luteranesimo nato dal dramma di coscienza di Lutero. Ignazio capì che si trattava di una aggressione alla Chiesa sotto colore della vera interpretazione della divina misericordia e della libertà evangelica contro il legalismo della Chiesa romana tormentatore della coscienza gettata sotto la schiavitù dello scrupolo e della paura e solleticata nella presunzione pelagiana di vantarsi davanti a Dio dei propri meriti.

Con la sua forma mentis di militare Ignazio concepì l’idea di aiutare la Chiesa assalita dagli eretici formando una milizia scelta di combattenti per la causa di Cristo e una maggior gloria di Dio sul modello delle allora ammirate compagnie di ventura, dunque una «compagnia di Gesù». E se Lutero si era ribellato al Papa, volle che i suoi combattenti giurassero totale obbedienza al Papa nel suo ufficio di vicario di Cristo e di guida della Chiesa nella guerra contro il peccato, la carne, il mondo e Satana.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/lo-scrupolo-terza-parte-33.html

 

Nella narrazione dello stesso Sant’Ignazio di come egli giunse a capire come si opera il discernimento degli spiriti, si nota la sua impostazione teologica interiorista, per la quale pare che noi apprendiamo l’esistenza e la presenza di Dio non tanto partendo dall’esperienza delle cose esterne («ea quae facta sunt»), ma riflettendo sulle sensazioni o emozioni gradevoli o sgradevoli causate dall’apprendimento di eventi umani, che rivelano l’azione di Dio negli uomini e nella storia.

Oggi occorre recuperare un sano ascetismo dannosamente abbandonato dall’attuale edonismo modernista e attuare veramente la prospettiva escatologica proposta dal Vaticano II, così come essa è stata esplicitata, per quanto riguarda il rapporto uomo-donna, dagli insegnamenti di Giovanni Paolo II.

È giunto il momento di un recupero prudente del vero senso di colpa, di una ritrovata coscienza dell’aver peccato, di un sincero dolore dei propri peccati. Occorre tornare a rendersi conto di che cosa vuol dire peccare, e delle conseguenze che questo agire comporta.
 
Immagini da Internet:
- Sant'Ignazio
- San Francesco

21 febbraio, 2023

Lo scrupolo - Seconda Parte (2/3)

 Lo scrupolo

Seconda Parte (2/3)

Il problema dello scrupolo balza in primo piano

nella coscienza moderna

La questione dello scrupolo sorge con prepotenza nella coscienza morale moderna. La coscienza del cattolico medioevale è una coscienza sostanzialmente serena. Non ovviamente che non si sentisse peccatore anche lui, anzi le violenze e le crudeltà che troviamo nella condotta dell’uomo medioevale, soprattutto i castighi e le vendette, le ruberie e le stragi, sono proverbiali e non hanno nulla da invidiare alle peggiori malvagità dei nazisti o dei comunisti staliniani.

Tuttavia l’uomo medioevale ha una coscienza più leale della nostra, complicata dall’insincero dubbio cartesiano e dalla conseguente astuzia machiavellica ed hegeliana. Non è una coscienza che gioca fra il sì e il no, ma una coscienza che sa che bisogna scegliere fra il sì e il no. E se si scopre doppia, si pente e torna sincera.

È una coscienza realista, almeno nelle intenzioni. Possiede il concetto della verità: adaequatio intellectus et rei. Non confonde ciò che mi sembra con ciò che è. Sa che Dio esiste e che bisogna render conto a Lui delle nostre azioni. Non confonde il dovere con ciò che voglio io. Non confonde l’impressione soggettiva col dato oggettivo. 

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L’uomo medioevale sapeva meglio distinguere l’apparenza dalla realtà, l’oggettivo dal soggettivo; era realista, mentre noi oggi noi siamo invasi dall’idealismo e dal soggettivismo. Non era illuso dall’immanenza, ma era aperto alla trascendenza. E ciò si rifletteva nell’esame di coscienza.


L’etica medioevale e l’uomo medioevale non conoscono il problema dello scrupolo, se non inteso come inezia relativa a piccole preoccupazioni o sviste della vita quotidiana, non meritevoli di essere neanche prese in considerazione dalla teologia morale. 

Infatti la morale di San Tommaso ignora completamente la questione dello scrupolo, anche quando tratta dell’ipocrisia o della superbia.



Immagini da Internet:
Miniature medievali
 

19 febbraio, 2023

Lo scrupolo - Prima Parte (1/3)

 Lo scrupolo

Prima Parte (1/3)

Semplici come le colombe,

             prudenti come i serpenti

                            Mt 10.16

Che cosa è in generale lo scrupolo

Lo scrupolo è un turbamento emotivo della coscienza per il quale il soggetto si sente in colpa senza esserlo realmente o ingrandisce irragionevolmente la propria colpa o si pente di una colpa immaginaria, a causa di una carenza di lucidità ed obbiettività nell’esaminare la propria coscienza o nel giudicare il proprio stato di coscienza davanti a Dio.

Lo scrupolo è un tormento di coscienza, un arrovellamento sterile e aggrovigliato, che la impaccia e non l’aiuta a progredire, ma che anzi la frena e la confonde, perché è un pentimento agitato per inezie apparentemente colpevoli o per piccole colpe irragionevolmente ingrandite o per peccati commessi in buona fede o per ignoranza eventualmente molto tempo addietro.

La coscienza rimorde ma per una colpa inesistente. Il soggetto si è fatta una convinzione infondata di essere falso e di non poter raggiungere la sincerità. Sente ogni sua azione come peccato.  Si sente castigato e irrimediabilmente condannato da Dio, nonostante uno sforzo di buona volontà, peraltro ritenuto vano. Questo è lo scrupolo.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/lo-scrupolo-prima-parte-13.html

Queste ubbìe paralizzanti e sconfortanti, che possono essere paure istillate dal demonio, vanno scacciate con la massima decisione ed energia, forti della propria buona coscienza in buona fede e della fiducia nella divina misericordia, dandoci alle opere buone, facendo fidamento nella preghiera, godendo delle creature e dei beni sensibili e spirituali, nonchè delle sane amicizie, che Dio ci dona affinchè Lo lodiamo e Lo ringraziamo e ce ne serviamo per arrivare a Lui. In tal senso ricordiamoci dell’aureo principio di San Filippo Neri: «scrupoli e malinconia, fuori di casa mia!».

 

La coscienza dev’essere certo pulita e lavata, ma con delicatezza, non graffiata dallo strofinare troppo, senza pretendere di far luce laddove non è possibile, senza pretendere di ricordare ciò la cui verità ormai ci sfugge, di cui non sappiamo più se eravamo o non eravamo in buona fede, se eravamo o non eravamo responsabili.

Immagini da Internet:

Nella chiesa parrocchiale di San Filippo Neri è esposto un dipinto secentesco con il santo titolare della chiesa (il “pio vecchio” è definito nella scritta sottostante) raffigurato mentre gioca con dei fanciulli.

18 febbraio, 2023

Fisica moderna e teologia

 Fisica moderna e teologia

Pubblico con piacere queste conversazioni che ho avuto sulla mia pagina Facebook con il Professore Giovanni Castelli.

Cf. L’esperienza fisica e l’esperienza della Resurrezione di Cristo

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2023/02/lesperienza-fisica-e-lesperienza-della.html

Le indagini sul microcosmo

 

Giovanni Castelli 14.2.23

Nella fisica la conoscenza della realtà fisica (conoscenza che non è né quella teologica né quella filosofica) è fatta attraverso gli esperimenti per trovare le sue leggi (cioè le relazioni matematiche fra gli enti fisici misurati) e indurre le teorie che matematicamente spiegano le leggi,

l’oggettività è data dal fatto che chiunque può fare gli stessi esperimenti e verificarli, anzi meglio se si riesce a dimostrare che non sempre una legge è vera (Popper).

 

Io mi esprimerei in questo modo: la scienza fisica si ottiene per mezzo di esperimenti finalizzati a scoprire le leggi fisiche, che vengono formulate in modo matematico.

Una volta che la legge viene formulata, chiunque applicando quella legge può ottenere sempre gli stessi risultati.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/fisica-moderna-e-teologia.html


Non siamo noi a determinare l’andamento della natura, ma la natura è già determinata da sé, come effetto della sapienza e potenza divine. Come dice la Bibbia:

“omnia disposuisti in numero, pondere et mensura” (Sap 11,21).


 
Non siamo noi, ma è Dio a dar leggi alla natura. A noi il compito di conoscerle ed applicarle

 
Immagini da Internet:
- Mosaici del Batttistero di Firenze

16 febbraio, 2023

Il dialogo con gli Ortodossi e il problema dei Cattolici che sono attirati dagli Ortodossi

 Il dialogo con gli Ortodossi e il problema dei Cattolici 

che sono attirati dagli Ortodossi

 

Ho il piacere di pubblicare una corrispondenza con il nostro Lettore Ross Poldark, circa la questione della differenza tra scisma, eresia e apostasia, con particolare riferimento alla situazione degli Ortodossi *.

Attualmente la guerra in Ucraina ha dato occasione perché potesse venire in luce una certa convergenza tra i Lefevriani e gli Ortodossi. Infatti, in questa drammatica situazione, ci siamo accorti che giocano fattori connessi con la situazione delle Chiese Ortodosse in Ucraina e in Russia e quindi col secolare contrasto in Ucraina tra Cattolici e Ortodossi. Ciò ha suscitato l’interesse dei Lefevriani, i quali in qualche modo si sono riconosciuti negli Ortodossi.

La loro mentalità infatti è simile, perchè nell’uno e nell’altro caso il progresso dottrinale viene visto come un ostacolo alla fedeltà alla Tradizione, in quanto non si riesce a comprendere che questo progresso non è altro che l’esplicitazione o la spiegazione di nozioni già acquisite.

 

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-dialogo-con-gli-ortodossi-e-il.html

 

Un problema delicato è quello della famosa abolizione reciproca della scomunica tra San Paolo VI e il Patriarca Atenagora nel 1964

Questo evento è stato molto significativo e importante, come segnale di reciproca benevolenza e fratellanza nella comune fede cristiana. Questo episodio ha creato un clima di serenità ed amicizia, che è servito ad approfondire la comunione cristiana tra le due Chiese. 

Immagini da : CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI LVI SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI - 

Basilica di San Paolo fuori le Mura - Mercoledì, 25 gennaio 2023

https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2023/documents/20230125-vespri-unitacristiani.html

14 febbraio, 2023

Il software del computer e del cervello umano

 Il software del computer e del cervello umano

Ho il piacere di pubblicare questa conversazione con Giovanni Castelli, che ha inviato in Facebook un commento al mio articolo sull’IA. 

 

Giovanni Castelli - febbraio 2023

 

Dal punto di vista tecnico-scientifico il termine intelligenza artificiale, per ora, non ha alcun senso (si veda il test di Turing).

Gli attuali computer sono quasi completamente deterministici, non perché non si possa realizzare macchine non deterministiche, ma perché, per gli usi che ne facciamo, debbono garantire un perfetto comportamento.

 

Caro Giovanni Castelli, rispondo al suo interessante intervento seguendo i punti che lei svolge.

Le faccio presente che le leggi fisiche sono per loro natura deterministiche. Questa caratteristica è quella che ci consente di utilizzare le forze della natura. Infatti la natura, seguendo queste leggi, agisce sempre allo stesso modo, in modo tale che noi, utilizzando queste leggi, siamo in grado di ottenere dalla natura ciò che desideriamo, perché siamo in grado di prevedere che cosa succederà, almeno date certe condizioni. Questo fatto è ciò che indusse Galileo a dire che noi possiamo comandare alla natura, a patto che le obbediamo. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-software-del-computer-e-del-cervello.html 

La distinzione tra l’attività del pensiero e l’attività della macchina è tale per cui una macchina, per quanto evoluta nell’imitazione della evoluzione del pensiero, resta sempre nelle sue prestazioni al di sotto della potenza del pensiero. E questo per il fatto che, mentre nell’attività del pensiero agisce lo spirito, la macchina è mossa soltanto dalle forze della materia.

 


D’altra parte le forze della materia sono infinitamente inferiori a quelle dello spirito e quindi non possono causare nulla nel mondo dello spirito.

Immagini da Internet

13 febbraio, 2023

L’esperienza fisica e l’esperienza della Resurrezione di Cristo

 L’esperienza fisica e l’esperienza della Resurrezione di Cristo

Ho il piacere di pubblicare questa conversazione, avviata sulla pagina Facebook, con il filosofo Giovanni Sarruso, conversazione che può interessare i Lettori, dato che si tratta di temi largamente sentiti dal pubblico e che pongono la questione di come noi conosciamo realtà in se stesse materiali, ma che, date le loro speciali condizioni, tali realtà non appaiono direttamente ai nostri sensi, ma, perché ciò avvenga, occorrono speciali mediazioni:

-       nel caso della fisica quantistica e della telematica abbiamo bisogno di apposite apparecchiature tecniche adatte alla ricerca e all’analisi, accompagnate da calcoli matematici;

-       nel caso delle apparizioni di Cristo Risorto, delle quali parlano i Vangeli, l’occhio umano in questa vita mortale necessità di un supplemento di potenza visiva, in modo tale da proporzionare i nostri sensi alla dignità escatologica dell’oggetto, ossia il Corpo di Cristo Risorto.


Prof. Giovanni Sarruso

Facebook - dal 13 gennaio al 9 febbraio 2023

 

Un mio amico ex docente di fisica mi ha informato circa il fatto che in base alla meccanica quantistica le particelle esistono solo in quanto osservate.

Ho replicato dicendo che in fondo non è una novità per i                filosofi.


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La natura ci offre delle occasioni per mettere in opera la nostra capacità creativa, per utilizzarla per il nostro bene, per ricavare da essa strumenti e mezzi per la nostra sussistenza e miglioramento della nostra vita, per ricavare da essa mezzi per la cura della nostra salute e la soddisfazione del nostro gusto per il bello e per il sublime. 

Assensione al cielo, Luca della Robbia

 L’essere percepito vuol dire che noi possiamo avere l’immagine mentale del reale, che esiste al di fuori della nostra mente. E questo reale può essere o materiale o spirituale.

Nelle apparizioni di Gesù Risorto bisogna distinguere due cose: il corpo del Signore e la sua Persona divina. 

Il corpo del Signore era il suo vero corpo e tuttavia era il corpo glorioso e cioè immortale.

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12 febbraio, 2023

Entropia e Resurrezione dei corpi

 Entropia e Resurrezione dei corpi

Ho ricevuto da Don Vincenzo Sarracino una interessante lettera sulla questione del rapporto tra l’entropia e la futura resurrezione dei corpi, che è oggetto della fede cristiana.

Pensando di fare cosa gradita ai Lettori, presento qui la lettera di Don Vincenzo, alla quale fa seguito il mio commento.

Fontanellato 4 Febbraio 2023

Santa Caterina de Ricci O.P.

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Con la presente, desidero sottoporle una mia riflessione sulla nostra condizione umana all’interno del sistema Universo e sul mondo naturale condizionato e regolato dalla legge dell’entropia dedotta dal secondo principio della termodinamica ed il conseguente sorgere di un paradosso esistenziale che coinvolge non solo il genere umano ma l’intera creazione e la sua possibile soluzione in Cristo nostro salvatore e redentore. Una riflessione che si muove tra scienza e fede, filosofia della natura e Cristologia.

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Sappiamo che l’Universo, e tutto ciò che contiene e quindi anche il nostro mondo, così come lo conosciamo, non è eterno, la morte di tutto ciò che ci circonda è inevitabile, sappiamo con certezza che l’Universo sta già morendo.

Sorgono a questo punto spontaneamente alcune domande: perché se l’Universo contiene in sé, fin dalla sua genesi le chiavi e le leggi per la comparsa della vita e della vita intelligente allo stesso tempo, nel suo DNA questa vita è destinata a scomparire ben presto? A cosa sarebbe servito questo "sforzo evolutivo", questa delicata azione di fragili equilibri, se poi la vita è destinata a spegnersi?


L’evento di Cristo restituisce al creato e alle sue creature, in particolare all’uomo, quella integrità prevista da Dio nella creazione e compromessa dal peccato. 

Il brano che meglio ci fa comprendere la novità radicale inaugurata dalla risurrezione di Cristo è tratto dall’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,1-4):

“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più”.

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10 febbraio, 2023

Sulla questione della intelligenza artificiale

 Sulla questione della intelligenza artificiale

Gli idoli hanno le mani e non palpano

Sal 115,7

Una idea sbagliata fondata su di una filosofia sbagliata

Oggi è diventata cosa comune parlare di «intelligenza artificiale» per riferirsi ai servizi forniti dai meccanismi della telematica e dell’informatica, ma, volendo usare le parole nel loro giusto senso, non dovremmo parlare di intelligenza, ma di calcolo, che è ben altra cosa. L’intelligenza è affare del puro spirito; il calcolare non esclude certo l’atto dello spirito, ma si riferisce alla misurazione di semplici quantità, cioè realtà materiali, ben al di sotto della natura dell’intelletto e dei suoi più propri oggetti, che appartengono all’orizzonte dello spirito. Invece le operazioni di calcolo fatte dal computer o dal robot, per quanto razionalmente strutturate e funzionanti, sono meccanismi puramente fisici, anche se possono indirettamente essere finalizzati al soddisfacimento di bisogni spirituali.

Ma il problema è che sotto quell’espressione «intelligenza artificiale» può nascondersi un modo di intendere l’intelligenza, che la confonde col meccanismo della realtà materiale e allora si finisce o per degradare l’intelligenza al livello del senso o per confondere lo spirito con la materia. 

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/sulla-questione-della-intelligenza.html

La macchina non è una sostanza, ma un aggregato artificiale ed ordinato di sostanze o parti di sostanze fisiche tra di loro collegate dalla mente umana, secondo le leggi della meccanica razionale, avente una data stabile configurazione sensibile e quantitativa, finalizzato al compimento di un dato lavoro in soddisfacimento a bisogni materiali dell’uomo.


La macchina non si compone di anima e corpo, ma è semplicemente un aggregato artificialmente ordinato di corpi fisici fissi, in relazione ragionata fra di loro, tale da formare un tutto armonioso, le cui parti concorrono al conseguimento dello scopo della macchina, la cui unità non è un’unità di un’unica essenza o di una sostanza come nel caso del vivente organizzato ed unificato dall’anima, ma è l’unione di pezzi adatti gli uni agli altri per il conseguimento del fine della macchina.


Un computer non è capace di autocoscienza perché la materia non è capace di riflettere su se stessa; ma l’autocoscienza è un privilegio dello spirito. Lo spirito conosce l’essere, l’universale, la totalità, l’eterno, l’assoluto, l’infinito, Dio. Il computer non sa nulla di tutto questo, se non si tratta di notizie che noi stessi abbiamo inserito in esso. Noi conosciamo la giustizia e il peccato. Il computer non ha colpe o meriti, ma fa sempre il suo dovere obbedendo alle leggi della fisica. Noi possiamo vivere in grazia di Dio. Il computer è un ente solo naturale.

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08 febbraio, 2023

La falsa metafisica di George Berkeley - Terza Parte (3/3)

 La falsa metafisica di George Berkeley 

Terza Parte (3/3)

È così che Kant, pur ammettendo l’esistenza delle cose fuori del nostro spirito, sostiene che sperimentiamo queste cose, ossia questi corpi o sostanze materiali, non come cose in sé, ma come fenomeni:

«Il concetto trascendentale dei fenomeni nello spazio è un avvertimento critico, che in generale niente di quel che è intuìto nello spazio  è cosa in sé; e ancora che lo spazio non è una forma delle cose, la quale sia in qualche modo propria delle cose in se stesse; ma che gli oggetti in sé ci sono affatto ignoti e quelli che chiamiamo oggetti esterni, non sono altro che semplici rappresentazioni della nostra sensibilità, la cui forma è lo spazio, ma il cui vero correlato, la cosa in sé, rimane pertanto affatto sconosciuto e inconoscibile, né, del resto, nell’esperienza è mai questione di essa»[1].

In queste parole di Kant vediamo come egli nella conoscenza delle cose spaziotemporali, mette assieme contraddittoriamente il realismo con l’idealismo. Cede all’idealismo, ma non se la sente di arrivare fino in fondo. Continua a dar spazio alla cosa extramentale, anche se Kant prende da Berkeley la pretesa che la materia spaziotemporale della cosa non sia una materia reale, ma una materia pensata o, come si esprime Kant, pensa che la forma spaziotemporale del fenomeno non appartenga al fenomeno, ma sia data al fenomeno dall’intelletto, che la possiede a priori, mentre, contro Berkeley, conserva il principio realista che la materia della cosa esiste ed è fuori di noi. 

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Kant riconosce che noi abbiamo esperienza di corpi o sostanze materiali esistenti fuori di noi; e tuttavia sostiene che noi non conosciamo queste cose come sono in se stesse, ma solo come ci appaiono in quanto fenomeni spaziotemporali, dove la materia del fenomeno ci è fornita dalla cosa mediante l’esperienza sensibile, mentre la nostra sensibilità dà la forma spaziotemporale al fenomeno.

Facciamo un esempio: una roulotte trasportata da un’auto in viaggio. In quanto cose in sé, l’essenza dell’auto e della roulotte mi sono ignote. Esse mi appaiono come fenomeni, ai quali i miei sensi danno la forma spaziotemporale

 

Il tempo e lo spazio, per Gentile in quanto molteplicità del dove e del quando, sono spazializzazione e temporalizzazione del pensare in atto, che è atto della Spirito e nel contempo atto mio e di noi tutti umanità. Atto di autopormi, anzi autocrearmi, autoporci ed autocrearci, ecco la famosa «autoctisi» di Gentile.

Lorenzo Lotto, La Sacra Famiglia

Gentile confonde il rapporto dell’uomo in generale con Dio col mistero dell’Incarnazione inteso peraltro non come unità della persona nella dualità delle nature, ma come unità di un concreto nella dualità di due astratti. Invece il mistero dell’Incarnazione comporta la dualità di due sostanze in un’unica sussistenza.

Gentile, quindi, oltre a vanificare le due nature per confonderle in una falsa sintesi, precorre l’antropologia buonista di Rahner, il quale pure confonde il rapporto dell’umanità di Cristo con Dio, rapporto evidentemente indissolubile, col rapporto degli altri uomini con Dio nella vita presente, i quali uomini, essendo peccatori, possono spezzare col peccato l’unione con Dio.


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