I Papi nostre guide nel confronto col mondo moderno - Seconda Parte (2/5)

 I Papi nostre guide nel confronto col mondo moderno

Seconda Parte (2/5) 

Come i Papi ci hanno guidati

I Papi sono i nostri maestri della fede. Posseggono le chiavi del Regno dei cieli, sono incaricati da Cristo di confermarci nella fede e di pascerci come buoni pastori, con giustizia e misericordia. Lo so che a volte sembra che invece di mostrarci il volto di Cristo, ce lo nascondano; invece di far chiarezza, creino confusione, invece di far giustizia tollerano i prepotenti e gli eretici, invece di favorire la concordia siano faziosi e divisivi.

Ma noi dobbiamo saper andare al di à di questi difetti umani e non sottrarci alla loro guida evangelica, altrimenti non facciamo che danneggiare noi stessi e il prossimo. Non dobbiamo essere troppo sicuri di che cosa dovrebbero o non dovrebbero fare il Papa, perché non sappiamo che cosa al loro posto faremmo noi. Badiamo noi a dare il buon esempio e aiutiamoli nel loro difficile ministero, anziché aver sempre qualcosa di cui lamentarci o strumentalizzarli per i nostri comodi.

Infatti, ognuno di essi potrebbe dire ciò che Cristo attribuisce a se stesso: «beato chi non si scandalizza di me», si tratti di San Pietro o San Leone Magno, o San Gregorio Magno, o Innocenzo III, o Bonifacio VIII o Urbano VI o Alessandro VI o Leone X o San Pio V o il Beato Pio IX o San Pio X o San Giovanni XXIII o Papa Francesco.

I Papi ci guidano in materia di fede non solo con atti personali di governo, ma anche presiedendo i Concili Ecumenici e mediante gli organismi della Curia romana. Quando essi trattano di materia di fede o annessa alla fede come maestri della fede ci insegnano sempre la verità di fede grazie all’assistenza di cui godono da parte di Cristo promessa a Pietro. Non ci dicono cose che successivamente potrebbero essere smentite o mutate, ma cose che permangono per sempre e non passano, perché riflettono le parole di Cristo. Il loro insegnamento è soggetto a diversi gradi di autorità che non riguardano i contenuti, quasi che siano immutabili solo nei gradi alti, perché essi sono immutabili a tutti i livelli, essendo sempre materia di fede.

Questi gradi invece sono motivati solo da esigenze pastorali: se un Papa vuole insegnare in modo solenne affinchè una buona volta cessino dubbi e contestazioni, usa un tono perentorio facendo appello al suo potere di definire una volta per sempre la verità. Abbiamo allora le definizioni dogmatiche soprattutto quelle dei nuovi dogmi.

Se invece ci vuol dire semplicemente come stanno le cose, si limita a proporci la dottrina con semplicità senza particolari raccomandazioni. Il fedele deve capire comunque che anche qui il Papa o il Concilio o comunque chi parla a nome del Papa non sbaglia verificando la materia dell’asserzione o della proposizione: se si tratta di materia di fede o connessa con la fede, l’insegnamento è senz’altro immutabilmente vero. Se invece tocca temi profani o soggetti opinabili o teorie non dimostrate o provvedimenti disciplinari o giuridici, la sentenza o la decisione si suppone presa con prudenza, può richiedere la nostra obbedienza, ma non vincola l’adesione del nostro intelletto perché non mette in gioco la fede e può trattarsi di interventi sbagliati o comunque reformabili.

In questo articolo mi propongo di esporre brevemente quanto abbiamo ricevuto di più significativo dai Papi della modernità su due fronti: le segnalazioni dei mali e gli stimoli al bene, Papi combattivi e Papi propositivi. L’era moderna, come sappiamo per una ben nota convenzione storica, inizia con la scoperta dell’America nel 1494. È un fatto simbolico, a rappresentare l’allargamento della visuale dall’Europa fino al resto del mondo. Col termine «moderno» si possono intendere due cose: moderno, nel senso che esiste oggi. Oppure moderno nel senso di un oggi più avanzato dell’ieri.

Qual è il significato della fine del Medioevo? Che cosa abbiamo avuto? Che cosa è iniziato? Un progresso, un avanzamento o una decadenza? La civiltà, la cultura, la scienza, l’umanità, le virtù sono progredite o hanno retrocesso? Chi è che ha avuto l’idea di chiamare «umanesimo» e «rinascimento» la nuova civiltà che ha ritenuto di superare quella medioevale ed essere migliore? Questa nuova civiltà, sorta dalla Firenze del secolo XV, poteva effettivamente vantarsi di avere superato quella medioevale dei Carlo Magno, degli Innocenzo III, dei San Bernardo, dei San Tommaso d’Aquino, dei San Bonaventura, dei grandi Concili antropologici come il Lateranense IV del 1215 e il Viennense del 1312, dei San Luigi IX, del feudalesimo, delle Crociate, delle cattedrali, dei Benedettini, degli Ordini mendicanti dei Francescani e dei Domenicani?

Questo «rinascimento» è stato rinascimento di che cosa? E forse che la Chiesa medioevale non ha avuto rispetto per la dignità umana? Forse che il cattolico medioevale non sapeva che cosa è l’uomo, quale il suo fine, quali le norme dell’agire umano, quali le sue miserie, quale il cammino da percorrere per arrivare alla salvezza, alla santità e alla beatitudine, quale doveva essere l’ordinamento della società per assicurare la giustizia nel rispetto del potere spirituale della Chiesa?

Forse che il cattolico medioevale, grazie all’intensa e saggia opera di discernimento che era iniziata con i Padri e compiuta con i Dottori non aveva già compiuto un’opera di vaglio nel patrimonio del paganesimo valorizzando ciò che poteva servire e scartando il dannoso? C’era bisogno di Marsilio Ficino e Pico  della Mirandola per scoprire o riscoprire la dignità dell’uomo? Non è che per caso l’Umanesimo fiorentino del ‘400 è andato a ripescare idee pagane, che erano già state scartate per la loro pericolosità? Non è che si cominciò a confondere la religione con la magia e la mistica con i misteri pagani?

Tutti conosciamo i difetti della cristianità medioevale e nessuno vuole ricascare in essi. Nessuno ignora i progressi delle scienze e della tecnica succeduti al Medioevo grazie all’applicazione del metodo cartesiano e galileiano. Nessuno oggi ha nostalgia della medicina medioevale, del viaggiare a piedi o a cavallo, del feudalesimo, delle Crociate, dell’inquisizione, del Sacro Romano Impero, della fede cattolica imposta a tutti, del ghetto degli Ebrei o del potere temporale dei Papi.

Come ci hanno guidato i Papi al sorgere del mondo moderno

Che la Chiesa, dopo il terribile scisma d’Occidente del ‘300 avesse bisogno di riformarsi per un vero passo avanti nella santità e per recuperare uno stile evangelico lo aveva notato già Santa Caterina nel sec. XIV, lo avevano sostenuto i Domenicani del sec. XV con Savonarola. Come mai il Papato del Rinascimento non ha accolto la proposta e l’avvertimento del Savonarola?  La Provvidenza lo ha castigato con Lutero. Tuttavia era solo dall’ispirazione cateriniana e tomista che poteva esser tratta l’idea della vera Riforma, come apparve chiaro dalla riforma tridentina. Nella proposta luterana occorre fare un discernimento: alcune idee sono state buone e sono state recepite dal Concilio Vaticano II, altre erano sbagliate e sono state giustamente condannate e corrette dal Concilio di Trento.

La Chiesa nei confronti del mondo ha un duplice compito: uno, quello opporsi al mondo in quanto dominato dal principe di questo mondo, e vincerlo, così da strappargli il mondo e restituirlo al legittimo proprietario che è Dio. Qui siamo guidati dai Papi combattenti, seguenti al Concilio di Trento e al Vaticano I.

E l’altro compito è quello di salvare il mondo per quanto esso possa essere salvabile, giacchè il mondo è stato creato buono da Dio, per cui, in quanto tale, è amabile e per questo Cristo si è sacrificato per la salvezza del mondo. Occorre dunque saper dialogare col mondo e persuaderlo a convertirsi a Cristo. E qui risplende la guida dei Papi propositivi e conciliatori, seguenti al Concilio Vaticano II.

Occorre però notare che per organizzare una pastorale adatta alle esigenze e alle sane prospettive ed aspirazioni del mondo, nonchè ai suoi veri fini, non basta una conoscenza speculativa circa i suddetti compiti, ma occorre informarsi con cura e giudizio equilibrato circa la situazione e i caratteri del mondo moderno, ovvero del mondo d’oggi, perché la Chiesa non deve operare sul mondo di ieri che è passato, ma sul mondo del proprio tempo, che è il mondo reale che la Provvidenza le mette davanti, affinchè si adoperi per la sua salvezza, il mondo con i suoi lati buoni e quelli cattivi, con i suoi pregi e i suoi difetti giudicati alla luce del Vangelo.

Tra i tomisti del preconcilio era diffusa una distinzione i cui termini, che essi desumevano dal linguaggio degli idealisti postcartesiani, erano tali che danneggiavano gli stessi tomisti, senza che essi se ne accorgessero. Infatti essi, per distinguere la buona dalla cattiva filosofia, distinguevano gli «antichi», ossia i discepoli di Aristotele, quindi i realisti, dai «moderni» riferendosi agli idealisti sorti da Cartesio.

L’espressione «filosofia moderna» può avere però un duplice significato: la filosofia dei filosofi di oggi. Oppure può significare la filosofia odierna più avanzata di quella di ieri.  Nel primo senso non si può non essere moderni. Nel secondo, si potrebbe vivere oggi, ma essere dei sorpassati o nostalgici di un passato che non può o non deve tornare. 

Per alcuni la filosofia moderna sarebbe quella di Cartesio. Si tratta di un’espressine abusiva inventata dai cartesiani per propagandare la loro filosofia. In realtà, la filosofia cartesiana non è il vero modo moderno di far filosofia, che succederebbe al realismo scolastico medievale superato ed abbandonato dal nuovo e migliore filosofare che avrebbe inventato Cartesio. In realtà Cartesio non fa che riesumare l’antica sofistica e l’antico scetticismo greci, già a suo tempo confutati da Aristotele.

I cartesiani parlano di «filosofia moderna» in riferimento a Cartesio, così come si distingue una medicina moderna da una medicina antica, una scienza fisica moderna dall’astrologia antica, una tecnologia moderna da una tecnologia antica e così via, quando in realtà Cartesio non ha fatto progredire la filosofia, non ha per nulla scoperto un nuovo metodo di filosofare ben fondato contro la supposta incertezza di quello precedente, ma ha diffuso, come ho detto, una riedizione dell’antica sofistica greca già confutata da Aristotele.

La vera, sana filosofia moderna è una conferma e una conservazione del realismo aristotelico, confermato dai progressi delle scienze umane, metafisiche, logiche, matematiche, psicologiche, morali, storiche, politiche, sociologiche, mediche, ingegneristiche, naturali, archeologiche, astronomiche, religiose, bibliche e teologiche.

La vera filosofia moderna nel senso di più avanzata rispetto a quella del passato, è il tomismo moderno nella linea dei tomisti di oggi che hanno arricchito la dottrina dell’Aquinate utilizzando gli stimoli provenienti dal Concilio come Abelardo Lobato, Jesús Villagrasa, M.-D.Philippe, Antonio Livi, Giovanni Covino, Concetto Baronessa, Francesco Arzillo, Ivo Kerze, Vittorio Possenti, Maurizio Schoepflin, Ignazio Andereggen, Brunero Gherardini, Pietro Parente, Giuseppe Perini, Tomas Tyn, Sergio Parenti, Roberto Coggi, Vincenzo Benetollo, Giovanni Bertuzzi.

Dopo il Concilio di Trento per alcuni secoli non pare necessaria alla Chiesa la convocazione di un nuovo Concilio, né si levano voci che ne sostengano la necessità o l’opportunità. La Chiesa si era riformata a Trento correggendo la falsa riforma di Lutero. Trento non è stata una «controriforma» secondo un’espressione inventata dai luterani e che purtroppo con biasimevole acquiescenza è stata accolta anche dagli storici cattolici. Trento è stata la difesa della dottrina cattolica insidiata da Lutero, è stata giustamente la condanna dell’errore e l’indicazione della strada giusta.  È vero però che alcune proposte valide di Lutero, nel calore della polemica contro di lui, non furono percepite o prese in considerazione. Occorrerà attendere, come ho già detto, il Concilio Vaticano II perchè vengano accolte.

Nei secoli post-tridentini si è scavato un solco profondo

fra noi cattolici e i protestanti

Il periodo post-tridentino comporta purtroppo per alcuni secoli una chiusura reciproca fra cattolici e protestanti, dove ognuno va avanti per conto proprio senza tener conto di ciò che fa l’altro e, se se ne interessa, è per polemizzare a torto o a ragione. Lutero nega le opere come mezzo per acquistare la grazia, ma riconosce che esse sono effetto della grazia. Egli crede che il ritenere che la grazia possa essere acquistata con le opere sia senz’altro pelagianesimo, senza sapere che esiste la dottrina cattolica che insegna che la grazia può essere acquistata dalle opere fatte in grazia. Così per Lutero le opere non servono per salvarsi, ma solo per gli affari di questo mondo, cosicchè il successo negli affari diventava un segno di predestinazione. E così nacque il capitalismo.

Nello stesso tempo i protestanti anglicani e luterani nei secc. XVII-XVIII si dettero un gran da fare per incrementare le scienze umane mediche, fisiche, chimiche, storiche, tecniche, bibliche, filologiche, archeologiche, economiche, giuridiche, sociali, religiose, politiche ed ottennero grandi risultati sopravanzando i paesi rimasti cattolici.

Nel contempo si approfondì il solco che separava la teologia e la Chiesa cattolica dal mondo moderno, come esso stava maturando grazie all’operosità secolare, filosofica e teologica dei protestanti. La cosa era evidente agli inizi del sec. XVIII, quando nacque la massoneria ispirata dall’illuminismo, dall’ermetismo, dall’esoterismo e dalla teosofia.

Probabilmente quello era il momento buono per la Chiesa cattolica di indire un Concilio per assumere il positivo che stava maturando nel pensiero moderno e tentare una conciliazione o quanto meno un dialogo col mondo protestante ed ortodosso, nonché col mondo islamico, che stava minacciando l’Europa sin dal sec. XVI. Invece purtroppo a nessuno venne in mente di indire un Concilio di questo tipo, mente le cose peggioravano. Il modello di Concilio era sempre quello del Concilio combattente, il Concilio di Trento. Per questo i Papi nei secc. XVII e XVIII hanno continuato a metterci in guardia contro gli errori, come per esempio contro il giansenismo e il lassismo dei Gesuiti.

È così che si è arrivati alla Rivoluzione Francese. Il mondo laico, sobillato dalla massoneria e stanco per la sordità della Chiesa ai valori del mondo moderno, indisse un concilio a modo suo con la Rivoluzione Francese, cosa che se da una parte affermò princìpi di libertà, di uguaglianza, di fratellanza, di razionalità, di tolleranza, di rispetto per i diritti dell’uomo e per il diverso, di internazionalismo, di attenzione ai poveri e ai bisognosi, di rifiuto delle tirannie, dei privilegi e dei favoritismi, dall’altra, organizzando l’iniziativa al di fuori della guida del Papa, anzi contro il Papa, luce del mondo a nome di Cristo e maestro di verità e di dialogo, principio di unità e di concordia e di riconciliazione, giudice delle controversie umane, teologiche e filosofiche, non poteva che invischiarsi in tragiche contraddizioni, sicchè, come è stato osservato, la Rivoluzione ha mangiato i suoi figli. Chi fa il riformatore ribellandosi a Dio e alla Chiesa, si aspetti di essere egli stesso contestato dai suoi discepoli.

Fine Seconda Parte (2/5)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 30 giugno 2023

 

Si è arrivati alla Rivoluzione Francese. 

Il mondo laico, sobillato dalla massoneria e stanco per la sordità della Chiesa ai valori del mondo moderno, indisse un concilio a modo suo con la Rivoluzione Francese, cosa che se da una parte affermò princìpi di libertà, di uguaglianza, di fratellanza, di razionalità, di tolleranza, di rispetto per i diritti dell’uomo e per il diverso, di internazionalismo, di attenzione ai poveri e ai bisognosi, di rifiuto delle tirannie, dei privilegi e dei favoritismi, 

dall’altra, organizzando l’iniziativa al di fuori della guida del Papa, anzi contro il Papa, luce del mondo a nome di Cristo e maestro di verità e di dialogo, principio di unità e di concordia e di riconciliazione, giudice delle controversie umane, teologiche e filosofiche, non poteva che invischiarsi in tragiche contraddizioni, sicchè, come è stato osservato, la Rivoluzione ha mangiato i suoi figli. 

Immagine da Internet: La distruzione della Bastiglia, di Jean-Pierre Houël

2 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli,
    sono sostanzialmente d'accordo con lei, ma ciò suppone una mia interpretazione benevola, sforzandomi di comprendere il senso di alcune sue affermazioni.
    Tenendo conto del titolo del suo articolo ("I Papi nostre guide nel confronto col mondo moderno"), penso che vada ricordata la distinzione che lei tiene sempre presente: i Papi sono le nostre (infallibili) guide come Maestri della fede, e le nostre (fallibili) guide come Pastori, i nostri condotti verso il Regno.
    In questo senso, nessuno dubita che, essendo nostre guide nel confronto con il mondo moderno, non ci abbiano mai insegnato altro che la verità della fede, ma, pastoralmente, l'hanno sempre fatto come si deve? Non mi riferisco a quello dottrinale, soggetto a limiti superabili nel tempo, con una maggiore chiarificazione della Parola di Cristo (quella "evoluzione omogenea" di cui parlava Marín Solá), ma al modo pastorale prudente e giusto di proporre la verità della fede, integrale e senza pregiudizi (conosciamo molto bene questi limiti umani nel proporre la Fede, soprattutto dall'esperienza di undici anni di pontificato di Francesco).
    Mi risulta che lei sia d'accordo con quanto dico: lo noto nell'affermazione che fa in un paio di occasioni in cui pensa che i Papi non abbiano avuto la prudenza di convocare un Concilio per la riforma della Chiesa in un momento più opportuno. Lo fecero nel XVI secolo, già molto tardi, e anche in una certa misura per la pressione del potere politico. I Papi avrebbero dovuto convocare il Concilio molto prima.
    Gli errori si pagano. Mi sembra di vedere questa punizione nell'aspetto di quei Papi che voi chiamate "combattenti", eccessivamente combattivi (un esempio sarebbe Leone contro Lutero), e un Concilio di Trento che è stato troppo combattivo per una riforma integrale della Chiesa, che dovrebbe essere più "propositiva".
    D'altra parte, parlando della Riforma, credo che si debba ricordare una cosa che lei ben sapete: la Riforma della Chiesa si riferisce sempre ai costumi, e non alla dottrina. Quindi, aspirazioni di riforma erano sorte secoli prima di Trento, aspirazioni che i Papi ignorarono. Purtroppo quelle aspirazioni furono soddisfatte (a torto o a ragione da un uomo d'azione e d'impegno, come Lutero). Lutero: non solo una "punizione" per la Chiesa, come dici lei, ma un provvidenziale incentivo per i Papi a fare ciò che da secoli non avevano deciso di fare: la Riforma della Chiesa.
    Infine, sono d'accordo con la sua caratterizzazione del Medioevo, ma solo perché lei, alla fine, non dimentichi di elencarne le "tenebre": precarietà scientifica e tecnica, superstizioni anche in medicina, feudalesimo, crociate, inquisizione, "Sacro Impero", proselitismo della fede imposta a tutti, ghetto ebraico, potere temporale dei Papi, ecc.
    Dunque, né "età oscura" né "età splendente": il Medioevo ha avuto le sue luci (Tommaso, Bernardo, Alberto, Buenaventura...) e le sue tenebre, ed è una delle tappe del cammino dell'uomo che progredisce, sia nella verità che nella grazia e talvolta nel peccato (la storia come mysterium salutis e come mysterium iniquitatis).
    Un maggior equilibrio nella considerazione del Medioevo è sempre auspicabile, soprattutto per l'evidenza storica della caducità delle sue presunte "luci": quanti anni? Quaranta, forse cinquanta?... Morto San Tommaso e già si aspirava a una riforma della Chiesa...
    Grazie padre per questi messaggi. Attendo con ansia il seguito.

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    1. Caro Silvano,
      ho apprezzato questa sua disamina, nella quale ho riscontrato un suo sostanziale accordo con le mie tesi.
      Per quanto riguarda il Medioevo, accetto le sue osservazioni, riconoscendo di essere stato talvolta troppo benevolo.

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