Tutte le cose hanno lo stesso valore - Una proposta per evitare la sopraffazione ed attuare il rispetto del diverso

 

Tutte le cose hanno lo stesso valore

Una proposta per evitare la sopraffazione

ed attuare il rispetto del diverso

 

Se ciò che uno dice o pensa è l’essere,

di tutte le cose uno sarà il concetto, l’essere

Simplicio[1]

 

Una buona esposizione dell’ecologia,

ma un malinteso senso dell’uguaglianza delle creature davanti a Dio

La teologa americana Elizabeth Johnson il 18 maggio scorso ha pubblicato sulla rivista America dei Gesuiti americani l’articolo[2] What does it mean to believe in an ecological God? dedicato al tema della provvidenza divina e della nostra responsabilità nei confronti del creato, ossia del nostro dovere di rispettarlo, svilupparlo, conservarlo, proteggerlo ed utilizzarlo saggiamente e con amore, senza violentare, distruggere o sciupare o sperperare.

Nel detto articolo la Johnson si rifà all’enciclica del Santo Padre Laudato si’ illustrandone il valore. Essa al riguardo fa ottime osservazioni. Sottolinea con chiarezza la trascendenza di Dio Signore e creatore, del Dio «Altissimo», giusto e misericordioso, per cui la sua visione metafisica, di carattere egualitario, che essa presenta, appare, come vedremo, in contrasto con la sua dichiarata fede nella trascendenza di Dio su tutti gli enti del creato, a qualunque grado ontologico appartengano, dai sassi agli angeli.

Infatti  purtroppo essa, cercando di dare una base metafisica all’insegnamento del Papa, propone un’ontologia egualitarista, dove sono negati i gradi dell’essere, per cui ogni ente  appare di pari dignità con qualunque altro: atomo e molecola, materia e spirito, animale e uomo, uomo e angelo, natura e grazia, uomo e Dio.

Per documentare i miei rilievi, della cui delicatezza mi rendo conto, ma nell’unico intento di evitare che l’insegnamento del Papa sia presentato come fondato su false basi metafisiche, dò qui una mia traduzione delle asserzioni della Johnson accompagnate dal testo originale in nota.

«È divenuta cosa comune nel pensiero religioso e secolare dell’era moderna considerare gli esseri umani come a parte del mondo naturale piuttosto che in un interscambio con esso. Qui farò menzione di un fattore di separazione, che è stato particolarmente tossico nel campo della teologia: la “gerarchia dell’essere”. È interessante la sua storia passata.

Allorchè il cristianesimo si diffuse nell’Impero romano, venne a contatto con una versione della filosofia greca che insegnava che il mondo è composto di due elementi: materiale e spirituale, oppure corpo e anima/mente. Dato che la divinità è puro spirito, i filosofi ne conclusero che quanto maggior spirito un ente possiede, tanto più assomiglia a Dio; quanta più materia, tanto più ne è lontano.

La filosofia usò questo schema per classificare gli abitanti del mondo secondo una gerarchia dell’essere. Alla base c’era la materia non vivente, come le rocce; più su c’erano le piante (esse sono vive e producono semi). Al vertice della terra c’erano gi uomini (con anima razionale e corpo); ancora più in alto c’erano gli angeli (puri spiriti senza corpo). Dal sasso al pesco, al cane barbone alla persona, fino agli enti e ai poteri principali! Al posto di una parentela circolare, questo modello struttura il mondo come una piramide, con gli umani nel pinnacolo della creazione terrestre.

La teologia costruì su questo schema insegnando che gli umani – col nostro superiore spirito – giustamente dominano sulle piante e sugli animali. In termini tecnici, questi avevano un valore strumentale piuttosto che un valore intrinseco “agli occhi di Dio” (notate queste parole). Per conseguenza, alla fine del mondo, piante ed animali scompariranno. Dato che il loro scopo era quello di provvedere ai nostri bisogni, finché continua la vita umana su questa terra – quando non avremo più bisogno di loro per il cibo, il vestiario, l’abitazione, la salute – il loro compito sarà esaurito, cesseranno di esistere.

La dottrina della Chiesa, avendo dato spazio alla gerarchia dell’essere, ha avuto poco da offrire come mezzo di resistenza alla devastante distruzione di intere comunità e vite individuali. E i terribili razzistici risultati della schiavitù continuano a tutt’oggi»[3] .

Mio commento

Da queste dichiarazioni della Johnson vediamo come essa vorrebbe dare all’ecologia una base ontologica di tipo monistico-parmenideo, di universale appiattimento dell’essere, quindi al limite una base panteista all’insieme della realtà e in particolare all’orientamento etico animalista e libertario che oggi si sta affermando, secondo il quale l’uomo non è superiore all’animale, per cui non ha alcun diritto di ucciderlo, per cui, se ti assale un’orsa, devi lasciarla agire liberamente e, se la uccidi, compi un grave delitto. Il superiore è visto come sinonimo di oppressore o dittatore e non si coglie affatto che il superiore deve beneficare, aiutare, innalzare, correggere, misericordiare l’inferiore. Come fa chi ha meno ad acquistare qualcosa, se non da chi ha di più?

Ora bisogna dire con tutta franchezza e cognizione di causa che qui ci troviamo davanti ad un’ontologia che conduce al materialismo, al panteismo e all’ateismo, e per conseguenza, al disprezzo della dignità umana, creata ad immagine di Dio, altro che Dio creatore e provvidente, altro che protezione degli animali, altro che rispetto e potenziamento della natura, altro che rispetto per gli stranieri e per gli immigrati, altro che soccorso ai poveri!

E perché queste terribili conseguenze? Perché, se ogni ente ha pari dignità di ogni altro ente, allora Dio non è superiore al mondo, ma di pari dignità ontologica. Si potrà continuare a dire che Dio è diverso; ma se non è causa e fine del mondo e quindi superiore al mondo, non può essere Dio: ha un valore pari a quello del mondo e quindi una realtà mondana, ma questo identificarsi di Dio col mondo non è altro che panteismo. Un Dio mondanizzato è lo stesso che dire un mondo divinizzato. E questo, se non è panteismo, è idolatria, che poi alla fine è la stessa cosa.

Conseguenze morali

Le conseguenze morali sono logiche e comprensibili. Se senti l’impulso a dar soddisfazione al sesso, sia etero che omosessuale, non ha senso frenarlo in nome di un’esigenza spirituale, perché l’impulso sessuale ha pari dignità dell’aspirazione mistica. Se sei un Vescovo, non devi ritenerti superiore al teologo, ma se questi contraddice al tuo insegnamento, devi concedergli piena libertà di pensiero, perchè le sue idee hanno pari dignità delle tue. Se fai un confronto tra la sapienza greca e quella amazzonica, non devi dire che questa è inferiore a quella, ma semplicemente che è diversa, perché tutte e due hanno pari valore. Se confronti la vita religiosa con quella secolare, non devi dire che la prima è superiore alla seconda, ma semplicemente diversa.

Se confronti l’anima col corpo non devi dire che l’anima è superiore al corpo, perché anima e corpo non sono che espressioni diverse della stessa persona. Se confronti l’uomo con l’animale non devi dire che l’uomo è superiore all’animale: è un vivente che vale come te: perché lo dovresti uccidere? Il Presidente della Repubblica è un uomo come te: perché dovresti obbedirgli? Dio è una realtà la cui dignità è pari alla tua: perché dovresti onorarlo, offrirgli sacrifici, supplicarlo, obbedirgli?

Non esistono valori morali inferiori e superiori. Tu puoi avere, certo, le tue preferenze. Ma non hai da adeguarti a valori superiori in nome dei quali rinunciare a valori inferiori. Sta a te decidere ciò che vuoi scegliere: un cosa vale l’altra. «Questo o quello, per me pari sono». Dio vale tanto quanto il mondo. Tu vali tanto quanto Dio. La carne vale tanto quanto lo spirito. Il sesso vale tanto quanto vale la santità. La politica vale tanto quanto vale la religione. L’umanità vale tanto quanto valgo io. La Chiesa vale tanto quanto vale lo Stato.

Ne viene, dalle conseguenze che si possono trarre dai princìpi metafisici della Johnson, che se confronti il pensiero con l’essere o l’idea con la realtà, non devi dire che essere e realtà sono superiori al pensiero e all’ idea, perché gli uni e gli altri sono di pari valore. Se confronti il pensare con l’agire, non devi dire che questo è meglio di quello perchè pensare è agire e agire è pensare. Se confronti l’uomo con Dio, non devi dire che Dio è superiore all’uomo perché Dio non è altro che la somma perfezione dell’uomo.

Ne viene inoltre che non esistono gradi di essere, gradi del sapere[4], gradi di addestramento, gradi di istruzione, gradi della virtù[5], gradi di bontà, gradi di santità, gradi di beatitudine. Non c’è una scala o una gerarchia di valori, una gerarchia sociale, una gerarchia ecclesiastica, una gerarchia angelica, doni gerarchici dello Spirito, gradi di partecipazione alla vita divina. Non c’è un relativo che sia relativo ad un assoluto. Non c’è un meno che derivi da un più o che tenda al più. Non c’è un progresso o una crescita o un miglioramento dal meno al più.

In antropologia e in morale, tutto è appiattito, tutto ha lo stesso valore, cioè quello che gli vuoi assegnare tu. Il senso non è inferiore all’intelletto, ma vale quanto l’intelletto. L’immaginazione non è inferiore al pensiero, ma coincide col pensiero. La coscienza non segue e non deriva dalla conoscenza, ma coincide con la conoscenza.

Il ragionamento non è ordinato all’intuizione e non si basa sull’intuizione, ma questa sta al posto del ragionamento. La passione non vale meno della volontà così che questa debba dominare quella, ma la passione coincide con la volontà. La ragione non è inferiore alla fede, così da essere ordinata alla fede e questa illumini e purifichi la ragione, ma fede e ragione coincidono.

Gli obblighi civili non sono inferiori a quelli religiosi, ma questi coincidono con quelli. Nel disporre dei miei beni non sono obbligato a servire il prossimo, perché gli altri valgono quanto valgo io. Non posseggo un fine superiore a quello del bene del prossimo e al bene comune, ossia Dio, ma il mio fine coincide col bene comune temporale della società e l’interesse dello Stato: siamo di pari valore. Il divino non supera l’umano, ma sono alla pari. La grazia non supera la natura, ma ne è la sua pienezza. Il Regno di Dio non è qualcosa di superiore alla felicità su questa terra ma coincide con essa: ha pari valore.

Ma – osserviamo - se ogni cosa ha pari dignità di ogni altra, la potenza è pari all’atto, la materia è pari alla forma, l’essenza è pari all’essere, la sostanza è pari all’accidente, l’effetto è pari alla causa, il mezzo è pari al fine, l’uomo è pari a Dio. Ogni cosa è ogni altra e dunque ecco il panteismo. Ma ogni cosa non si distingue da ogni altra, perché principio della distinzione è il più e il meno; ed ecco la confusione di tutto con tutto.

Ma se il distinguere è impossibile, allora è impossibile l’identità di ogni cosa, sicchè vien meno il principio di non-contraddizione, è così tutto è tutto. Anche l’ordine richiede il più e il meno: dunque il disordine assoluto.  Il male non esiste, perché esso sarebbe un meno rispetto a un più; ma se ogni cosa è pari a tutte le altre, non c’è un meno. Dunque non c’è il male. Un disastro metafisico peggiore di questo non lo si potrebbe immaginare.

Gli aspetti positivi

Bisogna comunque affermare che l’istanza ecologistica della Johnson di una condotta umana rispettosa della natura e della vita animale e vegetale è giusta, ed ho abbondantemente motivato all’inizio il valore della sua posizione, anche se la Johnson, per soddisfare tale giusta istanza, certamente in consonanza con i numerosi richiami del Santo Padre in materia, ricorre con una sorprendente ingenuità e carenza speculativa ad una metafisica egualitaria, monistica e univocista che ricorda Parmenide. Dobbiamo dire con forza che gerarchizzazione dell’essere e della realtà è un dato di fatto di elementare esperienza, un dato di fatto universale, basilare e incontrovertibile dell’esistenza, nonché un insegnamento fondamentale dell’ontologia, cosmologia e teologia bibliche,  per nulla condizionate da alcun dualismo greco, per cui la pretesa di considerare tutti gli enti allo stesso livello e di pari dignità conduce a un caos totale dell’organizzazione del pensiero e per conseguenza alla dissoluzione dell’ordine morale[6].

Diciamo però senz’altro che l’istanza della Johnson qui esposta è più che giusta. È verissimo che Dio creatore dell’uomo, dei viventi inferiori e della natura in generale, nella sua sapiente provvidenza e nel suo saggio governo del mondo, vuole che noi creature umane formiamo con questi viventi, soprattutto quelli che sono in sintonia con l’uomo, come una grande famiglia, con la quale saremo in compagnia addirittura in paradiso.

E questo atteggiamento di rispetto dev’essere esteso anche alla natura inanimata, dalla quale, mediante la scienza, il lavoro e la tecnica, abbiamo la possibilità e il dovere di ricavare i mezzi per la nostra sussistenza e per sovvenire ai bisogni delle categorie umane meno favorite.

Concordo inoltre nel riconoscere l’implicita affermazione della Johnson, secondo la quale anche gli animali hanno un’anima, benché si tratti di un’anima sensitiva e al riguardo dell’anima, ricordiamo che anche le piante hanno un’anima, anima s’intende vegetativa, che merita il nostro rispetto, anche se è del tutto normale che esse, con certi animali, costituiscano il nostro cibo.

Riguardo alla funzione dell’uomo nel creato materiale, occorre fare una distinzione. Il libro del Genesi, nel narrare la creazione del coppia primitiva, fa dire a Dio rivolto ad essa: «Riempiete la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra» (Gen 1,28). Dobbiamo dire allora che la Johnson non si mette in contrasto solo con una sana filosofia, ma anche col chiaro insegnamento della Scrittura e col dogma cattolico, che da essa discende.  

Dominare la terra non vuol dire necessariamente farle violenza, ma significa che l’uomo con la sua intelligenza e la sua volontà, con la sua genialità, creatività  ed inventiva,  penetrando i segreti della natura, e nel rispetto delle sue leggi, può e deve valorizzare e nobilitare la natura stessa, umanizzarla, potremmo dire, sino ad aumentarne la bellezza, la potenza e l’utilità, mentre egli stesso entra in comunione con la natura, come immensa famiglia di esseri, tutti in fondo simili fra di loro – ecco l’analogia metafisica dell’essere - e tra di loro ordinati e proporzionati , perché tutte le creature del medesimo Dio sono  fattura del medesimo Artista, come dice giustamente la Johnson.

La Johnson però trascura anche il fatto che la natura non è solo madre, ma anche, come diceva Leopardi, matrigna (Gen 3,17-18), come conseguenza del peccato originale e proprio perché l’uomo ha trasgredito quella subordinazione della volontà umana a quella divina, che è la garanzia della retta vita morale e della serena e fruttuosa comunione dell’uomo con la natura.

È evidente peraltro per la Scrittura che per salvare l’anima occorre affrontare rinunce sul piano della vita fisica, che gli angeli sono ministri e guide dell’uomo, che lo spirito deve saper dominare la carne, che le ricchezze devono servire al bene della persona, che la vita umana è subordinata alla vita di grazia, che il bene comune è superiore al bene privato, che i fedeli devono obbedire ai pastori,  i figli ai padri e i sudditi ai governanti.

Ricordiamo inoltre che la distinzione fra i visibilia e gli invisibila è un articolo del Simbolo della fede. La distinzione fra anima e corpo, materia e spirito sono dogmi del Concilio Lateranense IV del 1215 e del Concilio di Viennes del 1312. La superiorità della grazia sulla natura è dogma del Concilio di Trento. La superiorità della fede sulla ragione e la trascendenza di Dio sono dogmi del Concilio Vaticano I. Se la Chiesa ha assunto la dottrina platonica ed aristotelica dei gradi dell’essere non lo ha fatto perché succube della filosofia greca, ma a ragion veduta, per spiegare la stessa Parola di Dio.

Inoltre l’accusa fatta dalla Johnson alla Chiesa di essersi servita della dottrina dei gradi dell’essere per favorire le disuguaglianze sociali, il colonialismo e addirittura il razzismo nonchè i soprusi dell’uomo sulla donna, è del tutto ingiusta e calunniosa.

Possiamo affermare esattamente il contrario dicendo che non la gerarchia dell’essere e quindi la gerarchia ecclesiastica e la gerarchia dei valori, ma lo egualitarismo arbitrario, libertario e giacobino della Johnson è responsabile delle discriminazioni sociali, dei colonialismi e dei vari razzismi per il fatto che l’ingiustizia si compie proprio quando si ignora quella scala di valori, i quali, dando il primato allo spirituale, sono quelli che garantiscono la soggezione a Dio Spirito Santo e fonda su di Lui l’ordine, la concordia, la giustizia sociale e la vera uguaglianza e fratellanza umane.

Il Papa, dal canto suo,  nella sua predicazione in tema di ecologia chiarisce bene che l’uomo non è affatto a livello della natura, ma, creato ad immagine di Dio, creatore e signore della natura, è chiamato a sua volta a signoreggiarla con rispetto, sobrietà, saggezza, giustizia e prudenza, imitando la saggezza della provvidenza, nel rispetto delle leggi fisiche, rinunciando ad ogni forma di violenza distruttiva, avarizia o ingordigia egoistica, ma pronto a mettere in comune con gli altri i beni legittimamente acquisiti col lavoro. È chiamato ad utilizzarne le risorse, a ricavare da esse e per mezzo di esse col suo ingegno i mezzi della sussistenza materiale sua e dei suoi, pronto a render partecipi dei suoi i beni il prossimo, specialmente se povero e bisognoso.

Le conseguenze dell’egualitarismo

La Johnson afferra certamente il valore della diversità, sulla quale anche il Papa insiste, come principio di comunione e fratellanza nella libertà. Ma la diversità non è un principio sufficiente per distinguere in modo essenziale e specifico le cose fra di loro. Occorre una gerarchizzazione, perché l’ente è gerarchico. Fu questa la scoperta di Platone contro il monismo univocista di Parmenide. Per questo, Platone introdusse i concetti fondamentali dell’ideale (eidos), della partecipazione (mèthexis), dell’immagine (eikòn) e dell’imitazione (mimesis). Sopraggiunse poi Aristotele a perfezionare la visione platonica con l’aggiunta dei concetti dell’atto e della potenza, della forma e della materia, della sostanza e dell’accidente e dell’analogia dell’ente.

La diversità vale solo fra individui della stessa specie o nell’ambito dell’essere analogico, sebbene anche qui il sommo analogato sia al di sopra degli analogati inferiori. La nostra mente sin dalla più tenera infanzia si accorge che vi sono cose buone e cose migliori, cose maggiori e cose minori, cose grandi e cose piccole, cose più importanti e cose meno importanti, cose più alte e cose più basse.

Papà è più grande di Pierino e la trottola è più piccola di Pierino. Pierino preferisce il gelato alle caramelle. Se non teniamo conto di queste differenze vitali, non distinguiamo più le cose fra di loro e finiamo in uno stato psichico di indifferentismo e confusione mentale universale, dove non ci si capisce più nulla e si cade nella più completa abulìa o nella totale pazzia.

Oppure, se manteniamo un minimo di lucidità, finiamo nel panteismo: il sasso ha pari dignità della pianta, la pianta ha pari dignità dell’animale, l’animale ha pari dignità dell’uomo, l’uomo ha pari dignità dell’angelo, l’angelo ha pari dignità di Dio. Un sasso vale quanto vale Dio. Io allora - perchè no? - sono Dio.

Oppure ancora, abbiamo l’assenza del principio di finalità e di causalità, connesso con la negazione dei gradi dell’essere; l’egualitarismo metafisico impedisce che la mente salga a Dio partendo dai gradi più bassi dell’essere. Non c’è da salire perchè si è già arrivati. Non c’è da correggere perchè si è già perfetti.  Non c’è da completare o da aggiungere, perché c’è già tutto.

La mente si trova davanti ad un universo piatto, grigio, monotono  e orizzontale. Non c’è un cielo sopra la terra, ma tutto è terrestre. Niente di straordinario o di sublime, ma tutto è banale. Niente di mirabile, niente di nuovo, ma tutto è scontato. Sempre le stesse cose. Una noia terribile. Nulla di profondo, ma tutto è alla superficie. Niente da scoprire e indagare progredendo, perché tutto è già noto e chiaro.

La mente, con l’occhio fisso come quello di un pesce, si ferma immobile semplicemente nell’essere, non c’è altro che l’essere; essere che non rimanda a una causa e non tende un fine, non partecipa di niente di superiore e quindi si presenta come un assoluto univoco ed equivoco ad un tempo, che blocca e ad un tempo confonde l’intelligenza nella nebbia dell’insensatezza, nella negazione di tutti i valori morali e nella licenza data alla libertà umana di farsi arbitra del bene e del male al di là e al di fuori di qualunque riferimento morale che non sia l’arbitrio della propria volontà. Ogni progresso o miglioramento morale diventa impossibile perché non ci sono difetti da correggere o lacune da colmare e ogni atto è buono senza poter essere migliore.

Ma non esiste neppure un regresso, perché come non si passa dal meno al più, così non si passa neppure dal più al meno. Il male, la miseria, la carenza non esistono. Se il peccato è il fare un meno al posto del più o fare un più al posto del meno, non esiste neppure il peccato. 

Sorprende come questa teologa con queste idee si presenti simultaneamente come sostenitrice convinta della dottrina della creazione ed interprete del pensiero del Santo Padre, che se c’è un Papa che, nella linea dal Concilio Vaticano II e nella storia del magistero pontificio, insiste con dovizia di argomenti ed appassionata convinzione sul significato teologico e sull’importanza morale del rapporto dell’uomo con la natura, richiamandolo alla sua responsabilità di signore del creato quale immagine e rappresentante di Dio creatore, questi è proprio Papa Francesco.

La dottrina della creazione è l’apologia della metafisica, del valore e dei gradi dell’essere, della distinzione gerarchica delle essenze[7] della salita al Dio Altissimo di tutte le cose e della discesa da Lui di tutte le cose, tratte da Lui dal nulla, nonché della sapienza e dell’onnipotenza di Colui Che È, il cui Figlio incarnato ha detto Io Sono affinchè per sua misericordia e nostro pentimento potessimo essere liberati dai nostri peccati e salire dalla terra al cielo.  

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 18 settembre 2023

Elizabeth A. Johnson
 

L’istanza ecologistica della Johnson di una condotta umana rispettosa della natura e della vita animale e vegetale è giusta

Il Papa, nella sua predicazione in tema di ecologia, chiarisce bene che l’uomo non è affatto a livello della natura, ma creato ad immagine di Dio


La Johnson afferra certamente il valore della diversità, sulla quale anche il Papa insiste, come principio di comunione e fratellanza nella libertà. 

Ma la diversità non è un principio sufficiente per distinguere in modo essenziale e specifico le cose fra di loro. 

Occorre una gerarchizzazione, perché l’ente è gerarchico. 

Immagini da Internet

[1] Vedi I presocratici. Testimonianze a frammenti, Edizioni Laterza, Bari 1981 vol.I, p.272. Simplicio interpreta qui Parmenide.

[3] «It has become common in religious and secular thought of the modern era to think of human beings as standing apart from the natural world rather than being an interwoven part of it. Here I will zero in on one factor for separation that has been particularly toxic in the realm of theology: the “hierarchy of being.” The back story is interesting. When early Christianity spread around the Roman empire, it came into contact with a version of Greek philosophy which taught that the world is composed of two elements: matter and spirit, or body and soul/mind. Since divinity is pure spirit, philosophers reasoned that the more spirit a being possesses, the more godlike it is, and the closer to the divine; the more matter, the further away. Philosophy used this schema to rank the inhabitants of the world according to a hierarchy of being.

At the bottom was non-living material, like rocks; higher up were plants (they are alive and germinate seeds), then animals (they have locomotion). Highest on Earth were humans (with rational soul and body); even higher were angels (pure spirits with no body). From the pebble to the peach, to the poodle to the person, to the principalities and powers! Instead of a circle of kinship, this model structures the world as a pyramid with humans at the pinnacle of earthly creation.

Theology drew on this framework to teach that humans—with our superior spirit—rightly rule over plants and animals. In technical terms, they had instrumental rather than intrinsic value “in God’s eyes” (note these words). Consequently, at the end of the world, plants and animals will disappear. Since their purpose is to provide for our needs, once human life on Earth is over—when we no longer need them for food, clothing, shelter, muscle power—their goal will have been fulfilled. They will cease to exist.

Church teaching, given its commitment to the hierarchy of being, had little to offer by way of resistance to the devastating disruption of whole communities and individual lives. And the terrible, racist results of slavery continue to this day».

[4] Cf J. Maritain, Les degrés du savoir, Descleé de Brouwer, Bruges 1959.

[5] Réginald Garrigou-Lagrange, Les trois âges de la vie intérieure, Les Editions du Cerf, Paris 1939.

[6] Anche gli animali sono capaci di operare preferenze, benché solo istintivamente, fra beni più o meno appetibili e di rinunciare a un berne inferiore per salvare od ottenere un bene maggiore.

[7] Secondo il detto di Aristotele, le essenze specifiche sono come numeri: esse si differenziano con l’aggiunta di una unità. Così per avere il vivente si aggiunge la vita vegetativa al corpo inanimato; per avere la vita sensitiva si aggiunge la sensibilità; per avere quella razionale si aggiunge la ragione; per avere il puro spirito si aggiunge l’intellettualità; per avere Dio si aggiunge l’infinità dello spirito.

2 commenti:

  1. "Non c’è da salire perchè si è già arrivati. Non c’è da correggere perchè si è già perfetti. Non c’è da completare o da aggiungere, perché c’è già tutto."
    "La mente si trova davanti ad un universo piatto, grigio, monotono e orizzontale. Non c’è un cielo sopra la terra, ma tutto è terrestre. Niente di straordinario o di sublime, ma tutto è banale. Niente di mirabile, niente di nuovo, ma tutto è scontato. Sempre le stesse cose. Una noia terribile. Nulla di profondo, ma tutto è alla superficie. Niente da scoprire e indagare progredendo, perché tutto è già noto e chiaro."

    Perché queste immagini lugubri sul monismo e sull’egualitarismo, che è una fissità senza possibilità di crescita o progresso, mi ricordano quello che, in fondo, deve essere il passatismo, soprattutto in ambito liturgico?
    A quanto pare l’argomento di questo articolo non ha nulla a che vedere con il passatismo liturgico.
    Tuttavia, ho l'impressione che siano le stesse immagini cupe e lugubri che i non cristiani o i non cattolici vedono in una messa tridentina, alla quale le persone si limitano ad "assistere", ad una "funzione", assorbite e trattenute nel tempo...

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    1. Caro Paolo,
      l’accostamento che lei fa tra la visione della Johnson e l’impressione che la Messa vetus ordo fa ad alcuni, non mi pare proprio indovinato.
      Infatti, la Johnson prospetta addirittura una visione dell’esistenza, e in particolar modo del rapporto dell’uomo con la natura, che suscita un’impressione di squallore, in quanto, eliminando i gradi dell’essere, tutto si appiattisce e l’uomo si abbassa al livello dell’animale.
      Viceversa l’impressione che può fare la Messa vetus ordo tutt’al più può essere quella di un rito certamente dignitoso, ma che, messa a confronto con la Messa novus ordo, mostra di essere carente per quanto riguarda l’aspetto comunionale, pasquale, escatologico, scritturistico ed ecumenico.
      La Messa novus ordo, che conserva pienamente la Tradizione Cattolica, celebrata secondo le Norme Liturgiche e con autentico spirito religioso, sopperisce a tutte queste carenze, per cui si giustifica il fatto che oggi il Papa abbia espresso decisamente la sua volontà che tutti i Cattolici nei giorni festivi si riuniscano attorno all’altare col Messale Romano del Novus Ordo.

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