31 marzo, 2023

Vociare assassino - L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi - Quarta Parte (4/4)

Vociare assassino

L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi

Quarta Parte (4/4)

Nell’enciclica troviamo una rinnovata condanna dello storicismo modernista, al quale Rahner non è per nulla estraneo:

«Nella riflessione teologica lo storicismo tende a presentarsi per lo più sotto una forma di “modernismo”. Con la giusta preoccupazione di rendere il discorso teologico attuale e assimilabile per il contemporaneo. Ci si avvale soltanto degli asserti e del gergo filosofico più recenti, trascurando le istanze critiche che, alla luce della tradizione, si dovrebbero eventualmente sollevare» (n.87).

In questa mentalità ciò che era vero ieri non lo è più oggi e viceversa: il che viene a negare l’immutabilità del dogma e per conseguenza l’immutabilità divina. 

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Ultimo grande assalto contro Rahner è la Dichiarazione circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, questa volta a firma dello stesso Ratzinger come Prefetto della CDF. Si tratta di una Summa contra Rahnerium di formidabile potenza speculativa e forza polemica, dove è stupefacente come Ratzinger sia riuscito in un così esiguo numero di pagine a radunare tanti stimoli all’azione e tanti spunti di riflessione.

L’ultimo intervento di grande coraggio di Papa Benedetto è stato il famoso discorso a Ratisbona nel 2006, dove ha sottolineato con forza, contro il volontarismo islamico, non privo di agganci col volontarismo occamista luterano e rahneriano, la dignità della ragione umana creata dalla Ragione divina, per cui questa non può mai essere in contraddizione con quella. Da qui la profonda ragionevolezza dei comandi e dei giudizi divini, per cui Dio è affidabile anche se non ci spiega i motivi delle sue scelte e dei suoi comandi, anche se non deve render conto a noi di quello che fa, e tuttavia siamo certi che non ci delude e non ci tradisce, ma è con noi leale negli impegni e nelle promesse. 

Nel 2013, Papa Benedetto divenne Papa emerito. Restò a fianco di Francesco.

Il popolo di Dio naturalmente con gioia, benché con grande sorpresa, accolse l’elezione del nuovo Papa, senza affatto dismettere l’affetto e la devozione per il precedente, che spiazzò imprevedibilmente con abile mossa l’azione dei nemici sottraendosi ai loro colpi.

Col suo gesto Benedetto si attirò una nuova autorevolezza spirituale, che ha commosso molti e gli ha attirato un larghissimo seguito. È sembrato uno sconfitto e invece ne è uscito vincitore. È parso che fuggisse e invece ha ingaggiato una nuova tattica. In una guerra può vincere proprio chi apparentemente si ritira, perchè combatte da una nuova e più efficiente posizione. Da allora, se prima Benedetto colpiva il nemico nella pastorale, adesso lo ha toccato nella coscienza.

Immagini da Internet

30 marzo, 2023

Vociare assassino - L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi - Terza Parte (3/4)

 

Vociare assassino

L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi

Terza Parte (3/4)

La guerra

Nel 1978 salì al trono di Pietro San Giovanni Paolo II, dopo il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I. Egli era pieno di energia e intendeva riparare alla debolezza di Paolo VI nei confronti dell’avanzata del modernismo e del comunismo nel mondo e nella Chiesa stessa. Ovviamente non gli faceva colpa di ciò, perché Paolo VI fu un santo, ma, come dice il Salmo, «quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?». Quando arriva un terremoto, che cosa faccio? Fermo il terremoto? Neppure Gesù era riuscito a convertire i farisei, che hanno messo a morte. Paolo VI fu un Papa crocifisso.

Giovanni Paolo, tuttavia, non rifiutava certo la croce, ma provò a vedere se riusciva ad ottenere qualcosa ed era meno disposto ad accettare che ci si prendesse gioco di lui, questo naturalmente, non per sostenere il suo prestigio personale, ma per il bene della Chiesa. In fin dei conti, che cosa voleva, infatti, se non il bene della Chiesa? Paolo VI non era riuscito a fermare gli scillebexiani e rahneriani. Volle provarci lui.

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La guerra di Ratzinger contro il rahnerismo, per il vero rinnovamento conciliare, ha un’altissima motivazione di fondo. Si tratta di una speciale interpretazione degli intenti del Concilio, più profonda di quella di Giovanni XXIII e di Paolo VI, i quali si erano fermati, il primo ad assegnare al Concilio un intento semplicemente pastorale di moderna presentazione del messaggio evangelico, mentre Paolo VI aveva aggiunto un intento dottrinale, ossia quello di chiarire la natura e la missione della Chiesa oggi nel mondo.

Ratzinger e Giovanni Paolo II, molto sensibili al valore teologico, formativo e spirituale della Liturgia («lex orandi, lex credendi»), influenzati da Romano Guardini, dietro suggerimento della tradizione greco-slavo-russa e riflettendo sul fatto che il Concilio cominciò la sua riforma lavorando sulla Liturgia, e in particolare sul valore della Messa, si accorsero che l’intento principale del Concilio non è stato pastorale, non è stato dottrinale, ma è stato liturgico, intendendo però la liturgia non tanto come atto giuridico, rito o cerimonia, quanto piuttosto come esperienza del Mistero divino e azione misterica ossia sacramentale introduttiva al Mistero, conosciuto nella fede e misticamente sperimentato, amato e gustato, dal quale apprendere l’impulso interiore all’azione ed alla propria ed altrui santificazione.

Ratzinger e Giovanni Paolo compresero che il Concilio propone un altissimo concetto della liturgia, fons et culmen totius vitae christianae, un concetto che troviamo nella tradizione orientale, dove culto, supplica, preghiera, elevazione dello spirito fanno tutt’uno. 

Ora, l’amicizia di Ratzinger con Rahner faceva appunto riferimento a questo aspetto mistico della liturgia, perché anche Rahner, similmente a suo fratello Hugo, era sensibile all’aspetto misterico e mistico del cristianesimo. 

Tuttavia Ratzinger, frequentando l’amico, si era accorto che egli, per il suo concetto di mistero divino, non attingeva alla vera concezione biblica, ma riprendeva quell’Inconoscibile che già era stato condannato dalla Pascendi, come già abbiamo visto sopra, si rifaceva ad un’emotività romantica, nella quale la lucidità dell’intelletto è offuscata dall’impeto del sentimento, quella che Rahner e Schillebeeckx chiamano «esperienza atematica».

Immagini da Internet:
- Patriarca Bartolomeo
- Papa Francesco

28 marzo, 2023

Vociare assassino - L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi - Seconda Parte (2/4)

Vociare assassino

L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi

Seconda Parte (2/4)

Il tradimento

Da quel momento partirono le ostilità fra Ratzinger e Rahner, i quali cominciarono a presentarsi sempre più, con le loro forti personalità e l’autorevolezza che si erano acquistati al Concilio, come simboli e capofila delle due interpretazioni progressiste del Concilio[1], che ancor oggi continuano a farsi guerra:  quella giusta, che sarà poi espressa dal Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 e dall’insegnamento dei Papi del postconcilio e quella modernista, che troverà la sua prima importante espressione nel Catechismo olandese del1966 e nel rahneriano Corso fondamentale della Fede del 1978[2].

La prima sortita del modernismo in grande stile avvenne, come sappiamo, già nel 1966 col famoso Catechismo Olandese, approvato niente meno che dall’Episcopato olandese sotto la presidenza del Card. Alfrink. È sorprendente la tempestività con la quale uscì questo Catechismo, opera voluminosa e assai curata, la quale, per essere uscita appena un anno dopo la fine del Concilio, mostra con ogni evidenza che era stata preparata durante i lavori del Concilio, mentre il materiale era certamente dato da opere di prima del Concilio, legate a quel tentativo di far lo risuscitare il modernismo che fu il movimento francese della théologie nouvelle, colpita da Pio XII nell’enciclica Humani generis del 1950. 

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Rahner col suo Corso fondamentale sulla fede del 1978. Esso è il programma dell’odierno cristianesimo modernista, nel quale è superata l’impostazione kantiana, propria del modernismo dei tempi di San Pio X, ed è manifestamente fondato sull’idealismo hegeliano dell’identità del pensiero con l’essere, già affermata nel libro programmatico Uditori della parola (ed.ted.1940, ed.it.1977).

Nel modernismo kantiano è in qualche modo salva la distinzione fra Dio e l’uomo, giacchè, sebbene per Kant Dio sia la suprema Idea della ragione, tuttavia non è la ragione. Invece per Rahner Dio è il «fondamento e orizzonte trascendentale di ogni esistente e di ogni conoscente»; è il «compimento totale dell’uomo» e «l’elemento più intimo dell’uomo»; è «il punto di partenza reale dell’autoattuazione e dell’autocompimento dell’uomo». Identifica fra di loro antropologia, cristologia e teologia. 

 

Il fulmineo attacco dei modernisti alla dottrina cattolica preconciliare e conciliare non avvenne sotto forma esplosiva come avvenne con Lutero, ma in forma dolce e mascherata, sotto una veste letteraria, quella del Catechismo olandese, avvenente e seducente per la bellezza dello stile, l’efficacia delle immagini, la piacevolezza dei paragoni, l’innegabile validità di molte sue tesi.

Si procedette con cautela, per non suscitare uno scandalo generale. Il Papa, grazie a Dio, si accorse dell’insidia, ma pochi tennero conto della famosa «Appendice», fatta da lui aggiungere al Catechismo, contenente le proposizioni ortodosse volute dal Papa. Senonchè, fu commesso, a mio avviso, un errore pastorale. L’Appendice, per essere veramente efficace, avrebbe dovuto puramente e semplicemente sostituire i testi errati. Invece, il Papa permise o volle che fosse posta lasciandola alla fine del testo, appunto come appendice.

Interessante è lo stile letterario del Catechismo. Se il linguaggio del Concilio propende eccessivamente verso lo stile letterario accantonando quello giuridico-didascalico, il Catechismo olandese, anziché correggere questo difetto, lo accentua ancora di più, sicchè alla fine non si differenzia quasi più da una piacevole silloge di pensieri o aneddoti spirituali, religiosi o morali cattolici. Significativo è che il Catechismo sia corredato di molte composizioni poetiche. Esso ha ricevuto premi letterari. Ma, ahimè! Non ha ricevuto alcun premio dalla Chiesa, benché, come ho detto, Paolo VI, nella sua magnanimità, lo abbia lodato per quanto esso ha di valido.


Immagini da Internet:
- Conferenza stampa del Presidente della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi cardinale Bernard Jan Alfrink, 11 luglio 1969
- San Paolo VI

27 marzo, 2023

Vociare assassino - L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi - (1/4)

Vociare assassino

L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi

Prima Parte (1/4)

 

Le sue parole sono spade sguainate

Il dramma

Nel lungo e drammatico confronto fra due grandi teologi tedeschi, ormai non più tra noi, Joseph Ratzinger[1] e Karl Rahner, possiamo trovare il simbolo e la chiave di lettura della storia della Chiesa dall’evento del Concilio Vaticano II ai nostri giorni. Ciò è possibile perché entrambi, più di qualsiasi altro teologo del secolo scorso, a mio avviso, hanno saputo legare la loro vicenda personale alle vicende della Chiesa con intuizioni, proposte e concezioni che hanno influenzato masse enormi di cattolici, facendo giungere il loro messaggio in tanti casi sotto forme volgarizzare o mediante discepoli o seguaci che ne hanno curato o consentito la diffusione.

L’evento del Concilio Vaticano II è stato per la Chiesa un evento traumatico ed esaltante ad un tempo. La Madre Chiesa è la Donna apocalittica che partorisce Cristo nel dolore, mentre il Drago vuole ucciderne il Figlio. Da duemila anni sta avvenendo questo evento apocalittico, che durerà fino alla fine del mondo. 

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Nella storia dei Concili, nessuno come il Vaticano II ha coinvolto tanto profondamente e in modo così pervasivo sia la dottrina che la condotta della Chiesa. 

Tutto nell’accidentale e nel contingente è cambiato, e tutto nell’essenziale, nel sostanziale e nel necessario è rimasto identico. Questo è l’apparente paradosso di questo Concilio.

 

Interpretare gli insegnamenti del Concilio, vedere che cosa è vincolante e che cosa è discutibile, che cosa è pastorale e che cosa è dottrinale, non è cosa facile. È qui che imperversano le polemiche.

Chi ci guida in questo discernito? Evidentemente il Magistero della Chiesa sotto la guida del Papa.

Nell’intervista a Seewald, Benedetto racconta che già durante i lavori del Concilio a partire dal 1962 apparve una corrente che, sotto pretesto di progressismo, in realtà spingeva per una svolta modernistica del Concilio. Egli rievoca con emozione quei fatti drammatici e in particolare l’intervistatore ricorda le parole di Ratzinger nel 1967, allorchè «durante una lezione a Tubinga, ammonisce che la fede cristiana è ormai circondata “dalla nebbia dell’incertezza come mai prima nella storia”». 

Immagini da Internet

25 marzo, 2023

Perché la natura ci è ostile?

 Perché la natura ci è ostile?

Spine e cardi produrrà per te

Gen 3,18

 

O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor?

Perché di tanto
inganni i figli tuoi?

A Silvia

Tutti sperimentiamo la natura come cosa meravigliosa e crudele ad un tempo. madre e assassina. Lo testimoniano le varie religioni: Pachamama ad Occidente e Sciva ad Oriente. Eppure essa appare come una divinità. Non c’è da opporsi alla natura, non si deve protestare o imprecare. Va presa così com’è ed adorata. Ci reca danno? Va bene così. È quello che Nietzsche chiamava amor Fati. Anche gli stoici la pensavano a questo modo.

Secondo Lucrezio la religione è l’invenzione di uomini vili, che, non sopportando i mali che vengono dalla natura, inventano divinità che li proteggano. Qualcosa del genere avviene ancora oggi: chi ha pregato per la cessazione della pandemia di covid? Pochissimi. Un tempo esistevano le cosiddette «rogazioni». Dove ci sono state questa volta?

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Il problema del rapporto dell’uomo con la natura non è solo quello di normare il comportamento dell’uomo nei confronti della natura o del proprio corpo. Il problema, ben più serio, è quello di spiegare il perchè di certe attività ostili della natura e delle nostre stesse forze psicofisiche nei confronti del nostro io, nei confronti dell’uomo e del suo spirito. 

È qui che le risposte e le indicazioni della ragione, della scienza e della filosofia non bastano più e l’uomo riflessivo e responsabile, che desidera comprendere, si trova davanti a un mistero sconcertante, che è causa di sofferenza e di morte, e vorrebbe poter far luce, per sapere qual è il senso di quanto accade e quali potrebbero essere i mezzi per venirne fuori, e se ciò è possibile. 

 

La Sacra Scrittura ci dona la luce, il conforto, la consolazione, la serenità, la speranza, la gioia che cerchiamo, ci offre la via per venirne fuori, la via della salvezza e della liberazione.

Secondo la rivelazione cristiana la natura da matrigna tornerà ad essere madre. Da ribelle tornerà ad essere docile. Mentre l’uomo è destinato ad una piena riconciliazione con la natura, tra uomo e ambiente, tra uomo e beni materiali, tra uomo e viventi inferiori, tra l’uomo e lo spazio cosmico, tra pneuma e psiche, tra anima e corpo, tra uomo e donna, spirito e sesso.

Questa riconciliazione inizia adesso mediante la partecipazione al mistero della Redenzione

Immagini da Internet:
- L'urlo, Munch
- La notte stellata, Van Gogh

24 marzo, 2023

O Tommaso o la fine

 O Tommaso o la fine

Bisogna urgentemente che l’Ordine domenicano riassuma in pienezza il suo compito essenziale nella promozione avanzata della teologia, se non vuol tradire il mandato della Chiesa e subordinarsi agli attuali piani mondiali dei nemici di Cristo e dissolversi nella babele ideologica del mondo contemporaneo

Il difficile rinnovamento dell’Ordine

 tentato dal modello rahneriano

Il discorso su San Tommaso del Santo Padre al recente convegno tomistico internazionale all’Angelicum di Roma costituisce un richiamo di estrema importanza fatto a tutta la Chiesa, ma con particolare riferimento all’Ordine Domenicano a riprendere il suo ruolo guida nel campo del progresso della teologia.

È interessante che la pressante esortazione sia venuta da un Papa Gesuita, quasi riconoscimento da parte dei figli di Sant’Ignazio ai figli di San Domenico che spetta a costoro e non ai primi di essere nella Chiesa all’avanguardia nelle ricerche e nelle proposte più avanzate del sapere teologico sia di tipo teoretico che nella sua applicazione  nel campo della formazione sacerdotale.

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Un teologo che, pur non essendo domenicano, era un eminente discepolo della sapienza tomistica, il Maritain, già prima del Concilio per decine d’anni dette prova di aver trovato l’equilibrio intellettuale auspicato dal Concilio, per il quale la certezza della verità dogmatica si sposava perfettamente con un’apertura misericordiosa nei confronti della modernità.

Ancor oggi noi Domenicani possiamo trovare in Maritain i criteri e l’esempio di quel rinnovamento intellettuale che il Concilio ci chiese, improntato a quella carità che sa congiungere sapientemente e fruttuosamente, secondo le circostanze, il momento della misericordia con quello della severità. Così ritroveremo in pienezza la peculiarità del nostro carisma.



 

Il Santo Padre, da vero e fedele Gesuita, con la sua autorità di Successore di Pietro, ci indica la strada per mettere le cose a posto: non Rahner, ma San Tommaso è il Doctor communis Ecclesiae.

È pertanto urgente che Domenicani e Gesuiti si stringano fra loro, nella reciproca complementarità dei loro carismi, in un patto solido e fraterno di azione energica per il bene della Chiesa lacerata fra il lassismo e il rigorismo, fra il lefevrismo e il modernismo. 

Immagini da Internet

22 marzo, 2023

La mia storia con Ottone - Aristotele o Cartesio? - Seconda Parte (2/2)

 La mia storia con Ottone

Aristotele o Cartesio?

 
Seconda Parte (2/2) 

Un duello fra giganti

Come confrontare Aristotele con Cartesio? Tanto l’uno che l’altro ha voluto dare un fondamento primo e sicuro al sapere. Aristotele, nel IV libro della Metafisica mette alla prova col dubbio la fermezza del primo principio, il principio d’identità[1] e non-contraddizione[2], lo scuote col dubbio ma constata che esso, lasciato agire da solo, sta fermo e che il tentativo di infirmarlo non è possibile se non facendo uso del medesimo principio, per cui tanto vale non toccarlo e Aristotele lo disse giustamente indubitabile, inconfutabile ed indimostrabile, perché non occorre dimostrarlo, essendo di per sé evidente e principio di ogni altra dimostrazione.  

Cartesio, invece, col suo forzato dubbio universale, ha volontariamente fatto oscillare il primo principio fra il sì e il no, e invece di evitare di scuoterlo, lo mantiene volontariamente oscillante, elevando il dubbio e la doppiezza a principio e metodo del pensare.  Mentre dunque la logica aristotelica si fissa sul sì e si oppone al no, per cui ha una fermezza indistruttibile a causa della fermezza del primo principio, ossia il principio di identità, quella di Cartesio oscilla fra il sì e il no, eleva il dubbio e la doppiezza a sistema e metodo del pensare. Per usare il linguaggio di Cristo, è una logica che serve a due padroni.

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Dobbiamo essere grati ad Aristotele perché egli, basandosi sui princìpi della metafisica, in base a una vasta, metodica e molteplice esperienza, ha fondato tutte le scienze razionali basandole su di un fondamento comune di inviolabile certezza, contro il quale invano nei secoli e millenni i nemici della verità e i sofisti di ogni tipo e sotto ogni bandiera, religiosa, mistica, filosofica, scientifica, esoterica, occultistica si sono accaniti sempre restando scornati.

Infatti Aristotele constata tranquillamente ed inoppugnabilmente che ogni uomo, volgendosi alla conoscenza delle cose e di se stesso, sente il bisogno di conoscere la verità, ossia di scoprire le cause prime ed universali delle cose, oltre a quelle proprie, e questa è la filosofia. 

 

La res in anima di Tommaso non è altro che la realtà in quanto pensata, quella verità interiore, della quale parla Agostino. Dio-Verità è presente nell’anima e la illumina. E d’altra parte, la res extra animam è tutta la realtà esterna delle cose, dell’universo, di Dio, degli angeli, degli uomini, del proprio corpo, della Chiesa terrena e celeste, della storia, del Paradiso e dell’Inferno.

Cartesio ha gettato nella storia della filosofia dei germi patogeni abilmente mascherati sotto un apparente bisogno di certezza prima e di verità fondante, facendo credere a molti che il realismo aristotelico era finito nelle secche del dubbio e dell’incertezza. Invece fu proprio Cartesio, respingendo Aristotele, a condurre la filosofia nell’illusione del panteismo e nella disperazione del nichilismo, con gli orrori morali che sono la conseguenza pratica dell’idealismo, come hanno dimostrato le due guerre mondiali del secolo scorso.

La mia storia con Ottone, vissuta da due ragazzi liceali di tanti anni fa, è la storia simbolica di come nella nostra cultura e nella nostra vita si impone una scelta e un aut-aut.


Immagini da Internet: Picasso

21 marzo, 2023

La mia storia con Ottone - Aristotele o Cartesio? - Prima Parte (1/2)

 La mia storia con Ottone

Aristotele o Cartesio?

Prima Parte (1/2)

Due amici tormentati

Ottone fu a partire dal lontano 1947 mio compagno di scuola alle Elementari di Ravenna, un ex-convento domenicano adattato, accanto alla bella e grande chiesa di San Domenico, tuttora officiabile, quasi presagio per me frate domenicano.  Ci ritrovammo assieme poi nel 1957 compagni di scuola al Liceo classico Dante Alighieri di Ravenna.

Nel 1958, al secondo anno di Liceo, come è d’uso, c’imbattemmo in filosofia con la conturbante gigantesca figura di Cartesio. La nostra intelligenza ne rimase traumatizzata, perché fummo subito travolti da una scossa spirituale devastante. Al contrario di uno Scalfari, che raccontò gioioso e spavaldo a Papa Francesco nel primo dei suoi scellerati colloqui con lui, quanto Cartesio gli aveva comunicato un senso di libertà spirituale nel renderlo cosciente del suo io assoluto, io e Ottone cominciammo a discutere angosciati come rispondere e cosa dire circa la convinzione preoccupata, dalla quale Ottone era stato preso, che – come diceva -  «i sensi ingannano», con riferimento al famoso esempio cartesiano del bastone nell’acqua, che appare spezzato.

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Prendemmo estremamente sul serio quanto diceva Cartesio, a differenza dei nostri compagni di scuola, per i quali Cartesio non era altro che un noioso tizio come molti altri

Esiste l’essere? Questo era il mio problema. Io penso? Ma sono certo di pensare? E che vuol dire pensare? Esiste il mio corpo? 

Oppure esisto solo io, come sosteneva Cartesio? L’essere sono io? 

Si trattava, sostanzialmente, del problema dell’esistenza di Dio celato sotto il problema dell’essere. 




 

È stato San Tommaso a dare a me come a tutti i cercatori della verità il criterio razionale della verità, Tommaso come interprete della confutazione aristotelica degli scettici nel IV libro della Metafisica, come interprete di Aristotele, fondatore della stessa metafisica come «scienza della verità», come si esprime San Tommaso.

 

Immagini da Internet: Autoritratti, Egon Schiele 
 


20 marzo, 2023

Da sempre Tu sei

 Da sempre Tu sei

Il problema di come parlare con Dio

 

Da sempre Tu sei

          Salmo 93,2

Occorre saper fare buon uso della parola «essere»

Un mio confratello panteista, del quale non faccio il nome, convinto di essere Dio o quanto meno un’apparizione empirica del Pensiero assoluto, contesta il significato della preghiera dicendo: se io sono Dio, che senso ha la preghiera? Dovrei pregare me stesso? E similmente per l’ateo la preghiera non ha senso: posso pregare una persona che non esiste? Ma esistono anche forme di teismo spurio che col pretesto di sottolineare il mistero di Dio si rifiutano di concepirlo come una persona alla quale noi possiamo essere simili, per cui non sappiamo più come parlare con Lui o come possiamo capire quello che ci dice.

Altri pensano che Dio non sia un ente personale distinto dal mondo e trascendente il mondo, ma semplicemente la Mente ordinatrice dell’universo, immanente allo stesso universo, che ne è la manifestazione fenomenica ed empirica.  Altri pensano che Dio non si può concepire come puro Spirito separato dalla materia, ma come spirito materializzato o materia spiritualizzata. 

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Solo Dio può dire di Sé Io sono in un modo così assoluto, senza predicato nominale. Io posso dire di me stesso: io esisto, ma non io sono. Invece Dio è tutto, è tutte le perfezioni.

Nulla dell’essere è escluso dall’essere divino. 

Senza identificarsi con le cose, ciascuna delle quali Egli trascende infinitamente, e dalle quali è assolutamente distinto, altrimenti cadremmo nel panteismo, tutto l’essere che si trova in ogni cosa Egli lo contiene e precontiene idealmente e realmente, virtualmente ed eminentemente nella sua essenza divina per poterne essere causa.


Dio ha creato anche gli angeli e crea continuante sempre nuovi uomini e donne, che accrescono continuamente il numero degli individui umani

Il rapporto dell’uomo con Dio comincia con l’esercizio della ragione, la quale si interroga sulle cause delle cose e giunge alla conclusione che esiste una causa prima, che è Dio. La conclusione è che Dio è l’ipsum Esse per Se subsistens.

Ma a questo punto l’intelletto desidera vedere l’essenza della causa prima.

Nella Sacra Scrittura troviamo molteplici forme di dialogo fra Dio e l’uomo, che culminano nel dialogo fra Cristo e il Padre nello Spirito Santo e una concezione dell’uomo e di Dio di una tale perfezione, che non si riscontra in nessun’altra letteratura religiosa dell’umanità.

Il dialogo fra Dio e l’uomo presenta una forma che lascia attonita la nostra ragione, la quale a tutta prima non riesce a capire come esso sia possibile, data l’immensa differenza fra l’essere umano e l’essere divino, fra il pensare umano e il pensare divino, fra il parlare umano e il parlare divino, l’agire umano e l’agire divino. 

Il dialogo fra Dio e l’uomo deve costituire la trama di fondo, l’alimento e lo scopo del dialogo fra gli uomini.

Immahini da Internet:
- Fanciulla in preghiera, pittore del sec. XIX
- Ragazza in preghiera, Vincenzo Irolli
- L’Angelus, Jean-François Millet

19 marzo, 2023

Via da me maledetti - Seconda Parte (2/2)

 Via da me maledetti

Seconda Parte (2/2) 

La sofferenza può essere un bene prezioso

Che cosa è infatti la sofferenza? È il sentire che ci manca qualcosa di fisico o di spirituale che desideriamo o di cui abbiamo bisogno.  La sofferenza più grave ed odiosa è quella spirituale. Essa può essere motivata o dalla visione delle colpe nostre o di quelle altrui, e questa sofferenza è salutare; oppure può essere l’irritazione del nostro orgoglio, e questa è una sofferenza che ci conduce all’eterna dannazione.

In generale, il patimento spirituale è lo stato turbato e contrariato della volontà soggetta all’azione di una forza o volontà contraria ed ostile, conosciuta o pensata dall’intelletto, la quale frustra la volontà del paziente nella sua inclinazione naturale o elicita. Si tratta di un conflitto spirituale tra due volontà: una volontà tormentata, che subisce la pena e una volontà tormentatrice che la irroga. 

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Il problema di fondo è oggi in teologia la natura e l’agire di Dio: è sorta l’idea che Dio non è misericordioso e giusto, come era cosa pacifica fino al Concilio, ma è solo e sempre misericordioso e non castiga più.

Naturalmente occorre distinguere la severità propria della giustizia divina da quella dei costumi barbarici veterotestamentari. Lo herem, la lapidazione delle adultere, l’uccisione immediata di un nemico senza processo, il vendicare sette volte (Gen 4,24) l’offesa subìta, il fuoco dal cielo che distrugge un’intera città, il mare che sommerge fino all’ultimo uomo un esercito nemico, non hanno nulla a che vedere con la giustizia divina, i chicchi di grandine del peso di mezzo quintale (Ap 16,21), che si abbattono sui peccatori sono immaginarie crudeltà barbariche che Israele pensava essere in buona fede volontà divina. 

 

Ma sarebbe perfetta e odiosa ipocrisia, come fanno i buonisti, rifiutare tout court la severità divina così come è rivelata dalla Parola di Dio o di Cristo, col pretesto di superare le severità veterotestamentarie e mostrare il volto misericordioso di Gesù Cristo. 

Messi da parte invece gli elementi barbarici, se vogliamo essere veramente cristiani, occorre assolutamente recuperare ciò che è effettivamente il dato rivelato, soprattutto quello del Vangelo, di San Paolo e di San Giovanni.

Immagini da Internet:
- Luca Giordano, Cristo scaccia i mercanti dal tempio
- Giovanni Serodine, Gesù e il tributo della moneta
- Rubens, Gesù e l'adutera